Rivista di Diritto SocietarioISSN 1972-9243 / EISSN 2421-7166
G. Giappichelli Editore

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La completezza del bilancio d´esercizio (di Giovanni Strampelli)


L’articolo, muovendo dall’analisi delle posizioni della dottrina e della giurisprudenza, ricostruisce il significato e la portata del principio di completezza del bilancio e propone una soluzione interpretativa volta, sul piano applicativo, a contemperare l’esigenza di chiarezza dell’informazione contabile con quella di evitare impugnazioni pretestuose della delibera di approvazione del bilancio d’esercizio.

Completeness of Financial Statements

Building on a comprehensive analysis of the existing scholarship and case law, the article sheds new light on the principle of completeness of financial statements and offers a solution aimed at reconciling the need for clarity of accounting information with that of avoiding baseless challenges of the financial statements’ approval.

Keywords: financial statements – approval of the financial statements – accounting information.

SOMMARIO:

1. Premessa - 2. La completezza del bilancio nelle norme del codice civile e nei principi contabili - 3. La nozione di completezza del bilancio - 4. Completezza del bilancio e topica legale dell’informazione contabile - 5. Vizi di completezza del bilancio ed efficacia sanante delle informazioni contenute nella relazione sulla gestione - 6. Vizi di completezza del bilancio ed efficacia sanante delle informazioni fornite in assemblea - 7. Le ipotesi in cui la completezza del bilancio può essere raggiunta mediante informazioni contenute nella relazione sulla gestione o fornite in assemblea - 8. La completezza del bilancio in assenza di schemi rigidi di bilancio - NOTE


1. Premessa

Giovanni Emanuele Colombo ha segnato, in modo decisivo, lo sviluppo degli studi giuridici in materia di bilancio, contribuendo al loro riconoscimento come un importante ambito del diritto societario. I suoi studi non soltanto hanno permesso di superare la diffidenza dei giuristi nei confronti della materia contabile (considerata, per lungo tempo, di esclusiva pertinenza dei cultori delle discipline aziendali ed estranea alle competenze necessarie per lo svolgimento delle professioni legali) ma hanno altresì posto chiaramente in luce che il bilancio rappresento uno strumento – o, se si vuole, un punto di osservazione privilegiato – per l’analisi e la più approfondita comprensione di molti profili del diritto delle società. Benché i suoi studi abbiano condotto alla complessiva rivisitazione della materia, tra i numerosi avanzamenti teorici dovuti a Giovanni Emanuele Colombo, che significativamente hanno segnato l’evoluzione dottrinale e pratica, v’è certamente la definitiva affermazione della chiarezza come clausola generale autonoma ed e­quivalente a quella della rappresentazione veritiera e corretta. Sebbene essa sia ora ovvia, quando Giovanni Emanuele Colombo ha avviato i suoi studi questa conclusione era tutt’altro che scontata e l’orientamento contrario (che affermava la subordinazione della chiarezza alla rappresentazione veritiera e corretta e la conseguente ammissibilità delle politiche di bilancio) godeva di ampio credito [[1]]. Era diffusa, infatti, la convinzione che un difetto di chiarezza non implicasse la nullità della delibera di approvazione del bilancio d’esercizio qualora i valori in esso contenuti fossero stati veritieri. La tesi sostenuta da Giovanni Emanuele Colombo (sin da subito condivisa da ampia parte della dottrina e della giurisprudenza) ha trovato definitivo accoglimento con la sentenza delle Sezioni Unite n. 27 del 21 febbraio 2000 [[2]], che costituisce il leading case al quale hanno aderito le pronunce di legittimità e di merito da allora succedutesi [[3]]. Tanto ricordato, le presenti note intendono prendere spunto proprio dall’affer­mazione contenuta nella pronuncia delle Sezioni Unite appena richiamata [[4]] secondo la quale il bilancio d’esercizio è illecito non soltanto qualora non sia veritiero (registrandosi “una divaricazione tra il risultato effettivo [continua ..]


