Rivista di Diritto SocietarioISSN 1972-9243 / EISSN 2421-7166
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La tutela dell'integrità del patrimonio sociale e la 'privatizzazione' del controllo a proposito della responsabilità degli amministratori di società a responsabilità limitata (nota a Trib. Milano, 27 febbraio 2008) (di Daniele Stanzione  )


TRIBUNALE DI MILANO, 27 febbraio 2008 – Ciampi Presidente e Relatore

Società a responsabilità limitata – Inapplicabilità degli artt. 2393 e 2394 c.c. alle s.r.l. – Insussistenza della legittimazione del curatore fallimentare a far valere la responsabilità degli amministratori della s.r.l. fallita nei confronti dei creditori sociali

(Artt. 2476, 3° e 6° comma, 2486, 2° comma, c.c.; art. 16, r.d. n. 267/1942) 

La tutela del patrimonio sociale della s.r.l., in precedenza affidata all’azione di responsabilità sociale o all’azione di responsabilità dei creditori sociali nei confronti degli amministratori, resta, a seguito della riforma del diritto societario, affidata esclusivamente alla legittimazione diffusa di ogni singolo socio ex art. 2476, 3° comma, c.c., ad instar di quello che avviene nelle società di persone, alla cui disciplina risulta ampiamente ispirata quella attuale delle s.r.l. (1).

In base all’attuale disciplina (artt. 2486, 2° comma e 2476, 6° comma, c.c.) i creditori sociali possono esperire azione di responsabilità verso gli amministratori solo per i danni direttamente ed individualmente provocatigli dagli amministratori ma non per i danni da questi ultimi arrecati all’integrità del patrimonio sociale (2).

Tribunale civ. Milano Sezione 8 Civile
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL TRIBUNALE DI MILANO

SEZIONE VIII CIVILE

Composto dai Signori magistrati:

Dott. F. CIAMPI – Presidente relatore
Dott. V. PEROZZIELLO – Giudice
Dott. F. FIECCONI – Giudice

ha pronunciato, ai sensi degli artt. 16, D.Lgs. n. 5/2003 e 281 sexies c.p.c., la seguente

SENTENZA

Nella causa civile iscritta al numero di ruolo generale sopra riportato, assunta in decisione all’udienza odierna, promossa con atto di citazione redatto ai sensi dell’art. 2 D.Lgs. n. 5/2003;

DA
Ca.Gi.Ma.

PARTE OPPONENTE

 

elettivamente domiciliata in Mi. presso lo studio dell’Avv. A. Pa. dal quale è rappresentata e difesa per delega

CONTRO

Fa. El. Hs. S.r.l.

PARTE OPPOSTA

elettivamente domiciliata in Mi. presso lo studio dell’Avv. P. AI. dal quale è rappresentata e difesa per delega
OGGETTO: azione responsabilità – indebito.
All’udienza i Procuratori delle parti hanno discusso la vertenza

IN FATTO ED IN DIRITTO

Giudica il Collegio che le domande dell’opposto fallimento siano completamente irrituali nella forma monitoria e prescritte ovvero infondate nella sostanza, talché meritino di essere, “in toto”, respinte.

Va detto, anzitutto, che risulta assolutamente irrituale la proposizione di un’azione di responsabilità, quale quella “de quo”, nei confronti dell’amministratore sociale, con la procedura monitoria:

invero, anche ammesso e non concesso che la contabilità della fallita società potesse costituire prova per l’eser­cizio di azioni da parte del Curatore verso il convenuto, in nessun caso, tuttavia, le annotazioni contabili dedotte dal­l’in­giungente potevano integrare la necessaria “prova scritta” del credito di cui all’art. 633, 1°, n. 1, c.p.c. e ciò in quan­to tali annotazioni non attestavano né attestano, in alcun modo e di per sé sole, la sussistenza di crediti verso l’opponente, derivando, invece, gli assunti crediti solo da un giudizio, necessariamente esterno rispetto alla scritturazione contabile in questione, circa la falsità o non legittimità delle annotazioni contenute nella medesima.

L’evidenziazione di un siffatto motivo di completa nullità dell’opposto decreto assorbe e supera, poi, naturalmente, anche ogni altra dedotta ragione di invalidità, per l’incom­prensibilità delle domande attraverso il medesimo decreto formulate (domande che hanno richiesto, per vero, circa dieci pagine di esplicazioni, fornite, tuttavia, solo nel corso del presente processo).

