Rivista di Diritto SocietarioISSN 1972-9243 / EISSN 2421-7166
G. Giappichelli Editore

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Finanziamenti anomali infragruppo e successiva rinegoziazione: tra postergazione legale e privilegio convenzionale (pareri pro veritate) (di Niccolò Abriani  )


  
SOMMARIO:

I - 1. La fattispecie - 2. Il quesito - 3. Sulla rinegoziazione del contratto di finanziamento - 4. Sulla irrilevanza della garanzia convenzionale rispetto alla qualificazione legale del finanziamento - 5. Sulla postergazione e sulla esigibilità del finanziamento - 6. Conclusioni - II - 1. La fattispecie - 2. Il quesito - 3. Sulla tipologia del finanziamento del socio - 4. Sulla sorte del finanziamento concesso da Y2 ad X in ipotesi di cessione delle partecipazioni azionarie detenute dal dott. AB, per il tramite di società da lui controllate, in X - 5. Conclusioni


I

1. La fattispecie

X è società per azioni quotata in Borsa operante nel settore (…) italiano ed europeo. Alla data del 27 dicembre 2006 due risultavano gli azionisti detentori di azioni ordinarie corrispondenti ad una partecipazione superiore al 2% del capitale sociale: il dott. AB (per il tramite di CD S.p.a.) e Banca Alfa S.p.a. (per il tramite di Banca Beta S.p.a.), rispettivamente titolari del 74,449% e del 10% del capitale di X. La CD S.p.a. era partecipata al 99% dal Gruppo AB S.p.a., partecipato a sua volta e sempre al 99% dalla Y1 S.p.a. il cui capitale sociale era detenuto al 98% dal dott. AB. Quest’ultimo deteneva il capitale di Y2 S.A. al 99,61% In data 27 dicembre 2006 X perfezionava con Y2 S.A. un contratto di finanziamento in forza del quale viene corrisposta ad X la somma di € 98.891.000,00, erogata da Y2 in un’unica soluzione «per dotare la stessa [X] e le società del gruppo di liquidità per ottimizzare il proprio progetto industriale» (contratto di finanziamento, pag. 2). In particolare, X ivi dichiarava che, entro il 29 dicembre 2006, avrebbe utilizzato l’importo concesso da Y2: i) mettendo a disposizione della propria controllata XX S.p.a. la somma di € 97.661.000,00 quale provvista necessaria per estinguere tempestivamente un contratto di finanziamento bancario sottoscritto in pool; ii) per far fronte a propri impegni finanziari per una cifra non inferiore ad € 1.230.000,00 (contratto di finanziamento, pag. 1). In detto contratto veniva altresì stabilito: a) che il finanziamento di cui si discorre avrebbe avuto scadenza al 31 dicembre 2007, con facoltà di rinnovo per un periodo di ulteriori dodici mesi; b) l’impegno di X a rimborsare il finanziamento a Y2 entro la scadenza pattuita, «salvo eventuali e successivi accordi fra le parti» (contratto di finanziamento, pag. 2). Il termine di scadenza veniva inizialmente prorogato fra le parti al 31 dicembre 2008. In data 20 novembre 2008 l’avv. (...) ed il dott. (…), quali Consiglieri di amministrazione di X, proponevano a Y2, la quale accettava, l’ulteriore proroga del termine di scadenza al 31 dicembre 2009, offrendo a garanzia del rimborso dell’importo finanziato (consensualmente ridotto a € 80.092.000), la costituzione in pegno a favore di Y2 della quota del 90% della partecipazione detenuta da XX S.r.l. (società questa controllata da X) nella Z S.r.l.; [continua ..]


2. Il quesito

Con riguardo alla fattispecie sopra sinteticamente delineata, mi viene chiesto di esprimere un parere pro veritate avente ad oggetto il seguente quesito: «se il finanziamento della [Y2] S.A., nonostante la rinegoziazione e la concessione di una garanzia reale, possa ancora essere considerato come un finanziamento soci da rimborsare in via postergata ai sensi dell’art. 2497 quinquies c.c.».  


