Rivista di Diritto SocietarioISSN 1972-9243 / EISSN 2421-7166
G. Giappichelli Editore

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Come si strutturano i leveraged buy out (di Andrea Accornero)


Questo articolo descrive come si strutturano nella pratica, da un punto di vista societario, le operazioni di acquisizione di società effettuate con l’utilizzo della leva finanziaria. In particolare, viene analizzata la struttura tradizionale di acquisto dell’intero pacchetto azionario di una società e la successiva fusione ai sensi dell’articolo 2501-bis c.c. e le sue varianti che prevedono l’ingresso nella compagine sociale di manager, coinvestitori e banche. Viene quindi descritto il funzionamento della struttura della doppia NewCo e le ragioni del suo utilizzo per l’acquisto della maggioranza (e non della totalità) del capitale di una società. Infine si analizza un tipo di struttura più complessa che è quella che prevede la distribuzione delle riserve – appositamente create con operazioni di fusione – per finanziare l’acquisizione della società obiettivo. In tale struttura, il debito viene spostato sulla società obiettivo in un momento successivo alla fusione.

  
SOMMARIO:

1. La struttura classica dei LBO in Italia - 2. I profili legali - 3. Le varianti alla struttura classica - 4. La doppia NewCo - 5. La doppia NewCo per l’acquisto della maggioranza di Target - 6. La distribuzione di riserve per finanziare l'acquisto di Target (il caso Seat) - NOTE


1. La struttura classica dei LBO in Italia

La classica operazione di leveraged buy out («LBO») italiana consiste nell’acquisto di una partecipazione totalitaria o di controllo di una società che l’art. 2501-bis c.c., definisce «società obiettivo» (di seguito «Target») effettuata dall’acquirente tramite società appositamente costituita («NewCo»). L’acquisizione è finanziata in parte con capitale (equity) e in parte con debito (leverage). Dopo l’acquisizione, NewCo incorpora Target e il debito contratto da NewCo per l’acquisizione viene rimborsato utilizzando i flussi di cassa o il patrimonio di Target. I passaggi dell’operazione – ipotizzando un prezzo di 97 milioni per Target, costi di transazione per 3 milioni ed un rapporto debito/equity di 2:1 – sono i seguenti: 1. L’acquirente costituisce NewCo (una S.r.l. o una S.p.A.) con capitale di 33,3 mln.2. NewCo contrae un finanziamento ponte (bridge) con le banche di 66,7 mln [1].3. NewCo paga il prezzo di 97 mln al Vendi­tore per le azioni di Target.4. NewCo dà in pegno le azioni di Target alle banche a garanzia del bridge.5.  L’acquirente dà in pegno le azioni di NewCoalle banche a garanzia del bridge.6.  NewCo paga ai consulenti i loro compensi [2] e allo Stato le imposte indirette [3].7. Fusione di NewCo in Target o viceversa (“MergeCo”), ai sensi dell’art. 2501-bis c.c.8. Il bridge viene estinto utilizzando un nuovo finanziamento (senior) [4] concesso dalle stesse banche a MergeCo per lo stesso importo.9. Nel tempo MergeCo rimborsa il senior. Ipotizzando un bilancio di Target molto semplice (attività per 20 mln, passività per 10 mln e capitale di 10 mln), la situazione contabile di NewCo e di Target ai vari passaggi dell’operazione di LBO è la seguente: 1. Dopo i primi 2 step e quindi dopo l’iniezione di equity e l’assunzione del debito e prima dell’a­cquisizione di Target   NewCo   Cassa 100,0 Capitale 33,3 Debiti bancari 66,7     Target   Attività 20,0 Capitale 10,0 Passività 10,0   2. Dopo il 6° step e quindi dopo l’acquisizione di Target e il pagamento dei [continua ..]


