Rivista di Diritto SocietarioISSN 1972-9243 / EISSN 2421-7166
G. Giappichelli Editore

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Appunti sulla nozione di controllo nella giurisprudenza statunitense: la decisione della Court of Chancery del Delaware in Tesla (di Maria Lucia Passador)


Lo scritto analizza una recente decisione della Court of Chancery del Delaware nel caso “In Re Tesla Motors, Inc. Stockholder Litigation”, che evidenzia come, negli Stati Uniti, la nozione di controllo sia strettamente connessa all’inter­fe­renza del controllante rispetto al processo decisionale degli amministratori. Inoltre, in tale contesto geografico, nell’approvare una determinata transaction il board è generalmente tutelato dalla c.d. business judgment rule, tranne nelle ipotesi in cui la maggioranza degli amministratori sia non indipendente e in conflitto, oppure un azionista di controllo sia presente in entrambi i lati dell’operazione. In dette circostanze si dovrà pertanto applicare un più rigoroso scrutinio dei comportamenti degli amministratori in questione.

La disamina della sentenza in epigrafe viene, da un lato, inserita nell’ambito del più ampio panorama giurisprudenziale statunitense in tema di controllo societario e deviazioni rispetto alla c.d. business judgment rule in presenza di conflitti di interessi; dall’altro lato, letta alla luce della nozione di controllo nell’ambito dei principi contabili internazionali IFRS e GAAP e del dibattito attuale sul tema in Italia, emerso a seguito della Comunicazione Consob in relazione al caso Telecom/Vivendi.

The notion of corporate control in the US case-law: the decision of the Delaware Court of Chancery in Tesla

ABSTRACT: The paper analyses a recent decision of the Court of Chancery of Delaware in the case “In Re Tesla Motors, Inc. Stockholder Litigation”, which highlights how, in the United States, the concept of corporate control is closely linked to the interference of the controlling shareholder with the decision-making process of directors. Moreover, in that geographical context, the board is generally protected by the business judgment rule when approving a given transaction, except when a majority of the directors are non-independent and in conflict, or when a controlling shareholder is involved on either side of the transaction. In such circumstances, a stricter scrutiny should be applied to the conduct of the directors concerned.

On the one hand, the analysis of the above-mentioned decision is considered in the broader framework of the US case law on corporate control and in light of the deviations from the business judgment rule if there are conflicts of interest; on the other hand, it is examined against the background of the corporate control notion in the context of the IFRS and GAAP and of the current debate on the topic in Italy, which strongly resurfaced after the Consob Communication in the Telecom/Vivendi case

KEYWORDS: Corporate control – IFRS 10 – IFRS 11 – US GAAP – Business judgment rule – Entire fairness review.

SOMMARIO:

1. I fatti alla base della decisione in commento e le ragioni del contenzioso. - 2. La giurisprudenza del Delaware e le più recenti pronunce in tema di controllo societario. - 2.1. Le conseguenze del rapporto di controllo e dell’iter decisionale dell'ope­razione: lo standard of review applicabile. - 3. Le argomentazioni della Corte in Tesla. - 3.1. Le conseguenze del rapporto di controllo e dell'iter decisionale in Tesla: lo standard of review applicabile. - 4. L'attuale dibattito in tema di controllo di fatto a margine della discussa Comunicazione Consob sul caso Telecom-Vivendi. - 4.1. Il profilo fattuale e il rilievo dei patti di sindacato ai fini della determinazione di un (eventuale) controllo. - 4.2. Le conseguenze della discussa Comunicazione. - 5. La decisione secondo una prospettiva contabile. - 6. Conclusioni. - NOTE