3. Sulla rinegoziazione del contratto di finanziamento

Per rispondere alla prima parte del quesito formulato e cioè se, nonostante la rinegoziazione e la concessione di una garanzia reale, il finanziamento concesso da Y2 possa ancora ricondursi alla disciplina di cui all’art. 2467 c.c., occorre preliminarmente domandarsi se le integrazioni apportate dalle parti in data 12 febbraio 2009 al contratto di finanziamento stipulato in data 27 dicembre 2006 abbiano o meno estinto le originarie obbligazioni assunte da X e Y2, sostituendole con nuove, differenti per oggetto e titolo. E ciò impone di soffermarsi brevemente sulle caratteristiche essenziali dell’istituto della novazione oggettiva di cui all’art. 1230 c.c., dovendosi nella fattispecie escludere, all’evidenza, un’ipotesi di novazione soggettiva attesa l’identità delle parti. È principio acquisito che si configura novazione oggettiva ogni qualvolta l’originaria obbligazione si estingue poiché le parti la sostituiscono con una nuova obbligazione avente oggetto e titolo differente; ed è parimenti pacifico che la volontà di estinguere l’obbligazione precedente deve risultare in modo non equivoco. Al tal fine occorre dunque accertare preliminarmente, in ossequio ai canoni dell’er­me­neutica negoziale, la comune intenzione dei contraenti. L’opinione prevalente in dottrina propende per la natura negoziale della novazione oggettiva considerandola un contratto tipico caratterizzato da una propria causa e consistente, come detto, nell’estinzione di una precedente obbligazione in virtù della sua sostituzione con una nuova [per tutti, P. Perlingieri, “Dei modi di estinzione dell’obbligazione diversi dall’ina­dempi­mento”, in Commentario al codice civile Scialoja-Branca (Bologna-Roma, 1975), 104; Bianca, Diritto Civile, Milano, 1993, 453]. In tal senso si è del resto espressa costante giurisprudenza, la quale ha puntualmente chiarito che «la novazione oggettiva si configura come un contratto estintivo e costitutivo di obbligazioni, caratterizzato dalla volontà di far sorgere un nuovo rapporto obbligatorio in sostituzione di quello precedente con nuove ed autonome situazioni giuridiche; elementi essenziali di tale contratto sono, oltre ai soggetti e alla causa, l’animus novandi, consistente nella inequivoca, comune intenzione di entrambe le parti di estinguere l’originaria [continua ..]


4. Sulla irrilevanza della garanzia convenzionale rispetto alla qualificazione legale del finanziamento

In ogni caso e ferma la conclusione a cui si è approdati, si rileva che l’eventuale comune animus novandi avrebbe potuto avere efficacia estintiva nei confronti dell’originaria obbligazione soltanto nell’ipotesi in cui anche il nuovo rapporto obbligatorio avesse potuto ascriversi nell’ambito dei finanziamenti postergati, ai sensi dell’art. 2467 c.c. Il principio imperativo della postergazione insito nella disposizione regolante il finanziamento del socio, la cui operatività sarà in appresso analizzata, non avrebbe difatti potuto essere derogata dai contraenti. Come il rimborso del finanziamento è sottoposto al rispetto di determinate condizioni richieste dalla legge, così anche l’eventuale estinzione dello stesso, tramite novazione che comporti la nascita di una nuova obbligazione non vincolata dal meccanismo della postergazione legale, richiede, ai fini della sua validità ed efficacia, la verifica della sussistenza delle medesime condizioni. Quanto appena osservato trova d’altronde conferma in recentissima sentenza della Suprema Corte di Cassazione (Cass., 4 febbraio 2009, n. 2706, in Mass. Foro it., 2009, 169), ove è chiaramente statuito che il principio della postergazione di cui all’art. 2467 c.c. presenta carattere indisponibile e pertanto non derogabile dalle parti. Secondo tale pronuncia, infatti, persino in sede concorsuale i crediti dei soci suscettibili di postergazione ai sensi dell’art. 2467 c.c. non possono essere inclusi, a seguito di accordo assunto a maggioranza dei creditori, nella medesima classe dei creditori chirografari ed i pagamenti effettuati in base al concordato ai soci titolari di pretese postergate non godono del­l’esenzione da revocatoria di cui all’art. 67, 3° comma, lett. e), legge fall. Dalla chiara impostazione enucleata dalla Corte di legittimità discende, quale inevitabile corollario, che, nella fattispecie in esame, le parti non avrebbero potuto comunque derogare a detta disposizione mediante novazione dell’obbligazione originaria e, più in generale, che la natura postergata del finanziamento non può essere alterata neppure dalle modificazioni accessorie pattuite e ciò in quanto l’eventuale accordo fra debitore e singolo creditore non può vulnerare l’imperatività della norma. Segnatamente, la garanzia costituita da X a favore di Y2, [continua ..]