Va detto, comunque, che, essendo state, poi, le pretese del Fallimento sufficientemente spiegate nel corso del presente giudizio ed essendosi sulle stesse svolto il contraddittorio, tali pretese ben possono essere delibate in questa sede, risultando ben integratoci riguardosi normale processo cognitivo.

Giudica il Collegio che le spiegate domande siano prescritte, ovvero infondate.

Occorre, previamente, superare l’eccezione di improcedibilità sollevata da parte opponente per assunto difetto del parere del comitato creditori:

a parte la tardività di siffatta eccezione, essa riguarda, poi, un assunto difetto procedimentale che, in ogni caso, potrebbe essere fatto valere non in questa sede, bensì solo in sede concorsuale (Cass. n. 20637/2004).

Va premesso, nel merito della svolta azione di responsabilità, che, essendo la societaria amministrata dal convenuto, una S.r.l. la normativa che, attualmente, disciplina, in tale ambito, la legittimazione attiva all’esercizio dell’azione di responsabilità verso l’amministratore, in ragione della mancata salvaguardia dell’integrità del patrimonio sociale, non è, come erroneamente ritenuto da parte opposta, negli artt. 2393 e 2394 c.c., che si applicano solo alle S.p.A. e la cui disciplina non è più richiamata, come fatto dal previgente art. 2487 c.c., (superandosi con ciò, a pie pari, anche l’argomento dell’opposto fondato su una certa interpretazione dell’art. 146 L.F.) ma è nell’art. 2476, 3, c.c., che, tuttavia, attribuisce la legittimazione all’esercizio di tale azione solo ai singoli soci della società stessa (come già in precedenza rilevato in varie pronunzie di questo stesso Giudice: “e pluribus” sent. n. 51717/04 Alfieri/Gagliardi);

va detto, inoltre, che, in base all’attuale disciplina (artt. 2486, 2, 2476, 6, c.c.), il creditore sociale può, bensì, esperire azione di responsabilità verso gli amministratori sociali, ma solo per i danni direttamente ed individualmente provocatigli dagli amministratori stessi (cosa che, nella specie, non risulta minimamente configurabile, trattandosi dell’azione sostitutiva del Curatore Fallimentare).

In sostanza, quindi, la tutela del patrimonio sociale della S.r.l., in precedenza affidata all’azione di responsabilità sociale o dei creditori sociali, resta, a seguito della recente riforma, confidata alla legittimazione “diffusa” di ogni singolo socio, “ad instar” di quello che avviene nelle società di persone, alla cui disciplina, peraltro, risulta ampiamente ispirata quella attuale delle S.r.l.

Affrontando, quindi, il tema della legittimazione attiva del Curatore Fallimentare a proporre l’azione di responsabilità verso l’amministratore sociale della fallita, ritiene questo Giu­dice che il Curatore stesso, così come, in precedenza, subentrava nella legittimazione attiva all’esercizio dell’azione di responsabilità attribuita alla società ed in quella attribuita ai creditori sociali (artt. 2393 e 2394 c.c.), azioni previste dalla previgente disciplina a tutela del patrimonio sociale, altrettanto, attualmente, il medesimo subentra nella legittimazione all’esercizio dell’azione dettata (art. 2476, 3, c.c. – art. 146, 2°, a, L.F.), a tutela di tale patrimonio sociale;

consegue a ciò che il termine prescrizionale per tale azione va fatto decorrere dal momento in cui ogni singolo socio ha potuto conoscere la sussistenza del singolo atto dannoso rispetto al patrimonio sociale (quindi, al più tardi, dal momento del deposito del progetto di bilancio in cui l’atto stesso sia stato riportato).

Ritornando, quindi, al caso di specie risulta evidente l’in­tervenuta prescrizione dell’azione di responsabilità:

invero il Curatore, con la propria iniziativa monitoria notificata solo il 28 maggio 2007 ha preteso di esercitare azione di responsabilità verso l’amministratore sociale per assunti indebiti prelievi, risalenti agli anni tra il 1994 ed il 1998, quindi per fatti resi noti ai soci con il deposito dei bilanci relativi ai suddetti esercizi, cioè in tempi ben anteriori al quinquennio di cui all’art. 2949 c.c. (anche ammesso e non concesso che, nella specie, possa considerarsi validamente interrotta la prescrizione con l’atto 16 novembre 2004).

