Rivista di Diritto SocietarioISSN 1972-9243 / EISSN 2421-7166
G. Giappichelli Editore

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Considerazioni sul controllo del socio non amministratore nelle so-cietà di persone (di Carlo Limatola)


SOMMARIO:

1. Premessa - 2. Lo stato della questione - 3. Linee perimetrali comuni del controllo dei soci di società personali - 4. Limiti legali ed autonomia statutaria - 5. Determinazione delle modalità di esercizio del controllo - NOTE


1. Premessa

La disciplina del diritto di informazione assume contorni peculiari nelle società di persone, nelle quali il controllo sull’amministrazione mira a perseguire prevalentemente un interesse del socio, soprattutto se a rischio illimitato, in quanto la conduzione degli affari da parte dei gerenti determina l’assunzione di decisioni destinate a coinvolgere non soltanto la sorte dell’investimento effettuato, ma anche il suo patrimonio personale 1. In tali tipi societari la verifica dell’azione amministrativa non coinvolge in via di principio la tutela dei terzi, atteso che la responsabilità illimitata di tutti i soci o di alcuni di loro amplia le possibilità di soddisfazione dei creditori 2. Risulta per contro indispensabile riconoscere a ciascun socio non amministratore poteri di vigilanza, anche penetranti, sulla gestione dell’impresa comune 3, vuoi in funzione della controversa legittimazione del singolo ad esercitare l’azione di responsabilità nei confronti degli amministratori 4, vuoi in relazione ad una più generica esigenza di verificare il regolare andamento dell’ammini­stra­zione, ancor più sentita nell’ipotesi in cui la carica sia affidata ad un estraneo 5. Quando non è stato indicato nell’atto costitutivo l’ammontare dei conferimenti (art. 2253, 2° com­ma, c.c.), poi, può essere necessario appurare se gli amministratori si attengano al­l’esecuzione del programma concordato in sede di costituzione, qualora avanzino richieste di nuovi versamenti 6. In questa prospettiva, è una conclusione generalmente condivisa che dal controllo sull’amministrazione deriva un naturale beneficio a tutela dei soci, a prescindere dalla categoria di appartenenza ed in tutti i tipi di società, in parte esaltandone la “funzione partecipativa” 7 e in parte rimarcando il ruolo di garanzia dell’inve­sti­­mento effettuato mediante il conferimento 8: rilievo ricorrente anche nella letteratura in materia di controllo individuale del socio di s.r.l. 9, per quanto sulla funzione dell’art. 2476, 2° comma, c.c. si registra un variegato panorama di opinioni 10. Sul piano sistematico, del resto, il diritto di informazione presenta particolari affinità con il principio di diritto comune secondo cui incombe su chiunque svolge [continua ..]


2. Lo stato della questione

Volgendo l’attenzione al quadro normativo in materia di controllo del socio, risulta che, da un lato, l’art. 2261 c.c. si limita a riconoscere il diritto di «avere dagli amministratori notizia dello svolgimento degli affari sociali, di consultare i documenti relativi all’amministrazione e di ottenere il rendiconto» relativo alle operazioni già compiute; dall’altro, l’art. 2320, 2° e 3° commi, c.c. legittima il compimento di «atti di ispezione e di sorveglianza» da parte del socio accomandante «se l’atto costitutivo lo consente», là dove pone come prerogative insopprimibili quella di ricevere comunicazione del bilancio e di consultare i «libri e gli altri documenti» della società 22. Muovendo dal mero dato letterale, traspare una profonda incertezza in relazione all’effettiva estensione del diritto di informazione del socio non amministratore, con particolare riguardo all’assenza di qualsiasi riferimento alla legittimazione a compiere atti di ispezione ed alle concrete modalità del suo esercizio. La legge, infatti, sembra riconoscere in tutte le società di persone esclusivamente una generica facoltà di ricevere comunicazioni dagli amministratori e di consultare i documenti sociali, senza che vi sia alcuna esplicita indicazione, ad esempio, in relazione alla possibilità di farsi assistere da un professionista (come è invece espressamente previsto per il socio di s.r.l.) e di estrarre copia della documentazione esaminata 23. A questo riguardo, è utile tenere a mente che prima dell’introduzione del vigente art. 2261 c.c., l’abrogato codice di commercio non prevedeva alcuna norma in relazione al socio a rischio illimitato, mentre era disciplinato espressamente solo il diritto di controllo dell’accomandante 24. Ciò nondimeno, la dottrina colmava la lacuna in via interpretativa, riconoscendo penetranti facoltà di informazione in favore di tutti i soci di società personali, inclusi quelli a rischio limitato: in particolare, in considerazione della possibilità che gli accomandanti indirizzassero “consigli” agli amministratori, si ammetteva che costoro chiedessero in ogni momento di esaminare la documentazione della società, ne ispezionassero i locali e ricevessero ogni dato utile dai gerenti, a meno di ostacolarne [continua ..]


