Rivista di Diritto SocietarioISSN 1972-9243 / EISSN 2421-7166
G. Giappichelli Editore

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Osservatorio sulla giurisprudenza del Tribunale di Milano (di a cura di Michelangelo Granato, Edoardo Grossule, Carlo Lanfranchi, Piergiuseppe Spalaore)


SOMMARIO:

TRIBUNALE DI MILANO (sezione specializzata in materia di impresa), 2 gennaio 2019 – Mambriani, Presidente – Ricci, Giudice relatore R.G. n. 26684/2015 - TRIBUNALE DI MILANO (Sezione specializzata in materia di impresa), 25 gennaio 2019 – Mambriani, Presidente relatore R.G, n. 49373/2014 - TRIBUNALE DI MILANO (sezione specializzata in materia di impresa), 28 gennaio 2019 – Mambriani, Presidente – Ricci, Giudice relatore R.G. n. 30897/2016 - TRIBUNALE DI MILANO (Sezione specializzata in materia di impresa B), 1 febbraio 2019 – Riva Crugnola, Presidente relatore R.G. n. 52740/2017 - TRIBUNALE DI MILANO (Sezione specializzata in materia di impresa B), 5 febbraio 2019 – Riva Crugnola, Presidente Relatore R.G. n. 40538/2016 - TRIBUNALE DI MILANO (sezione specializzata in materia di impresa), 15 febbraio 2019 – Riva Crugnola, Presidente – Vannicelli, Giudice relatore R.G. n. 49577/2016 - TRIBUNALE DI MILANO (Sezione specializzata in materia di impresa B), 27 febbraio 2019 – Riva Crugnola, Presidente – Simonetti, Relatore R.G. n. 39161/2013 - TRIBUNALE DI MILANO (Sezione specializzata in materia di impresa), 6 marzo 2019 – Mambriani, Presidente relatore R.G. n. 44694/2015 - TRIBUNALE DI MILANO (sezione specializzata in materia di impresa), 23 marzo 2019 – Riva Crugnola, Presidente – Ricci, Giudice relatore R.G. n. 52269/2015 - TRIBUNALE DI MILANO (Sezione specializzata in materia di impresa B), 26 marzo 2019 – Riva Crugnola, Presidente relatore R.G. n. 15483/2018


TRIBUNALE DI MILANO (sezione specializzata in materia di impresa), 2 gennaio 2019 – Mambriani, Presidente – Ricci, Giudice relatore R.G. n. 26684/2015

  Società a responsabilità limitata – Finanziamento dei soci – Riqualificazione in “apporti” (Art. 2467 c.c.)   Il Tribunale di Milano ritiene assoggettati alla disciplina della postergazione ai sensi dell’art. 2467 c.c. il finanziamento effettuato dal socio in favore della società a distanza di dieci giorni dalla costituzione quando i risultati fortemente negativi nei primi anni di attività avrebbero reso del tutto ragionevole un conferimento. Tale finanziamento del socio ha dunque un’effettiva natura di “apporto” in conto capitale piuttosto che di mero prestito dal momento che il socio è intervenuto a sostegno della società con erogazioni effettuate immediatamente dopo la sua costituzione. in un periodo immediatamente dopo la sua costituzione e dunque in una fase di avvio dell’attività. Le restituzioni del prestito anche in più tranche state effettuate in un periodo immediatamente successivo all’erogazione e dunque quando ancora la società si trovava in una situazione di grave squilibrio patrimoniale debbono comunque considerarsi illegittime, in quanto effettuate in aperta violazione delle norme a tutela della par condicio creditorum (in questo senso da ultimo Cass. sez. I, 12 ottobre 2018 n. 25610). (eg)


TRIBUNALE DI MILANO (Sezione specializzata in materia di impresa), 25 gennaio 2019 – Mambriani, Presidente relatore R.G, n. 49373/2014

Società di capitali – S.p.a. – Responsabilità degli amministratori – Responsabilità degli amministratori nei confronti dei terzi (danno “diretto”) – Responsabilità per i debiti della società – Chiamata in giudizio (Artt. 2395, 2476 c.c.)   La responsabilità degli amministratori per danno diretto ai singoli soci, creditori o terzi non comporta ex se una responsabilità dell’amministratore per i debiti della società, con la conseguenza che la società, convenuta da un terzo creditore, non può estendere la domanda al proprio amministratore mediante la chiamata di quest’ultimo in qualità di terzo responsabile (in forza del medesimo titolo-rapporto fatto valere dal creditore), atteso che difetta un titolo-rapporto che intercorra direttamente tra l’amministratore e il terzo creditore. (ps)  