5. Sulla postergazione e sulla esigibilità del finanziamento

Dalle considerazioni sin qui svolte risulta dunque chiarito che il finanziamento in esame deve tuttora considerarsi, nonostante l’intervenuta costituzione del pegno azionario, come un credito postergato, con permanente degradazione ex lege della finanziatrice Y2 al rango di creditore subchirografario, ai sensi e per gli effetti di cui agli artt. 2467 e 2497-quinquies c.c. Si tratta ora di precisare quali siano le condizioni in presenza delle quali, in applicazione della regola di postergazione enunciata dalle disposizioni ora richiamate, Y2 potrà esigere – e, specularmente, X sarà tenuta ad operare – il rimborso di detto finanziamento, escutendo il pegno a fronte dell’inadempimento. Al riguardo, pare opportuno muovere dalla considerazione della ratio ispiratrice della nuova disciplina dei finanziamenti soci e infragruppo, nella quale la Corte di Cassazione ha da ultimo e limpidamente ravvisato una regola indisponibile di tutela preventiva dei creditori sociali, con la quale «si è inteso vietare, attraverso il meccanismo della postergazione, il pagamento in pregiudizio degli altri creditori, assimilandosi in tal modo ai fini in esame i finanziamenti ai conferimenti nel capitale di rischio» (così la già richiamata Cass., 4 febbraio 2009, n. 2706). Sempre la Suprema Corte ha plasticamente scolpito la diversa posizione che le disposizioni di cui agli artt. 2467 e 2497-quinquies c.c. assegnano ai soci finanziatori e alle società del gruppo rispetto agli altri creditori sociali, chiarendo che «in tale contesto normativo non è consentito ritenere quindi che siano portatori di “interessi economici omogenei” i soci finanziatori ed i terzi creditori» (così ancora Cass., 4 febbraio 2009, n. 2706). Tale impostazione si richiama a quegli autorevolissimi insegnamenti dottrinali che individuano nell’art. 2467 c.c. una norma di protezione diretta ad una riallocazione del rischio d’impresa dai creditori sociali ai soci. In tal senso, si è espresso, in particolare, uno dei più influenti componenti della Commissione di riforma del diritto societario, il quale, proprio con riferimento ai rapporti tra società sottoposte a comune attività di direzione e coordinamento, cui viene estesa dall’art. 2497-quinquies c.c. la regola della postergazione, rileva come «nell’ipo­tesi di finanziamenti [continua ..]


6. Conclusioni

Le considerazioni sin qui svolte convergono linearmente verso la conclusione che il finanziamento in esame deve tuttora considerarsi come un credito postergato, con permanente degradazione ex lege della finanziatrice Y2 al rango di creditore subchirografario, ai sensi e per gli effetti di cui agli artt. 2467 e 2497-quinquies c.c., non incidendo (né potendo incidere) su tale qualificazione l’intervenuta rinegoziazione e la concessione del pegno azionario. Gli amministratori di X S.p.a. saranno pertanto tenuti, alla pattuita scadenza del 31 dicembre 2009, a verificare preliminarmente se la situazione economica finanziaria della Società sarà tale da consentire di escludere, sulla base di una valutazione prospettica assistita dalla insindacabilità del merito delle scelte gestorie, un’incidenza del rimborso del finanziamento concesso da Y2 sulla capacità della Società di far fronte regolarmente alle proprie obbligazioni nei confronti dei propri creditori non postergati. Qualora tale scrutinio preliminare non dia esito positivo – e dunque qualora il rimborso del finanziamento postergato metta a repentaglio il soddisfacimento degli altri creditori – X potrà fondatamente (recte, gli amministratori di X dovranno) rifiutare l’eventuale richiesta di pagamento avanzata dal socio finanziatore, nonostante la sopravvenuta scadenza del termine pattuito per il rimborso; mentre, specularmente, Y2 non potrà escutere la garanzia concessa, rimanendo il suo credito inesigibile. Va conclusivamente soggiunto che, proprio in considerazione della «patrimonializzazione» del finanziamento infragruppo transitoriamente imposta dalla regola della postergazione, lo scrutinio negativo in ordine alla capacità della Società di assolvere regolarmente alle proprie obbligazioni nei confronti dei creditori non postergati non risulta di per sé solo idoneo ad incidere sulla continuità aziendale (né, a fortiori, sulla solvibilità) della Società. (Omissis)


II

1. La fattispecie

Omissis) Come già osservato nel parere pro veritate da me rilasciato in data 8 aprile 2009, le cui argomentazioni si intendono qui integralmente richiamate, il ridetto finanziamento – sussistendone i presupposti di legge – deve tuttora considerarsi come un credito postergato, con permanente degradazione ex lege della finanziatrice Y2 al rango di creditore subchirografario, ai sensi e per gli effetti di cui agli artt. 2467 e 2497-quinquies c.c.. Mi viene adesso rappresentata la determinazione del dott. AB di voler dismettere – per il tramite delle società da lui controllate – le partecipazioni azionarie detenute in X.  


2. Il quesito

Con riguardo alla fattispecie sopra indicata, mi viene chiesto […] di esprimere un parere pro veritate avente ad oggetto il seguente quesito: «se la cessione a terzi delle quote azionarie di X da parte di AB, per il tramite delle sue società, faccia perdere la qualifica di finanziamento soci ai prestiti e ai finanziamenti a suo tempo rilasciati a X da AB attraverso sue società».