2. I profili legali

Sino all’entrata in vigore dell’art. 2501-bis c.c. vi è stato un copioso dibattito dottrinale sul fatto che l’operazione sopra descritta determinasse una violazione diretta, o mediata, dell’art. 2358 c.c. [6] che vieta l’assistenza finanziaria. I provvedimenti giurisprudenziali spesso si riferivano ad altri tipi di operazioni e ciò non faceva che alimentare le fazioni [7]. Con l’introduzione dell’art. 2501-bis c.c., tale dibattito si è ridotto, ma, incredibilmente, non si è estinto. Vi sono, ancora, taluni autori [8] che sostengono come la legge delega che ha portato all’introduzione dell’art. 2501-bis c.c. sia in violazione dell’art. 23 della Seconda Direttiva CEE che vieta l’assistenza finanziaria per l’acquisto di azioni proprie. Altri autori [9] ritengono che gli LBO privi di una valida e sostanziale ragione economica siano illeciti perché in frode all’art. 2358 c.c., altri [10] ancora affermano che si debba valutare caso per caso la loro liceità. Tuttavia, la dottrina maggioritaria è netta nel ritenere che l’art. 2501-bis c.c. abbia fornito un’interpretazione autentica dell’art. 2358 c.c. e che tale interpretazione vada letta nel senso di sottrarre ogni operazione di LBO al divieto di cui all’art. 2358 [11], o quanto meno di sottrarvi tutte quelle operazioni che rispettino le condizioni poste dall’art. 2501-bis c.c. [12]. La discussione sulla liceità o meno dei LBO è quindi destinata a scemare. Permangono però questioni su alcuni passaggi della struttura classica del LBO che sono oggetto di riflessione. In particolare, anche la dottrina più favorevole ai LBO si pone il problema (i) se sia possibile procedere alla fusione inversa di NewCo in Target e (ii) se MergeCo, dopo la fusione, possa sostituire il bridge con un senior fornito di garanzie specifiche su quei beni di MergeCo che facevano parte dell’originario patrimonio di Target. 2.2. Le garanzie specifiche In tutte le operazioni di LBO condotte da fondi, dopo la fusione il bridge concesso alla NewCo avente lo scopo di finanziare l’acquisto di Target viene sostituito con un senior, con un duplice vantaggio per MergeCo: (i) il tasso di interesse e le condizioni [continua ..]


3. Le varianti alla struttura classica

Alcuni autori distinguono il LBO da altre operazioni simili definite merger leveraged buy out («MLBO»), management buy out («MBO»), employees buy out, family buy out, fiscal leveraged buy out, ecc. Mentre il MLBO non è altro che la classica struttura di LBO descritta sopra (che prevede la fusione a completamento dell’operazione), gli altri termini descrivono le finalità che si vogliono perseguire con l’operazione ovvero i soggetti che ne sono coinvolti: i manager nel MBO, alcuni rami della famiglia nel family, i dipendenti nell’employees. La struttura non cambia, ma vi sono piccole variazioni necessarie per adeguarla alle diverse esigenze dei soggetti coinvolti. I fondi di private equity raramente investono da soli. Spesso dividono l’investimento (i) con il management, (ii) con altri fondi (cosiddetti coinvestors) o (iii) con banche che apportano debito a diversi gradi di rischio. La struttura si complica non tanto per la fase dell’acquisizione e fusione di Target – che resta identica – bensì per il numero di società che occorre costituire sopra NewCo al fine di soddisfare i diversi bisogni dei vari investitori e finanziatori. Vediamo alcuni casi: 3.1. Manager e venditori Spesso i fondi di private equity chiedono che il top management di Target o i venditori (che in Italia spesso coincidono con chi dirige l’impresa) o i nuovi top manager che dirigeranno Target dopo l’acquisizione, investano nell’operazione in modo da avere un interesse diretto alla sua riuscita [20]. Costoro debbono entrare in NewCo, e non direttamente in Target, sia per beneficiare dell’effetto leva (nell’esempio di cui sopra mettendo 1 euro di capitale si acquistano 3 euro di azioni di Target, grazie al rapporto debito/equity di 2:1), che per evitare la diluizione del fondo (se i manager entrassero direttamente in Target, all’atto della fusione, il fondo verrebbe diluito dato che NewCo ha acquistato non solo con equity ma anche con debito e per effetto del concambio agli altri azionisti sarebbe attribuita una percentuale più elevata della MergeCo). Se i manager – o i venditori che reinvestono – non sono numerosi il loro ingresso avviene in NewCo. Il rapporto tra il fondo e [continua ..]


