Rivista di Diritto SocietarioISSN 1972-9243 / EISSN 2421-7166
G. Giappichelli Editore

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Abuso di dipendenza economica e controllo societario (di Francesca Angiolini)


  
SOMMARIO:

1. L'abuso di dipendenza economica - 2. Dalla 'posizione dipendente' all’'influenza dominante' - 3. Il controllo di natura contrattuale - 4. L'esperienza tedesca: il Konzern e il Beherrschungsvertrag - 5. I contratti di dominazione e l'ordinamento italiano - 6. Il controllo, l’attività da direzione e coordinamento ed il gruppo - 7. I rapporti contrattuali nel gruppo - 8. I contratti di dominazione e l'art. 2497-septies c.c. - 9. La posizione della giurisprudenza sull'abuso di controllo contrattuale: il caso «Armani» - 10. La responsabilità da direzione e coordinamento - 11. Il rapporto tra l'abuso di dipendenza economica e l'abuso di controllo - NOTE


1. L'abuso di dipendenza economica

La contrattazione tra imprese può integrare, in talune circostanze, situazioni di controllo societario o comunque di influenza dominante [[1]] specie in caso di dipendenza economica [[2]]. Ora si tratta di capire se e quando l’abuso di tale dipendenza sull’impresa societaria possa generare una responsabilità da abuso dell’attività di direzione e coordinamento esercitata cioè in violazione dei criteri di corretta gestione societaria ed imprenditoriale, contro l’interesse della società dominata [[3]]. Alla base del concetto di dipendenza economica c’è l’incapacità per l’impresa più debole di poter concludere accordi con altre imprese, diverse da quella che si trova nella posizione di dominio relativo, senza essere costretta a sopportare uno svantaggio rispetto ai propri concorrenti. L’impresa che subisce la dipendenza è, pertanto, un’impresa che in relazione a determinati beni o servizi, non può fare riferimento al mercato generale, in quanto l’unica sua fonte di sostentamento sono l’offerta o la domanda dell’impresa che si trova in posizione dominante la quale va, conseguentemente, a configurarsi come contraente forzato dell’impresa più de­bole [[4]]. L’abuso di potere contrattuale acquista «espressioni cangianti, che vanno dalla negazione di un contratto quadro, quale strumento per prevenire i rischi connessi ad un rapporto di lungo periodo, alla imposizione di condizioni generali zeppe di clausole vessatorie, fino ad arrivare (…) alla chiusura improvvisa del flusso di ordinativi» [[5]]. A titolo esemplificativo, si pensi ad imprese che abbiano investito tutte le loro risorse per la realizzazione di un bene destinato ad essere incorporato nella più ampia produzione dell’im­presa committente. In questo caso un ingiustificato ed abusivo scioglimento del contratto da parte della stessa comporta un inevitabile dissesto per i fornitori minori qualora non riescano a trovare sul mercato, proprio per la specificità della loro attività, un contraente alternativo. O ancora, si ipotizzi il caso in cui una impresa più forte sia in grado di imporre prezzi particolarmente elevati in relazione a determinati beni ai quali si è costretti ad adattarsi supinamente, pena l’esclusione dal mercato e la cessazione [continua ..]