2. La completezza del bilancio nelle norme del codice civile e nei principi contabili

Prima di esaminare alcune questioni di maggior dettaglio, è opportuno, in via preliminare, ricostruire il quadro delle norme e dei principi contabili attinenti al principio di completezza notando, in primo luogo, che esso non è espressamente menzionato dalle disposizioni del codice civile in materia di bilancio e, segnatamente, dall’art. 2423 c.c. che definisce le c.d. clausole generali. Nonostante ciò, non è, tuttavia, dubbio che il principio di completezza sia im­manente alla disciplina giuridica del bilancio. Esso trova, infatti, implicita affermazione nelle norme che regolano gli schemi di bilancio, in quanto il mancato rispetto dei medesimi mediante l’omissione di alcune voci implica, di regola (ma non necessariamente: v. quanto osservato infra), un pregiudizio della completezza. Inoltre, una più esplicita indicazione del fatto che la completezza è una implicazione necessaria della chiarezza è contenuta nel 3° comma dell’art. 2423 c.c. (che deve essere riferito alla chiarezza benché il suo tenore letterale richiami la rappresentazione veritiera [[6]]) ai sensi del quale «se le informazioni richieste da specifiche disposizioni di legge non sono sufficienti a dare una rappresentazione veritiera e corretta, si devono fornire le informazioni complementari necessarie allo scopo». Da tale norma si desume, infatti, che il bilancio può ritenersi chiaro soltanto nella misura in cui sia completo, ossia contenga tutte le informazioni necessarie al raggiungimento dell’obiettivo della rappresentazione veritiera e corretta. Non altrettanto lineare si è rivelata nel tempo la considerazione del principio di completezza da parte dei principi contabili nazionali. La previgente versione del­l’OIC 11 includeva la completezza tra i postulati del bilancio [[7]] precisando che “l’informazione patrimoniale, finanziaria ed economica esposta nel bilancio d’eser­cizio per essere utile deve essere completa e deve scaturire da un insieme unitario ed organico di documenti” [[8]]. Inoltre, tra i postulati di bilancio figurava la “funzione informativa e [la] completezza della nota integrativa e delle altre informazioni necessarie” la quale implicava, tra l’altro, che “il bilancio d’esercizio deve mettere in evidenza tutte quelle informazioni complementari che sono necessarie per la [continua ..]


3. La nozione di completezza del bilancio

Chiarito che la completezza del bilancio costituisce una necessaria implicazione del principio di chiarezza e che, di conseguenza, un bilancio incompleto è, per definizione, non chiaro, occorre considerare quando l’informazione di bilancio può ritenersi completa. L’ovvia constatazione che il principio di completezza è soddisfatto se il bilancio include tutte le informazioni richieste dalla legge non è esaustiva, in quanto l’ac­certamento della completezza del bilancio non può risolversi in un automatico riscontro della corrispondenza delle informazioni contenute del bilancio a quelle richieste dalle norme del codice civile mediante l’indicazione di schemi rigidi di stato patrimoniale e conto economico nonché del contenuto della nota integrativa [[9]]. Come affermato dalla giurisprudenza prevalente, infatti, il rispetto degli schemi di bilancio previsti dal codice civile può talora risultare non sufficiente a garantire la completezza del bilancio [[10]]. Che non sempre possa valere un siffatto automatismo è, del resto, reso evidente dalla previsione del 3° comma dell’art. 2423 c.c. che detta l’obbligo di fornire informazioni complementari a quelle normativamente richieste, qualora queste non siano adeguate a garantire la completezza e, quindi, la chiarezza del bilancio. Come dimostra una ricognizione della giurisprudenza l’applicazione di tale precetto può peraltro assumere diversa portata. L’obbligo di fornire informazioni complementari può essere circoscritto ad una singola voce [[11]] ovvero riguardare il complesso del­l’informazione di bilancio, come affermato da alcune pronunce giurisprudenziali che hanno ritenuto tale obbligo sussistente a carico delle società che redigono il bilancio in forma abbreviata qualora, in ragione della natura dell’attività svolta dalla società o delle sue dimensioni, le informazioni richieste dall’art. 2435-bis c.c. non siano sufficienti al raggiungimento dell’obiettivo di fornire un’informazione completa e chiara [[12]]. Tenuto conto di ciò nonché del fatto che l’individuazione delle informazioni complementari è rimessa agli amministratori sulla base di una valutazione che necessariamente deve tener conto delle specificità di ogni singolo caso, è impossibile stilare ex ante un [continua ..]


