Rivista di Diritto SocietarioISSN 1972-9243 / EISSN 2421-7166
G. Giappichelli Editore

indietro

stampa articolo indice fascicolo leggi articolo leggi fascicolo


Il principio di chiarezza e la verbalizzazione assembleare (di Rocco Passerotto)


Il Codice Civile italiano (art. 2423) richiede che il bilancio sia redatto con chiarezza, verità e correttezza. In base al precedente Lombarda Petroli (Corte di Cassazione nr. 27 del 2000), il Tribunale di Milano ha ritenuto che le lacune informative non invalidano la delibera assembleare se la discussione è idonea ad eliminare le oscurità. Ripercorrendo le tesi dottrinali sul tema, proponiamo un nuovo modo di ripensare alla connessione tra il caso Lombarda Petroli e il Codice Civile.

The principle of clarity and the minutes of the meeting

The Italian Civil Code (art. 2423) requires the annual accounts to be drawn up in a clear, true and fair manner. According to the precedent Lombarda Petroli (Supreme Court nr. 27/2000), the Court of Milan has stated that the presence of gap in the information don’t undermine the validity of stockholder’s resolution if the general meeting remove the ambiguity. Reviewing the legal theory on the matter, we suggest a new way to reframe the connection between Lombarda Petroli case and the Italian Civil code.

TRIBUNALE DI MILANO, Sezione specializzata in materia di impresa, 28 luglio 2020 n. 4830 – Crugnola, Presidente – Marconi, Relatore – N.C. c O. s.r.l. (art. 2423 c.c.) La nullità della delibera di approvazione del bilancio per illiceità dell’oggetto deriva dalla violazione nella redazione del documento delle norme inderogabili di legge poste a presidio dell’interesse generale non solo alla verità della rappresentazione contabile della situazione patrimoniale ed economica della società ma anche alla chiarezza e precisione delle informazioni desumibili dai dati esposti, destinate ai soci ed ai terzi che con la società vengono in rapporto. (1) Al fine di eliminare il vizio di chiarezza del bilancio, la relazione assembleare degli amministratori deve dare compiuta spiegazione delle operazioni alla base delle voci di bilancio oscure. (2) TRIBUNALE DI MILANO, Sezione specializzata in materia di impresa, 23 ottobre 2017 n. 10620 – Perozziello, Presidente –Vannicelli, Relatore – N.C. c O. s.r.l. (art. 2423 c.c.) Il bilancio di esercizio di una società di capitali che vìoli i precetti di chiarezza e precisione dettati dall’art. 2423 co. 2 c.c. è illecito (e conseguentemente nulla la deliberazione assembleare con cui sia stato approvato) non soltanto se la violazione determini una divaricazione tra il risultato effettivo dell’esercizio, o la rappresentazione complessiva del valore patrimoniale della società, e quello del quale il bilancio dà invece contezza, ma anche in tutti i casi in cui dal bilancio stesso e dai relativi allegati – ivi compresa, ove sussistente, la relazione sulla gestione – non sia possi­bile desumere l’intera gamma delle informazioni che la legge vuole siano fornite per ciascuna delle singole poste iscritte. (3) L’originario difetto di chiarezza può ritenersi rimosso e con esso l’interesse a far dichiarare la nullità della delibera di approvazione, per violazione delle norme dirette a garantirne la chiarezza, se il socio attore ottiene in sede assembleare il quantum di chiarezza esigibile per legge. (4) Ai fini della valutazione dell’interesse ad agire nell’azione di impugnazione di un bilancio per difetto di chiarezza è irrilevante la personale conoscenza da parte dell’attore dei fatti alla cui base sono poste le ragioni dell’iscrizione dei costi che hanno inciso sul risultato di esercizio. (5)   (I) Fatto e diritto Il tenore delle difese svolte dalla società convenuta in tema di interesse del socio all’impugnazione del bilancio redatto in violazione delle norme ispirate al principio fondamentale di chiarezza e precisione ed in particolare l’affermazione secondo cui la persistente presenza nel patrimonio sociale [continua..]
SOMMARIO:

