Rivista di Diritto SocietarioISSN 1972-9243 / EISSN 2421-7166
G. Giappichelli Editore

indietro

stampa articolo indice fascicolo leggi articolo leggi fascicolo


Controllo e governo nel sistema dualistico. Limiti d'ordine tipologico e limiti d´ordine sistematico all'autonomia statutaria (di Laura Schiuma)


  
SOMMARIO:

Premessa - 1. Le ragioni della 'dissociazione tra proprietà e potere' nel sistema alternativo dualistico - 2. La peculiare posizione che assume il consiglio di sorveglianza nel sistema dualistico - 3. Controllo, governo ed influenza dominante nel sistema dualistico - 4. Controllo, governo ed influenza dominante nel sistema monistico - 5. Controllo, governo ed influenza dominante nella società per azioni - 6. Il contenuto tipologicamente essenziale del sistema dualistico - 7. Ricadute applicative: limiti dell'autonomia statutaria. Limiti di ordine tipologico e limiti di ordine sistematico - 8. Dal diritto vigente al diritto vivente - NOTE


Premessa

Intento della mia relazione è svolgere alcune riflessioni sui rapporti tra “controllo” e “governo” nel sistema dualistico, intendendo il “governo” come potere di direzione dell’impresa e il “controllo” come influenza (dominante) del socio nell’assemblea e – per il tramite di questa – sul dispiegarsi di quella direzione. Si tratta di un tema che intendo declinare in termini di verifica della discontinuità decisionale che il consiglio di sorveglianza produrrebbe tra “proprietà” e “governo” dell’impresa sociale. A tal fine mi soffermerò: a) sulle ragioni della c.d. “dissociazione tra proprietà e potere”, di cui si parla nella Relazione ministeriale al decreto n. 6/2003; b) sulla peculiare posizione che assume il consiglio di sorveglianza nel modello dualistico “di amministrazione e di controllo”; c) sul conseguente adattamento (operato dal d.lgs. n. 37/2004 e successive modificazioni) della stessa nozione di “controllo” (societario, in questo caso), recata rispettivamente dal t.u.b. e dal t.u.f., a seguito dell’introduzione del modello organizzativo dualistico nell’ordinamento italiano.La prospettiva mi pare poter giovare alla messa a punto di un’analisi funzionale dei limiti che incontra l’autonomia statutaria nel configurare la società per azioni secondo il sistema dualistico.Sullo sfondo, le importanti novità normative (art. 13.1, legge 25 febbraio 2008, n. 34, in tema di società a partecipazione pubblica) e giurisprudenziali (TAR Lazio n. 8835/2008 e Cons. Stato n. 8175/2009), che hanno toccato, per diversi aspetti, le dinamiche del controllo e del governo nel sistema dualistico nonché la considerazione riservata a tale modello dalle Disposizioni di vigilanza della Banca d’Italia in materia di organizzazione e governo societario delle banche (n. 264010 del 4 marzo 2008).  


1. Le ragioni della 'dissociazione tra proprietà e potere' nel sistema alternativo dualistico

Le ragioni per le quali, come si legge nella relazione, il sistema dualistico “è il modello … che più realizza la dissociazione tra proprietà (dei soci) e potere (degli organi sociali)” sono individuate nella circostanza: a) che “la proprietà” – quale si esprime nel­l’as­semblea ordinaria – “non nomina gli amministratori e non approva il bilancio, ma decide sull’elezione del consiglio di sorveglianza” e b) che il consiglio di sorveglianza è “un organo professionale”, che decide in ordine a “nomina e revoca dei componenti del consiglio di gestione, loro retribuzione, approvazione del bilancio, esercizio dell’azione sociale di responsabilità”.Si tratta di ragioni che attengono allo specifico riparto delle competenze nel sistema dualistico italiano oltreché alla natura di organo professionale del consiglio di sorveglianza, ragioni che inducono a prendere in esame le disposizioni sulle quali si fonda la peculiare posizione del consiglio di sorveglianza.