3. Linee perimetrali comuni del controllo dei soci di società personali

La ricostruzione del contenuto del diritto di informazione non può fondarsi sulla mera analisi letterale delle disposizioni, la quale non conduce a risultati affidanti se non accompagnata dalla valutazione degli interessi tutelati in relazione alle diverse categorie di soci. Si è visto, infatti, che tanto l’art. 2261 c.c., quanto l’art. 2320, 3° comma, c.c. prescrivono un generico diritto di “consultazione”, che costituisce una prerogativa più limitata rispetto all’esercizio di facoltà ispettive, sebbene per comune opinione il riferimento posto dalla legge ai documenti della società include una nozione in astratto molto ampia 38. L’unico dato normativo relativo all’ispe­zio­ne è costituito dall’art. 2320, 2° comma, c.c., che si limita a riconoscerla al socio accomandante in presenza di una clausola dell’atto costitutivo che ne moduli al contempo l’estensione 39. In questo scenario emerge che il legislatore ha distinto volutamente tra la nozione di consultazione e quella di ispezione: la prima legittima il socio ad accedere a specifiche categorie di documenti, in relazione ad operazioni sulle quali costui intende operare una verifica più penetrante 40; il secondo, invece, ha carattere generale e più intenso, in quanto implica l’analisi contestuale di tutta la documentazione della società e, naturalmente, si estende ai locali aziendali. Tale facoltà, pertanto, implica un controllo globale ed approfondito sull’intera attività degli amministratori, diretto a verificare la correttezza della generale linea di governo. La sua ammissibilità, allora, è da valutare con cautela per il suo carattere invasivo, in quanto, soprattutto se esercitato con particolare frequenza, potrebbe dar luogo ad appesantimenti ingiustificati dell’azione degli amministratori 41. Sotto altro profilo, alla tendenza ad espungere la prerogativa dal contenuto dell’art. 2261 c.c. si accompagna il superamento della visione, dominante in passato, che ha relegato il socio accomandante ad una posizione marginale, precludendogli finanche la facoltà di partecipare all’approvazione del bilancio di esercizio, a motivo dell’assunta incompatibilità tra il divieto di immistione e la manifestazione di una valutazione di merito sulla gestione, mediante il giudizio sul [continua ..]