4. La doppia NewCo

La struttura della doppia NewCo, utilizzando gli stessi numeri della struttura tradizionale, funziona come segue: 1.  Il fondo costituisce NewCo 1 con 33,3 mln di capitale.2.  NewCo 1 contrae un bridge da 66,7 mln con le banche.3.  NewCo 1 costituisce NewCo 2 con 25 mln di capitale e 75 mln di sovrapprezzo (il sovrapprezzo è una posta del patrimonio netto e come tale non è un debito).4.  NewCo 2 acquista Target, ne paga il prezzo (97 mln) e paga i consulenti e lo Stato (3 mln).5.  NewCo 2 e Target si fondono. NewCo 2 non ha debiti (solo patrimonio netto) e quindi non è tecnicamente una fusione a seguito di acquisizione con indebitamento. 6. La MergeCo contrae un senior con le ban­che di 66,7 mln.7.  La MergeCo alloca parte della riserva sovrapprezzo a riserva legale (1,25 mln) e distribuisce 66,7 mln della riserva sovrapprezzo residua al suo unico socio, NewCo 1, utilizzando i fondi del senior [33].8. NewCo 1 estingue il bridge La situazione finale è la medesima della struttura classica, salvo che tra il fondo e la MergeCo vi è un veicolo, NewCo 1. Se MergeCo venisse fusa in NewCo 1, che avendo estinto il bridge non ha debiti, la situazione finale sarebbe assolutamente identica. Questa struttura veniva utilizzata prima della riforma del diritto societario del 2004, quando alcuni autori e magistrati censuravano i LBO. Non essendoci alcuna fusione con società indebitata, non vi era formalmente un LBO e l’operazione era più facilmente difendibile. La migliore dottrina post riforma ritiene che la struttura con la doppia NewCo «la frode alla legge non potrebbe essere più evidente» e che «la norma imperativa elusa dovrà comunque esser osservata» [34]. Poiché la norma imperativa elusa è l’art. 2501-bis c.c., anche chi difende la struttura della doppia NewCo conviene sul fatto che «quanto meno in via cautelativa, è opportuno che la disciplina contenuta nell’art. 2501-bis c.c. sia applicata nel caso in esame (benché la relativa fattispecie non sia formalmente integrata» [35].    