2. La peculiare posizione che assume il consiglio di sorveglianza nel sistema dualistico

 Due sono, sul piano normativo, i fronti di riflessione: i rapporti tra consiglio di sorveglianza e consiglio di gestione, da un lato, e i rapporti tra assemblea e consiglio di sorveglianza, dall’altro lato. 2.1. I rapporti tra consiglio di sorveglianza e consiglio di gestione. – Quanto ai rapporti tra consiglio di sorveglianza e consiglio di gestione, la circostanza che la legge assegni al consiglio di sorveglianza la competenza ad esercitare le funzioni di vigilanza sull’ammini­stra­zione di cui all’art. 2403.1 c.c. e, nelle società quotate, di cui all’art. 149.1 t.u.f. (disposizioni già dettate per il collegio sindacale) con, in più, l’aggiunta di competenze che nel modello tradizionale sarebbero spettate all’assemblea (nomina, revoca e determinazione del compenso dei consiglieri di gestione, approvazione del bilancio – anche consolidato – ed esercizio dell’azio­ne sociale di responsabilità) [[1]] mi è sempre parsa suscettibile di due possibili letture: – l’una, secondo la quale il sistema “alternativo” dualistico sarebbe alternativo più che altro al collegio sindacale (per quanto si tratterebbe di un collegio sindacale “rinforzato” dalle competenze assembleari) e, dunque, alternativo nel controllo più che non nell’amministrazione (stante l’assenza, almeno originaria e comunque nel modello legale, di competenze di direzione strategica o di alta amministrazione in capo al consiglio di sorveglianza): se si vuole, un clone imperfetto del collegio sindacale (un clone, perché conformato in funzione del controllo, per quanto qui di merito, e non della gestione; imperfetto, perché, nonostante le competenze di controllo e la connotazione professionale, il consiglio di sorveglianza gode indubbiamente di una minore indipendenza del collegio sindacale. Alludo alle modalità della revoca dei preposti all’ufficio, modalità sulle quali mi intratterrò tra qualche momento); – l’altra, secondo la quale la sinergia di queste competenze tra loro e la combinazione delle stesse con la regola della revocabilità ad nutum dei consiglieri di gestione sarebbe all’origine di una vera e propria trasformazione della stessa vigilanza (che esercita il collegio [continua ..]


3. Controllo, governo ed influenza dominante nel sistema dualistico

 Come ho già avuto occasione di sottolineare [[27]], questo persistente collegamento, questa permeabilità dei rapporti tra gli organi del sistema dualistico, che si ricava dal diritto scritto, trova un’im­por­tante testuale conferma nello specifico adattamento che i decreti correttivi del 2004 hanno apportato alla stessa nozione di “controllo” (societario), in conseguenza dell’introduzione del sistema dualistico nell’ordinamento italiano. Ci si riferisce alla circostanza che il decreto correttivo n. 37/2004, nel modificare la nozione di controllo di cui all’art. 23 t.u.b., onde rendere applicabile il sistema dualistico alle società bancarie, stabilisce che “Il controllo si considera esistente nella forma dell’influenza dominante, salvo prova contraria, allorché ricorra …” – tra le altre situazioni – il “possesso di partecipazioni idonee a consentire la nomina o la revoca della maggioranza dei membri del consiglio di amministrazione o del consiglio di sorveglianza” (v. art. 23.2, n. 2. t.u.b., come modificato dall’art. 9.9., d.lgs. n. 37/2004). Ci si riferisce ancora alla circostanza che l’art. 105.2 t.u.f. (così come sostituito dall’art. 3.1, lett. b, d.lgs. n. 229/2007, già inserito dall’art. 3, d.lgs. n. 37/2004), sempre per dare conto dell’introduzione del sistema dualistico, stabilisce che, ai fini dell’OPA obbligatoria, per “partecipazione” s’intende “una quota, detenuta anche indirettamente per il tramite di fiduciari o per interposta persona, di titoli emessi da una società di cui al comma 1 che attribuiscono diritti di voto nelle deliberazioni assembleari riguardanti nomina o revoca … degli amministratori o del consiglio di sorveglianza”. Non è un caso poi che, nonostante l’introduzione del sistema dualistico (e monistico) nel nostro ordinamento, la nozione civilistica di controllo di cui all’art. 2359 c.c. sia rimasta invariata, parametrata – com’è – sulla “maggioranza dei voti esercitabili nell’assemblea ordinaria” o sui “voti sufficienti per esercitare un’influenza dominante nell’assemblea ordinaria”, questa nominando il consiglio di sorveglianza, dal quale promana quello di gestione. Insomma, è lo stesso [continua ..]