1. Il caso - 2. Il principio di chiarezza nel sistema del 1942 - 3. Segue: dalla riforma del ‘74 alla Cassazione nr. 27 del 2000 - 4. Segue: Le riforme e la loro interpretazione - 5. Le decisioni del Tribunale di Milano - 6. I problemi della sanatoria del difetto di chiarezza in luoghi diversi dal bilancio medesimo - 7. Conclusione - NOTE


1. Il caso

La vicenda trae origine dall’impugna-zione di una delibera di assemblea del 2015 di approvazione del bilancio chiuso al 31.12.2014, recante una perdita tale da assorbire il 75 per cento circa del valore del patrimonio netto di inizio esercizio. Queste le principali voci di costo: a) svalutazione crediti su cui la nota integrativa del bilancio espressamente rinviava alla relazione degli amministratori in assemblea; b) aumento dei costi per servizi; c) oneri straordinari; d) riduzione di valore delle rimanenze. L’organo amministrativo pertanto relazionava in assemblea sul punto a) spiegando che la svalutazione era inerente ad un credito della società verso i soci, derivante dalla vendita delle quote di una s.r.l. senza averne mai incassato il prezzo; altresì che dopo la fine dell’esercizio 2014, ma prima della redazione del progetto di bilancio, la società e i suoi stessi soci avevano proceduto alla retrocessione delle quote compensando le reciproche posizioni; che a fronte di questi avvenimenti si era ritenuto opportuno svalutare il credito per valorizzarlo sulla base del valore della partecipazione della quale, nel frattempo, la società era entrata in possesso. L’organo amministrativo, inoltre, riferiva circa il punto: b) che trattavasi di un compenso riconosciuto ad un consigliere delegato per l’opera svolta e mai retribuita; c) che trattavasi di oneri relativi ad un contenzioso conosciuto dal socio in quanto parte dello stesso; d) che trattavasi di una riduzione di valore dovuto alla perdurante crisi del mercato immobiliare. Nonostante i chiarimenti resi in assemblea, uno dei soci votava contro l’approvazione e, in seguito, citava in giudizio la società ritenendo il bilancio approvato non veritiero, non corretto e non chiaro con riferimento ai punti a), b), c) e d). Nelle more del giudizio instaurato, l’assemblea dei soci del 2016 deliberava l’approvazione del bilancio successivo chiuso anche questo con una ulteriore perdita di esercizio la quale si aggiungeva alla perdita di cui al bilancio del 2014 riportata a nuovo. Ancora una volta, nonostante la discussione assembleare, il medesimo socio che aveva manifestato voto contrario nel 2015 votava contro l’approvazione e, in seguito, citava in giudizio la società ritenendo il bilancio approvato non veritiero, non corretto e non chiaro con riferimento alla: aa) perdita dell’esercizio 2014 riportata a [continua ..]