2. Dalla 'posizione dipendente' all’'influenza dominante'

La nullità del patto che configura un abuso di dipendenza economica appare neutra rispetto al tema che ci occupa, ovvero la realizzazione di fenomeni di integrazione più forte, quale è la nascita di un fenomeno di gruppo societario in forza di contratti che generano «eccessivo squilibrio di diritti e di obblighi». La conclusione di un contratto nullo, infatti, non limita la nascita di una relazione di tal genere, tanto più se le parti continuano ad eseguire spontaneamente le prestazioni [[20]]. Ci si deve chiedere, perciò quali siano i rimedi previsti dal legislatore a tutela del contraente (società) più debole in casi del genere. Procediamo per gradi. È bene ricordare che la definitiva affermazione del controllo [[21]] fra società si è avuta soltanto con l’introduzione dell’attuale codice civile che ha previsto la fattispecie all’art. 2359 c.c., sconosciuta nel codice del commercio del 1882 [[22]]. Sin dalla sua introduzione nell’impianto codicistico la norma è stata oggetto di analisi, soprattutto nella parte in cui faceva riferimento al controllo contrattuale [[23]]. L’art. 2359, 1° comma, n. 3, c.c. dispone che sono considerate società controllate quelle «che sono sotto influenza dominante [[24]] di un’altra società in virtù di particolari vincoli contrattuali con essa». Questa forma di controllo può integrare evidentemente una posizione di dipendenza economica della società controllata rispetto alla controllante. Da una prima comparazione della norma in commento con quella descritta dagli artt. 2497 c.c. sexies e septies (che verranno analizzati nel prosieguo) emerge altresì il rapporto esistente tra la nozione di «controllo», «influenza dominante» e «direzione e coordinamento» a cui si affianca quella di «dipendenza economica», contemplata dall’art. 9, l. n. 192/1998. E così, l’in­fluenza dominante prevista al n. 3 dell’art. 2359 c.c. va ad identificarsi con il potere di effettivo indirizzo strategico e gestionale della controllata che l’art. 2497-septies qualifica come direzione e coordinamento. Al contrario, l’influenza dominante si riferisce esclusivamente al potere in assemblea e, quindi, non [continua ..]


3. Il controllo di natura contrattuale

Sulla possibilità che il contratto sia in grado di generare una influenza dominante si sono sviluppate due differenti correnti di pensiero [[29]]. Secondo una prima interpretazione sarebbe sufficiente la sussistenza di una semplice soggezione economica e l’essenzialità delle prestazioni oggetto del contratto ai fini dell’attività dell’impresa più debole [[30]]. Secondo altra impostazione [[31]] il contratto deve avere un contenuto tale da attribuire il potere di influenzare in maniera determinante l’attività e la gestione di un’altra impresa [[32]]. In realtà sono gli interpreti a dover ricercare gli indici sintomatici dei particolari vincoli che possono dare luogo al controllo, con particolare riguardo alla durata del contratto ed alla anormalità delle clausole contenute [[33]]. L’influenza dominante andrà ricercata nella possibilità di una parte di determinare con i caratteri della continuità e stabilità la strategia produttiva o commerciale dell’altra, influenzandone le scelte di mercato e impedendo alla dominata di affrancarsi senza mettere a repentaglio la sua stessa sopravvivenza economica, vista l’assenza di alternative produttive o finanziarie. Si parla di vincoli esistenziali [[34]] sull’impresa satellite ossia di un complesso di clausole speciali che siano in grado di influire sulle scelte gestorie fondamentali della controllata [[35]], non essendo sufficiente una astratta idoneità del contratto [[36]]. La situazione di dipendenza economica in capo alla parte controllata, dunque, non può essere ritenuta sufficiente ai fini della configurabilità della fattispecie, trattandosi di un elemento essenziale, anche se non di «matrice strettamente giuridica» [[37]]. In pratica appare improponibile un concetto di controllo contrattuale così debole in cui comprendere ogni relazione commerciale caratterizzata da una subordinazione dell’impresa più debole o da clausole di esclusiva a vantaggio di una sola parte [[38]]. Ed anche nei contratti di produzione la fisiologica dipendenza derivante da tecnologie innovative per licenze di brevetto non può essere determinante ai fini del controllo in esame, emergendo piuttosto, l’eventuale dipendenza finanziaria e commerciale, in [continua ..]


