Rivista di Diritto SocietarioISSN 1972-9243 / EISSN 2421-7166
G. Giappichelli Editore

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Sull'invalidità di delibere di aumento di capitale di S.r.l. mediante conferimento di beni in natura non correttamente rappresentato ai soci della conferitaria (di Rolando Favella)


TRIBUNALE DI VENEZIA, Sezione specializzata in materia di Impresa, 26 giugno 2015, n. 2177 – Farini Presidente – Guzzo Giudice – Marra Relatore – C. C. c. G. S.r.l. e c. Fallimento S. S.r.l.

 

Società a responsabilità limitata – Aumento di capitale – Aumento di capitale mediante nuovi conferimenti – Conferimento di beni in natura – Decisione dei soci – Invalidità della decisione dei soci – Assenza assoluta di informazione – Illiceità dell’oggetto

 

(Artt. 2479, 2479-bis, 2479-ter, 2481, 2481-bis, 2465 c.c.)

 

È passibile di sindacato di invalidità la delibera dei soci di società a responsabilità limitata che determini un aumento di capitale mediante conferimento di un bene in natura (nel caso di specie, un ramo d’azienda) da parte di un terzo nel caso in cui il bene conferito, seppur oggetto di perizia, non sia stato adeguatamente qualificato, descritto e rappresentato ai soci medesimi prima dell’assunzione della summenzionata delibera. Le ragioni di tale invalidità sono da rinvenirsi nel­l’assenza assoluta di informazione e nella falsità delle informazioni, pertanto con applicazione del terzo comma dell’art. 2479-ter e con conseguente legittimazione ad impugnare anche in capo al socio consenziente. L’invalidità della delibera determina altresì l’invalidità derivata dell’atto di sottoscrizione di quote da parte della conferente e dell’atto di conferimento d’azienda. (1)

 

Oggetto: “Impugnazione delle deliberazioni dell’assemblea e del consiglio di amministrazione delle società, delle mutue assicuratrici e società cooperative”.

 

Conclusioni:

  1. C.: “precisa le conclusioni come in comparsa depositata a seguito di riassunzione ma con richiesta di compensazione delle spese tenuto conto della mancata contestazione delle domande proposte.”, i.e.: “… –dichiarare la nullità e/o l’an­nullabilità della delibera del 10.6.2014 di G. nelle parti in cui è stato deliberato l’aumento del capitale sociale mediante conferimento del ramo d’azienda di S. per Euro 115.000,00 e l’appostamento del relativo sovrapprezzo di Euro 185.000,00 a “riserva straordinaria” nonché il conseguente aumento di capitale gratuito di pari importo; – per l’effetto ordinare i provvedimenti conseguenti ed in particolare dichiarare la nullità o l’annullamento o la risoluzione del contratto di conferimento del ramo d’azienda di S. a G. (atto depositato nel Registro delle Imprese di Treviso il 19.6.2014 – numero protocollo TV-2014-41854 – numero repertorio: 421469), disporre la restituzione dell’azienda a S., la riduzione del capitale sociale di G. a 700.00,00 Euro ed il conseguente annullamento della partecipazione di S. in G.. Con vittoria di spese di lite, diritti ed onorari”.
  2. s.r.l.: “precisa le conclusioni come in atto di riassunzione con compensazione delle spese del giudizio tenuto conto della mancata contestazione delle domande proposte.” i.e.: “b) di voler accogliere le conclusioni già rassegnate e di seguito riportate, ‘voglia l’Ill.mo Tribunale adito, rigettato ogni contraria istanza, deduzione ed eccezione, previa sospensione dell’efficacia della delibera assembleare del 10 giugno 2014, accertare e dichiarareanche d’ufficio – la nullità o, comunque, annullare la delibera assembleare del 10 giugno 2014. Con vittoria di spese del giudizio’.”.

