Rivista di Diritto SocietarioISSN 1972-9243 / EISSN 2421-7166
G. Giappichelli Editore

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Diritto azionario, corporate governance ed “analisi economica del diritto”: verso il ridimensionamento di una egemonia culturale (di Umberto Tombari)


SOMMARIO:

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La grande società per azioni rappresenta, da tempo, un’istituzione socio-economica dominante nella realtà globale contemporanea. Già Berle e Means indicavano la grande Corporation come una delle principali e più influenti organizzazioni sociali dell’epoca presente 1 e prospettavano di considerare il diritto delle società come “il potenziale diritto costituzionale del nuovo stato economico, mentre l’attività di impresa sta sempre più assumendo l’aspetto di attività politica economica” 2. Alcuni dati rendono ancora più evidente quanto affermato. “All’inizio di questo secolo tra le cento maggiori economie mondiali compaiono 51 gruppi societari multinazionali e solo 49 Stati. (..). Le corporations vanno ormai considerate i veri protagonisti della scena economica contemporanea: dominano in molti casi le entità statuali ai cui ordinamenti sarebbero in realtà assoggettate, e riflettono (anzi, spesso sanciscono) la divisione del mondo tra ricchi e poveri: il 93% delle prime duecento società al mondo appartiene infatti a soli sette paesi” 3. Come è stato inoltre osservato, “i media informano ogni giorno il pubblico circa l’attività e la composizione del governo del paese. Di come siano realmente governate le imprese, e degli attori che al governo di queste concorrono, non trattano quasi mai. (..) Eppure (..) il governo delle grandi imprese è altrettanto importante del governo nazionale. (..) Sono innumerevoli gli aspetti della vita di milioni di persone i quali dipendono assai più dalle decisioni prese nelle stanze dei consigli di amministrazione, come nei tanti altri luoghi attraverso i quali si dipana il processo di governo delle imprese, che non dalle decisioni del governo” 4.


Emerge dunque la centralità del “potere”della (grande) società per azioni e nella (grande) società per azioni. Negli anni sessanta del secolo scorso Ariberto Mignoli scriveva, del resto, che il “problema centrale della società per azioni è quello dell’attribuzione e della disciplina del potere, e quindi in definitiva della legittimità del potere stesso, nell’ambito della comunità sociale: problema comune non solo a tutte le comunioni contrattuali di interessi, ma anche alla massima delle collettività umane organizzate, allo Stato”5. Come è stato, inoltre, osservato, l’importanza attuale del celebre lavoro di Berle e Means si fonda sull’interesse dimostrato – non tanto ormai al problema della “dissociazione tra proprietà e controllo”, quanto – al tema del “potere” nelle grandi corporations6. Emblematicamente e con grande lucidità, i due studiosi rilevavano che, se la grande impresa azionaria “implica una concentrazione di potere economico paragonabile al potere religioso assunto dalla Chiesa nel medioevo o a quello politico assunto dallo Stato nazionale” e se in essa confluiscono e si incontrano “interessi economici molto diversi” (proprietari, amministratori, dipendenti, consumatori, gruppo di controllo), “una così grande concentrazione di potere e una tale diversità di interessi sollevano il problema a lungo dibattuto del potere e della sua disciplina, nonché degli interessi e della loro protezione”7. La grande società per azioni è dunque, da tempo, un “centro di potere” che gestisce e comunque incide su una pluralità di interessi, anche potenzialmente conflittuali. Ed è in questa prospettiva che occorre sempre più esaminarla8. Al riguardo, pare opportuno rilevare, peraltro, che – allorquando ci riferiamo al “potere” nella s.p.a. – rileva prevalentemente il “potere” dell’organo amministrativo (ed eventualmente del “socio di controllo” o della capogruppo), ossia il “potere di gestione dell’impresa” per dove istituzionalmente allocato9. Allo stesso tempo, non par dubbio che il lemma “potere” debba essere inteso anche nel suo significato giuridico, intendendosi con tale espressione [continua ..]