1. I fatti alla base della decisione in commento e le ragioni del contenzioso.

La Court of Chancery del Delaware, in relazione al caso In re Tesla Motors, Inc. Stockholder Litigation [1], è stata chiamata a determinare se fosse “ragionevolmente prospettabile” (reasonably conceivable) che Elon Musk – il quale deteneva una quota pari al 22,1% delle azioni di Tesla Motors – avesse esercitato un controllo effettivo sulla medesima, tanto da fornire un contributo determinante in relazione all’operazione di acquisizione di SolarCity, risalente al 2016. In data 17 novembre 2016, gli azionisti di Tesla approvavano infatti tale stock-for-stock transaction, dopo aver nominato un consulente finanziario, ma senza costituire un comitato ad hoc di amministratori indipendenti, nonostante i visibili conflitti incombenti su alcuni amministratori di Tesla e su Musk, astenutosi in occasione della delibera [2]. Gli azionisti dissenzienti avviavano allora azioni di responsabilità nei confronti degli amministratori e di Musk, ritenendo che il Consiglio di amministrazione di Tesla, insieme al suo Chairman, CEO e Chief Product Architect, avesse violato i propri doveri fiduciari approvando l’acquisizione di SolarCity per 2,6 miliardi di dollari, così danneggiando gli azionisti di Tesla e raddoppiando l’indebitamento della società. Musk – che peraltro aveva fondato assieme ai propri cugini SolarCity, di cui aveva ricoperto le cariche di Presidente del Consiglio di amministrazione – deteneva al momento della operazione una quota del 21,9% delle azioni ordinarie in circolazione di SolarCity [3]. I convenuti ritenevano che il giudice dovesse dichiarare l’improcedibilià del giudizio senza un esame del merito (motion to dismiss), precisando che Musk non era un azionista di controllo di Tesla e che, essendo stata la transazione approvata da un voto informato e libero degli azionisti, l’operato degli amministratori doveva essere protetto dalla business judgment rule, alla luce della posizione dei giudici di Wilmington nel caso Corwin v. KKR Financial Holdings LLC [4]. La Corte, con decisione del 28 marzo 2018, ha ritenuto che Musk avesse esercitato un controllo di fatto su Tesla con riferimento all’operazione di [continua ..]


2. La giurisprudenza del Delaware e le più recenti pronunce in tema di controllo societario.

Il tema del controllo e, più precisamente, la soglia oltre la quale si può configurare un fenomeno di controllo societario è da sempre oggetto di discussione [9] nella giurisprudenza del Delaware, che ha indagato la questione in relazione a molteplici casi antecedenti a quello in oggetto. In primo luogo, in Kahn v. Lynch Communications Systems, Inc. [10] la Corte aveva già individuato la soglia oltre la quale si è in presenza di una situazione di controllo, quella del 50%, inserendo però una clausola di chiusura onde comprendere altre eventuali ipotesi: in ogni caso, si precisava, un azionista assume tale ruolo quando eserciti il proprio controllo sugli affari della società [11]. In seguito, in In re Crimson Exploration Inc. Stockholder Litigation [12] i giudici di Wilmington avevano qualificato come “aggressive” (ma non come controllante!) uno stockholder che deteneva una partecipazione del 33,7%, mentre in Calesa [13], Zhongpin [14] e Cysive [15] avevano precisato che anche altri aspetti oltre alla mera partecipazione (nei casi citati rispettivamente pari al 26%, al 17,3% ed al 35%) erano meritevoli di considerazione onde configurare una effettiva situazione di controllo [16] e, nei casi appena richiamati, si erano espressi in senso positivo. In particolare, in Zhongpin il fatto che il socio avesse ricoperto pure la carica di CEO e Presidente del Consiglio di amministrazione della società era indice, agli occhi dei giudici, della presenza di un rapporto di dominio gestorio. Nel marzo 2018, oltre al caso in commento, il tema del controllo è stato oggetto di molteplici decisioni da parte dei giudici del Delaware. In Rouse Properties, Inc. Fiduciary Litigation [17], il Vice Chancellor Slights aveva asserito come Brookfield Asset Management, Inc., titolare di una partecipazione pari al 33,5%, non potesse essere considerato come azionista di controllo in quanto non aveva esercitato il proprio dominio rispetto: (i) alla società, al suo Consiglio di amministrazione o al comitato chiamato a valutare l’operazione de qua; (ii) agli amministratori indipendenti nello specifico [18]. In Oracle Corporation Deriv. [continua ..]