2. Il principio di chiarezza nel sistema del 1942

La giurisprudenza della Corte di Cassazione con la sentenza nr. 3373 del 28.07.1977 si è occupata per la prima volta della rilevanza giuridica dei chiarimenti forniti in assemblea [1]. In particolare la Corte di Cassazione ritenne, in omaggio ad un approccio sostanzialistico, che la mancanza nel bilancio di informazioni rilevanti ai fini del principio di chiarezza potesse essere sanata dalla relazione degli amministratori nonché dalla verbalizzazione assembleare purché idonei a rimuovere l’oscurità del bilancio [2]. Tuttavia tale rilevanza venne utilizzata al fine di trattare in via differenziata la violazione del principio di chiarezza rispetto a quello di verità considerato in posizione di supremazia [3], così come teorizzato da autorevole dottrina [4]. Dunque, presupponendo che i criteri di chiarezza e precisione fossero preordinati all’attuazione del principio di verità, la Suprema Corte valutò conforme a legge l’iter di approvazione del bilancio il cui deficit di chiarezza, veniva colmato solamente in assemblea. La sentenza in questione venne ritenuta, quindi, espressione di orientamenti sensibili al judicial process volti ad evitare “che gli stessi azionisti, che nel corso di un dibattito assembleare hanno posto delle domande agli organi sociali, ottenendo adeguate risposte, ripropongano nel giudizio censure di oscurità” [5]. La suddetta giurisprudenza si formava sul sistema del codice del 1942 che, in materia di bilancio, tra le altre cose, sostituì i principi di evidenza e verità dell’abrogato codice di commercio [6] con quelli di chiarezza e precisione [7]. Tuttavia, proprio sotto il profilo della chiarezza il codice mostrava numerose debolezze visto che, pur prevedendo uno schema minimo di contenuto dello stato patrimoniale e regole legali di valutazione delle voci [8], non disciplinava, tra le altre cose, il conto dei profitti e delle perdite [9]. Peraltro, subito dopo la promulgazione del codice vi era una tendenza alla sva­lu­ta­zione dei concetti della chiarezza e della precisione, considerati come riproposizione della evidenza e verità del codice abrogato [10]. Difatti anche sulla scorta dell’impostazione dottrinale prevalente [11], l’interpretazione del sistema di bilancio si incentrava sul concetto di verità, [continua ..]


3. Segue: dalla riforma del ‘74 alla Cassazione nr. 27 del 2000

Nonostante il largo seguito che in giu­risprudenza [19] si diede al principio di diritto fissato nella sentenza nr. 3373 del 1977 della Cassazione, la modifica della disciplina di bilancio ad opera della legge del 7 giugno 1974 nr. 216 rinvigorì le tesi della dottrina [20] contraria alla teoria della subalternità della chiarezza rispetto alla verità. Difatti, sembrava insostenibile ritenere l’esistenza di una scala gerarchica dei principi di redazione alla luce della novella legislativa che, tra le altre cose, prevedeva: lo schema del conto dei profitti e delle perdite; l’obbligo di disclosure circa le partecipazioni in società controllate e collegate; un rinnovato contenuto della relazione degli amministratori [21]. Inoltre, circa l’insostenibilità della tesi della rilevanza dei chiarimenti assembleari, la dottrina [22] individuò un’ulteriore estrinsecazione del principio di chiarezza nell’esigenza di rispettare “luoghi e segni tipici che consentono il facile e rapido reperimento dei dati” (cd. topicità). Tuttavia, nel frattempo, si consolidò l’orientamento giurisprudenziale [23] diretto a confermare la supremazia del principio di verità rispetto alla chiarezza il cui difetto, conduceva alla nullità solamente in caso di pregiudizio di interessi patrimoniali. Solamente negli anni novanta, un secondo orientamento [24], ritenne opportuno, aderendo allo spirito letterale del codice, equiparare la chiarezza alla verità. In omaggio a questo secondo orientamento le sezioni unite della Suprema Corte con la sentenza nr. 27 del 21.02.2000 [25], fissarono il principio di diritto tale per cui, la violazione del principio di chiarezza determina la nullità della delibera “non soltanto se la violazione determini una divaricazione tra il risultato effettivo… e quello del quale il bilancio dà invece contezza, ma anche in tutti i casi in cui dal bilancio stesso e dai relativi allegati non sia possibile desumere l’intera gamma delle informazioni che la legge vuole siano fornite..”. Circa l’effetto, ai fini dell’impugnazione della delibera, dei chiarimenti forniti in assemblea e verbalizzati, le Sezioni Unite affermarono di non poter sindacare le conclusioni della Corte d’Appello ritenendo le stesse [continua ..]