Parte opposta sostiene, allora, che le sue richieste, oltre che sotto il profilo di assunta responsabilità dell’ammini­stratore, potrebbero essere qualificate come restituzione d’in­debito e, come tali, soggette al termine di prescrizione decennale.

Osserva, in proposito, questo Giudice che un’azione restitutoria d’indebito si potrebbe configurare, all’interno delle varie domande spiegate dall’opposto, solo con riferimento agli assunti, maggiori compensi percepiti, posto che, per quanto concerne i pagamenti a terzi, sarebbero questi ultimi gli eventuali, legittimi destinatari dell’azione restitutoria e, per quanto riguarda il rimborso delle spese, posto che esiste sempre un adeguato giustificativo delle medesime, l’azione postula, necessariamente, un’assunta responsabilità dell’amministratore nella creazione di tali giustificativi e non può essere risolta positivamente percorrendo solo la strada dell’indebito.

Ciò detto e limitato l’ambito della legittima azione restitutoria d’indebito solo agli assunti maggiori compensi percepiti dall’opponente, va detto, poi, che la fornita (doc. 23 opp.sto) o fornenda prova (ammesso e non concesso il valore di un documento assolutamente informale e di cui non si conosce l’autore e di una dedotta prova orale del tutto valutativa) comportano, comunque, che la parte non prescritta delle operazioni, cioè quelle successive al 16 novembre 1994, non dimostra la sussistenza di alcun indebito, perché testimonia di prelievi per Lire 13.000.000 a fronte di crediti per Lire 13.511.000.

Queste considerazioni hanno convinto il Tribunale della nullità delle domande proposte in via monitoria e dell’in­tervenuta prescrizione, ovvero dell’infondatezza delle domande proposte in questa sede.

La condanna al pagamento delle spese di giudizio segue la soccombenza (art. 91 c.p.c.): si ritiene equo liquidare tali spese, a favore di parte opponente, in Euro 313,78 per esborsi, Euro 2. 500,00 per diritti ed Euro 8.000,00 per onorari.

P.Q.M.

Il Tribunale, definitivamente pronunciando sulle domande, respinta ogni altra richiesta ed eccezione;
revoca,
in ragione di nullità, l’opposto decreto ingiuntivo;
dichiara,
in parte, l’intervenuta prescrizione ed, in parte, l’infon­datezza delle domande proposte in questa sede dalla parte opposta;

condanna

la parte opposta medesima a rimborsare le spese del presente giudizio complessivamente liquidate alla parte opponente in Euro 10.813,78, oltre spese forfetari e, I.V.A. e C.P.A.

 

(1-2) La tutela dell’integrità del patrimonio sociale e la «privatizzazione» del controllo a proposito della responsabilità degli amministratori di società a responsabilità limitata

  
SOMMARIO:

1. Il caso - 2. La normativa di riferimento - 3. Gli orientamenti dottrinali e giurisprudenziali - 4. Il commento: la 'nuova' società a responsabilità limitata nella riforma del diritto societario: la 'rilevanza centrale del socio' - 5. (Segue) … e la 'privatizzazione del controllo' - 6. (Segue). La funzione strumentale del diritto di controllo e ispezione: l'alter­nativa fra imperatività e derogabilità della norma di cui al 2° comma del­l’art. 2476 c.c. - 7. (Segue). La valenza metaindividuale del diritto di controllo e ispezione quale mezzo di tutela dell'integrità del patrimonio sociale - 8. (Segue). La sentenza n. 481/2005 della Corte costituzionale: il diritto di controllo e ispezione del socio come 'sostitutivo' del controllo giudiziario - NOTE