2.1. Le conseguenze del rapporto di controllo e dell’iter decisionale dell'ope­razione: lo standard of review applicabile.

L’attribuzione ad un azionista della qualifica di controllante comporta l’applicazione di un preciso standard of review. La decisione degli amministratori di acquistare o cedere le azioni della società è soggetta alla c.d. business judgment rule, utilizzata ogni qualvolta essi abbiano approvato la delibera in modo informato e libero (informed and un-coerced), in linea con il decisum del caso Corwin [21]. La pronuncia è sinteticamente descritta in questi termini: “an uncoerced, fully-informed vote by a majority of disinterested stockholders shifts the standard of review to the business judgment rule, effectively insulating a merger from attack in the courts. […] The business judgment rule that applies after a stockholder vote is not the normal business judgment rule that applies when the court reviews a non-change-in-control decision by directors, which is rationality review. Instead, […], following a vote, the standard of review is waste” [22]. La decisione si pone in una diversa prospettiva rispetto all’orientamento precedente, ove si riteneva che l’unico standard di judicial review nel caso di operazioni condotte da un azionista di controllo fosse il sistema di entire fairness [23]. Invero, il principio derivato da Corwin non è applicabile nell’ipotesi in cui si verifichi un conflitto di interessi, dovendosi porre in essere una stringente entire fairness review. E si verifica un conflitto di interessi quando l’azionista che intende perseguire i propri obiettivi economici e i diritti connessi al proprio ruolo (“the right to selfish ownership” [24]) si comporti come un amministratore [25] e danneggi così la minoranza [26]. Il secondo standard of review (ossia la c.d. entire fairness) si riscontra soprattutto in presenza di un Consiglio di amministrazione disinteressato e non dotato di un numero adeguato di indipendenti, elementi che potrebbero minare tanto l’equità del prezzo quanto quella del processo valutativo posto in essere. Qualora invece l’operazione risulti, sin dall’inizio, soggetta all’approvazione sia di un comitato di indipendenti sia della maggioranza [continua ..]


3. Le argomentazioni della Corte in Tesla.

La sentenza in commento pone in luce anzitutto, in perfetta continuità con l’orientamento consolidato dei giudici del Delaware, come la disponibilità dei diritti di voto in misura sufficiente a dominare l’assemblea non costituisca l’unico presupposto del controllo (di fatto), che può ritenersi integrato anche in presenza di una influenza diretta sugli amministratori e sulla volontà che essi esplicitano in Consiglio. Indagando le circostanze fattuali che interessano la condotta di Elon Musk e i suoi rapporti con Tesla al fine di individuare una eventuale situazione di controllo, i giudici hanno ritenuto essenziali i seguenti elementiؘ [31]: (i) Musk, in assenza di un comitato costituito con l’intenzione di valutare la proposta [32], aveva condotto l’operazione [33], proponendola per ben tre volte [34], discutendone i benefici nel corso dell’adunanza consiliare [35], cui partecipavano il consulente legale e quello finanziario, da lui incaricati [36]; (ii) Musk aveva ricoperto il ruolo di Presidente del Consiglio di amministrazione di Tesla per quattordici anni, tanto da divenire il volto della società e da identificarsi con essa (si diceva: “Elon Musk is Tesla. Tesla is Elon Musk” [37]), condotta per i giudici di Wilmington assimilabile a quella di Michael Dell, per anni Chairman e CEO di Dell, Inc., nel contesto dell’operazione di management buyout [38]. Tale tipologia di operazione di acquisizione vede come protagonisti un gruppo di manager interni che assume il ruolo di parte acquirente, affiancato da un financial sponsor, tradizionalmente un fondo di private equity, onde fornire gran parte delle risorse finanziarie. Nello specifico, Dell è stata acquisita privatamente nell’ottobre 2013 da un gruppo guidato dal fondatore e CEO Michael Dell e dal fondo di investimento Silver Lake Partners, ad un prezzo pari a 13,75 dollari per azione, ma negli anni successivi la società non è riuscita a raggiungere i propri obiettivi finanziari. Nonostante ciò e contrariamente ai pareri degli analisti, Dell ha ritenuto la stessa potesse prosperare grazie all’omonimo hardware ed ha avviato una acquisizione guidata proprio dal management, con l’approvazione di [continua ..]


