Rivista di Diritto SocietarioISSN 1972-9243 / EISSN 2421-7166
G. Giappichelli Editore

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Sez. I – Osservatorio sulle novità normative - La legge 28 dicembre 2005, n. 262: innovazioni e ricadute in materia di «falso in bilancio» (di Fausto Giunta)


SOMMARIO:

1. La vicenda delle false comunicazioni sociali - 2. L'ampliamento della rosa dei soggetti attivi: la nuova figura del dirigente preposto alla redazione dei documenti contabili societari - 3. Il danno patrimoniale alla società - 4. L'aumento del massimo edittale per l’ipotesi contravvenzionale di false comunicazioni sociali - 5. La nuova circostanza aggravante prevista per la fattispecie delittuosa di falso in bilancio - 6. La nuova disciplina delle falsità inferiori alle soglie numeriche - NOTE


1. La vicenda delle false comunicazioni sociali

La 28 dicembre 2005, n. 262 richiama senz’altro l’attenzione del penalista sui ritocchi apportati al reato di false comunicazioni sociali, il cui volto, come noto, era stato ridisegnato in precedenza dal d.lgs. 11 aprile 2002, n. 61. Vale la pena di ricordare che la riforma del 2002 ha sdoppiato il «falso in bilancio» in due fattispecie strutturalmente assai simili: l’una generale e procedibile d’ufficio, l’altra speciale e perseguibile a querela; la prima, di natura contravvenzionale, posta primariamente a tutela della trasparenza societaria (ossia della veridicità e completezza dell’informazione societaria); la seconda, costituente delitto, volta a tipizzare la progressione della condotta fino all’effettivo pregiudizio degli interessi patrimoniali facenti capo ai soci o ai creditori. Non solo: l’arricchimento parossistico delle fattispecie, attraverso l’impiego di molteplici elementi costitutivi mirati alla selezione del fatto tipico, ha fatto sì che l’ambito applicativo degli odierni artt. 2621 e 2622 c.c. si restringesse grandemente. Da qui la reazione della giurisprudenza, che ha cercato di contrastare la scelta del legislatore sollevando questioni di legittimità sia costituzionali, che comunitarie, le quali, però, non hanno prodotto l’effetto sperato [1]: ossia il ripristino dell’omonima fattispecie risalente al 1942, anch’essa criticata dalla dottrina per ragioni opposte e principalmente per i suoi cedimenti sul terreno della determinatezza, amplificati oltre misura dalla giurisprudenza degli ultimi lustri antecedenti alla riforma. Ora, di fronte alla valanga di critiche, non prive di eccessi, ma largamente fondate, che si sono appuntate sulla figura del nuovo «falso in bilancio», era speranza largamente condivisa che una «riforma della riforma» intervenisse a correggere il tiro mancino (o, forse, più semplicemente maldestro) del legislatore del 2002. A ciò induceva l’idea (o l’illusione) che la resipiscenza non si addice solo agli uomini, ma anche ai legislatori (che in definitiva sono uomini anch’essi), e la convinzione, che le forze congiunte di maggioranza e opposizione fossero in grado di partorire una normativa certamente migliore di quella vigente, come lasciava sperare, nella stessa XIV Legislatura, la significativa coesistenza di due disegni [continua ..]


2. L'ampliamento della rosa dei soggetti attivi: la nuova figura del dirigente preposto alla redazione dei documenti contabili societari