1. Il caso

La vicenda che occupa i giudici milanesi è quella di una società a responsabilità limitata fallita il cui curatore intende esperire azione di responsabilità avverso l’amministrazione sociale reputata responsabile di atti di mala gestio. La proposizione di tale azione di responsabilità, avvenuta nella forma monitoria, viene qualificata in primo luogo dai giudici milanesi come «assolutamente irrituale» in ragione della procedura prescelta. Quanto invece al merito dell’azione di responsabilità, il Tribunale milanese evidenzia che, trattandosi di una società a responsabilità limitata, la disciplina applicabile non debba essere individuata negli artt. 2393 e 2394 c.c., che sono invece applicabili alle sole società per azioni a seguito della riforma del diritto societario; essendo infatti venuto meno il richiamo contenuto nel previgente art. 2487 c.c. volto ad uniformare il modello società di capitali prevedendo una disciplina speculare per società per azioni e società a responsabilità limitata, l’azione di responsabilità avverso amministratore di società a responsabilità limitata risulta attualmente disciplinata all’art. 2476, 3° comma, c.c. il quale attribuisce la legittimazione all’esercizio di tale azione ai singoli soci della società stessa. Il creditore sociale potrà invece, in base al combinato disposto degli artt. 2486, 2° comma e 2476, 6° comma, c.c., rivalersi sugli amministratori sociali «solo per i danni direttamente ed individualmente provocatigli dagli amministratori stessi» (e non quindi per l’inosservanza degli obblighi inerenti alla conservazione dell’inte­grità del patrimonio sociale come statuito per le società per azioni dall’art. 2394 c.c. applicabile anche alle società a responsabilità limitata prima della riforma). Nel caso di specie, per giunta, si trattava dell’azione sostitutiva del curatore fallimentare il quale non risulta legittimato nelle società a responsabilità limitata in mancanza di espressa previsione codicistica presente invece per le società per azioni all’art. 2394-bis c.c.: tale disposizione legittima il curatore, in pendenza di fallimento, ad agire in via sostitutiva (quindi ex art. 146 legge fall.). Pertanto i giudici milanesi osservano come [continua ..]


2. La normativa di riferimento

La sentenza in commento si inserisce nell’ampio dibattito dottrinale e giurisprudenziale avente ad oggetto l’applicabilità analogica, a favore dei creditori delle società a responsabilità limitata, degli artt. 2394 e 2394-bis c.c. dettati dal legislatore a tutela dei creditori sociali delle società per azioni nell’ipo­tesi di inosservanza degli obblighi inerenti alla conservazione dell’integrità del patrimonio sociale da parte degli amministratori [2]. Nel caso di specie, infatti, il curatore della società a responsabilità limitata fallita proponeva azione di responsabilità avverso l’am­ministrazione sociale a tutela dei creditori ai sensi degli artt. 2394 e 2394-bis c.c. e 146 legge fall. Tuttavia, mentre per le società per azioni il legislatore ha provveduto a tipizzare l’azione di responsabilità esperibile dai creditori sociali a tutela dell’inte­grità del patrimonio sociale ex art. 2394 c.c., demandandola in caso di fallimento, ex art. 2394-bis c.c., al curatore il quale (previa autorizzazione del giudice delegato e sentito il comitato dei creditori) può esercitare le azioni di responsabilità contro gli amministratori ai sensi dell’art. 146 legge fall., ciò non è avvenuto con riferimento alle società a responsabilità limitata per i cui creditori, osserva il Tribunale, a seguito della riforma del 2003, è riconosciuta tutela (secondo il combinato disposto degli artt. 2486, 2° comma e 2476, 6° comma, c.c.), «solo per i danni direttamente ed individualmente provocatigli dagli amministratori stessi»: il legislatore della riforma non ha quindi riconosciuto un’azione di responsabilità a favore dei creditori sociali, come nelle società per azioni, esperibile nell’ipotesi di lesione dell’inte­grità del patrimonio sociale da parte degli amministratori (almeno durante la vita «attiva» della società), né tantomeno, conseguentemente, ha previsto la possibilità da parte del curatore, in pendenza di fallimento, di agire in via sostitutiva a tutela del ceto creditizio. Difatti, tendendo la riforma del 2003 verso l’autonomizzazione del modello società a responsabilità limitata, è venuta meno, osserva il Tribunale milanese, l’applicabilità [continua ..]