4. Controllo, governo ed influenza dominante nel sistema monistico

Dominante è, del resto, l’influenza esercitabile dai soci che dispongono della maggioranza dei voti esercitabili nell’assemblea ordinaria, anche con riferimento al sistema monistico, dove la proprietà nomina e revoca, come nel sistema tradizionale, tutti i preposti al consiglio d’ammini­stra­zio­ne [[34]], ivi compresi quelli in possesso dei requisiti di indipendenza ai sensi dell’art. 2409-septiesdecies c.c. [[35]], e li revoca quand’anche componenti del comitato per il controllo sulla gestione (2409-octiesdecies c.c.). Ed anzi, l’influenza potrebbe dirsi “dominantissima” nel sistema monistico, stante l’assenza di stabilità reale, non solo negli amministratori, come nel sistema tradizionale, ma anche nei componenti del comitato di controllo sulla gestione.  


5. Controllo, governo ed influenza dominante nella società per azioni

Resta fermo, dunque, che anche nei sistemi alternativi di amministrazione e controllo sono sempre i soci a controllare la società e che neppure l’adozione del sistema dualistico, nonostante la presenza di quel “diaframma formale” rappresentato dal consiglio di sorveglianza, è capace di rendere “adespota” il controllo della società. Nell’organizzazione corporativa della società per azioni, in altri termini, in tutti i suoi modelli organizzativi (alternativi e non), nonostante l’influenza dominante esercitabile dai soci di controllo, sono estranei alla proprietà compiti di indirizzo della gestione: il che discende, all’evidenza, dall’essere la società per azioni controllabile ai sensi dell’art. 2359 c.c. o, ciò che è lo stesso, un organizzazione plutocratica [[36]].  


6. Il contenuto tipologicamente essenziale del sistema dualistico

Sul piano ricostruttivo, il persistente collegamento tra assemblea, consiglio di sorveglianza e consiglio di gestione, comprovato dalla stessa controllabilità della società dualistica, pone in luce che, nel modello legale, tanto nel sistema tradizionale, quanto nel sistema dualistico, la vigilanza del consiglio di sorveglianza sull’operato del consiglio di gestione finisce per essere scarsamente distinguibile dal controllo, sempre di merito, esercitato dall’assemblea sugli amministratori, il che comporta la sostanziale equivalenza tra l’influenza che tipicamente esercita l’assemblea, sugli amministratori, nel sistema tradizionale e quella che tipicamente esercita il consiglio di sorveglianza sul consiglio di gestione nel sistema dualistico [[37]]. Un’equivalenza che mi pare trovare, del resto, un significativo riscontro anche in punto di competenze che lo statuto può assegnare al consiglio di sorveglianza, atteso che tanto l’art. 2364.1, n. 5, c.c. (nel prevedere che l’assemblea delibera “sulle autorizzazioni eventualmente richieste dallo statuto per il compimento di atti degli amministratori”), quanto l’art. 2409-terdecies.1, lett. f-bis, c.c. (nel prevedere che il consiglio di sorveglianza “se previsto nello statuto delibera in ordine alle operazioni strategiche o ai piani industriali e finanziari della società predisposti dal consiglio di gestione”) tengono “ferma in ogni caso la responsabilità”, rispettivamente, degli amministratori e del consiglio di gestione, per gli atti compiuti. Ne discende: a) che ad entrambi i modelli organizzativi – nonostante l’influenza dominante esercitabile dai soci di controllo –sono estranei alla proprietà compiti di indirizzodella gestione o, se si preferisce, “competenze decisionali afferenti alla realizzazione del programma in essere” [[38]] [il che attiene al tipo, nel senso di fattispecie, della società per azioni (tanto tradizionale, quanto dualistica), in quanto controllabile ai sensi dell’art. 2359 c.c.]; b) che, persino nella variante statutaria, che abbia previsto espressamente la competenza di cui alla lett. f-bis, l’influenza del consiglio di sorveglianza sulla gestione nel sistema dualistico equivale a quella dell’assemblea nel sistema [continua ..]