3.1. Le conseguenze del rapporto di controllo e dell'iter decisionale in Tesla: lo standard of review applicabile.

Per quanto attiene allo standard of review applicabile alla fattispecie risulta opportuno evidenziare i due diversi orientamenti relativi al caso in esame. Parte attrice ha sostenuto che il comportamento di Musk deve essere valutato guardando ai rapporti forti che lo collegano a Tesla, alle modalità di approvazione seguite e alla situazione finanziaria di SolarCity [45], indipendentemente dal quantum della partecipazione detenuta. Essendo dinanzi ad una ipotesi di conflitto di interessi e non essendo stato il voto espresso in modo libero ed informato – in linea con quanto discusso in punto di disciplina sub 2.1 – non dovrebbe trovare applicazione la business judgment rule, bensì si dovrebbe accertare l’effettiva congruità dei termini dell’operazione secondo la c.d. entire fairness. Parte convenuta, invece, ha evidenziato l’assenza di un potere di controllo di Musk nel contesto assembleare, in ragione del peso non determinate del suo voto. Ora, in forza della seguente considerazione, che ripercorre quella già efficacemente esposta dal Vice Chancellor Slights in Rouse, è possibile trarre le conseguenze dell’attribuzione o meno del controllo in capo ad un azionista: “where a less-than-majority blockholder sits on either side of the transaction, but the corporation in which the blockholder owns shares does not recognize him as a controlling stockholder and does not, therefore attempt to neutralize his presumptively coercive influence. The pattern, in its simplest form consists of two elements: (1) the stockholder plaintiff pleads facts in hopes of supporting a reasonable inference that the minority blockholder is actually a controlling stockholder such that the MFW paradigm is implicated and the Corwin paradigm is not; and (2) failing that, the plaintiff pleads facts in hopes of supporting a responsible inference that the stockholder vote was uninformed of coerced such that Corwin does not apply” [46]. In assenza di un azionista di controllo, in tale caso, i membri del comitato ad hoc nominato non sono soggetti alla business judgment rule in quanto la decisione è stata approvata da azionisti liberamente (uncoerced) e pienamente informati, non [continua ..]


4. L'attuale dibattito in tema di controllo di fatto a margine della discussa Comunicazione Consob sul caso Telecom-Vivendi.

La sentenza della Court of Chancery del Delaware qui annotata risulta inoltre di interesse in relazione al dibattito in tema di controllo di fatto su una società quotata, non solo negli Stati Uniti, ma anche in Italia a seguito della Comunicazione Consob n. 0106341 del 13 settembre 2017. Stante dunque l’attualità della stessa e la contiguità tematica pare opportuno compiere qui riferimento alla (non facile) individuazione di una situazione di controllo nel contesto italiano.