3. Gli orientamenti dottrinali e giurisprudenziali

Sul punto, tuttavia, non v’è unanimità di vedute. In particolare, la prima dottrina pronunciatasi dopo la riforma rinveniva una lacuna normativa nell’art. 2476 c.c. in ragione della mancata tipizzazione del­l’azione dei creditori come previsto per le società per azioni: tale lacuna era tuttavia ritenuta colmabile mediante l’applicazione analogica dell’art. 2394 c.c. considerato espressione di un principio generale del nostro ordinamento e come tale applicabile anche alle società a responsabilità limitata [7]. La ratio di tale applicazione analogica veniva individuata nell’ap­partenenza delle società a responsabilità limitata, nonostante la caratura personalistica attribuitagli con la riforma del 2003, alla categoria delle società di capitali e nella quale, come per la società per azioni, è necessario prevedere un contrappeso alla limitazione di responsabilità dei soci attraverso un’effi­cace protezione degli interessi dei terzi di fronte al depauperamento del patrimonio sociale e alla negligenza degli amministratori nella conservazione della sua integrità [8]. Diversamente, infatti, la mancata previsione di un’azione di responsabilità dei creditori nelle società di persone è giustificata dal regime di responsabilità «personale» dei soci il quale «assorbe» la responsabilità per danni nei confronti dei creditori sociali [9]. Altrettanto favorevole all’applicabilità analogica alle società a responsabilità limitata degli artt. 2394 e 2394-bis c.c. altra parte della dottrina la quale fonda le proprie argomentazioni su una serie di indici normativi da cui si dedurrebbe la compatibilità ontologica tra il nuovo modello della società a responsabilità limitata e la responsabilità verso i creditori sociali [10]. In particolare, l’art. 2477, ult. comma, c.c. dispone che qualora sussista l’obbligo di nominare il collegio sindacale, come previsto dai commi secondo e terzo del medesimo articolo, si applicano le disposizioni in tema di società per azioni: tra di esse, vi è l’art. 2407, 3° comma, c.c. il quale statuisce che ai sindaci di società a responsabilità limitata si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni degli articoli, inter [continua ..]


4. Il commento: la 'nuova' società a responsabilità limitata nella riforma del diritto societario: la 'rilevanza centrale del socio'

La soluzione del quesito inizialmente posto, e quindi la possibilità di applicare analogicamente alle società a responsabilità limitata gli artt. 2394 e 2394-bis c.c. in tema di responsabilità degli amministratori di società per azioni verso i creditori, andrebbe raggiunta, ad avviso di chi scrive, alla luce della riforma organica del diritto societario attraverso la quale è stata ridisegnata la struttura del «tipo» società a responsabilità limitata [13]: essa si distingue infatti per la connotazione fortemente personalistica su cui il legislatore ha inteso imperniare la relativa disciplina dando luogo così ad un’evidente frattura rispetto al precedente modello societario senz’altro più vicino al «tipo» società per azioni. In particolare, tale tendenza volta ad attribuire rilevanza alla figura del socio in quanto individuo e non in base al valore della quota da questo posseduta, ha indotto la dottrina, sulla scorta del chiaro orientamento espresso in tal senso dal legislatore, a parlare di «rilevanza centrale del socio» [14], impostazione sostanzialmente condivisa nella sentenza che si commenta, in contrapposizione al concetto di «rilevanza centrale dell’azione» riferibile, evidentemente, alle società per azioni. La conferma proviene altresì dall’art. 2, lett. f), legge delega n. 366/2001 il quale «fissa, come generale, il principio per cui la società a responsabilità limitata e la società per azioni debbono costituire due modelli societari distinti. Principio generale, questo, al quale fa da corollario quello della previsione, per la società a responsabilità limitata, di “un autonomo ed organico complesso di norme” (art. 3, comma 1, lettera a), e cioè una impostazione della disciplina radicalmente divergente da quella che aveva fatto qualificare la società a responsabilità limitata come una piccola società per azioni adottata dal codice civile anteriormente alla riforma» [15] in ragione dei molteplici rinvii alle norme sulle società per azioni (su tutti, ai fini della nostra analisi, l’art. 2487 c.c.). In tale rinnovato quadro normativo si inserisce l’art. 2476 c.c. il quale disciplina il regime di respon­sabilità degli amministratori di società a [continua ..]