Se dunque la grande s.p.a. identifica, da ben oltre un secolo, un significativo centro di “potere” economico11, sociale e giuridico (per quanto appena affermato), si può tuttavia osservare in termini generali – e riprendendo una considerazione di Henry Hansmann – che nella società contemporanea istituzioni conosciute da tempo sono venute gradualmente ad assumere una struttura assai più sorprendente di quanto siamo soliti ritenere 12. Allo stesso tempo e conseguentemente categorie giuridiche consolidate non evocano più sicuri punti di riferimento concettuale 13. Quanto affermato vale certamente per la società per azioni 14 e poi per la società con azioni quotate. Concentrando per il momento l’attenzione sulla s.p.a. (quotata e non) come “istituzione” e “categoria giuridica” nel diritto italiano (ma il discorso è sostanzialmente analogo anche in molti altri Paesi), si possono ricordare, a titolo esemplificativo, le dirompenti novità (anche e soprattutto sul piano sistematico, oltre che pratico/applicativo) connesse alla previsione, in seguito alla riforma del 2003, di una struttura finanziaria (potenzialmente) articolata e complessa 15, ove, sul piano del “governo dell’impresa”, un “azionista (socio)” può essere privo del diritto di voto e un (investitore) “non azionista” (titolare di uno strumento finanziario partecipativo) può invece essere dotato del diritto di voto su “argomenti specificamente indicati” (art. 2351, ultimo comma, c.c.) 16. È da chiedersi, poi, quale sia il ruolo e la funzione del consiglio di amministrazione nella realtà attuale dell’impresa azionaria 17 e se la visione del consiglio come “monitoring board” 18 – senza dubbio ancora fondamentale – non debba essere parzialmente modificata o comunque meglio specificata 19. Su un piano diverso, ma strettamente correlato, la complessità attuale dei “sistemi di controllo” in una grande società per azioni 20 è indice inequivocabile della profonda trasformazione in atto nel modello azionario. Per quanto riguarda, infine, la società con azioni quotate, è ora possibile, dopo l’introdu­zione dell’istituto della record date (artt. 83-sexies, [continua ..]


Negli ultimi decenni i problemi di “governo societario” sono stati prevalentemente affrontati, nelle principali esperienze giuridiche, nel quadro dellacorporate governance 35 e con l’ausilio dei paradigmi metodologici dell’analisi economica del diritto e poi – più specificamente – della c.d. agency theory 36. Quanto affermato trova tendenziale conferma anche nel nuovo “comparative and functional approach” al diritto societario 37 o nelle più classiche rassegne di Comparative Corporate Governance 38. E se questa visione della s.p.a. e dei problemi di governo societario domina, ormai da tempo, nell’esperienza nordamericana 39 e anglosassone 40, sempre più diffusa è la sua influenza anche nei paesi dell’Europa continentale 41, quali innanzitutto la Germania 42. Come già ricordato, questi paradigmi hanno evidenziato, tuttavia, limiti specifici, anche, ma non solo, in seguito alle recenti crisi finanziarie 43 e negli stessi ambienti nordamericani non sono mancate critiche alla corporate governance ed alla c.d. agency theory 44. È stato scritto, così, che la corporate governance nordamericana ha fallito e comunque non ha mantenuto gran parte delle sue promesse. Ed uno dei motivi di questo insuccesso risiede nella circostanza che il paradigma della agency theory non è riuscito a catturare le reali tendenze degli attori di una corporation: questo perché la corporate governance è stata per troppo tempo lasciata a business lawyers e ad economisti, mentre il problema di ciò che motiva gli essere umani in una hierarchical social institution “has long been a topic for political theorists and philosophers and more recently for psycologists and their new cohorts, behavioral economists” 45. L’idea di fondo è allora che in una grande corporation vi sono al lavoro forze più grandi di quelle basate sul contratto e sul mercato: l’essere umano nella grande società per azioni non può essere rappresentato (come invece nella c.d. agency theory) in una dimensione unilaterale quale (e solo quale) “homo economicus” 46. È da rilevare poi che uno degli stessi padri della agency theory, Michael [continua ..]


NOTE