4. Segue: Le riforme e la loro interpretazione

Infatti con il nuovo art. 2423 cod. civ. [29], il legislatore delegato ha prescritto che il bilancio deve essere redatto con “chiarezza e deve rappresentare in modo veritiero [30] e corretto [31] la situazione…” secondo i nuovi schemi di stato patrimoniale e conto economico, rispettivamente previsti dagli articoli 2424 e 2425 del codice. Sul solco della preminenza della clausola generale della chiarezza si è posto anche il d.lgs. nr. 6 del 17 gennaio 2003 che attraverso la richiesta di fornire al lettore del bilancio ulteriori informazioni, rafforza il principio di chiarezza risulta tanto da far ritenere diminuita la propria operatività avendo, il legislatore, “tradotto le regole tecniche di chiarezza in norme di legge” [32]. Specularmente, la dottrina ha ritenuto che anche il principio di topicità è divenuto “tanto più importante quanto più la mole dell’informazione dovuta tende a crescere” [33] al punto, da poter definitivamente affermare che, il bilancio è chiaro se rispetta la struttura legale del codice, intesa anche nel senso della sua topica [34]. Tuttavia se dottrina e giurisprudenza concordano sulla parità tra i vari principi di redazione del bilancio, non sembra ancora sopito il contrasto con riferimento all’operatività del principio di topicità. Infatti la Corte di Cassazione, con sentenza nr. 8001 del 27 aprile 2004 [35], pur citando la sentenza nr. 27 del 2000 resa a Sezioni Unite che, come visto, non si è occupata esplicitamente del punto, ha ritenuto aderire alla tesi della rilevanza dei chiarimenti assembleari [36]. Nell’argomentazione della Corte, la sentenza nr. 27, avrebbe infatti reso “evidente il rapporto strumentale che sussiste tra il diritto di informazione ed il principio di chiarezza” visto che, “attraverso adeguate risposte alle domande avanzate dal socio in assemblea viene, quindi, realizzato il diritto di informazione, rimuovendo gli aspetti di insufficienza o di oscurità che si possano cogliere nell’esposizione dei dati contabili”. Con la sentenza nr. 4874 del 7 marzo 2006 [37] la Corte di Cassazione ha, invece, recepito l’orientamento della dottrina della topicità nella parte in cui ha statuito, confermando la posizione della Corte [continua ..]


5. Le decisioni del Tribunale di Milano

Con sentenza nr. 10620 del 23.10.2017, in conformità all’orientamento circa la possibilità che la violazione del principio di chiarezza sia causa di illiceità “anche in tutti i casi in cui dal bilancio…non sia possibile assumere l’intera gamma delle informazioni” e che, a tal fine, assumono “rilievo i chiarimenti tecnici forniti dagli amministratori ai soci nel corso della seduta assembleare”, il Tribunale ha dichiarato fondate, con riferimento al principio di chiarezza, le domande proposte sub a), b), c) avverso il bilancio di esercizio del 2014. In particolare, considerate le voci di costo, la tipologia delle operazioni con riferimento alle controparti, la destinazione anche ai terzi delle informazioni contenute nel bilancio, il Giudice di prime cure ha ritenuto accertato il mancato rispetto: a) con riferimento al credito verso soci, delle esigenze di motivazione essendo onere amministrativo chiarire, in nota integrativa e quindi in assemblea, le ragioni dell’inesigibilità, la convenienza dell’operazione di riacquisto, il valore della partecipazione peraltro non quantificabile secondo la tecnica utilizzata; b) per il compenso all’amministratore, la mancata esposizione in nota integrativa nonché in assemblea delle ragioni della valutazione, effettuata sulla scorta del principio di prudenza e della fondatezza della richiesta; c) per i costi straordinari relativi al contenzioso, degli oneri informativi dovuti, essendo poi irrilevante la personale conoscenza del socio impugnante dei fatti di causa visto che il bilancio è un documento destinato anche ai terzi. Con sentenza nr. 4830 del 28.07.2020, poi, richiamato ancora una volta l’orientamento circa l’illiceità dell’oggetto della delibera di approvazione del bilancio redatto in violazione del principio di chiarezza [41], preso atto del passaggio in giudicato della sentenza nr. 10620 del 2017 incidente quindi sul punto sub aa) [42], il Tribunale ha dichiarato fondate [43] anche le domande proposte sub bb) e dd) con riferimento al bilancio di esercizio del 2015. In particolare, tenuto conto delle “norme inderogabili di legge poste a presidio dell’interesse generale non solo alla verità della rappresentazione contabile della situazione patrimoniale ed economica della società ma anche alla chiarezza e precisione delle [continua ..]