4. L'esperienza tedesca: il Konzern e il Beherrschungsvertrag

L’Aktiengesetz del 1965 ha configurato varie fattispecie di regolamentazione del gruppo tra le quali interessa rilevare, ai fini della nostra indagine, quella che fonda il sistema di gruppo su uno o più contratti tipici e specifici,c.d. «contratti di dominazione», attraverso cui una società si sottopone completamente al controllo di un’altra, versandole gli utili, con correlativa responsabilità a carico della società dominante per le perdite della dominata e con una tutela per gli azionisti di minoranza di quest’ultima attraverso la garanzia di un dividendo minimo oltre che opzione di acquisto delle azioni della dominante [[41]]. La normativa sul gruppo si basa, come noto, sulla distinzione tra «gruppo contrattuale» (Vertragskonzern) e «gruppo di fatto» (De facto Konzern) [[42]]. Il rapporto di dipendenza originato dalla presenza di un’influenza dominante consente l’attuazione di un piano economico che travalica gli interessi delle singole imprese. Le stesse, se vi è direzione unitaria, danno vita al Konzern [[43]] che può essere oltre che gerarchico, anche di coordinamento o paritetico. In quest’ultimo caso ogni impresa continuerà a perseguire i propri interessi non essendovi vincoli di subordinazione [[44]]. Il Konzern individua «un’unità nella pluralità» in quanto si presenta unitario da un punto di vista economico nonostante siano molteplici i soggetti giuridici compresi nello stesso [[45]]. Si parla così di gruppo, ove controllanti e controllate svolgono un’attività con oggetto diverso, ma con «scopo oggettivo» unitario [[46]]. I contratti di impresa (Unternehmensverträge), accanto alla c.d. annessione o affiliazione (Eingliederung), costituiscono il mezzo attraverso cui più imprese danno origine ad un Konzern, cioè un gruppo a base contrattuale [[47]] attraverso conclusione di un Beherrschungs­vertrag (contratto di dominazione) [[48]] a seguito del quale alla capogruppo viene affidata la direzione della controllata [[49]]. Nel caso in cui non sussista un contratto di dominio o non sia stato posto in essere un procedimento di integrazione non potrà aversi una funzionalizzazione della società dipendente agli interessi della [continua ..]


5. I contratti di dominazione e l'ordinamento italiano

 I particolari vincoli contrattuali descritti dall’art. 2359, 1° comma, n. 3, c.c. non sono quelli identificabili con gli accordi di dominazione [[63]] per mezzo dei quali si regola in via diretta ed esclusiva l’obbligo di una società di agire secondo gli ordini e le istruzioni dettati da un’altra impresa. Infatti nella definizione dell’art. 2359, n. 3, l’influenza dominante non è il nucleo del contratto, quanto piuttosto la conseguenza di altri rapporti contrattuali, in forza dei quali si genera una situazione di dipendenza di una società rispetto ad un’altra [[64]]. Si è osservato che i contratti di dominio, in forza dei quali una società si sottopone completamente al controllo di un’altra sono sconosciuti all’esperienza italiana [[65]] e, più in particolare la dottrina maggioritaria ha sempre negato la loro legittimità in considerazione dei principi ispiratori della normativa vigente [[66]], poiché agli amministratori non sarebbe consentito abdicare alla sovranità gestionale che loro compete [[67]]. A sostegno di una tale preclusione si ponevano, inoltre, l’assenza di una specifica normativa posta a tutela dei soci e creditori della controllata, sia le norme sul conflitto di interessi che vietavano agli amministratori di agire contrariamente all’interesse sociale [[68]]. Il quadro normativo non appare, dunque, idoneo a fornire elementi circa la validità di un contratto di dominazione. In particolare non sembra sia ipotizzabile nel nostro sistema una regola che, sulla base di un contratto di dominio, esoneri gli amministratori della dominata (che hanno dovuto supinamente obbedire alle direttive della dominante) da ogni forma di responsabilità verso i creditori ed i soci. Dunque non c’è, da noi, «compatibilità fra subordinazione e disciplina della responsabilità imposta agli amministratori di società di capitali», con la conseguente inammissibilità nel nostro ordinamento di ogni possibile ipotesi di contratto di dominazione [[69]].