Iniziando dal primo tipo di intervento, non può certo trascurarsi che la rosa dei soggetti attivi è stata allargata con l’inclusione del dirigente preposto alla redazione dei documenti contabili societari. Quest’ultima figura – sia detto per incidens – compare oggi anche tra i soggetti attivi dei reati indicati dall’art. 15 della legge n. 262/2005 (infedeltà patrimoniale, di cui all’2635 c.c., e ostacolo all’eser­cizio delle funzioni delle autorità pubbliche di vigilanza di cui all’art. 2638 c.c.). L’in­no­vazione, però, trova la sua principale ragion d’essere proprio con riferimento all’ipotesi di falso in bilancio in senso stretto, posto che la redazione dei documenti contabili societari ha diretta incidenza sulla formazione del bilancio d’esercizio, come risulta, del resto, dall’art. 154-bis, 3° comma, Tuf, in base al quale spetta alla nuova figura di dirigente il compito di predisporre adeguate procedure amministrative e contabili per la formazione del bilancio di esercizio e, ove previsto, del bilancio consolidato nonché di ogni altra comunicazione di carattere finanziario. Deve condividersi, pertanto, la scelta effettuata dal riformatore del 2005, anche sotto il profilo delle sue ricadute penalistiche. Infatti, attraverso l’ampliamento dei soggetti attivi dei reati di cui agli artt. 2621 e 2622 c.c., il dirigente preposto alla redazione dei documenti contabili societari potrà rispondere delle eventuali falsità da lui realizzate anche al di fuori dello schema del concorso di persone nel reato proprio, con conseguente semplificazione dell’accertamento probatorio. Per converso, l’innovazione non chiarisce del tutto il suo ambito applicativo, posto che il citato art. 154-bis Tuf prevede l’obbligo della nuova figura del dirigente preposto alla redazione dei documenti contabili esclusivamente con riguardo alle società quotate. Si pone pertanto il problema di stabilire se, dal punto di vista penalistico, la qualifica soggettiva di nuovo conio legislativo possa rilevare pure al di fuori delle società quotate [2]. Sennonché, quand’anche si accedesse alla tesi affermativa, essa parrebbe destinata a operare limitatamente ai casi in cui la società non quotata abbia provveduto alla nomina del dirigente preposto alla redazione dei [continua ..]


3. Il danno patrimoniale alla società

All’ampliamento (seppur modesto) dell’ambito applicativo del «falso in bilancio» mira anche un’al­tra innovazione, che interessa, questa volta, unicamente la fattispecie delittuosa prevista dall’art. 2622 c.c. Come si è ricordato, la nota specializzante dell’art. 2622 c.c. rispetto all’omologa fattispecie contravvenzionale prevista dall’art. 2621 c.c., consiste nel danno patrimoniale. Ebbene, la norma in commento ha arricchito e ampliato la descrizione dell’evento di reato, aggiungendo all’ipotesi di danno patrimoniale ai soci o ai creditori, anche quella di danno alla società. Evidentemente il legislatore del 2005 ha inteso riferirsi a quei pregiudizi che la società risente come entità distinta dai soci, indipendentemente cioè dal danno di questi ultimi uti singuli. Si pensi alla falsità di bilancio finalizzata a coprire un’appropriazione indebita dell’amministratore, che comunque non ha pregiudicato l’interesse dei soci al dividendo (perché, ad esempio, la somma appropriata non costituiva un utile). Deve trattarsi pur sempre di un danno consistente in una deminutio patrimonii, risultando penalmente irrilevante la condotta di false comunicazioni sociali che abbia frustrato un’aspettativa di guadagno o abbia determinato un danno all’immagine. Ne consegue che il nuovo evento riguarderà essenzialmente il patrimonio sociale. Quanto alla titolarità del diritto di querela nel caso di danno alla società, è fin troppo evidente che essa non può attribuirsi esclusivamente gli amministratori, specie quando l’aggressione proviene da questi ultimi. È da ritenersi, pertanto, che tanto l’assemblea, quanto i soci uti singuli siano titolari del diritto di querela.


4. L'aumento del massimo edittale per l’ipotesi contravvenzionale di false comunicazioni sociali

Passando adesso a considerare le innovazioni che attengono al trattamento sanzionatorio, viene il rilievo innanzitutto l’aumento del massimo edittale previsto per la contravvenzione di false comunicazioni sociali di cui all’art. 2621 c.c., che passa dall’arresto fino a un anno e sei mesi (secondo la comminatoria introdotta dalla riforma del 2002) a due anni. Si tratta di un ritocco al tariffario di pena che non riscatta certo la fattispecie dalla critica di essere eccessivamente indulgente, posto che il minimo edittale rimane ingiustificatamente attestato sulla misura del minimo legale previsto per l’ar­re­sto. L’innovazione, peraltro, non ha incidenza alcuna sui tempi della prescrizione, che, a seguito della legge 5 dicembre 2005, n. 251 (c.d. ex Cirielli), sono oggi di quattro anni, salvo l’aumento stabilito per le ipotesi di interruzione.


