“È pur vero che l’art. 29, nn. 1 e 6, della Direttiva 77/91/CE non prevede che le nuove azioni e le obbligazioni convertibili in azioni debbano essere offerte esclusivamente agli azionisti e che esse possano essere quindi offerte anche ai detentori di obbligazioni convertibili in azioni emesse in precedenza. Tuttavia, risulta dal tenore letterale dello stesso articolo che l’offerta è rivolta non agli uni e agli altri simultaneamente, bensì «in opzione» agli azionisti. Pertanto, solamente nella misura in cui gli azionisti non abbiano esercitato il loro diritto di opzione, le azioni ed obbligazioni possono essere offerte agli altri acquirenti, tra i quali figurano i detentori di obbligazioni convertibili in azioni.”
(v. punti 38-40, dispositivo 2)
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1. Il diritto di opzione al vaglio della Corte di Giustizia Europea - 2. Il diritto di opzione e il recepimento della Direttiva 77/91/CE - 3. Titolarità di obbligazioni convertibili ed esercizio del diritto di opzione - 4. L'interpretazione dell'art. 29, n. 1 della Direttiva 77/91/CEE da parte dell'Avvocato Generale e della Corte di Giustizia Europea - 5. Conclusioni - NOTE
La Causa C-338/06 prende avvio dal ricorso per inadempimento presentato in data 4 agosto 2006 dalla Commissione Europea nei confronti del Regno di Spagna ai sensi dell’art. 226 CE ed avente ad oggetto l’implementazione degli artt. 29 e 42 della Seconda Direttiva di Armonizzazione Societaria [1] (di seguito, la «Direttiva») nonché gli effetti del recepimento degli stessi nel corpo del Real Decreto Legislativo 22 dicembre 1989, n. 1564/1989, mediante il quale è stata approvata la Ley de Sociedades Anonimas (di seguito «LSA») [2]. Come chiaramente espresso dalla sua stessa denominazione, la Direttiva si colloca nell’ambito del processo di ravvicinamento del diritto societario europeo, in quanto «intesa a coordinare, per renderle equivalenti, le garanzie che sono richieste, negli Stati membri, alle società di cui all’articolo 58, secondo comma, del Trattato, per tutelare gli interessi dei soci e dei terzi per quanto riguarda la costituzione della società per azioni, nonché la salvaguardia e le modificazioni del capitale sociale della stessa». Recita infatti il secondo considerando come «per assicurare l’equivalenza minima della protezione degli azionisti e dei creditori delle società occorre in particolare coordinare le disposizioni nazionali riguardanti la loro costituzione, nonché la salvaguardia, l’aumento e la riduzione del capitale delle società per azioni». In tale prospettiva, l’introduzione di una disciplina uniforme del diritto di opzione si colloca nella scia di quelle previsioni finalizzate a realizzare in tutti gli ordinamenti degli Stati Membri, conformemente agli obiettivi comunitari definiti all’art. 44, n. 2, lett. g), del Trattato CE [3], simili forme di tutela a favore di soci e soggetti terzi [4]. Avendo quale scopo l’effettivo raggiungimento degli obiettivi fissati dalla Direttiva, con la Causa in oggetto si è richiesto alla Corte di Giustizia Europea di prendere in esame una pluralità di aspetti legati all’esercizio del diritto di opzione a seguito di aumento del capitale sociale da effettuarsi mediante conferimenti in denaro. Sono state quindi sottoposte al vaglio della Corte le condizioni previste ex lege per l’esclusione del diritto di opzione, le modalità di fissazione del [continua ..]