6. Il controllo, l’attività da direzione e coordinamento ed il gruppo

Già da tempo, la dottrina osservava come il concetto di controllo fosse una sorta di «metafora assopita, che per essere stata ormai assoggettata ad una eccessiva usura non adempie più ad alcuna autentica funzione». Si ravvisava, pertanto, la necessità di sostituire il controllo, concetto formale ed astratto, con il dominio, concetto fattuale e concreto [[70]]. Attualmente, accanto alla descritta norma di cui all’art. 2359, 1° comma, n. 3, c.c. relativa al controllo tra società collegate si è affiancata quella prevista dall’art. 2497-sexies e septies c.c., collocate all’interno delle più generali disposizioni contemplate dagli art. 2497 ss. c.c. relative all’esercizio dell’attività di direzione e coordinamento all’interno dei gruppi societari. Appare significativo che le nuove disposizioni non parlano di gruppo, tenuto conto che «il gruppo non è una realtà creata dal diritto, ma è invece una realtà da esso trovata» [[71]]. Ci si chiede, pertanto, ai fini della nostra analisi, se si possano verificare ipotesi di dipendenza economica, e conseguente abuso [[72]], anche nel modello del gruppo e, in caso positivo, quale siano gli strumenti di tutela approntati dall’ordinamento. Il legislatore ha affrontato esplicitamente il problema dell’«eterogestione» della società: la fattispecie acquista una propria identità, superando la ricostruzione dettata dai principi generali [[73]]. Appare evidente che andando ad effettuare una comparazione tra la fattispecie di cui all’art. 2359, 1° comma, n. 3, in precedenza analizzato, e la norma descritta dal 2497-septies emergono analogie che, da una prima lettura, potrebbero far presumere una sovrapposizione di norme, ma che in realtà vanno a descrivere fattispecie differenti con conseguenti effetti differenti. Procedendo per gradi, la prima distinzione va evidenziata prestando attenzione alle figura del controllo di una società su altra impresa derivante da influenza dominante, come descritto dalla prima norma, e l’eterodirezione derivante, appunto dall’esercizio di attività di direzione e coordinamento, della seconda. Dal carattere relativo della presunzione di cui all’art. 2359 c.c. si [continua ..]


7. I rapporti contrattuali nel gruppo

È necessario, dunque, comprendere quale sia quella particolare base contrattuale idonea a fornire la prova dell’esercizio dell’attività da direzione e coordinamento. I contratti descritti dall’art. 2497-septies non sembra, come visto, possano identificarsi con quelli già previsti dall’art. 2359, 1° comma, n. 3, cioè con i contratti commerciali delle società. Ciò sulla considerazione che tale categoria di contratti è già autonomamente contemplata nell’art. 2497-sexies, ove è descritta una presunzione relativa [[79]]. Dunque i contratti commerciali inquadrati in via generale all’interno dell’art. 2359 c.c. darebbero vita ad una presunzione relativa di dominio contemplata dall’art. 2497-sexies, laddove al contrario i vincoli contrattuali di cui all’art. 2497-septies riguardano un’area diversa, comunque lasciata all’autonomia dei privati [[80]]. Si devono allora individuare quelle fattispecie tali da integrare l’attività da direzione e coordinamento su base contrattuale. Uno degli «indici» può essere individuato in quegli atti che, sebbene nascano da un rapporto contrattuale, costituiscono, poi, un’attività di direzione di una parte rispetto all’altra, attraverso la predisposizione della pianificazione finanziaria [[81]]: in buona sostanza i finanziamenti intragruppo [[82]]. Anche la rappresentazione della struttura organizzativa di gruppo sembra connotare l’esercizio dell’attività di direzione e coordinamento, così come l’individuazione delle strategie di mercato da realizzare per la società da parte di quel soggetto che è legato ad essa solo da un vincolo contrattuale [[83]]. E dunque tutte le ipotesi di controllo contemplate dalla predetta norma sono rilevanti perché, di qualunque natura sia la fonte giuridica del controllo, il vincolo che discende per le società controllate assume importanza ai fini dell’applicazione delle norme relative all’esercizio dell’attività da direzione e coordinamento [[84]]. Porgendo lo sguardo al sistema tedesco, un esempio di contratto di gruppo può essere offerto dal cash pooling, cioè da un modello di tesoreria accentrata che consente di ottimizzare la gestione delle risorse [continua ..]


