Rivista di Diritto SocietarioISSN 1972-9243 / EISSN 2421-7166
G. Giappichelli Editore

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Fusioni e scissioni negative (di Giuseppe A. Rescio)


This essay analyses problems related to mergers and divisions of companies where the transferred assets and liabilities, as a whole, have a negative value from an accounting or an effective/market point of view (“negative m/d”). Such operations, particularly frequent in crisis context, are scrutinized in relation to their pursued aimes and relevant interests, as well as to their limits emerging from the law. A special attention is given to the interests of the involved shareholders and to the ways of their satisfaction, among which two discussed techniques are positively considered: the “double share exchange ratio” in divisions and the “inconsistent share exchange ratio” in mergers.

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SOMMARIO:

1. Problema e metodo - 2. Fattispecie - 3. Finalità e meritevolezza degli interessi perseguiti - 4. Interessi “di categoria” e limiti di sistema - 5. Interessi dei soci dell’assegnante nelle fusioni e scissioni solo contabilmente negative - 6. Interessi dei soci delle società coinvolte nelle fusioni e scissioni effettivamente negative (a) riconducibili all’art. 2505 c.c. e (b) non riconducibili all’art. 2505 c.c. per disallineamento solo quantitativo degli assetti proprietari - 7. Fusioni e scissioni effettivamente negative non riconducibili all’art. 2505 c.c. per eterogeneità degli assetti proprietari: interessi dei soci dell’assegnante - 8. Scissioni effettivamente negative non riconducibili all’art. 2505 c.c. per diversità di soci: interessi dei soci dell’assegnataria e scissione con rapporto di cambio doppio - 9. Fusioni effettivamente negative non riconducibili all’art. 2505 c.c. per diversità di soci: interessi dei soci dell’assegnataria e fusioni con rapporto di cambio incongruo - NOTE


1. Problema e metodo

Nell’insegnamento degli studiosi della materia, tra i quali spicca con particolare risalto la figura di Carlo Santagata, fusione e scissione (d’ora innanzi, f/s) sono modalità di riorganizzazione societaria attuata mediante mutamento, in tutto o in parte, dell’imputazione di un patrimonio, da intendersi quale complesso di elementi patrimoniali attivi e passivi, strumentali – di per sé e in connessione tra loro – al­l’esercizio di un’attività, con contemporanea modifica del rapporto sociale che lega i soci delle società coinvolte [1]. Il mutamento dell’imputazione patrimoniale si ottiene mediante confluenza di uno o più patrimoni o loro parte nel patrimonio altrui (fusione per incorporazione e scissione a favore di beneficiaria già esistente) o in capo a soggetto di nuova costituzione (fusione in senso stretto e scissione a favore di beneficiaria generata con il procedimento). Le correlate modifiche dei rapporti sociali sono tese a dare ai soci l’opportunità di (continuare a) partecipare ai risultati delle attività esercitate con quei patrimoni e di mantenere invariato il valore della loro partecipazione, pur con gli adattamenti conseguenti alla riorganizzazione attuata. Alcune disposizioni normative, nel consentire il perseguimento di questi obiettivi, sembrano partire dall’idea che i complessi patrimoniali delle società coinvolte abbiano sempre un valore positivo, con elementi attivi di valore superiore rispetto ai passivi. Tuttavia nessuna disposizione vieta la fusione o la scissione quando, viceversa, il patrimonio interessato dal fenomeno descritto (o uno degli stessi) sia caratterizzato da una prevalenza quantitativa di elementi passivi sugli attivi. E v’è da aggiungere che sarebbe difficilmente spiegabile un divieto di principio al riguardo, posto che tali operazioni possono concernere società soggette a fallimento e altre procedure concorsuali (artt. 124, 160 e 186-bis legge fall.). Tant’è che si osserva, nel­l’evolversi delle prese di posizione interpretative in tema, una evidente tendenza nel segno di sempre maggiori aperture. Il metodo con il quale qui si intende affrontare il problema si articola nei seguenti passaggi: (i) precisare le situazioni nelle quali si pongono i tipici problemi delle f/s negative, cioè la fattispecie di riferimento; (ii) dar conto [continua ..]