TRIBUNALE DI MILANO (sezione specializzata in materia di impresa), 28 gennaio 2019 – Mambriani, Presidente – Ricci, Giudice relatore R.G. n. 30897/2016

Società di capitali – Azione sociale di responsabilità – Sostituzione del curatore fallimentare (Artt. 2393, 2394 e 2476 c.c. – art. 146, comma 2°, legge fall.)   Nel caso di fallimento di una società di capitali le azioni di responsabilità nei confronti degli amministratori previste dagli artt. 2393 e 2394 c.c. per le s.p.a. e – oggi – dall’art. 2476 per le s.r.l., confluiscono nell’unica azione prevista dall’art. 146, secondo comma, lett. a), legge fallimentare, di cui eÌ titolare il curatore, con la legittimazione del quale non può concorrere quella dei creditori sociali per l’a­zione già di loro spettanza essendo quest’ultima assorbita, in costanza della procedura fallimentare, dall’azione di massa. Nel caso di sostituzione del curatore alla società fallita, in persona dei suoi legali rappresentanti, nell’esercizio del­l’azio­ne sociale di responsabilità – questa rappresenta soltanto una particolare manifestazione specifica del generale effetto, previsto nel primo comma dell’art. 43 legge fallimentare, per cui nelle controversie relative a rapporti di diritto patrimoniale compresi nel fallimento sta in giudizio esclusivamente il curatore. Con particolare riferimento poi all’azione disciplinata dall’art. 2476, comma terzo, c.c. va ricordato come anche la dottrina abbia evidenziato che la legittimazione speciale del socio abbia natura derivativa rispetto a quella della società, come eÌ confermato dalle disposizioni in merito al suo diritto al rimborso delle spese di lite (art. 2476, comma quarto, c.c.) e da quelle concernenti la riserva alla società del potere di rinunciare o di transigere l’azione (art. 2476, comma quinto, c.c.), nonché in generale dalla considerazione che in ogni caso del risultato dell’azione si giova esclusivamente il patrimonio sociale. (eg)  


TRIBUNALE DI MILANO (Sezione specializzata in materia di impresa B), 1 febbraio 2019 – Riva Crugnola, Presidente relatore R.G. n. 52740/2017

La previsione in statuto di specifiche modalità di attuazione dell’oggetto sociale, di carattere meramente esecutivo, non incide sulla sostanza dell’oggetto sociale in senso proprio. Pertanto, la sua mancata attivazione in concreto, come anche la sua formale eliminazione, non può dirsi comportare un “significativo cambiamento dell’attività della società”, con la duplice conseguenza che tale mancata attivazione: da un lato, non può legittimare il recesso ex art. 2437 c.c., primo comma, lett. a), e, d’altro lato, non può integrare causa di scioglimento ex art. 2484 c.c., primo comma, n. 2. (cl)


TRIBUNALE DI MILANO (Sezione specializzata in materia di impresa B), 5 febbraio 2019 – Riva Crugnola, Presidente Relatore R.G. n. 40538/2016

Società di capitali – S.r.l. – Clausola simul stabunt simul cadent – Buona fede (Art. 2386 c.c.)   L’applicazione della clausola statutaria simul stabunt simul cadent – espressamente riconosciuta dall’art. 2386, 4° comma, c.c. – deve ritenersi legittima nella misura in cui assolva, in concreto, alla funzione di preservare gli equilibri nell’ambito del consiglio di amministrazione della società, senza configurarsi come abusiva o strumentale, e contraria, quindi, al canone della buona fede. Al ricorrere di tali condizioni, essa non equivale, nella sua astratta configurazione negoziale, a una revoca dall’incarico e, pertanto, non fa sorgere alcun diritto a favore dell’ammi­nistratore decaduto, il quale, accettando l’iniziale conferimento dell’incarico, aderisce implicitamente alle clausole dello statuto sociale che regolano le condizioni di nomina e permanenza degli organi sociali e i relativi poteri; adesione, questa, che implica l’accettazione dell’eventualità di una cessazione anticipata dall’ufficio di amministratore nel caso di applicazione della predetta clausola, e in ogni caso senza risarcimento del danno”. Viceversa, ogni qual volta le dimissioni di quel­l’am­ministratore o di quegli amministratori capaci di provocare la decadenza di tutto l’organo di gestione siano dettate unicamente o prevalentemente dallo scopo di eliminare amministratori sgraditi, in assenza di giusta causa, e quindi eludendo l’obbligo di corresponsione degli emolumenti residui (ed in generale di risarcimento del danno) che spetterebbero loro se fossero cessati dalla carica, non per effetto della clausola in discussione, ma per revoca ex art. 2383, comma 3, c.c. nelle S.p.A. ed ex artt. 1723, comma 2, e 1725 c.c. nelle S.r.l., agli amministratori non dimissionari decaduti deve essere riconosciuto il diritto al risarcimento del danno, quando sia dimostrato che le dimissioni che hanno determinato l’effetto decadenziale sono state date abusivamente – cioè per scopi diversi da quelli per i quali è riconosciuto il diritto a rinunciare alla carica – o strumentalmente – cioè per eludere l’obbligo risarcitorio connesso alla revoca senza giusta causa. L’onere della prova in ordine alla abusività della condotta altrui ricade sull’amministratore decaduto, al quale [continua ..]