4.1. Il profilo fattuale e il rilievo dei patti di sindacato ai fini della determinazione di un (eventuale) controllo.

Ad una attenta analisi, anche nel nostro Paese l’individuazione di un eventuale controllo consta di una fase preliminare necessaria e rilevante, che passa attraverso la valutazione fattuale delle circostanze. Ma tale disamina risulta meno agevole quando rilevino, come di frequente accade, patti parasociali [49], o comunque comportamenti “coordinati” che presuppongono la presenza di un accordo preventivo e consultazioni frequenti, ad esempio onde realizzare una convergenza rispetto alla presentazione di una lista e ai nominativi espressi all’esito della selezione dei candidati che vi confluiranno [50]. Rispetto a quest’ultimo genere di accordi, sinanco qualora si esplichino in un unico contesto e siano destinati a produrre effetti solo in una specifica seduta assembleare, è da sempre discussa la riconducibilità proprio alla disciplina dei patti parasociali. Il dibattito, però, si è ravvivato in ragione di detta Comunicazione Consob, che impone talune osservazioni. L’incerta riconducibilità della presentazione di una lista comune per la nomina di un organo sociale ad un accordo parasociale e ad una forma di controllo è, a ben vedere, legata alla definizione stessa di “patto parasociale” [51]. Se, con la dottrina minoritaria, si adotta un’interpretazione estensiva, la stipulazione di patti aventi per effetto «l’esercizio anche congiunto di un’influenza dominante su tale società» permetterebbe di ricavare proprio dal comportamento degli azionisti (tanto vincolati quanto non vincolati) l’esercizio del controllo, elemento che presuppone un certo livello di stabilità sull’organo di gestione [52]. Se tale controllo viene «esercitato da due o più soggetti giuridicamente ed economicamente indipendenti, ma effettivamente e stabilmente coordinati in virtù di accordi parasociali» [53], esso viene considerato quale “controllo congiunto”, ulteriormente classificabile in controllo congiunto “in senso oggettivo”, che si verifica quando il computo deriva dalla «somma delle partecipazioni possedute e dall’interazione di poteri di influenza vantati da due o più soggetti e/o di diritti o di altri rapporti giuridici», e “in senso soggettivo”, quando l’imputazione del controllo avvenga nei confronti di [continua ..]


4.2. Le conseguenze della discussa Comunicazione.

La possibilità che tale accordo abbia ad attribuire a quegli azionisti il potere di esercitare la maggioranza dei diritti di voto in Consiglio è stata vagliata dall’Autorità di vigilanza in relazione ad un quesito posto dal collegio sindacale di Telecom Italia S.p.A. in occasione della nomina della maggioranza dei consiglieri da parte di Vivendi. Ebbene, la discussa (rectius, discutibile e funzionalmente orientata) comunicazione dell’Autorità si pone in senso concorde rispetto all’orientamento già espresso nel caso inerente alla sussistenza di un controllo solitario di Pirelli (ovvero congiunto di Pirelli ed Edizione Holding) su Olimpia e Olivetti [63] (Comunicazione Consob DEM/3074183 del 13 novembre 2003), ove si riteneva che l’influenza dominante fosse «l’essenza stessa del controllo, il denominatore comune a tutte le ipotesi di controllo che la richiamano» [64]. Consob ritiene infatti che il controllo anche tramite patti di sindacato rappresenti una ulteriore «possibilità di scelta della maggioranza se non della totalità degli amministratori e […] di generale indirizzo della gestione attraverso l’approvazione annuale del bilancio» [65]. Il soggetto controllante può quindi “orientare” le decisioni dell’assemblea, in forza di un effettivo controllo, di una stabile influenza sulla gestione ordinaria e dunque mediante determinazione delle decisioni dell’organo consiliare [66]. Non solo. La Comunicazione si sofferma sulla disciplina del voto di lista, che – sebbene già varata ai tempi della prima comunicazione (per la precisione, dal 2007) – diviene fondamento per una interpretazione evolutiva del controllo azionario di fatto [67]. In relazione alla possibilità di configurare i paciscenti – coloro i quali abbiano stretto tra loro un accordo che, anche se determinato nel tempo, permette di esercitare in Consiglio la maggioranza dei diritti di voto – in guisa di soggetti controllanti, la Comunicazione permette di asserire come l’influenza dominante derivi dalla nomina degli amministratori. In particolare, Consob osserva come con la nomina della maggioranza degli amministratori, a fronte della riserva di almeno un posto nel consiglio alle minoranze, «Vivendi [titolare del 23,94% dei diritti di voto, la cui lista [continua ..]