Fallimento S. s.r.l.: “conclude come da comparsa di costituzione con compensazione delle spese.” i.e.: “in via preliminare: dichiarare improcedibile ai sensi dell’art. 52, co. 2, l.f. la domanda di condanna al risarcimento del danno, formulata nei confronti del Fallimento S. dall’attrice; nel merito: ci si rimette alla decisione del Tribunale sulla domanda di nullità/inefficacia/annullamento della delibera del 16.6.2014 formulata dal Sig. C. C. nonché in via autonoma da G.; – nell’ipotesi d’invalidità della delibera impugnata, disporre che i competenti organi di G. adottino i conseguenti provvedimenti, in conformità al disposto di cui all’art. 2377, co. 7, c.c. richiamato dall’art. 2479-ter, ult. Co., c.c., provvedimenti volti a: – ritrasferire al Fallimento S. tutti i beni materiali ed immateriali costituenti l’azienda conferita; – restituire tutte le somme incassate da G. per crediti afferenti il ramo d’azienda conferito. In ogni caso con rifusione di spese e compensi di lite.”.

 

 

 

FATTO E MOTIVI DELLA DECISIONE

 

  1. C. ed I. s.r.l., soci di G. s.r.l. e titolari dell’intero capitale sociale, in data 10 giugno 2014 conclusero un accordo di investimento con S. s.r.l., il cui unico socio era A. M. (doc. 3 G. s.r.l.).

L’accordo prevedeva che S. s.r.l. divenisse socia di G. s.r.l. attraverso il conferimento di ramo di azienda industriale operante nel settore della segnaletica stradale, previo aumento del capitale sociale di G. s.r.l. in natura, da Euro 665.000,00 ad Euro 765.000,00, e quindi per nominali Euro 115.000,00, in base all’emissione di nuove quote da offrirsi in sottoscrizione esclusiva a S. s.r.l., con contestuale sovrapprezzo di quote.

Le parti concordavano, altresì, il successivo aumento gratuito del capitale sociale da Euro 765.000,00 ad almeno Euro 1.000.000,00, tenuto conto delle riserve disponibili.

La relazione di stima eseguita su incarico di S. s.r.l. determinò il valore del conferendo ramo d’azienda in misura pari ad complessivi Euro 300.000,00 (doc. 3 del procedimento cautelare).

In data 10 giugno 2014 il C. e I. s.r.l. deliberarono di adottare delle necessarie modifiche statutarie in vista dell’ingresso nella compagine sociale di un soggetto terzo, di aumentare a pagamento il capitale sociale per nominali Euro 115.000,00 da offrirsi in sottoscrizione a S. s.r.l., a seguito di contratto di sottoscrizione e conferimento, e di appostare i restanti Euro 185.000,00 a riserva sovrapprezzo (doc. 2 del procedimento cautelare).

  1. s.r.l. come da accordi, in pari data acquistòla quota di G. s.r.l. per nominali Euro 115.000,00e sottoscrisse il relativo atto di conferimento con G. s.r.l., avente ad oggetto il ramo di azienda sopra indicato di valore corrispondente ad Euro 300.000,00.

A seguito dell’attuazione di tale operazione, costituita dall’aumento del capitale e dal contratto di sottoscrizione e conferimento di ramo d’a­zienda, il capitale sociale di G. s.r.l. passò ad Euro 765.000,00; attraverso l’imputazione a capitale della riserva sovrapprezzo di Euro 185.000,00 e della riserva straordinaria di Euro 50.000,00 il capitale è stato ulteriormente aumentato ad Euro 1.000.000,00.

Il Collegio sindacale, riunitosi in data 7 agosto 2014 al fine di esprimere le proprie valutazioni in ordine all’operazione di conferimento di ramo d’azienda da parte di S. s.r.l., dall’esame contabile rilevò che il valore stimato non fosse attendibile e che, anzi, l’apporto di S. s.r.l. in G. s.r.l., tenuto conto della base della situazione contabile, comportasse un elevato rischio di rientrare nei termini previsti di cui all’art. 2482-bis c.c. (doc. 4 del procedimento cautelare).