5. La nuova circostanza aggravante prevista per la fattispecie delittuosa di falso in bilancio

A istanze di rigore, alimentate da recenti e noti scandali finanziari, si ispira invece la previsione, per la sola fattispecie delittuosa di false comunicazioni sociali, di una circostanza aggravante speciale, che commina la reclusione da due a sei anni se, nel caso di società quotate, «il fatto cagiona un grave nocumento ai risparmiatori» (nuovi commi 4° e 5° dell’art. 2622 c.c.). Deve ritenersi che la nozione di «risparmiatori» non aggiunga nulla di più alle due categorie dei «soci» e del «pubblico», indicate, dal 1° comma degli artt. 2621 e 2622 c.c., quali destinatari delle false comunicazioni. Semmai, la nozione di «risparmiatore» sembra delimitare le categorie di «soci» e «pubblico», ponendo l’accento sulla sola cerchia di coloro che investono in strumenti finanziari. Il 5° comma dell’art. 2622 c.c., nel definire la nozione di grave nocumento, attesta il gigantismo dell’evento aggravatore. Si fa riferimento, infatti, al nocumento che ha riguardato un numero di risparmiatori superiore allo 0,1 per mille della popolazione risultante dall’ultimo censimento Istat ovvero è consistito nella distruzione o riduzione del valore di titoli di entità complessiva superiore allo 0,1 per mille del prodotto interno lordo. Com’è intuibile, la difficoltà di accertamento che caratterizza la nuova circostanza comporterà verosimilmente la necessità, per il giudice, di attingere al sapere specialistico del consulente tecnico, con conseguente allungamento dei tempi processuali. Particolarmente complessa sarà poi la verifica del nesso causale tra il fatto di false comunicazioni sociali e l’evento del grave nocumento [4]. Quanto alla reale efficacia preventiva della nuova aggravante, essa non deve enfatizzarsi, stante il suo assoggettamento alla disciplina generale delle circostanze del reato, ivi incluso il giudizio di bilanciamento con le attenuanti eventualmente concorrenti, suscettibili di essere valutate come equivalenti o prevalenti.


6. La nuova disciplina delle falsità inferiori alle soglie numeriche

L’innovazione di maggior rilievo recata dalla legge n. 262/2005 in materia di falso in bilancio riguarda la disciplina delle falsità che non superano le soglie di rilevanza penale previste dagli artt. 2621, 3° e 4° comma, e 2622, 8° e 9° comma, c.c. Come noto, la disciplina previgente lasciava del tutto impunite le falsità che si attestavano al di sotto delle soglie anzidette. Oggi, invece, dette falsità che non assurgono a reato vengono punite con sanzione amministrativa, secondo il modello già adottato nel campo tributario dal d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74. L’innovazione, proprio perché destinata a tracciare il confine tra due aree contigue di illiceità, accredita la tesi secondo la quale le soglie sarebbero limiti di tipicità, piuttosto che requisiti che attengono alla punibilità. Al tempo stesso deve ritenersi che, nonostante le nuove sanzioni siano state introdotte attraverso il generico rinvio ai commi che prevedono il complesso delle soglie di rilevanza penale, esse operino esclusivamente nei confronti delle soglie numeriche, non anche in relazione alla soglia elastica concernente l’alterazione sensibile della rappresentazione della situazione economica, patrimoniale o finanziaria della società o del gruppo, posto che, diversamente ragionando, l’ambito dell’illecito amministrativo dipenderebbe da valutazioni in concreto del giudice penale. Del resto, la soluzione qui proposta risulta coerente con la tesi secondo la quale mentre le soglie numeriche concernerebbero le sole falsità di bilancio, la soglia elastica varrebbe per le falsità contenute nelle relazioni e nelle altre comunicazioni sociali [5]. Le sanzioni amministrative di nuovo conio, irrogabili da parte del Prefetto [6], sono paradossalmente più temibili delle pene previste per le falsità che costituiscono reato. Oltre alla sanzione pecuniaria, infatti, viene comminata l’interdizione dagli uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese da sei mesi a tre anni, dall’esercizio dell’ufficio di amministratore, sindaco, liquidatore, direttore generale e dirigente preposto alla redazione dei documenti contabili societari, nonché da ogni altro ufficio con potere di rappresentanza della persona giuridica o dell’impresa. La gravità della sanzione è accentuata dalla sua indefettibilità, [continua ..]


NOTE
Fascicolo 3 - 2007