8. I contratti di dominazione e l'art. 2497-septies c.c.

Secondo una prima ricostruzione sembra che, comunque, anche nella disciplina descritta dall’art. 2497-septies c.c. il sistema sia rimasto impermeabile ai c.d. contratti di dominazione [[88]], dovendosene quindi ancora rigettare la legittimità all’interno del nostro ordinamento [[89]], nonostante tesi favorevoli a tale configurabilità [[90]]. Sono state così disattese le più ambiziose proposte per una regolamentazione dei cc. dd. «gruppi di diritto» [[91]], laddove oggetto di disciplina è stato solo il «gruppo c.d. di fatto» [[92]] stante la sostanziale diffidenza a formalizzare «che non si è padroni in casa propria» [[93]]. In particolare, i contratti di dominio sono stati considerati incompatibili con i principi del nostro diritto e con le responsabilità degli amministratori di ogni singola società nei confronti dei loro soci. Peraltro se con tale denominazione si vuole individuare quella tipologia contrattuale in forza della quale gli amministratori della società diretta sono tenuti ad osservare le disposizioni gestionali della capogruppo, se ne può desumere che il legislatore non accetta simili fattispecie, laddove la descrizione offerta dall’art. 2497-septies non è sufficiente a dimostrare il contrario. Aderire ad una interpretazione di tal genere farebbe sorgere dubbi di legittimità costituzionale comportando una sostanziale variazione di principi posti in essere dal governo senza alcuna indicazione impartita in tal senso da parte del legislatore il quale, al contrario, ha sempre sottolineato il principio della responsabilità esclusiva degli amministratori per la gestione della società cui sono preposti [[94]]. Dunque i contratti descritti certamente potranno comportare l’obbligo della società diretta e dei suoi amministratori di osservare le strategie imprenditoriali proposte dalla capogruppo senza, tuttavia, eliminare ogni autonoma valutazione e decisione degli organi di ogni singola società [[95]]. Né pare si possa parlare di contratti di dominio c.d. debole [[96]]. Infatti, in tal caso, si produrrebbe «una derubricazione da contratto di dominio ad altra differente tipologia contrattuale, per la quale si impone una differente denominazione, riflesso di conseguenze ed effetti [continua ..]


9. La posizione della giurisprudenza sull'abuso di controllo contrattuale: il caso «Armani»

L’art. 2359, 1° comma, n. 3 nulla prevede espressamente a tutela dell’impresa dipendente nel caso in cui sia sottoposta ad un controllo abusivo, la cui situazione è resa ancor più gravosa dal fatto che, come esaminato in precedenza, non basta la semplice sussistenza di un contratto tipico per configurare l’ipotesi di controllo di fatto, dovendosi, quindi, ricercare all’interno dello stesso quegli elementi specifici e caratteristici qualificabili come «abusivi». A conferma di tale assunto è intervenuta anche una pronuncia della Suprema Corte [[105]] prevedendo che la sussistenza del controllo esterno di una società su un’altra postula che sussistano determinati rapporti contrattuali che rappresentano la condizione di esistenza e di sopravvivenza della società controllata. I giudici di legittimità hanno così preso una prima posizione su un argomento che in realtà, in precedenza, era stato oggetto quasi esclusivamente dei dibattiti della dottrina. Infatti il tema del controllo contrattuale, sebbene rilevante non soltanto sotto il profilo teorico, non è stato quasi mai sottoposto all’attenzione degli organi giurisdizionali, tanto che le sole pronunce che si sono avute sull’argomento sono state poi le stesse che hanno portato alla decisione del supremo consesso [[106]]. I giudici, nei vari gradi di giudizio [[107]], erano stati così chiamati a verificare se un controllo di tipo esterno potesse essere, nel caso in cui fossero sussistenti determinati requisiti ambientali, presupposto per configurare una eventuale responsabilità della controllante. Prima di risolvere tale quesito, evidentemente, era necessario comprendere se, ed in quali casi, si poteva configurare l’ipotesi descritta, cioè quella di controllo esterno e conseguentemente, in quali casi si concretizzava l’abuso stesso. Il Tribunale di Milano ha ammesso l’esistenza di tale tipo di controllo «quando tra due o più società corrono rapporti contrattuali (derivati da contratti di agenzia, di commissione, di licenza, di brevetto, di somministrazione in esclusiva, di finanziamento, di know-how ecc.) la cui costituzione ed il cui perdurare rappresentano la condizione di esistenza e di sopravvivenza della capacità d’impresa della società c.d. controllata»,sino a [continua ..]