2. Fattispecie

In una vicenda che, sotto il profilo considerato, coinvolge due società il problema si presenta in caso di “trasferimento” di un patrimonio di valore complessivamente negativo dall’incorporata all’incorporante o dalla scissa alla beneficiaria. In una vicenda coinvolgente almeno tre società – almeno due incorporate e un’incorporante; almeno due fuse in senso stretto ed una risultante; nella c.d. scissione “doppia”, due scisse e una beneficiaria – la fattispecie comprende sia l’ipo­tesi di confluenza in capo all’assegnataria di più patrimoni ciascuno dei quali sia di valore complessivamente negativo, sia l’ipotesi di confluenza di più patrimoni dei quali almeno uno sia di valore complessivamente negativo, mentre l’altro o gli altri siano di valore complessivamente positivo. A sua volta quest’ultima ipotesi comprende due varianti, a seconda che la somma dei patrimoni confluiti in capo all’assegnataria abbia un valore negativo per la prevalenza degli elementi passivi sugli attivi di varia provenienza ovvero abbia un valore positivo per la prevalenza degli elementi attivi sui passivi di varia provenienza. In due ulteriori situazioni, apparentemente diverse, il problema si ripresenta in termini simili, come si vedrà meglio più avanti. Un primo caso è dato dalle vicende, speculari alle precedenti, in cui si verifica la confluenza di un patrimonio di valore complessivamente positivo nel patrimonio di un’assegnataria caratterizzato (prima dell’operazione) dalla prevalenza di elementi passivi sugli attivi: anche qui potendosi distinguere le due eventualità che il patrimonio positivo sommato al patrimonio negativo di arrivo dia un risultato complessivamente positivo o negativo. Un secondo caso è dato dalla perfetta equivalenza degli elementi attivi e passivi nel patrimonio assegnato (o in quello dell’assegnataria precedente all’operazione), sicché tale patrimonio “a somma zero” non possa dirsi né negativo né positivo. Ancora va ricordato che, là dove si ritengano ammissibili f/s “eterogenee”, cioè coinvolgenti o producenti anche enti non societari, il problema si ripropone, salvi gli adattamenti richiesti dalla natura non societaria e dalle regole pertinenti agli enti di partenza (assegnanti) o di arrivo [continua ..]


3. Finalità e meritevolezza degli interessi perseguiti

Il tema in esame trova spazio in operazioni che possono essere connotate da finalità obiettivamente apprezzabili, ben note alla prassi e in alcuni casi suggerite o presupposte da disposizioni normative specifiche. Specie nelle riorganizzazioni infragruppo o relative a società tra loro collegate vi si può talora ricorrere anche a rimedio di situazioni rilevanti ex artt. 2446/2447 o 2482-bis/2482-ter c.c.: tra gli opportuni provvedimenti giustificati da perdite incidenti sul capitale per oltre un terzo, persino nei casi in cui il capitale reale sia sceso sotto il minimo legale, la confluenza del patrimonio negativo in un patrimonio positivo “a sufficienza” (o viceversa) costituisce una pacificamente accettata modalità di eliminazione delle perdite [2] e, nella scissione parziale con assegnazione di una parte prevalentemente negativa del patrimonio della scissa in misura sufficiente, di eliminazione della causa di scioglimento di cui all’art. 2484, 1° com­ma, n. 4, c.c. che impedisce l’inizio o giustifica la revoca dello stato di liquidazione della scissa [3]. L’obiettivo perseguito potrebbe inoltre legarsi all’alienazione/acquisizione di rami aziendali (o di singoli elementi aziendali) da integrare nell’azienda della società assegnataria in quanto con una tale aggregazione essi apportano, da subito o in prospettiva, utilità profittevoli per l’attività e i futuri risultati dell’assegnataria, ancorché allo stato il complesso assegnato sia caratterizzato da una prevalenza di elementi negativi sui positivi. L’operazione potrebbe, ancora, rientrare nell’ambito dell’attuazione di piani di concordato e accordi di ristrutturazione, debitamente approvati dai creditori e omologati dall’autorità giudiziaria, a soluzione di crisi o insolvenza di impresa, favorendo la riorganizzazione, ristrutturazione e allocazione ottimale dei complessi aziendali e degli elementi che li compongono e il recupero o il mantenimento del­l’attività di impresa, nel rispetto dei rapporti e degli interessi molteplici che vi sono connessi [4]. La meritevolezza degli interessi perseguiti, in un quadro normativo divenuto favorevole a seguito della introduzione delle disposizioni che espressamente prevedono – dopo la riforma societaria del 2003 – l’ammissibilità di f/s anche di [continua ..]