5. La doppia NewCo per l’acquisto della maggioranza di Target

La struttura della doppia NewCo è ancora attuale quando si vuole acquistare il controllo, ma non la totalità del capitale, di Target e si vogliono evitare diluizioni per effetto della fusione. Vediamo la differenza nel caso in cui si acquista il controllo di Target con la struttura della doppia NewCo e con la struttura classica (per facilitare il calcolo del concambio di fusione non si considerano costi transattivi). Si ipotizza l’acquisto del 75% di Target ad un corrispettivo di 75 mln (e quindi un valore complessivo di Target di 100 mln), corrispettivo da finanziarsi con debito e equity sempre secondo il rapporto 2:1 (quindi 25 mln di equity e 50 mln di debito). 5.1. L’acquisto della maggioranza di Target con la struttura classica 1.    Il fondo costituisce NewCo con 25 mln di equity di cui 5 mln di capitale e 20 mln di sovrapprezzo.2.    NewCo contrae un bridge di 50 mln.3.    NewCo acquista il 75% di Target pagando 75 mln.4.    NewCo è proprietaria del 75% di Target e i soci di minoranza del 25%. A questo punto NewCo incorpora Target. NewCo ha 50 mln di debiti e una partecipazione in Target che vale 75 mln. Il valore di NewCo è quindi 25 mln. NewCo incorpora l’intera Target che vale 100 mln. La MergeCo vale quindi 50 mln, cioè i 100 mln di valore di Target che è stata incorporata, meno il debito di NewCo di 50 mln. Poiché la partecipazione dei soci di minoranza in Target valeva 25 mln (il 25% di 100 mln) agli stessi deve essere attribuita una partecipazione in MergeCo dello stesso valore, pari cioè al 50% di MergeCo (che abbiamo visto vale 50 mln). Il capitale di NewCo è di 5 mln. Per attribuire ai soci di minoranza il 50% di MergeCo, il capitale dell’incorporante, all’atto della fusione, deve quindi essere aumentato di 5 mln, aumento da attribuirsi ai soci di minoranza. Post fusione il fondo si ritrova con il 50% del capitale di MergeCo (5 mln su 10 mln) mentre i soci di minoranza di Target si ritrovano con il residuo 50% di MergeCo (5 mln su 10 mln). La situazione contabile di NewCo e di Target ai vari passaggi dell’operazione è la seguente: 1.     Dopo i primi 2 step e quindi dopo l’inie­zio­ne di equity e l’assunzione del [continua ..]


6. La distribuzione di riserve per finanziare l'acquisto di Target (il caso Seat)

Il tipico esempio di acquisizione di Target con successiva distribuzione di riserve per permettere il ripagamento dei debiti contratti per l’acquisizione è fornito dalla seconda operazione su Seat Pagine Gialle S.p.A. («Seat») da parte dei fondi. La prima acquisizione di Seat da parte dei fondi venne perfezionata da Investitori Associati nel 1997 quando l’allora STET decise di venderla. Nel 2003 avvenne il secondo giro, con tre megafondi anglosassoni e americani (CVC, Permira e BC Partners) e gli stessi Investitori Associati che si aggiudicarono la società. La struttura utilizzata fu la seguente: 1. I quattro fondi costituirono un veicolo lussemburghese denominato Sociétè de Partecipation Silver S.A., al cui capitale parteciparono anche i consulenti dell’operazione. Sociétè de Partecipation Silver S.A. emise tre tipi di azioni: le azioni ordinarie (classe A), le preference shares B1 (senza diritti di voto e privilegiate nel riparto dei dividendi e riserve) e le preferences shares B2 (senza diritto di voto e attribuite ai consulenti).  2. Sociétè de Partecipation Silver S.A. costituì la società lussemburghese Sub Silver S.A. che a sua volta, in data 27 maggio 2003, costituì la società italiana Spyglass S.p.A. che a sua volta, in data 30 maggio 2003, costituì la società italiana Silver S.p.A. con circa 900 mln di equity. 3. Royal Bank of Scotland Plc Milan Branch mise a disposizione di Silver S.p.A. linee di credito per circa 2.210 mln finalizzate all’acquisto della maggioranza del capitale di Seat («Bridge»). 4. Il 8 agosto 2003, Silver S.p.A. acquistò da Telecom Italia S.p.A. il 62,5% del capitale sociale ordinario di Seat ad un prezzo di 0,598 euro per azione, per un corrispettivo totale di 3.032 mln. 5. Nel settembre 2003, Silver S.p.A. lanciò l’OPA su Seat a 0,598 euro per azione, che si concluse con un apporto ridottissimo di 2.170.760 azioni, tale da incrementare la partecipazione di Silver in Seat a 5.073.948.630 azioni ordinarie corrispondenti al 62,52% del capitale ordinario di Seat (quindi il mercato credeva nei fondi). 6. Il 15 dicembre 2003, la banca concesse un nuovo finanziamento di circa 2.210 mln a Sub Silver S.A. che li utilizzò per capitalizzare Spyglass S.p.A. che a sua volta li utilizzò per capitalizzare Silver [continua ..]


NOTE
Fascicolo 1 - 2010