TRIBUNALE DI MILANO (sezione specializzata in materia di impresa), 15 febbraio 2019 – Riva Crugnola, Presidente – Vannicelli, Giudice relatore R.G. n. 49577/2016

Società personali – Metodo assembleare – Invalidità delle delibere (Artt. 2377, 2379 c.c.)   Per quanto concerne l’invalidità delle decisioni dei soci nelle società personali, quando legittimamente assunte per volontà degli stessi soci con metodo assembleare, il Tribunale di Milano ha ritenuto applicabile, per analogia leggi ex art. 12 delle preleggi, la disciplina degli artt. 2377 e 2379 c.c. dettati con specifico riferimento alle sole assemblee delle società per azioni, anche in assenza di una disciplina specifica della (pur non esclusa) opzione assembleare. Tuttavia, da un lato l’ana­logia va limitata, dalla clausola di compatibilità; e dall’altro va tenuto conto che il contratto sociale non prevede in nessuna ipotesi, il metodo assembleare per le decisioni sociali. La trasposizione ad una società personale dei principi sulla verbalizzazione dell’assemblea azionaria eÌ pertanto tendenzialmente corretta, non potendo effettivamente darsi atto collettivo imputabile alla società di persone senza la sua incorporazione in un documento (e quindi, in caso di ‘assemblea’, in un verbale), ma va limitata al suo nucleo essenziale, vale a dire all’esistenza e intellegibilità di questa. Tale orientamento supera da un lato quello maggioritario secondo cui alla disciplina della invalidità di tali atti deliberativi, si debba escludere l’applicabilità degli artt. 2377 e 2379 c.c. e conseguentemente, si debbano piuttosto applicare principi generali sulle patologie degli atti negoziali plurisoggettivi; e per altro verso, amplia l’orientamento già minoritario secondo cui il regime dell’invalidità delle deliberazioni assembleari delle società personali possa essere modulato, per analogia legis su quello degli art. 2377 c.c. e 2379 c.c. “allorché (...) lo statuto abbia previsto un procedimento formale di assunzione delle deliberazioni mediante l’organo collegiale”. (eg)  


TRIBUNALE DI MILANO (Sezione specializzata in materia di impresa B), 27 febbraio 2019 – Riva Crugnola, Presidente – Simonetti, Relatore R.G. n. 39161/2013

  Direzione e coordinamento – Azione di responsabilità del socio di minoranza – Azione di responsabilità spettante ai creditori sociali – Promuovibilità del­l’azio­ne del socio di minoranza anche a seguito di procedura concorsuale (Art. 2497, 4° comma, c.c.)   L’azione di responsabilità da parte del socio di minoranza ai sensi dell’articolo 2497 non si estingue a seguito dell’assoggettamento a procedura concorsuale della società eterodiretta. Il dato letterale dell’art 2497, 4° comma, c.c., che espressamente si riferisce alla sola azione dei creditori sociali (la quale, effettivamente, con il fallimento o l’amministrazione straordinaria della società eterodiretta, diviene azione di massa, al pari dell’azione ex art 2394 c.c.), non eÌ superabile alla luce dei criteri interpretativi di cui all’art. 12 preleggi c.c., quindi l’attribuzione della legittimazione al curatore o al commissario straordinario della sola azione dei creditori, manifesta una precisa scelta del legislatore e non la si può ritenere una mera omissione. (mg) Direzione e coordinamento – Azione di responsabilità del socio di minoranza – Azione di responsabilità spettante ai creditori sociali – Promuovibilità del­l’azione del socio di minoranza anche a seguito di procedura concorsuale – Differenza tra socio di minoranza e creditore – Natura dei danni (Artt. 2497, 4° comma e 2740 c.c.)   La previsione normativa del trasferimento della legittimazione al curatore della sola azione del creditore sociale eÌ coerente con il sistema essendo disposizione che garantisce la par condicio creditorum e la conseguente necessitaÌ che ogni reintegrazione del patrimonio sociale che abbia compromesso la sua funzione di garanzia ex art 2740 c.c. debba essere finalizzata al soddisfacimento dei creditori in concorso. Affatto differente, in ipotesi di crisi di impresa, eÌ la posizione del socio che non eÌ creditore sociale e che non partecipa al concorso ed eÌ destinatario del residuo (eventuale) patrimonio sociale terminata la liquidazione concorsuale e soddisfatti tutti i creditori (ipotesi, per altro, che se si verificasse dimostrerebbe che non vi era stata lesione dell’integrità del patrimonio sociale). La posizione del socio rispetto [continua ..]