4. Interessi “di categoria” e limiti di sistema

I principali interessi “di categoria” protetti dalla disciplina della f/s sono quelli che fanno capo ai soci e ai creditori. Per quanto attiene ai creditori, la fattispecie in esame non presenta particolarità meritevoli di essere evidenziate. La loro protezione è affidata soprattutto allo strumento dell’opposizione individuale (oltre che a quello della responsabilità solidale ex artt. 2506-quater, 3° comma, e 2506-bis, 3° comma, c.c. nella scissione), quando non dovesse prevalere la logica concorsuale della tutela di gruppo nelle società partecipanti sottoposte a procedura concorsuale (approvazione del concordato a maggioranza per classi) [6]: la negatività del patrimonio trasferito o di arrivo semplicemente accresce la probabilità che l’operazione sia pregiudizievole per i creditori di una o di alcune delle società coinvolte; ma gli strumenti ordinari sono adeguati presidi a protezione degli interessi creditori. Ben più problematica e da approfondire nel prosieguo è invece la protezione degli interessi dei soci, da distinguersi tra quelli che fanno capo ai soci della società assegnante un patrimonio negativo (incorporata, fusa, scissa) e quelli che fanno capo ai soci dell’assegnataria (incorporante, risultante, beneficiaria), nella loro reciproca composizione. Il loro essere affidati, nella disciplina ordinaria delle operazioni di f/s, ad un rapporto di cambio congruo tra partecipazione nell’assegnante e partecipazione nell’assegnataria (salvo il caso, peraltro sistematicamente importante, della scissione asimmetrica) crea non poche difficoltà di adattamento alla fattispecie in esame. Più in generale il soddisfacimento degli interessi indicati e la stessa realizzabilità di f/s negative devono essere ricercati all’interno degli argini posti dal sistema e che vanno identificati nel rispetto del principio di effettività del capitale e nella necessità del rapporto di cambio nelle varianti non riconducibili a quelle semplificate ex art. 2505 c.c., con l’aggiunta della questione se rappresenti un ulteriore limite l’eventuale atipicità della fattispecie in esame, ove se ne ravvisi la non piena riconducibilità, in alcune varianti, a quelle di riferimento delle discipline di cui agli artt. 2501 e 2506 ss. c.c. Sotto il profilo [continua ..]