Sulla base di tale evenienza il C., convenuti in giudizio G. s.r.l. e S. s.r.l., impugnava la decisione del 10 giugno 2014 di G. s.r.l. nella parte in cui si deliberava l’aumento del capitale sociale mediante conferimento di ramo d’azienda da par­te di S. s.r.l. per Euro 115.000,00 e l’apposta­mento del relativo sovrapprezzo di Euro 185.000,00 a riserva straordinaria nonché il conseguente aumento del capitale a titolo gratuito e per pari importo e ne chiedeva la declaratoria di nullità e/o inefficacia e/o annullabilità per difetto di veridicità e per assoluta carenza di informazioni ex art. 2479-ter c.c.; chiedeva, altresì, l’a­dozione dei provvedimenti conseguenti ed in particolare la declaratoria di nullità, annullamento o risoluzione e disporre la restituzione del­l’azienda a S. s.r.l., la riduzione del capitale sociale di G. s.r.l. ad Euro 700.000,00 ed il conseguimento della partecipazione di S. s.r.l. in G. s.r.l.; chiedeva, infine, la condanna di S. s.r.l. al risarcimento dei danni conseguenti, in misura non inferiore ad Euro 50.000,00.

Con ricorso presentato in corso di causa il C. chiedeva la sospensione della delibera impugnata.

Provocato il contraddittorio, si costituiva G. s.r.l. la quale si associava alla censura di nullità della decisione del 10 giugno 2014, conseguente a suo avviso all’illiceità dell’oggetto, stante l’in­de­bita sopravvalutazione del conferimento, ed al­l’omissione di informazioni, stante l’iscri­zione di dati contabili non rispondenti al vero e/o l’o­missione di poste, ed alla istanza di sospensione.

La sopravvenuta declaratoria di fallimento di S. s.r.l. determinava l’interruzione del giudizio, il quale veniva riassunto da G. s.r.l.

Con ordinanza del 21 gennaio 2015 veniva sospesa, ai sensi dell’art. 2378, co. 4, c.c., l’ese­cuzione della decisione adottata dall’assemblea di G. s.r.l. in data 10 giugno 2014 ritenuto, quanto alle ragioni di impugnazione della detta decisione, che, sulla base del sommario esame proprio del sub-procedimento esperito, l’impu­gna­zione appariva assistita da fumus di verosimiglianza, in particolare con riguardo alla doglianza relativa alla carenza di informazioni (rectius alla inaffidabilità delle informazioni) fornite dalla perizia di stima del ramo d’azienda oggetto di conferimento, censura avvalorata dalla declaratoria di fallimento di S. s.r.l., pronunziata nel breve volgere di tempo dall’adozione della delibera impugnata, peraltro con l’adesione della stessa fallita, ciò che induceva a ritenere che lo stato di dissesto sussistesse all’epoca della perizia giurata presentata da S. s.r.l., o quanto meno all’epoca della sua presentazione da parte della conferente, non essendovi evidenze che la detta condizione fosse da imputarsi a circostanze nuove e successive.

Nel giudizio di merito si costituiva il Fallimento di S. s.r.l. il quale non contestava le ragioni di impugnazione pur eccependo l’improcedibilità della domanda di condanna al risarcimento dei danni ex art. 52, co. 2, l.f. e chiedeva, per il caso di accoglimento dell’impugnazione, l’adozione dei provvedimenti conseguenti ex art. 2377 c.c. ed in particolare la retrocessione dei beni materiali ed immateriali costituenti l’azienda conferita e la restituzione delle somme incassate a titolo di adempimento dei crediti di S. s.r.l.

In prima udienza, preso atto della rinuncia da parte del C. alla domanda risarcitoria, stante la natura documentale della causa, le parti chiedevano di precisare le conclusioni stante la necessità di definizione della controversia in tempi rapidi, anche alla luce delle esigenze di celerità correlate alla procedura di concordato preventivo riguardante G. s.r.l.