4. Completezza del bilancio e topica legale dell’informazione contabile

Come appena osservato, un primo profilo meritevole di attenzione è rappresentato dall’incidenza sulla completezza del bilancio delle modalità con le quali le informazioni sono fornite. In altri termini, va chiarito se il bilancio può dirsi completo alla sola condizione che esso includa tutte le informazioni necessarie ovvero se al tal fine è altresì necessario che le informazioni siano fornite secondo le modalità e nella posizione previste per legge. La questione ha ragione di porsi alla luce del principio c.d. di topica legale di bilancio – la cui validità è pacificamente riconosciuta, pur in assenza di una sua espressa previsione normativa – in forza del quale le informazioni richieste dalle norme di legge non soltanto devono essere contenute nel bilancio ma devono altresì essere fornite secondo le modalità previste sì che “v’è un «luogo tipizzato” in cui la notizia va data e va ritrovata” ed è pertanto da escludere “una permeabilità elevata” fra i diversi documenti componenti il bilancio d’esercizio [[15]]. Tale generale interrogativo può essere declinato in tre diversi aspetti. In primo luogo, va appurato se un vizio di completezza possa derivare dalla collocazione nella nota integrativa di informazioni previste dagli schemi di stato patrimoniale e di conto economico [[16]] ovvero, in altri termini, se possa ravvisarsi l’efficacia sanante delle informazioni contenute nella nota integrativa a fronte di e­ventuali carenze degli schemi di bilancio. Analogamente, è da considerare l’even­tuale efficacia sanante dell’inclusione nella relazione sulla gestione di informazioni che, ai sensi di legge, dovrebbero essere esposte negli schemi di stato patrimoniale e conto economico o nella nota integrativa. Infine, seguendo la medesima linea interpretativa, è da considerare se possa ravvisarsi l’efficacia sanante dei chiarimenti forniti dagli amministratori in assemblea a fronte di eventuali carenze del bilancio e della relazione sulla gestione. Per quanto tra di essi vi siano punti di contatto, i tre aspetti non si prestano ad essere esaminati congiuntamente in quanto il principio di topica legale si atteggia diversamente in relazione ad essi, atteso che la nota integrativa è parte integrante del bilancio mentre la relazione sulla [continua ..]


5. Vizi di completezza del bilancio ed efficacia sanante delle informazioni contenute nella relazione sulla gestione

Quanto osservato nel precedente paragrafo sembra valere, a maggior ragione, nell’ipotesi in cui informazioni da includere nel bilancio siano esposte nella relazione sulla gestione ad esso allegata (ovvero nella relazione dell’organo di controllo di cui all’art. 2429 c.c. [[20]]). In conformità al principio della topica legale del­l’informazione contabile si nega, infatti, alle informazioni contenute nella relazione sulla gestione efficacia sanante di eventuali vizi del bilancio [[21]], sì che il bilancio non può ritenersi completo qualora alcune informazioni che in esso dovrebbero essere comprese sono incluse nella relazione sulla gestione. La conclusione non è tuttavia pacifica in quanto in giurisprudenza prevale un orientamento di segno contrario che non assegna decisivo rilievo alla natura di allegato della relazione sulla gestione ed afferma l’efficacia sanante delle informazioni in essa fornite a fronte di eventuali incompletezze del bilancio [[22]]. Di conseguenza, come precisato dalla (già richiamata) sentenza n. 27/2000 delle Sezioni Unite e recentemente ribadito dal Tribunale di Milano [[23]], il bilancio si ritiene completo in ogni caso in cui dallo stesso e dai relativi allegati sia possibile desumere l’intera gamma delle informazioni che la legge vuole siano fornite per ciascuna delle singole poste iscritte. Una simile presa di posizione, del resto, appare coerente con lo speculare orientamento giurisprudenziale che ravvisa la nullità della delibera di approvazione del bilancio per effetto di vizi riguardanti la sola relazione sulla gestione [[24]]. L’impostazione accolta dalla giurisprudenza, tuttavia, fa sì che (pur essendo il “pacchetto informativo” di bilancio, nel suo complesso, completo) il diritto dei destinatari a ricevere un’informazione chiara sia, almeno in parte, pregiudicato poiché alcune informazioni non sono fornite nella posizione prevista dal codice civile, rendendo indubbiamente più complessa e difficoltosa la comprensione del bilancio. Inoltre, nella prospettiva della completezza (e della chiarezza) del bilancio, l’equivalenza – affermata dall’orientamento giurisprudenziale prevalente – tra la relazione sulla gestione ed i documenti componenti il bilancio d’esercizio non sembra pienamente convincente anche in ragione del diverso regime dei [continua ..]