5. (Segue) … e la 'privatizzazione del controllo'

Come noto, il legislatore delegato ha assegnato al diritto di controllo e ispezione del socio un ruolo centrale nel nuovo impianto normativo della società a responsabilità limitata trasferendovi in via speculare l’assetto tracciato dalla corrispondente norma dettata per le società di persone, l’art. 2261 c.c. [16]: ciò a conferma della connotazione fortemente personalistica acquisita dalla società a responsabilità limitata [17]. Dal punto di vista normativo, tale rilevanza centrale del diritto di controllo si ricava da talune disposizioni, tra cui l’art. 2477 c.c., in base al quale solo il superamento di determinate soglie individuate dalla norma stessa rende obbligatoria la nomina dell’organo di controllo interno, in linea di principio facoltativa, e sia dal venir meno di qualsiasi riferimento alla denunzia al tribunale ex art. 2409 c.c.: pertanto, secondo la Corte costituzionale, pronunciatasi sul punto con sentenza 29 dicembre 2005, n. 481 su cui torneremo infra, le forme di intervento giudiziario sulle irregolarità afferenti la gestione della società sarebbero state «sostituite» proprio dal controllo individuale ex art. 2476, 2° comma, c.c., conducendo così la dottrina a parlare di una vera e propria «privatizzazione del controllo» [18] sull’ammini­stra­zione della società in quanto tale diritto viene «affidato integralmente al socio (e, se nominato, al collegio sindacale), ed è reso più efficiente dall’azione individuale di responsabilità e dalla possibilità di revoca d’urgenza dell’amministratore, sempre a valenza individuale [19]»: in tal senso si favorisce altresì il bilanciamento fra l’ampia autonomia riconosciuta dal legislatore all’organo amministrativo e la correlativa responsabilità in un’ottica di tutela dei terzi e, quindi, del mercato in generale [20]. Pertanto l’impostazione accolta dal Tribunale milanese con la sentenza che si commenta pare, sotto questi profili, coerente con l’intenzione del legislatore: si viene infatti a ribadire la contiguità della società a responsabilità limitata rispetto alle società di persone affidando conseguentemente al socio-indi­viduo la tutela del patrimonio sociale e la relativa legittimazione all’esercizio [continua ..]


6. (Segue). La funzione strumentale del diritto di controllo e ispezione: l'alter­nativa fra imperatività e derogabilità della norma di cui al 2° comma del­l’art. 2476 c.c.

L’individuazione delle funzioni «operative» del diritto di controllo ed ispezione costituisce passaggio prodromico all’analisi delle posizioni a sostegno dell’imperatività o invece della derogabilità della relativa norma. Le funzioni peculiari dei diritti di informazione e di ispezione sono state infatti comunemente individuate: (i) in quella tradizionale di garantire al socio un basilare controllo sull’ammini­strazione sociale; (ii) in quella di consentirgli l’eser­cizio cosciente, oltre che del diritto di voto, di tutti i diritti che derivano dalla sua condizione di socio [21]. Così delineato, pertanto, il diritto di controllo e ispezione costituirebbe un utile strumento a tutela degli interessi individuali dei soci: parte della dottrina ha infatti osservato in proposito come il socio «può avere interesse meritevole a conoscere lo svolgimento degli affari sociali e a consultare i documenti e i libri che ne cristallizzano i risultati contabili anche per decidere se alienare o meno e a quali condizioni la propria partecipazione» [22] ovvero al fine di valutare se esercitare il diritto di opzione in sede di aumento del capitale sociale [23] o il diritto di recesso durante l’esercizio sociale. Tali tradizionali funzioni sono state però integrate dal legislatore mediante la riforma del diritto societario [24] al fine, ad avviso di chi scrive, di accentuare la rilevanza strumentale del diritto di controllo e ispezione, come testimoniato dalla Relazione governativa la quale sottolinea come sia «particolarmente significativa […] la disciplina della responsabilità degli amministratori e la tutela in proposito riconosciuta ai soci dall’art. 2476»; disciplina che «s’im­pernia sul principio secondo il quale, sulla base della struttura contrattuale della società, ad ogni socio è riconosciuto il diritto di ottenere notizie dagli amministratori in merito allo svolgimento degli affari sociali e di procedere ad una diretta ispezione dei libri sociali e dei documenti concernenti l’ammini­stra­zio­ne della società». Da tale scelta, prosegue la relazione, «consegue coerentemente il potere di ciascun socio di promuovere l’azione sociale di responsabilità e di chiedere con essa la provvisoria revoca giudiziale dell’amministratore in caso [continua ..]