Le parti precisavano, dunque, le conclusioni come riportate in epigrafe.

La causa viene ora in decisione.

Va ravvisata la sussistenza delle censure di nullità mosse avverso la decisione impugnata.

La stima del valore del ramo d’azienda conferito da S. s.r.l. si è rivelata inattendibile.

La circostanza deve considerarsi comprovata dalle dichiarazioni rese dai sindaci di G. s.r.l. all’udienza del 2 dicembre 2014. Essi riferivano che, recatisi presso S. s.r.l. nelle date 6 e 7 agosto 2014, in sede di controlli di competenza, avevano riscontrato che l’azienda era vuota.

Il dato è coerente con il fatto che i cantieri indicati in perizia (cantiere di Padova, cantiere Autostrada A4, cantiere di Rovereto Nord e Sud) sono risultati non più esistenti a seguito di risoluzione per grave inadempienza ovvero per cessione del ramo come previsto in contratto di subappalto (doc. 7, 8, 9 del procedimento cautelare).

Quanto agli altri cantieri, di essi G. s.r.l. non ha reperito la documentazione né ha ricevuto risposta dalle presunte società appaltanti (doc. 5 e 6 del procedimento cautelare).

Inattendibili sono, inoltre, risultate le indicazioni contenute in perizia relative ai crediti vantati da S. s.r.l. (a titolo esemplificativo: il credito per Euro 237.896,75 nei confronti di E. s.r.l. è risultato neutralizzato da corrispondente controdebito di S. s.r.l., questo, però, non indicato in perizia – si veda il doc. 15 del procedimento cautelare; il credito verso C. s.p.a. iscritto per Euro 13.271,46 è risultato pari ad Euro 2.503,05 – si veda il doc. 16 del procedimento cautelare).

Il valore del magazzino, indicato in perizia in Euro 552.686,36, è risultato del tutto irreale ed inattendibile posto che l’assenza di contabilizzazione ha impedito ogni conteggio. Come emerso dai controlli del collegio sindacale e riscontrato da commercialista incaricato da G. s.r.l. (doc. 4 e 6 del procedimento cautelare) difettano, infatti, un inventario analitico delle materie prime e dei prodotti in corso di lavorazione giacenti in magazzino.

L’esame contabile ha evidenziato l’esistenza di debiti maggiori di quelli indicati (doc. 11, 12, 13, 14 del procedimento cautelare), fatte salve ulteriori evenienze.

Come già rilevato in sede cautelare, la descritta inattendibilità della perizia di stima è accreditata dalla declaratoria di fallimento conseguita, peraltro su istanza della stessa S. s.r.l., a breve distanza dalla elaborazione della perizia e della decisione qui impugnata. Tanto induce a ritenere che lo stato di dissesto preesistesse alla stima o quanto meno alla sua presentazione da parte della conferente S. s.r.l., non essendovi evidenze che la detta condizione sia da imputarsi a circostanze nuove e successive.

Tali dati di fatto non sono stati contestati dal Fallimento S. s.r.l.

Tanto accertato in fatto, va ravvisata la sussistenza della denunciata nullità per assenza assoluta di informazioni ai sensi dell’art. 2479-ter c.c., a cui deve essere equiparata la falsa informazione atteso che, anche in tal caso, i soci finiscono per deliberare sulla base di dati non veritieri.

È ravvisabile, altresì, la nullità per illiceità del­l’og­getto atteso che vi è un interesse generale alla corretta rappresentazione del capitale di rischio investito nella società.

Ed infatti l’obbligatorietà della perizia di stima in caso di conferimento in natura è posta a tutela del principio di effettività del capitale sociale e, dunque, a tutela tanto dei soci quanto dei creditori sociali e dei terzi (Cass. 22 aprile 2014 n. 9090).