4. Limiti legali ed autonomia statutaria

In via di principio, gli amministratori non possono opporre alcuna resistenza all’esercizio della funzione di vigilanza da parte dei soci, ma sono tenuti a consentire che sia espletata la verifica sul loro operato. Per queste ragioni, il rifiuto arbitrario ed immotivato di fornire le informazioni richieste o di mettere il singolo in condizione di esercitare il controllo sulla gestione è valutato alla stregua di una violazione dei loro doveri, che rileva ai fini dell’applicazione dell’art. 2259, 3° comma, c.c. e legittima la richiesta di revoca per giusta causa 68. Il diniego del controllo, infatti, può determinare un pregiudizio significativo per il socio, il quale non è messo in condizione di valutare tutti gli elementi utili alla gestione della sua partecipazione ed è esposto al rischio di rispondere personalmente per una linea di governo da lui ignorata. Nei casi più gravi, poi, il rifiuto di fornire informazioni può celare irregolarità nella conduzione degli affari, al pari di quanto reputa la dottrina tedesca, che giudica l’impedito controllo «Grund zu der Annahme unredlicher Geschäftsführung», idoneo a rendere inefficaci eventuali limitazioni pattizie poste al diritto di informazione mediante il contratto di società 69. Il diritto di informazione, tuttavia, non può essere esercitato senza limiti, come emerge dal rilievo ricorrente che il controllo deve essere ispirato al canone di correttezza, per cui gli amministratori non sono tenuti ad assecondare in modo incondizionato le richieste dei soci ed a certe condizioni un loro rifiuto può risultare del tutto lecito 70. Questa ricostruzione è conforme al tradizionale insegnamento secondo cui il principio di buona fede permea ogni aspetto della partecipazione al­l’impresa comune, anche se pone il problema di ricostruire la nozione di abuso, che legittima i gerenti ad opporre un rifiuto alla richiesta di accedere alla documentazione sociale 71. Sotto questo profilo, è da escludere che il dovere di esercitare il controllo secondo correttezza si traduca in un obbligo di espletare il diritto di informazione nell’interesse esclusivo della società 72, ma dal canone di buona fede discende il dovere degli amministratori di rifiutare l’accesso ai dati dell’impresa non solo quando vi è il rischio di un loro [continua ..]


5. Determinazione delle modalità di esercizio del controllo

A fronte della scarna formulazione dei dati normativi, in via di principio si deve ritenere che le modalità di esercizio del diritto di informazione devono essere idonee ad assicurare una vigilanza effettiva sulla gestione. In questa prospettiva, è significativo che si avverte, soprattutto in giurisprudenza, la tendenza a valorizzare l’in­teresse di ciascun socio ad essere aggiornato sull’andamento dell’amministra­zione, a prescindere dalla categoria di appartenenza 103. Questa ricostruzione è coerente con l’individuazione di un nucleo comune di prerogative di controllo dei soci non amministratori in tutte le società di persone, che presuppone la necessità di assicurare un quadro aggiornato sulla situazione dell’impresa comune 104. Un profilo delicato è quello relativo alla necessità di assicurare al socio, cui spetta il diritto di consultazione, gli strumenti in grado di garantirgli un’informazio­ne efficace, in quanto il riconoscimento della prerogativa presuppone che il suo titolare disponga delle conoscenze necessarie ad orientare la sua ricerca ed a valutare il significato dei dati ottenuti. Quando ciò non avviene, l’assistenza di un esperto risulta indispensabile per garantire l’effettività del diritto, ma ne è controversa l’ammissibilità, in assenza di specifiche indicazioni convenzionali. L’opinione contraria ha argomentato, soprattutto in passato, dal carattere personale del controllo, sicché gli amministratori sarebbero legittimati ad impedire ad un estraneo l’accesso alle informazioni della società, in considerazione di un loro specifico dovere di protezione 105. Risulta evidente, peraltro, che qualora si aderisse a questa tesi, si rischierebbe di ridurre l’istituto ad un dato meramente formale, in quanto solo disponendo di conoscenze tecniche adeguate il socio può valutare correttamente il significato delle scritture contabili e degli altri documenti messi a sua disposizione: sulla base di queste considerazioni, si registra in dottrina un certo favore nei confronti di una ricostruzione alternativa, che ammetta anche nel silenzio dell’atto costitutivo almeno l’assistenza da parte di un tecnico 106. Sul piano sistematico, poi, è significativo notare che tale facoltà è riconosciuta espressamente in favore del [continua ..]


NOTE