10. La responsabilità da direzione e coordinamento

Come noto, sino a pochi anni fa, l’esercizio dell’attività di direzione e controllo non aveva ricevuto necessaria collocazione normativa sebbene il problema della responsabilità si andava «capovolgendo» rispetto al passato. Infatti, ritenendo ormai legittimo il potere di dominio, l’illecito si manifestava non nel­l’eser­cizio dello stesso, ma nella mancata attività di eterodirezione e del coordinamento del gruppo [[115]]. Attualmente la norma codicistica disciplina espressamente la responsabilità da eterodirezione su altre società [[116]]. L’art. 2497 c.c. riguarderebbe unicamente il mondo societario e sarebbe volto a risolvere dialettiche di interessi tra le stesse e non, quindi, tra imprese semplici o individuali ove manca un rapporto tra maggioranza e minoranza e dove non sussiste nemmeno un interesse sociale a cui i creditori possano affidarsi [[117]]. Dalla configurazione di questa particolare ipotesi discendono conseguenze proprio qualora l’attività di eterodirezione venga esercitata in maniera abusiva da parte delle società o degli enti controllanti così da generare un pregiudizio lesivo degli interessi delle eterodirette. La capogruppo, infatti, può condurre gli amministratori della controllata a compiere delle scelte gestorie pregiudizievoli per l’interesse dei soci e dei creditori e conseguente responsabilità della stessa tenuta a rispettare i principi di corretta attività imprenditoriale. Sembra centrale nella disciplina l’esistenza di una tutela obbligatoria o risarcitoria piuttosto che reale o invalidatoria [[118]]. «Dirompente è la possibilità concessa a ciascun anche infimo azionista di qualsivoglia società controllata di convenire in responsabilità chiunque, persona fisica o giuridica, esercitando a qualunque titolo l’attività di direzione e coordinamento abbia leso il suo diritto agli utili e, soprattutto, alla valorizzazione della partecipazione, salva la possibilità (…) di provare, in breve, i vantaggi compensativi» [[119]]. Secondo il dettato legislativo, infatti, la responsabilità si basa sull’agire nell’interesse imprenditoriale proprio o altrui in difformità dei principi di corretta gestione societaria e imprenditoriale delle [continua ..]


11. Il rapporto tra l'abuso di dipendenza economica e l'abuso di controllo

Resta dunque da esaminare, alla luce di tutto quanto descritto, se il divieto di abuso dipendenza economica può trovare diretto riconoscimento e tutela anche nella disciplina codicistica dettata in materia di direzione e coordinamento societario [[122]]. Si è osservato che la disciplina sui gruppi è espressamente riferita ai gruppi societari e non anche alle imprese individuali. Peraltro, soltanto nel gruppo si è in presenza di una dialettica di interessi che sussiste esclusivamente quando l’eterodirezione si esercita nei confronti di società. Allo stesso modo poi non si potrebbero individuare nella clausola di carattere generale del divieto di abuso di dipendenza economica quei criteri sui quali valutare l’abuso da eterodirezione, rappresentati dalla corretta gestione imprenditoriale, perché si proporrebbe di specificare una clausola generale con un’altra avente la stessa valenza [[123]]. Si devono distinguere situazioni in cui la società eterodiretta è controllata internamente e situazioni, invece, nelle quali ricorre solo un controllo esterno o contrattuale in quanto nella prima ipotesi non si dovrebbe applicare l’art. 9 l. subf. ma, al contrario, gli artt. 2497 ss. c.c. Nella seconda troverebbe collocazione la disciplina dell’abuso di dipendenza economica [[124]]. Tuttavia «le norme su direzione e coordinamento di cui agli artt. 2497 e ss. c.c., in un certo qual modo, consentirebbero di dare un contenuto concreto alla clausola generale dell’art. 9» [[125]] così che per ogni ipotesi di controllo, anche nel caso di gruppo su base contrattuale, può trovare applicazione l’art. 9 della legge n. 192/1998 [[126]]. Dunque appare corretto far rientrare anche l’ipotesi descritta dall’art. 9 della norma sulla subfornitura tra quelle di corretta gestione imprenditoriale dettate dall’art. 2497 [[127]]. Affermato che l’abuso di dipendenza economica è configurabile come una delle ipotesi di dominio societario abusivo [[128]], è ora possibile evidenziare alcune distinzioni emerse nel­l’ipotesi di controllo contrattuale esterno ex art. 2359 c.c. e di controllo da attività da direzione e coordinamento esercitato in virtù di particolari vincoli contrattuali ex art. 2497 ss. In particolare, la tutela offerta [continua ..]


NOTE
Fascicolo 1 - 2010