6. Vizi di completezza del bilancio ed efficacia sanante delle informazioni fornite in assemblea

Estendendo ulteriormente l’analisi, resta da considerare se il bilancio (ma lo stesso vale anche per la relazione sulla gestione) possa ritenersi completo anche qualora non includa tutte le informazioni necessarie per il raggiungimento del­l’obiettivo della rappresentazione veritiera e corretta ma le lacune siano colmate fornendo le informazioni mancanti in assemblea. In altri termini, occorre interrogarsi sull’efficacia sanante delle informazioni fornite in assemblea a fronte di vizi di completezza del bilancio e della relazione sulla gestione. Come noto, un primo orientamento (che trova sostegno soprattutto in dottrina) nega l’efficacia sanante dei chiarimenti forniti in assemblea poiché si determinerebbe in tal modo una violazione della topica dell’informazione contabile con un conseguente pregiudizio alla chiarezza della medesima [[28]]. Anche i sostenitori di questa più restrittiva impostazione ammettono, tuttavia, che i chiarimenti e le integrazioni forniti in assemblea (pur non sanando il vizio di chiarezza) possono avere l’effetto di precludere, sul piano processuale, l’impugnazione facendo venir meno l’interesse ad agire dell’attore [[29]]. La ricostruzione appena illustrata non è però pacifica in quanto parte della giurisprudenza – in linea con una tendenza interpretativa diffusa prima del recepimento della IV direttiva comunitaria [[30]] – assegna (seppur, talora, in modo ambiguo) piena efficacia sanante ai chiarimenti forniti in assemblea, per effetto dei quali sarebbe rimosso il vizio di chiarezza che affetta il bilancio, con la conseguenza che la delibera di approvazione del bilancio non sarebbe più impugnabile non soltanto dal socio che ha richiesto le informazioni bensì da ogni potenziale interessato [[31]]. Tale opinione poggia non sull’assunto che quei chiarimenti divengano, a loro volta, parte del documento di bilancio ed essi stessi oggetto della successiva deliberazione di approvazione, bensì sulla constatazione che i chiarimenti offerti in sede assembleare possono essere in concreto idonei a fugare incertezze generate da poste di bilancio non chiare e, quindi, ad eliminare l’ef­fetto del possibile vizio dal quale quelle poste sono affette [[32]]. Poiché, ai sensi dell’art. 2435 c.c., il verbale assembleare è pubblicato unitamente al bilancio nel registro [continua ..]


7. Le ipotesi in cui la completezza del bilancio può essere raggiunta mediante informazioni contenute nella relazione sulla gestione o fornite in assemblea