7. (Segue). La valenza metaindividuale del diritto di controllo e ispezione quale mezzo di tutela dell'integrità del patrimonio sociale

Inquadrato il ruolo e le funzioni del diritto di controllo e ispezione all’interno della società a responsabilità limitata, pare opportuno mettere in luce, a sostegno dell’imperatività della norma, la valenza metaindividuale del diritto in questione: essendo infatti la tutela del patrimonio sociale, come rilevato dal Tribunale milanese, affidata all’azione di responsabilità esperibile dal singolo socio ex art. 2746, 3° comma, c.c., affinché questa possa essere efficacemente attivata occorre, ad avviso di chi scrive, assicurare il pieno esercizio del diritto di controllo e ispezione riconoscendone l’indisponibilità. Parte della dottrina, favorevole all’imperatività della norma, considera la stessa posta a presidio del tipo sociale quale diritto della categoria e non del singolo individuo, e quindi non disponibile [29]. La strumentalità del diritto di controllo e ispezione si evincerebbe, infatti, già dalla collocazione sistematica della relativa disposizione normativa immediatamente prima di quella concernente l’azione di responsabilità: tale scelta sembrerebbe volta ad assicurare a ciascun socio lo strumento necessario per avvalersi dei rimedi sanzionatori previsti dal legislatore in caso di gravi irregolarità nella gestione da parte degli amministratori. Pertanto, al fine di rendere concretamente praticabile l’esercizio dell’azione di responsabilità, anche il diritto di controllo e ispezione, strumentale rispetto a questa, deve ritenersi indisponibile e quindi non derogabile staturiamente [30], tanto più in un contesto nel quale non è più previsto il procedimento di controllo giudiziario [31]. Tuttavia, le argomentazioni a nostro avviso maggiormente condivisibili al fine di sostenere l’impera­tività della norma in questione debbono ravvisarsi nell’orientamento che attribuisce alla disciplina del controllo individuale, in forza di suggerimenti di ordine sistematico, una funzione di tutela indiretta dei terzi e del capitale sociale: tale interpretazione, infatti, «individua nell’attribuzione al singolo socio dei diritti di controllo e del potere di esercitare l’azione sociale di responsabilità un necessario correttivo introdotto dal legislatore delegato, contestualmente alla duplice abrogazione dell’azione dei creditori sociali e [continua ..]


8. (Segue). La sentenza n. 481/2005 della Corte costituzionale: il diritto di controllo e ispezione del socio come 'sostitutivo' del controllo giudiziario

Un’ulteriore conferma della centralità del diritto di controllo e ispezione del socio non amministratore di società a responsabilità limitata proviene dalla Consulta [37] pronunciatasi (i) sulla questione di legittimità costituzionale degli artt. 2409 e 2476, 3° comma, c.c. rispetto all’art. 76 Cost. per la parte in cui non prevedono l’applicabilità dell’istituto del controllo giudiziario alla società a responsabilità limitata; e (ii) sulla questione di legittimità costituzionale degli artt. 2409, 2476, 3° comma, e 2477, 4° comma, c.c. rispetto all’art. 3 Cost. nella parte in cui non riconoscono al socio di società a responsabilità limitata, ma solamente ai sindaci di società a responsabilità limitata e ai soci di società per azioni, il diritto di proporre denuncia al Tribunale per gravi irregolarità inerenti la gestione. Con riguardo alla presunta violazione dell’art. 76 Cost., e quindi del possibile eccesso di delega in cui il legislatore della riforma sarebbe incorso non riproducendo nella disciplina della società a responsabilità limitata il controllo ex art. 2409 c.c. [38], la Corte costituzionale ha rimarcato che la legge delega n. 366/2001 fa esplicito riferimento al controllo giudiziario unicamente nella disciplina dedicata alla società per azioni ed alle società cooperative (artt. 4 e 5). Ancora, la Corte ha richiamato l’attenzione sull’art. 2, lett. f) della stessa legge delega il quale statuiva, come principio generale, che la società a responsabilità limitata e la società per azioni dovessero essere concepite come due modelli societari distinti [39]. «Principio generale, questo, al quale fa da corollario quello della previsione, per la società a responsabilità limitata, di “un autonomo ed organico complesso di norme” (art. 3, comma 1, lettera a), e cioè una impostazione della disciplina radicalmente divergente da quella – che aveva fatto qualificare la società a responsabilità limitata come “una piccola società per azioni” – adottata dal codice civile anteriormente alla riforma, e che trovava la sua compiuta manifestazione negli artt. 2486, comma secondo, 2487, comma secondo, e 2488, commi terzo e quarto, cod. civ.». Pertanto, secondo [continua ..]


NOTE
Fascicolo 4 - 2009