La stretta dipendenza tra la decisione impugnata di aumento del capitale sociale a mezzo di conferimento di ramo d’azienda, il successivo contratto di sottoscrizione di quota da parte della medesima e l’atto di conferimento di S. s.r.l. è tale da configurare la decisione assembleare quale presupposto della sottoscrizione di quota e dell’atto di conferimento. La declaratoria di nullità della decisione travolge dunque il contratto di sottoscrizione di quote e l’atto di conferimento, dei quali va pronunciata la nullità derivata.

Quale effetto di tale pronuncia S. s.r.l. non è (più) socia di G. s.r.l. e G. s.r.l. va condannata a retrocedere al Fallimento S. s.r.l. i beni costituenti il ramo d’azienda conferito da S. s.r.l. nonché le somme eventualmente pagate da debitori di S. s.r.l.

Ogni altro provvedimento consequenziale è rimesso a G. s.r.l. ed ai suoi amministratori.

Sussistono i presupposti per la iscrizione del presente provvedimento nel registro delle imprese a cura degli amministratori ai sensi dell’art. 2378, u. co., c.c. (ove si legge: “I dispositivi del provvedimento di sospensione e della sentenza che decide sullimpugnazione devono essere iscritti, a cura degli amministratori, nel registro delle imprese.”) ed ai sensi dell’art. 2556, u. co. c.c. (il quale prevede che, per le imprese soggette a registrazione, i contratti che hanno per oggetto il trasferimento della proprietà o il godimento dell’azienda devono essere depositati per l’iscrizione nel registro delle imprese).

Infine, le spese di lite vanno compensate come richiesto dalle medesime.

 

P.Q.M.

 

Il Tribunale in composizione collegiale, definitivamente pronunziando, così provvede:

dichiara la nullità della decisione assembleare di G. s.r.l. adottata in data 14 giugno 2014;

dichiara la nullità dell’atto di sottoscrizione di quota da parte di S. s.r.l. del 14 giugno 2014;

dichiara la nullità dell’atto di conferimento di azienda di S. s.r.l. del 14 giugno 2014;

condanna G. s.r.l. a retrocedere al Fallimento S. s.r.l. i beni costituenti il ramo d’azienda conferito da S. s.r.l. nonché le somme eventualmente pagate dai debitori di S. s.r.l. a G. s.r.l. o al Fallimento;

dichiara la sussistenza dei presupposti per la iscrizione del presente provvedimento nel registro delle imprese;

spese compensate.

Così deciso in Venezia nella camera di consiglio del 14 maggio 2015.

SOMMARIO:

1. Il caso - 2. La normativa di riferimento ed i precedenti giurisprudenziali - 3. La dottrina - 4. Il commento. L’estensione della categoria dell’“assenza assoluta di informazione” - NOTE


1. Il caso

Il Tribunale di Venezia ha avuto modo di pronunciarsi relativamente ad un tema non molto dibattuto nelle aule giudiziarie. E ciò con una decisione che, è bene anticiparlo da subito, risulta innovativa, seppur con argomentazioni in punto di diritto che possono apparire discutibili. Non sono poche come è noto le pronunce in tema di invalidità delle delibere assembleari di società di capitali ed è parimenti vivace la giurisprudenza nel più delimitato perimetro dei giudizi di validità in merito a quelle decisioni che abbiano determinato (o si siano correlate ad) un conferimento di beni in natura. Di contro, è ad oggi non considerevole il numero delle pronunce sul­l’argomento della decisione qui commentata, la quale ha ad oggetto l’invalidità di una decisione dei soci di una S.r.l. deliberante un aumento di capitale a fronte di conferimenti di beni in natura che non siano stati adeguatamente stimati. La portata innovativa della pronuncia in esame risiede anche nella circostanza che l’impugnativa non sia giunta da un socio dissenziente, ma da un socio che aveva votato a favore della decisione poi impugnata, nonché nell’effetto invalidante fatto discendere anche sugli atti successivi e conseguenti alla delibera nulla, in particolare sull’atto di conferimento d’azienda. Il caso riguarda infatti una delibera assembleare la quale ha determinato l’au­men­to del capitale mediante il conferimento di un bene in natura (un ramo d’azienda). Bene in natura – e qui risiede il casus belli – che si è rivelato (immediatamente dopo l’av­­venuto conferimento) difforme rispetto a quanto rappresentato ed a ben vedere “pericoloso” per la stabilità patrimoniale della società conferitaria. Andando per ordine nella ricostruzione dei fatti, occorre considerare l’accordo di investimento concluso tra i soci della S.r.l. conferitaria e l’unico socio di un’altra S.r.l., conferente quest’ultima un bene in natura. Tale accordo, infatti, prevedeva che detta ultima società divenisse socia della prima mediante il conferimento di un proprio ramo di azienda. Il capitale sociale veniva quin­di aumentato per nominali Euro 115.000,00, con contestuale emissione di nuove quote da offrirsi in sottoscrizione esclusiva alla conferente. Trattandosi di [continua ..]