In termini generali, l’esercizio del diritto di opzione consiste nella possibilità di sottoscrivere proporzionalmente azioni o obbligazioni convertibili di nuova emissione di una società per azioni con preferenza rispetto a soggetti terzi [5]. Seppur già conosciuto in forme fra loro non dissimili nei diversi ordinamenti europei, l’armonizzazione del diritto societario ha prodotto conseguenze dirette sulla regolamentazione dell’esercizio del diritto di opzione nella legislazione degli Stati membri dell’Unione Europea. In ossequio a quanto richiesto dalla Direttiva, tale fattispecie è stata, infatti, introdotta anche in ordinamenti che non conoscevano o non attribuivano carattere imperativo al diritto di opzione, tanto da poter agilmente constatare come, ad oggi, tutti i paesi dell’Unione Europea conoscano un simile istituto [6]. In tale prospettiva, la regolamentazione comunitaria delle modalità di esercizio del diritto di opzione ha sancito in maniera definitiva l’importanza da questo assunta, nel panorama europeo, nell’amministrazione dei rapporti societari e nella tutela dei soggetti coinvolti [7]. Non è possibile far a meno di considerare, infatti, come il realizzarsi della fattispecie dell’aumento di capitale sociale mediante l’apporto di nuovi conferimenti costituisca in re ipsa un rischio, seppur potenziale, di vedere modificati gli a volte delicati equilibri infra-societari preesistenti. In tal senso, si è avuto modo di notare in dottrina che «se la scelta dei soggetti a cui offrire le azioni di nuova emissione fosse rimessa alla totale discrezionalità degli amministratori, potrebbero facilmente verificarsi abusi in danno dei precedenti soci, o di alcuni di essi» [8]. Il riconoscimento ex lege in capo a determinati soggetti di un diritto di opzione sulle azioni e obbligazioni convertibili di nuova emissione risponde pertanto all’esigenza di tutelare l’interesse di quest’ultimi a mantenere quanto meno inalterata la propria posizione nei confronti della società [9]. Per l’aspetto che in questa sede maggiormente interessa, la Direttiva identifica espressamente i soggetti ai quali debba essere attribuita la titolarità del diritto di opzione. Si legge all’art. 29, n. 1, che «nel caso di aumento di capitale sottoscritto [continua ..]
Volendone analizzare il profilo economico, le obbligazioni si presentano come uno degli strumenti di cui le società di capitali dispongono al fine di reperire presso i risparmiatori i capitali necessari all’impresa; a tali soggetti viene ad essere offerta una posizione giuridica di partecipazione in cambio dell’apporto di capitale di debito a favore della società [17]. Per gli aspetti che qui maggiormente interessano, la visuale offerta da tale approccio pone in luce come le obbligazioni e le azioni, pur costituendo figure giuridiche radicalmente distinte, presentino innegabilmente alcune affinità. In particolare, l’essere entrambe finalizzate al reperimento di capitali, ha reso configurabile, dapprima come prassi commerciale e poi come istituto autonomo, la conversione di obbligazioni in azioni, da cui la figura giuridica delle obbligazioni convertibili [18]. Sorte nell’esperienza statunitense [19], le obbligazioni convertibili sono ora largamente in uso anche in Europa, dato il vantaggio che esse presentano, rispetto alle obbligazioni c.d. ordinarie, di attribuire al sottoscrittore la possibilità di scelta fra la posizione di creditore e quella di socio. La stessa regolamentazione a livello dei singoli ordinamenti nazionali appare perlopiù uniforme, rilevando come eventuali divergenze normative in materia di obbligazioni convertibili riguardino frequentemente elementi di dettaglio; nella misura in cui soluzioni adottate nei diversi ordinamenti nazionali si discostino l’una dall’altra, non è affatto difficile riscontrare come l’opinione contrastante sia spesso comunque presente quale opinione minoritaria [20]. In termini generali, le obbligazioni convertibili si differenziano dalle obbligazioni ordinarie poiché, mentre quest’ultime attribuiscono al titolare unicamente il diritto di rimborso alla scadenza, le prime offrono la facoltà di optare per l’assegnazione di una quota azionaria in misura calcolata sulla base di un prefissato rapporto di cambio. Si consente in tal modo all’obbligazionista di mutare la propria veste giuridica nell’ambito della compagine societaria, utilizzando a titolo di conferimento l’apporto già effettuato a titolo di capitale di debito, e realizzando così la trasformazione di quest’ultimo in capitale di rischio [21]. Sulla base di tali [continua ..]