5. Interessi dei soci dell’assegnante nelle fusioni e scissioni solo contabilmente negative

Non si incontrano, ormai, ostacoli insormontabili nei casi in cui ai soci del­l’as­segnante debbano essere attribuite partecipazioni nell’assegnataria – ovvero nella stessa assegnante in caso di scissione asimmetrica (art. 2506, 2° comma, secondo periodo, c.c.) – che tengano conto del valore effettivo positivo del patrimonio assegnato, sebbene contabilmente sia negativo il saldo degli elementi che lo compongono. È proprio l’esigenza che l’organo amministrativo “giustifichi, sotto il profilo giuridico ed economico, … il rapporto di cambio” (art. 2501-quinquies, 1° comma, c.c.) e che uno o più esperti redigano una relazione sulla relativa “congruità” (art. 2501-sexies c.c.) che fa comprendere come, in ordine al concambio, i valori contabili non siano determinanti ove non corrispondano ai valori economici effettivamente riscontrabili [15]. Ne deriva che alle f/s solo contabilmente negative corrisponde un rapporto di cambio positivo per i soci dell’assegnante, il quale andrà soddisfatto o (i) mediante emissione di nuove azioni/quote dell’assegnataria (dell’assegnante nella scissione asimmetrica) o (ii) mediante assegnazione o diversa ripartizione di azioni/quote di quest’ultima già esistenti. La prima opzione (i) a sua volta si può realizzare con o senza aumento del capitale sociale. L’aumento del capitale è la strada principalmente percorsa, ma presuppone che nel patrimonio dell’assegnataria siano presenti prima dell’operazione o vi confluiscano con l’operazione valori sufficienti per realizzarlo. È infatti possibile che tali valori siano riflessi nelle riserve disponibili dell’assegnataria al netto delle riduzioni determinate dal principio di continuità (art. 2504-bis c.c.) nell’assumere le passività contabili provenienti dall’assegnante: ciò implica che quelle riserve continuino ad essere imputabili a capitale in misura sufficiente nonostante l’erosione determinata dal saldo contabile negativo del patrimonio assegnato; in tal caso nulla osta alla loro imputazione a capitale contestualmente all’efficacia dell’operazione. Se invece tali valori, nell’insufficienza delle riserve di cui sopra, derivano totalmente o parzialmente dal patrimonio assegnato, solo contabilmente negativo, la loro presenza [continua ..]


6. Interessi dei soci delle società coinvolte nelle fusioni e scissioni effettivamente negative (a) riconducibili all’art. 2505 c.c. e (b) non riconducibili all’art. 2505 c.c. per disallineamento solo quantitativo degli assetti proprietari

Se la negatività contabile, come si è visto, può essere vittoriosamente affrontata con molte tecniche atte a contemperare gli interessi dei soci delle società coinvolte con le esigenze del sistema, non è altrettanto semplice approdare ad una soluzione del tutto soddisfacente quando l’operazione sia contraddistinta da una negatività effettiva. a) A ben vedere, il problema non sussiste nellef/s riconducibili all’art. 2505 c.c.: si tratta dei casi in cui l’assegnataria è socio unico dell’assegnante o viceversa e dei casi in cui i soci dell’una società partecipano all’altra nelle stesse proporzioni. In queste ipotesi il rapporto di cambio manca oppure, come nelle f/s inverse, è del tutto indipendente dal valore dei patrimoni delle società coinvolte, essendo pura espressione del principio di proporzionalità: infatti nella fusione inversa i soci dell’incorporata ricevono azioni dell’incorporante, dalla prima interamente posseduta, nella stessa proporzione in cui partecipano all’incorporata, a prescindere dal valore del patrimonio delle due società. In tutte queste ipotesi nel rapporto tra i vari soci non importa se, per effetto dell’operazione, una massa patrimoniale effettivamente negativa si sposta dall’una all’altra società, stante la non incidenza dello spostamento sul valore delle partecipazioni dei relativi titolari (diretti o indiretti) e della coincidenza degli interessi che fanno capo a tutti i soci[19]. b) Si può fare ricorso a modalità analoghe ad alcune di quelle già esaminate nel paragrafo precedente a soluzione del problema nellef/s non riconducibili all’art. 2505 c.c. per disallineamento solo quantitativo degli assetti proprietari: si tratta dei casi in cui le società coinvolte hanno gli stessi soci, ma questi partecipano in ognuna delle società in proporzioni diverse. In tali casi il rapporto di cambio può essere soddisfatto mediante tecniche idonee a realizzare una compensazione a favore di chi partecipa meno all’asse­gnante e/o di più all’assegnataria e pertanto verrebbe potenzialmente pregiudicato dall’assegnazione di un patrimonio effettivamente negativo, se la sua partecipazione in tale società non venisse aumentata in misura tale da mantenere il valore che essa aveva prima [continua ..]