TRIBUNALE DI MILANO (Sezione specializzata in materia di impresa), 6 marzo 2019 – Mambriani, Presidente relatore R.G. n. 44694/2015

Società di capitali – S.p.a. – Rapporto di amministrazione – Revoca degli amministratori – Clausola simul stabunt simul cadent – Abuso – Onere della prova (Art. 2383 c.c.)   Atteso che la clausola simul stabunt simul cadent svolge la funzione di cristallizzare gli equilibri interni all’organo gestorio instaurati al momento della nomina del medesimo e, con essi, il rapporto amministratori-società, in condizioni normali non è consentito al giudice valutare i motivi delle dimissioni dei consiglieri dimissionari, che rappresentano un atto discrezionale di questi ultimi. Affinché l’applicazione della clausola simul stabunt simul cadent possa essere considerata abusiva – e cioè finalizzata a permettere alla società di non corrispondere il risarcimento del danno all’amministratore revocato in mancanza di giusta causa – è onere dell’amministratore decaduto per effetto delle altrui dimissioni dimostrare il carattere abusivo delle dimissioni medesime, ossia che esse siano finalizzate «unicamente o prevalentemente [d]allo scopo di eliminare amministratori sgraditi», non essendo sufficiente dimostrare l’assenza di una giusta causa di revoca [Nella specie, il Tribunale, oltre a non ritenere provato l’abuso, ha reputato che sus­sistessero, in fatto, ulteriori elementi volti a corroborare il carattere non abusivo dell’operatività della clausola, segnatamente nel susseguirsi di radicali mutamenti nella compagine sociale (e nei patti parasociali che ne regolavano i rapporti) e nella significativa modificazione della composizione soggettiva dell’organo gestorio come nominato successivamente alla decadenza del precedente consiglio]. (ps)  


TRIBUNALE DI MILANO (sezione specializzata in materia di impresa), 23 marzo 2019 – Riva Crugnola, Presidente – Ricci, Giudice relatore R.G. n. 52269/2015

Responsabilità da prospetto – Prova della lettura del prospetto (Artt. 94, 114, 154 e 185 T.u.f.; artt. 2043, 2049, 2056, 2395 c.c.) In presenza di un prospetto di offerta pubblica di sottoscrizione di azioni societarie che contenga informazioni fuorvianti in ordine alla situazione patrimoniale della società, anche con riguardo alla stima della riserva sinistri, ai rischi relativi al settore immobiliare, agli interventi necessari allo scopo di ristabilire ordinarie condizioni di operatività, l’emittente al quale le errate informazioni siano imputabili, anche solo a titolo di colpa, risponde verso chi ha sottoscritto le azioni del danno subito per aver acquistato titoli di valore inferiore a quello che il prospetto avrebbe lasciato supporre, dovendosi presumere, in difetto di prova contraria, che la non veridicità del prospetto medesimo abbia influenzato le scelte d’investimento del sottoscrittore (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 14056 del 11/06/2010). In questo senso, il Tribunale ribadisce l’affermazione della Corte di Legittimità poggia in realtà su una valutazione assolutamente “ragionevole” dei comportamenti dei soggetti che si muovono in un mercato regolamentato, quale del resto pienamente conforme a quella assunta a fondamento dell’insieme di regole di trasparenza (altrimenti del tutto superflue) dettate dal legislatore nella materia. Muovendo da tale premesse si ritiene allora di dover respingere l’idea secondo cui si dovrebbe provare l’effettiva lettura del prospetto informativo depositato in quanto incompatibili con il richiamato principio richiamato. È dunque l’emittente che dovrà dimostrare la mancanza di una effettiva lettura del prospetto. (eg)  


TRIBUNALE DI MILANO (Sezione specializzata in materia di impresa B), 26 marzo 2019 – Riva Crugnola, Presidente relatore R.G. n. 15483/2018