6. I problemi della sanatoria del difetto di chiarezza in luoghi diversi dal bilancio medesimo

I principi di diritto sollevano, quindi, alcune questioni il cui trait d’union è la circolazione delle informazioni. In quest’ottica, le dichiarazioni di nullità delle delibere di approvazione dei bilanci, seppur sostanzialmente corrette, destano perplessità per le motivazioni che le sorreggono [47]. Il punctum dolens, difatti, sembra essere l’adesione alla teoria della rilevanza dei chiarimenti assembleari visto che, in questo caso, mi sembra siano venute alla luce le debolezze dell’orientamento. Come già visto, chi teorizza l’esigenza di rispettare l’ubicazione legislativa delle informazioni argomenta ciò, soprattutto nel­l’ottica di tutelare i terzi lettori del bilancio. Non a caso, la teoria della topicità, più adatta a tutelare tanto gli interessi dei terzi quanto quelli dei soci/risparmiatori, è stata elaborata dopo la riforma del 1974 [48], momento di differenziazione legislativa dello statuto normativo della società per azioni quotata. Da diversa prospettiva sembra partire il ragionamento che, sulla scorta dell’articolo 2435 cod. civ. [49], ritiene giustificabile l’opposta teoria che conduce alla considerazione del verbale di assemblea [50] come documento atto a colmare le lacune informative del bilancio. Difatti, tale rilevanza, elaborata a partire dalla sentenza della Corte di Appello di Milano del 17 novembre 1953 [51], sembra avere come substrato economico la realtà della piccola società di capitali nella quale, i terzi che con la stessa entrano in contatto non si tutelano, a ben vedere, attraverso l’informativa di bilancio. Da questo punto di vista, quindi, sembrerebbe coerente il tentativo contenuto in entrambe le argomentazioni delle sentenze in commento [52] di sanare l’oscurità attraverso la verbalizzazione assembleare visto che, nel caso di specie, si era in presenza del bilancio di una società a responsabilità limitata. In questo tipo, i soci che non partecipano all’amministrazione hanno un penetrante potere di controllo ex art. 2476 cod. civ. e, perciò, è razionale collegare il diritto all’informazione, come interpretato dalla Suprema Corte nel 2000, alla rilevanza dei chiarimenti assembleari, anche al fine di valutare la sussistenza del requisito [continua ..]


7. Conclusione

Come visto, ammettere che l’informativa possa essere fornita in qualsiasi luogo, conduce a risultati insostenibili nella realtà delle grandi società per azioni quotate ma, nei casi di specie, sono emerse criticità anche per le società di capitali che non fanno appello al pubblico risparmio. Infatti nelle piccole realtà, gli accertamenti da compiere nel giudizio sul bilancio non sembrano garantire risultati soddisfacenti soprattutto in termini di certezza del diritto dovendo, il giudice, accertare di volta in volta, la natura dell’informazione richiesta e la qualità della risposta ricevuta, entrambe in rapporto sia allo status societario del ricorrente che alla sede e al momento in cui si forniscono i chiarimenti. Inoltre, inquadrare i chiarimenti ricevuti in assemblea come elemento atto ad eliminare l’interesse ad agire conduce a situazioni illogiche a fronte delle quali, il medesimo bilancio potrebbe essere diversamente giudicato a seconda di chi lo impugna tanto in caso di creditori/soci quanto nel caso di soci partecipi dell’amministrazione/soci investitori. Per questo motivo è preferibile la teoria della topicità, accolta dalla sentenza della Cassazione nr. 4874 del 2006, che conferirebbe al sistema un maggior elemento di certezza in materia di impugnative.


NOTE