7. Fusioni e scissioni effettivamente negative non riconducibili all’art. 2505 c.c. per eterogeneità degli assetti proprietari: interessi dei soci dell’assegnante

Problemi decisamente più delicati solleva la composizione degli interessi in gioco nelle f/s effettivamente negative che coinvolgono società aventi basi sociali in tutto o in parte eterogenee, nelle quali non si possa salvaguardare la persistenza e il valore delle diverse partecipazioni sociali attraverso una (re)distribuzione delle partecipazioni nella società assegnataria ad impatto sostanzialmente neutro sulla posizione di ciascun socio. Per verificare se vi siano strade idonee a consentire la realizzazione di operazioni di questo tipo, che l’opinione tradizionale tende a respingere [21], è opportuno considerare separatamente la situazione e gli interessi dei soci dell’assegnante e dell’assegnataria. Cominciando dai primi, la questione consiste nel chiedersi se sia soddisfacente e conforme al sistema un rapporto di cambio “1/0”, in base al quale ad un’azione (o quota di un dato ammontare) nella società assegnante un patrimonio effettivamente negativo non corrisponda alcuna azione o quota nella società assegnataria. Si noti che la fattispecie in esame non può assimilarsi a quelle, riconducibili al­l’art. 2505 c.c., in cui è assente il rapporto di cambio per motivi giuridici o di inutilità del suo controllo: in queste ultime si prescinde dal valore dei patrimoni delle società coinvolte e di quello oggetto di assegnazione, mentre qui è proprio la valutazione dei contenuti economici dell’operazione che porta, se del caso, a stabilire il rapporto di cambio 1/0. Ne deriva che, se si ritiene corretto procedervi, è necessario: (i) indicare nel progetto il rapporto di cambio 1/0 ai sensi dell’art. 2501-ter, 1° comma, n. 3, c.c.; (ii) illustrare e giustificare sotto il profilo giuridico ed economico tale peculiare rapporto e i relativi criteri di determinazione e difficoltà di valutazione nella relazione degli amministratori ai sensi dell’art. 2501-quinquies c.c., se non vi si rinuncia all’unanimità degli aventi diritto, con obbligo per gli amministratori di effettuare le segnalazioni di cui al terzo comma della stessa disposizione; (iii) ottenere la relazione degli esperti sulla congruità del rapporto 1/0 sul piano economico alla stregua di quanto richiesto dall’art. 2501-sexies c.c., salva rinunzia unanime da parte degli aventi diritto. Ebbene, sotto il [continua ..]


8. Scissioni effettivamente negative non riconducibili all’art. 2505 c.c. per diversità di soci: interessi dei soci dell’assegnataria e scissione con rapporto di cambio doppio