5. La decisione secondo una prospettiva contabile.

Quale ultimo profilo di confronto tra la sentenza della Court of Chancery in commento e i contesti affini appare utile leggere la decisione anche attraverso la lente dei principi contabili internazionali. Anzitutto, secondo tale disposizione, è necessario determinare se il soggetto abbia la capacità di incidere sui rendimenti derivanti dal coinvolgimento nell’accordo di controllo attraverso i poteri esercitati sull’accordo medesimo (per le forme di controllo c.d. solitario e congiunto, rispettivamente, v. IFRS 10, §§ 5-7 e 10; IFRS 11, B5). Rilevano dunque tutti i diritti sostanziali (di cui all’IFRS 10, B22) liberamente esercitabili, ossia i diritti (i) di voto (anche potenziale) di una partecipata, (ii) di nomina di dirigenti con responsabilità strategiche della partecipata o di entità che conducono le attività rilevanti, (iii) di istruire la partecipata ad avviare operazioni che vadano a vantaggio dell’investitore, o di vietarne qualsiasi modifica; e (iv) di attribuzione al titolare degli stessi della capacità di condurre le attività rilevanti. Essi non debbono pertanto consistere in meri diritti di protezione, in un non facere che non influenza le decisioni di altre parti, ma debbono essere idonei ad incidere rispetto all’esercizio del controllo da parte di altri soggetti. Ciò non esclude completamente i diritti di protezione, ma circoscrive l’importanza ai diritti di veto che incidono significativamente sulle decisioni inerenti alle attività principali oggetto dell’accordo. Ad esempio, nell’ipotesi in cui, nel contesto di un accordo a controllo congiunto tra una partecipazione di maggioranza e una di minoranza [76], la minoranza venga rafforzata con l’attribuzione di un diritto di veto (e dunque, come esplicitato dalla Commissione Europea un “controllo negativo” [77]) riguardo alle attività rilevanti dell’impresa, ci si troverebbe dinanzi ad una situazione in cui il diritto di voto è idoneo a determinare l’esercizio del controllo. Rilevano inoltre i diritti derivati da strumenti finanziari convertibili in azioni ed opzioni (potential voting rights) (IFRS 10, B47-B50), ove attribuibili a due o più soggetti chiamati ad indirizzare il loro controllo proprio sulle attività fondamentali. Dunque, la nozione [continua ..]


6. Conclusioni.

Nel nostro sistema – caratterizzato da una pluralità di definizioni tipiche dei differenti microsistemi, moltiplicatesi per effetto delle direttive europee – il controllo discende dal potere di voto, al contrario di quanto accade negli Stati Uniti, ove esso pare connesso “più con l’interferenza del controllante sul processo decisionale degli amministratori che con l’accertamento di una influenza/eterodirezione sulla gestione della società” [81]. Ponendosi in una diversa prospettiva, prescindendo dalla specificità dei singoli casi, emerge la spiccata sensibilità dei giudici del Delaware riferita alle reti di relazioni sociali e commerciali tra i soggetti coinvolti, in particolare tra società di venture capital e società operanti nel settore tecnologico [82], che vengono considerate indice forte della presenza di un rapporto di controllo [83]. In conclusione, analizzando il sistema d’oltreoceano, si nota come: (i) l’indivi­dua­zione dello status di azionista di controllo sia questione facile da dirimere, soprattutto quan­do il socio potenzialmente controllante sia azionista di minoranza; (ii) l’azionista possa essere definito come controllante in un ampio numero di situazioni, ad esempio, quando venga compromesso il giudizio degli indipendenti; (iii) l’approvazione di una determinata transaction vede il board generalmente tutelato dalla c.d. business judgment rule, tranne nelle ipotesi in cui la maggioranza degli amministratori sia non indipendente e in situazioni di conflitto, oppure un azionista di controllo sia presente in entrambi i lati dell’operazione [84], dovendosi pertanto applicare un più rigoroso scrutinio dei comportamenti degli amministratori in questione. Con tutta evidenza, la decisione in commento appare distante anche dai principi contabili internazionali (IFRS 10) che impongono una più scrupolosa valutazione e guardano al potere di indirizzo sulle attività rilevanti nonché alla gestione, onde individuare una reale situazione di controllo.


NOTE