Le argomentazioni del Regno di Spagna di fronte alla Corte di Giustizia Europea sono state poste al vaglio dell’Avvocato Generale Trstenjak al fine di valutare se il ricorso per inadempimento intentato dalla Commissione meritasse o meno accoglimento. In particolare, sul secondo motivo di ricorso, avente ad oggetto l’ambito di applicazione soggettiva del diritto di opzione, l’Avvocato Generale è stato chiamato ad esprimersi in merito alla presunta violazione da parte del Regno di Spagna degli obblighi ad esso incombenti in forza della Direttiva, nella misura in cui la legge di recepimento attribuisce diritto di opzione nell’ipotesi di aumenti del capitale sottoscritto con conferimenti in denaro non soltanto agli azionisti, ma anche ai titolari di obbligazioni convertibili. L’analisi da esso compiuta si è imperniata principalmente sul valutare la fondatezza degli argomenti delle parti, allo scopo di stabilire se la Commissione avesse dimostrato l’esistenza dell’inadempimento e se, d’altro lato, il Regno di Spagna fosse riuscito a confutare in modo sostanziale i dati prodotti e le conseguenze che ne derivano [33]. Avendo in considerazione innanzitutto l’analisi del dato testuale offerto dall’art. 29, n. 1, della Direttiva, l’Avvocato Generale si è trovato concorde con la Commissione nel ritenere che sussista, quantomeno con riguardo al tenore letterale del disposto, un’evidente contraddizione fra quest’ultimo e la formulazione dell’art. 158, n. 1, della LSA. Ne è disceso il rilievo per cui, limitando il campo di ricerca alla sola lettera dei testi oggetto d’indagine [34], il confronto fra gli stessi deponga nel senso di una violazione del diritto comunitario. Appoggiando la tesi sostenuta dalla Commissione, l’interpretazione estensiva suggerita dal governo spagnolo è stata giudicata difficilmente sostenibile; a favore della correttezza di tale scelta, è stato richiamato come, nel più volte citato art. 29, n. 1, della Direttiva, si legga chiaramente che le azioni di nuova emissione debbano essere offerte in opzione «agli azionisti in proporzione della quota di capitale rappresentata dalle loro azioni». In particolare, dalla lettura di tale estratto, l’Avvocato Generale ha dedotto due considerazioni fondamentali: la prima, ripetuta più volte, per cui il disposto [continua ..]
Le ricostruzioni dell’istituto del diritto di opzione, analizzate come strumento d’approccio alle conclusioni dell’Avvocato Generale Trstenjak e alla sentenza della Corte di Giustizia Europea, sono espressione di due distinti approcci alla materia che, come tali, risultano più o meno condivisibili sulla base delle proprie convinzioni. Prescindendo però da valutazioni individuali, è innegabile che, secondo un profilo sistematico, l’estensione del diritto di opzione a favore dei titolari di obbligazioni convertibili abbia necessariamente reso più problematica una ricostruzione unitaria dell’istituto [44]. Tanto in Spagna quanto in Italia, la prassi commerciale e l’interpretazione dottrinaria hanno dovuto sopperire ad alcune lacune normative legate all’impossibilità di far combaciare perfettamente un istituto che, nato in un momento storico in cui il ruolo degli azionisti e degli obbligazionisti era ben distinto, aveva avuto come figura di riferimento l’azionista «tradizionale» e pertanto mal si concilia con la pluralità di soggetti che, con posizioni diverse, ruotano oggi intorno alle società di capitali e con i sempre più incisivi sviluppi in senso liberista della pratica commerciale [45]. L’inadeguatezza della soluzione normativa attualmente esistente appare oggi ancor più evidente nel riscontro nella decisione della Corte. L’assenza, a livello nazionale, di giurisprudenza rilevante sul punto ha indotto alcuni autori a proporre elaborazioni alternative, nel tentativo di mediare l’approccio tradizionale, che vuole l’estensione soggettiva del diritto di opzione non limitata ai soli azionisti, con l’esigenza di coerenza di coerenza interna e con la necessità di ricorrere ad un sistema di protezione di interessi ben più articolati [46]. Ricercando una soluzione normativa che garantisca maggior rispetto delle posizioni degli azionisti e dei titolari di obbligazioni convertibili, parte della dottrina si è espressa in favore di una riforma sostanziale del diritto di opzione, da realizzarsi ponendo particolare attenzione al coordinamento di tale istituto con le modalità di emissione delle azioni. Secondo un primo approccio, una volta assegnato il diritto di opzione sulle azioni di nuova emissione ai soli azionisti, la società emittente dovrebbe, al momento [continua ..]