3. Sulla tipologia del finanziamento del socio

La delicatezza del tema trattato consiglia di richiamare brevemente quanto già illustrato nel precedente parere in ordine alle caratteristiche essenziali del finanziamento del socio di cui all’art. 2467 c.c. Vale quindi rammentare che il principio della postergazione, insito nella disposizione in esame, presenta natura imperativa e, in quanto tale, non è suscettibile di deroga da parte dei contraenti (Cass., 4 febbraio 2009, n. 2706; nello stesso senso v. altresì Trib. Pistoia, 21 settembre 2008, in corso di pubblicazione in Rivista del Diritto Societario, 2009, con nota di M. Maugeri, ove si sottolinea che la disposizione in esame «ha introdotto un principio di corretto finanziamento dell’impresa che si trova o si avvicina ad un momento di crisi e si traduce nella riqualificazione imperativa del prestito in prestito postergato»). Da tale premessa generale discende che alle parti rimane rigorosamente preclusa ogni possibilità di modificare convenzionalmente la disciplina imposta da detta disposizione (mediante, a titolo esemplificativo, il ricorso alla novazione dell’obbligazione originaria) ovvero, più in generale, di alterare la natura postergata del finanziamento (mediante, sempre ad esempio, modificazioni accessorie pattuite o la concessione di garanzie), e ciò in quanto l’eventuale accordo fra debitore e singolo creditore non può in alcun modo alterare l’assetto di interessi imperativamente imposto dalla disciplina novellata, sulla base di una precisa opzione assiologica ispirata ad un evidente favor per i creditori sociali. Relativamente invece al rimborso del finanziamento, si è già osservato come gli amministratori della società finanziata «non possono rimborsare i finanziamenti dei soci quando il rimborso metta a repentaglio il soddisfacimento degli altri creditori» [così, per tutti, G.F. Campobasso, Diritto commerciale, 2, Diritto delle società (Torino, 2006), 556 s.]; sicché, in presenza di tale situazione economico-finanziaria, il credito postergato è destinato a rimanere inesigibile, indipendentemente dalla intervenuta scadenza contrattuale del termine pattuito oppure da un eventuale riconoscimento convenzionale di una garanzia reale. Soltanto nell’ipotesi in cui il rimborso non risulti idoneo ad interferire sulla capacità della società di soddisfare regolarmente i [continua ..]


4. Sulla sorte del finanziamento concesso da Y2 ad X in ipotesi di cessione delle partecipazioni azionarie detenute dal dott. AB, per il tramite di società da lui controllate, in X

Tratteggiato il contesto di riferimento e restringendo ulteriormente l’oggetto di osservazione, occorre adesso interrogarsi su quali siano le conseguenze in ordine al regime del finanziamento del socio o di società consorella ex artt. 2467 c.c. e 2497-quinquies c.c., qualora si verifichi la scissione tra la posizione di socio e quella di creditore in ragione di successive vicende circolatorie della partecipazione sociale. In questo senso, occorre anzitutto muovere dalle qualità di socio o di società sottoposta a comune direzione e coordinamento, giacché le stesse assumono rilevanza fondamentale nel momento della concessione del finanziamento. La disposizione in esame individua infatti nell’atto di erogazione del finanziamento il momento di qualificazione dello stesso come postergato, così chiarendo che la postergazione non può colpire il rapporto in caso di un deterioramento delle condizioni finanziarie della società sopravvenuto rispetto al momento di relativa instaurazione. Sul piano soggettivo, quindi, l’ancoraggio della postergazione al momento di erogazione del finanziamento pone la questione circa l’applicazione della disciplina nei casi in cui venga meno la presupposta coincidenza temporale fra qualità di socio (o di società del gruppo) ed effettuazione del finanziamento. In caso di cessione della partecipazione, così come anche in ipotesi di recesso del socio, senza tuttavia cessione del credito da finanziamento, deve escludersi che la perdita di qualità di socio abbia delle ricadute sul regime del finanziamento già qualificato come postergato, considerato che il trasferimento della partecipazione non può incidere, in alcun modo, sulla natura del finanziamento concesso in una situazione critica e sulla posizione giuridica dei soggetti (i creditori sociali) che il legislatore ha inteso tutelare con la relativa disciplina. In questo senso si è del resto espressa la nostra più autorevole dottrina, la quale, già in sede di prima esegesi della riforma societaria, ha plasticamente richiamato anche in chiave comparatistica, «l’insegnamento che la c.d. cessione del “finanziamento” ad un terzo e la cessazione della qualità di socio non incidono sulla (ri)qualificazione del “prestito”»: così Portale, “Capitale sociale e società per azioni [continua ..]


5. Conclusioni
Fascicolo 4 - 2009