Nell’analizzare il problema delle operazioni caratterizzate dall’assegnazione di un patrimonio effettivamente negativo dal punto di vista della tutela degli interessi dei soci dell’assegnataria, occorre muovere dall’osservazione secondo cui la negatività trasferita all’assegnataria e determinante un minusvalore delle partecipazioni dei suoi soci originari esige, in capo a costoro, una qualche forma di adeguata compensazione che deve tenere conto delle particolarità dell’opera­zione. Conviene, dunque, affrontare il tema separatamente nella scissione e nella fusione. Nella scissione la compensazione per i soci dell’assegnataria (una beneficiaria) potrebbe in teoria consistere nell’attribuzione, a loro favore, di una partecipazione nell’assegnante (la scissa) nella scissione parziale e/o in altre beneficiarie nella scissione totale e parziale [23]. In questo modo si darebbe luogo ad una “scissione con rapporto di cambio doppio”: nel senso che al rapporto di cambio/ripartizione in favore dei soci dell’assegnante – quante azioni o quanta quota delle beneficiarie (o della stessa assegnante nella scissione asimmetrica) spettano a costoro in funzione delle azioni o della quota di loro appartenenza nell’assegnante, dei patrimoni assegnati e di quelli già presenti nelle beneficiarie – si aggiunge il rapporto di cambio/ripartizione in favore dei soci dell’assegnataria del patrimonio negativo – quante azioni o quanta quota della scissa e/o di altra beneficiaria spettano a costoro in funzione delle azioni o quota possedute nell’assegnataria e del patrimonio negativo da questa ricevuto a fronte di quello rimasto nella scissa o confluito in altra beneficiaria. Si tratta, allora, di verificare se la scissione con rapporto di cambio doppio [24] sia compatibile con le disposizioni normative, ed in particolare se essa sia pur sempre riconducibile alla fattispecie scissoria o se, qualora non lo fosse, la ipotetica atipicità ne sia di impedimento. Sotto il primo profilo il sistema, le posizioni dottrinali e la prassi operativa sembrano evolversi verso una sempre maggiore elasticità della fattispecie, ora inclusiva di varianti sino a ieri sconosciute o di dubbia praticabilità, arricchendo il polimorfismo della scissione, da sempre e da tutti evidenziato: basti pensare alla variante [continua ..]


9. Fusioni effettivamente negative non riconducibili all’art. 2505 c.c. per diversità di soci: interessi dei soci dell’assegnataria e fusioni con rapporto di cambio incongruo

Nella fusione la tutela degli interessi dei soci dell’incorporante, assegnataria del patrimonio negativo, non può essere assicurata con una tecnica analoga a quella descritta per la scissione. E lo stesso è a dirsi per il caso di fusione in senso stretto se nella risultante confluiscono un patrimonio effettivamente negativo e un patrimonio effettivamente positivo di misura tale da assicurare la copertura del capitale minimo, dove il problema consiste nel come tutelare gli interessi dei soci della società assegnante il patrimonio positivo. Un breve esempio, schematizzato in tre punti, aiuta a meglio comprendere il problema.   Esempio 4 La Spa Alfa ha per socio unico X e possiede un patrimonio effettivamente negativo, così composto: attivo + 300, passivo – 500, netto – 200. La Spa Beta ha per socio unico Y e possiede un patrimonio positivo, così composto: attivo + 500, passivo – 100, netto + 400. La fusione di Alfa con Beta porta a un patrimonio netto totale di + 200 (gli attivi sommati ammontano a + 800, i passivi sommati a – 600), ma – quale che sia l’incorporante, Beta o Alfa, ed anche in caso di fusione in senso stretto – come si può compensare la perdita di valore della partecipazione di Y (indipendentemente dalla spettanza, in capo a X, di azioni, diritti di opzione o strumenti finanziari partecipativi in Alfa + Beta)? Diversamente da quanto accade nella scissione, non è possibile qui concepire una compensazione attuata mediante l’attribuzione a Y di azioni o quote in società diverse da Alfa + Beta coinvolte nella riorganizzazione. Ne deriva che per Y è inevitabile il “concambio” tra la perdita certa e attuale del valore della propria partecipazione e l’alea rappresentata dai futuri ed incerti valori offerti dalle chance derivanti dall’ag­gregazione del patrimonio negativo in Alfa + Beta. In definitiva, una fusione come quella descritta è una fusione con rapporto di cambio oggettivamente incongruo. Una fusione del genere sembra porsi in contrasto con un tradizionale punto fermo della fusione, così come della scissione: la “neutralità” del relativo impatto sui valori delle partecipazioni nelle società interessate. Nella visione comune fusione e scissione danno [continua ..]


NOTE