2. La normativa di riferimento ed i precedenti giurisprudenziali

I riferimenti normativi che delimitano la cornice giuridica della vicenda oggetto della decisione qui commentata sono innanzitutto quelli classici dell’invalidità delle decisioni dei soci di società a responsabilità limitata. Pertanto, a monte della decisione occorre segnalare la normativa in tema di stima del bene (artt. 2481, 2481-bis, e prima ancora l’art. 2465 c.c.) ed a valle della medesima si deve rinviare a quella riguardante la validità delle decisioni assembleari dei soci di S.r.l. (artt. 2479, 2479-bis e 2479-ter, distinguendo in particolare la disciplina del 1° comma rispetto a quella del 3°), rinviando altresì alle analoghe disposizioni dettate in tema di società per azioni: artt. 2377, 2378, 2379, 2379-bis e 2379-ter c.c. Per quanto riguarda il tema che costituisce il nucleo della suddetta vicenda, ovverosia un conferimento di bene in natura da parte di un terzo, attuato in sede di aumento del capitale sociale, la cui stima è risultata nei fatti inesatta, occorre sottolineare che il vizio è stato ricondotto dal Tribunale di Venezia nel perimetro dell’assenza assoluta di informazione e dell’illiceità dell’oggetto. In proposito si reputa di interesse evidenziare in primo luogo le pronunce giurisprudenziali in tema di invalidità delle decisioni dei soci di società a responsabilità limitata con riferimento alle diverse casistiche previste dal primo piuttosto che dal 3° comma dell’art. 2479-ter c.c.; in secondo luogo quelle relative ai conferimenti di beni in natura. Quanto al primo profilo occorre rilevare come il Tribunale di Venezia, nella decisione commentata, registrando l’esistenza di profili di invalidità per l’assenza assoluta di informazioni o comunque la falsità delle informazioni medesime, dunque applicando il 3° comma del summenzionato articolo, ha assunto una posizione innovativa. Volendo solo brevemente menzionare alcuni precedenti giurisprudenziali sul tema si può richiamare la decisione del Tribunale di Milano, Sezione Specializzata in Materia di Imprese, 8 agosto 2014, ai sensi della quale “il vizio dell’‘assenza assoluta di informazione’ di cui al terzo comma dell’art. 2479-ter c.c. va riferito al procedimento di convocazione in senso proprio e si risolve nel medesimo vizio di nullità previsto [continua ..]