Quanto in precedenza osservato sembrerebbe evidenziare l’esistenza di una marcata divergenza interpretativa tra la dottrina prevalente, che accoglie l’imposta­zione più rigida secondo cui la completezza di bilancio può essere raggiunta soltanto qualora le informazioni sono fornite nella collocazione normativamente prevista, e la giurisprudenza la quale, di contro, tende in prevalenza a ritenere completo il bilancio anche quando le informazioni non sono fornite nel rispetto del principio di topica legale e sono contenute in documenti che non fanno parte del bilancio, ossia nella relazione sulla gestione o nel verbale dell’assemblea di approvazione del bilancio. Una più attenta disamina delle pronunce giurisprudenziali nel tempo succedutesi, tuttavia, sembra mostrare che la distanza tra le posizioni della dottrina e quelle della giurisprudenza sia meno significativa di quanto possa apparire a prima vista. Anzitutto, è da notare come al formarsi dell’atteggiamento maggiormente per­missivo da parte della giurisprudenza ha contribuito indubbiamente la fondamentale sentenza n. 27/2000 delle Sezioni Unite, le quali (nel passaggio in precedenza riportato e ripreso da molte pronunce successive) danno per scontato che fosse (allora) prevalente la tesi secondo cui “l’intera gamma delle informazioni che la legge vuole invece siano fornite con riguardo alle singole poste di cui è richiesta l’iscri­zione” può desumersi, indifferentemente, dal bilancio stesso o dai relativi allegati. Tuttavia, come già illustrato, gran parte dei sostenitori della tesi ritenuta preferibile dalle Sezioni Unite non equiparano affatto, in punto di valenza informativa, gli allegati al bilancio medesimo; l’affermazione data per certa nella motivazione della sentenza n. 27/2000 era controversa al tempo e continua ad esserlo tuttora. Pur potendo la distorsione interpretativa contenuta nelle motivazioni delle Sezioni Unite aver influenzato parte delle pronunce successive, è peraltro innegabile che l’esigenza, sottesa all’orientamento giurisprudenziale prevalente, di arginare pretestuose impugnazioni di bilancio è certamente condivisibile e non può essere completamente trascurata a favore di un’impostazione che, seppur più aderente al dato normativo, risulta, in qualche misura, maggiormente formalistica. Muovendo da questa [continua ..]


8. La completezza del bilancio in assenza di schemi rigidi di bilancio

Quanto da ultimo osservato consente di passare all’esame il secondo profilo del principio di completezza che si intende prendere in considerazione, muovendo dalla constatazione che nell’ambito degli IAS/IFRS l’accertamento completezza non può evidentemente sostanziarsi nell’automatico riscontro della presenza delle informazioni richieste dal legislatore. Gli IAS/IFRS non prevedono, infatti, schemi di bilancio rigidi ma soltanto un elenco minimale delle voci che, comunque, devono essere presenti. Ne risulta, pertanto, un’espansione della portata del precetto di fornire informazioni complementari qualora quelle richieste non siano sufficienti a fornire un’informazione completa. Quanto appena osservato vale, peraltro, anche per la disciplina codicistica con riferimento al rendiconto finanziario. L’art. 2425-ter c.c. detta indicazioni minimali sulla struttura e il contento del rendiconto [[52]], le quali non possono certamente essere considerate esaustive ai fini della redazione di tale documento, dovendo necessariamente a tal fine farsi ricorso ai principi contabili nazionali e, segnatamente, all’OIC 10. Ciò detto, non è peraltro dubbio che anche al rendiconto, in quanto parte del bilancio d’esercizio, si applichino le disposizioni degli artt. 2423 e 2423-bis c.c., come si evince anche dai §§ 20-23 dell’OIC 10, in base ai quali è consentito: i) aggiungere ulteriori flussi finanziari rispetto a quelli previsti negli schemi di riferimento qualora sia necessario ai fini della chiarezza e della rappresentazione veritiera e corretta della situazione finanziaria; nonché ii) suddividere o raggruppare ulteriormente i singoli flussi finanziari presentati nelle categorie precedute dalle lettere maiuscole qualora ciò consenta di fornire una migliore descrizione delle attività svolte dalla società. Non può trascurarsi, inoltre, che il rendiconto finanziario è parte integrante del bilancio d’esercizio e che eventuali vizi ad esso relativi possono dare luogo alla nullità della relativa delibera di approvazione (attenendo al contenuto della medesima), a condizione che le irregolarità contestate siano da considerarsi rilevanti ai sensi dell’art. 2423, 4° comma, c.c. In considerazione di tutto ciò, al fine di prevenire conseguenze indesiderabili sul piano applicativo e, in specie, di evitare [continua ..]


NOTE