Rivista di Diritto SocietarioISSN 1972-9243 / EISSN 2421-7166
G. Giappichelli Editore

indietro

stampa articolo indice fascicolo leggi articolo leggi fascicolo


Osservatorio sulla giurisprudenza del Tribunale di Roma (di Ignazio Cerasa, Marco Mercuri, Emanuele Stabile, Antonio Trillò)


TRIBUNALE DI ROMA, 21 luglio 2020 (decr.) – Di Salvo, Presidente – Scerrato, Giudice – Romano, EstensoreR.G. 3647/2020 (Art. 2409 c.c.) (Art. 2409 c.c.) La nuova formulazione dell’art. 2409 c.c. fa riferimento all’esistenza del fondato sospetto di «gravi irregolarità nella gestione». Non rileva qualsiasi violazione di doveri gravanti sull’organo amministrativo, ma soltanto dei doveri idonei a compromettere il corretto esercizio dell’attività di gestione dell’impresa e a determinare pericolo di danno per la società amministrata o per le società controllate. È esclusa qualsiasi rilevanza dei doveri gravanti sugli amministratori per finalità organizzative, amministrative, di corretto esercizio della vita della compagine sociale e di esercizio dei diritti dei soci e dei terzi estranei, con conseguente irrilevanza dell’eventuale danno loro arrecato. Le gravi irregolarità devono essere attuali, non esaurite né improduttive di possibili ulteriori effetti nocivi, e idonee a causare alla società un danno, inteso quale mero pericolo di danno futuro, purché patrimonialmente rilevante. Sono ininfluenti le censure attinenti al merito – opportunità o convenienza – delle scelte gestionali. Fanno eccezione le scelte palesemente irragionevoli o negligenti, per essere il controllo dell’Autorità Giudiziaria di legalità e di regolarità della gestione, e quelle compiute dagli amministratori in conflitto di interessi, in violazione dell’obbligo di fedeltà (cd. duty of loyalty) ed in pregiudizio della società, ma conformi all’interesse del socio di maggioranza, purché concorra la potenzialità del danno per la società. Alla luce dell’opzione legislativa per l’atipicità delle irregolarità, il requisito della gravità postula fatti e deficienze non altrimenti eliminabili, concretanti violazioni di legge e, segnatamente, delle norme civili, penali, amministrative e tributarie o dello statuto, e delle regole generali di gestione diligente nell’interesse sociale e in assenza di conflitti di interesse, che si sostanzino in fatti specificamente determinati e ascrivibili agli amministratori. Non rilevano né il tipo di norma violata né lo stato soggettivo (dolo o colpa) di amministratori e sindaci. A tal fine, pur non potendosi il giudizio del tribunale basare su mere supposizioni e/o su indimostrati rilevi critici, è sufficiente la sussistenza di elementi di sicuro affidamento che, pur non assurgendo al livello di prova piena, abbiano tuttavia riscontri obiettivi che vanno al di là del mero sospetto. La denunzia al tribunale non può qualificarsi rimedio di «ultima istanza», sotto il duplice profilo che, ai fini della [continua..]