3. La dottrina

Anche con riferimento al dibattito dottrinale relativo ai temi oggetto della decisione qui commentata si ritiene preferibile un esame che segua le due diverse direttrici, quella afferente al conferimento in una S.r.l. di beni in natura, in particolare ove posto in esecuzione in sede di aumento di capitale, e quella relativa al tema della validità di decisioni dei soci che diano origine al suddetto conferimento. Alla prima di tali direttrici deve ovviamente esser dedicata in questa sede meno attenzione, rinviando ai numerosi approfondimenti svolti in dottrina relativamente al tema generale dei conferimenti in sede di costituzione della società e, più nello specifico, all’ipotesi in cui tali conferimenti siano costituiti, per l’appunto, da beni in natura [6]. Qui si può brevemente ricordare la regola generale secondo cui le azioni o le quote corrispondenti a tali conferimenti devono essere integralmente liberate al momento della sottoscrizione, [7] nonché la previsione secondo cui tali beni devono essere oggetto di stima, e ciò con regole e procedure che trovano nella S.r.l. una disciplina peculiare rispetto a quella dettata in tema di S.p.A. Riferendosi, infatti, alla stima dei conferimenti di beni in natura e di crediti nella S.r.l., disciplinata dall’art. 2465 c.c. [8], l’ob­bligo di redazione della relazione giurata di stima non sorge in relazione ad ogni apporto diverso dal denaro ma solamente nel caso di conferimenti di beni in natura e di crediti [9]. Invero, chi effettua tale operazione “deve presentare la relazione giurata di un revisore legale o di una società di revisione legali iscritti nell’apposito registro” [10]. La ratio della perizia in questione, infatti, è quella di rappresentare il solo strumento in astratto idoneo a quantificare in modo obiettivo il valore dell’apporto, superando, di conseguenza, il rischio di un annacquamento del capitale e fungendo, in definitiva, da presidio per il principio di effettività del capitale sociale [11]. L’esperto chiamato alla redazione della stima, a differenza di quanto avviene in merito alla S.p.A. (nel qual caso è designato dal Tribunale nel cui circondario ha sede la società), è scelto dal socio conferente, in conformità all’indirizzo generale della “privatizzazione” della S.r.l. e della [continua ..]


4. Il commento. L’estensione della categoria dell’“assenza assoluta di informazione”

Come anticipato, la portata innovativa della decisione commentata riguarda innanzitutto i profili di invalidità individuati dal Giudice. L’invalidità delle decisioni delle S.r.l. è, come accennato, disciplinata dall’art. 2479-ter c.c. Il sistema delineato nella disposizione richiama quello stabilito in merito alle S.p.A., prevedendo che i vizi invalidanti sono suddivisi in due categorie: da un lato, quella generale, disciplinata nel 1° comma dell’art. 2479-ter, relativa alla «non conformità alla legge o all’atto costitutivo» e, dall’altro, quella prevista dal 3° comma dello stesso articolo, comprendente sia «l’as­senza assoluta di informazione», sia «le decisioni aventi oggetto illecito o impossibile» [14]. Considerando l’assenza assoluta di informazione, si può confermare quanto già osservato dall’analisi della giurisprudenza, ovverosia come essa consista secondo l’in­terpretazione prevalente nella mancata comunicazione ad uno o più soci dell’avvio del procedimento decisionale, corrispondendo, di conseguenza, al vizio di «mancata convocazione»(in merito al quale si rinvia all’art. 2379 c.c.). A tal riguardo si può presumere che la scelta a favore di una locuzione più generica, infatti, sia ascrivibile solamente al fatto che, nell’ipotesi di decisione non collegiale, il coinvolgimento, pur sempre necessario, dei soci non avviene per mezzo di una vera “convocazione” ma solamente informandoli dell’inizio del procedimento [15]. Di conseguenza, si sottolinea come «l’as­senza assoluta di informazione va riferita, in via sistematica, al procedimento di convocazione in senso proprio e si risolve nel medesimo vizio di nullità previsto per la società per azioni, inerente alla completa mancanza di convocazione» [16]. I vizi rientranti nel novero della carenza assoluta di informazione sono storicamente riconducibili alla categoria dell’“inesi­sten­za”, il cui perimetro abbracciava pacificamente fattispecie gravemente patologiche relative a mancanze totalizzanti, venendo richiesta l’“assolutezza” della carenza delle informazioni, e non – ad esempio – la non tempestività delle stesse. Tanto che non ci si esime [continua ..]


NOTE