7. Ricadute applicative: limiti dell'autonomia statutaria. Limiti di ordine tipologico e limiti di ordine sistematico

Le ricadute applicative delle conclusioni che precedono sono da cogliersi sul fronte dei limiti che incontra l’autonomia statutaria nel disegnare la società per azioni dualistica in difformità dal modello presupposto dal legislatore. Al di là delle disposizioni dichiaratamente inderogabili o dichiaratamente derogabili, ritengo, infatti, vi siano dei limiti operanti ora: i) sul piano del contenuto tipologicamente essenziale del sistema dualistico (“tipo”, nel senso di “tipo ideale” o fattispecie), e dunque apprezzabili quali difformità rispetto a tale contenuto [[52]], ora ii) sul piano prettamente sistematico. i) Mi pare così che, nella misura nella quale è rintracciabile un contenuto tipologicamente essenziale alla società per azioni dualistica – come a me sembra (v.supra, par. 6) – le norme dalle quali si ricava tale contenuto siano da ritenersi inderogabili alla luce del 1° comma e, soprattutto, del 2° comma dell’art. 2380 c.c., disposizioni per le quali: se lo statuto non dispone diversamente, si applica il sistema tradizionale di amministrazione e controllo; se dispone diversamente, lo statuto può adottare il sistema dualistico oppure il sistema monistico:quartium non datur. Una volta stabilito, infatti, come previsto dal 1° comma, che, se non diversamente disposto, l’amministrazione e il controllo della società si conformano al modello tradizionale (art. 2380.1 c.c.), al modello tradizionale mi pare sia da conformarsi anche quella società per azioni nella quale risulti irrimediabilmente equivoca – e quindi non effettuata – la scelta di un modello alternativo di amministrazione e controllo. Una siffatta scelta risulta, infatti, inespressiva della volontà di “adottare il sistema di cui al paragrafo 5” (dualistico) “oppure quello di cui al paragrafo 6” (monistico), come richiesto invece dal 2° comma dell’art. 2380 c.c. [[53]], quale condizione per l’adozione di un sistema alternativo di amministrazione e controllo [[54]]. Ma che dire del caso in cui la scelta di adottare un modello alternativo di amministrazione e controllo vi sia stata, ma sia stata accompagnata da previsioni “atipiche” rispetto al modello organizzativo prescelto? Insomma, tra la scelta talmente equivoca o [continua ..]


8. Dal diritto vigente al diritto vivente

Dal diritto vigente al diritto vivente, non si esclude che le criticità evidenziate dall’indagine che precede, e segnatamente il difetto di indipendenza (del consiglio di sorveglianza nei confronti dell’assemblea e del consiglio di gestione nei confronti del consiglio di sorveglianza) risultante dal diritto scritto, possano trovare un superamento nel diritto vivente, ove siano sviluppati taluni germi in fieri nel diritto vigente, e sviluppati in modo da propiziare un uso alternativo del sistema dualistico, rendendolo capace di funzionare sotto alcuni profili in modo più efficiente di quello tradizionale [[114]]. Penso, innanzi tutto, alle criticità che verrebbero meno in caso di adozione del sistema dualistico da parte delle società aperte, con capitale diffuso, non necessariamente quotate, realtà in funzione della quale – per vero – lo stesso legislatore aveva sin dall’inizio pensato il sistema dualistico [[115]] e nell’ambito della quale quell’influenza dell’assemblea (e del socio di controllo), che si è visto poter discendere dallo statuto legale, sarebbe naturalmente inattuabile sul piano economico. Una realtà certamente poco coerente con il modello socio-economico prevalente nel panorama italiano delle società per azioni, ma forse nemmeno troppo rara, se solo si pensi alle banche popolari ed alla loro diffusione. Di qui, un utilizzo virtuoso del sistema dualistico potrebbe darsi proprio nelle società cooperative [[116]], quali società a controllo tipicamente adespota (stante il capitale diffuso e il voto capitario) [[117]], ma anche nelle società per azioni quotate, ove di fatto si realizzi una diffusa distribuzione del potere, come accade in presenza di una capitalizzazione elevata e di assetti proprietari complessi, condizioni che propiziano l’introduzione di clausole statuarie volte a dare rappresentanza proporzionale ai vari interessi che fanno capo ad azionisti di minoranza (v. art. 144-sexies.10, regolamento emittenti) e finanziatori, rendendo attuale quella composizione pluralistica del consiglio di sorveglianza che nel diritto scritto è soltanto eventuale e che sola può favorire l’indi­pendenza del consiglio di sorveglianza (e la sua stessa possibilità di operare, in concreto, come [continua ..]


NOTE
Fascicolo 4 - 2010