Rivista di Diritto SocietarioISSN 1972-9243 / EISSN 2421-7166
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Trasferimento di quote di s.r.l. tra clausole limitative e patto di famiglia. (di Maria Consiglia di Martino)


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SOMMARIO:

1. Circolazione delle partecipazioni societarie tramite patto di famiglia - 2. Vincoli mortis causa alla trasmissibilità delle partecipazioni di s.r.l. - 3. (Segue): trasferimento di partecipazioni mediante patto di famiglia con efficacia condizionata alla morte del disponente - 4. Vincoli al trasferimento tra vivi delle partecipazioni di s.r.l. e patto di famiglia: l’efficacia delle clausole limitative della circolazione - 5. (Segue): efficacia dei vincoli statutari e patto di famiglia - 6. Patto di famiglia contrario ai vincoli statutari e soppressione del libro soci - NOTE


1. Circolazione delle partecipazioni societarie tramite patto di famiglia

A distanza di circa sette anni dal “debutto” sul palcoscenico giuridico nazionale della disciplina dedicata al patto di famiglia, la scarsa diffusione dell’istituto nella pratica negoziale-commerciale ne fa tuttora oggetto di interesse e recettore di riflessioni volte a chiarirne la corretta operatività in sede applicativa. Desta perplessità, infatti, il limitato richiamo registrato nel nostro ordinamento per lo strumento giuridico destinato a stabilizzare la continuità delle piccole e medie imprese mediante la programmazione dell’avvicendamento generazionale alla guida delle stesse. Non solo, infatti, la Commissione europea sollecitava già da tempo i singoli Stati membri ad emanare una disciplina che – tenendo in considerazione la particolare natura delle attività produttive – ne agevolasse il trasferimento ad uno o più discendenti 1; ma, soprattutto, la presenza sul territorio nazionale di un numero di piccole e medie imprese superiore a quello degli altri Stati europei ha da sempre acuito il rischio che la morte dell’imprenditore individuale o di un socio, soprattutto se di maggioranza, potesse comportare un’imprudente soluzione di continuità nella gestione dell’impresa o della società, con conseguenze pericolose sulla stessa capacità dell’impresa di generare (e non bruciare) ricchezza 2. A queste stringenti esigenze 3, il legislatore nazionale ha dato risposta con gli artt. 768-bis ss. c.c., che hanno istituito e regolamentato il patto di famiglia 4. La relativa disciplina configura tuttavia una di quelle ipotesi in cui l’elemento di maggior valore di un istituto (in tal caso, il suo carattere multidisciplinare) 5, ne rappresenta anche il principale difetto. Ed infatti, l’incerto coordinamento tra i diversi tessuti normativi tra i quali il patto di famiglia è destinato a fungere da cerniera (i.e. famiglia; successioni; azienda; società), ha impegnato sin da subito gli interpreti, interessati eminentemente a definire i rapporti tra patti di famiglia e patti successori 6, da un lato; e, altresì, ad individuare il corretto significato da attribuire alla nozione della “partecipazione societaria” 7, dall’altro. Ed infatti, proprio la previsione delle quote societarie come possibile oggetto del patto ha stimolato le prime riflessioni degli [continua ..]


2. Vincoli mortis causa alla trasmissibilità delle partecipazioni di s.r.l.

Le esigenze dettate dalla necessità di un ricambio generazionale della titolarità delle partecipazioni sociali e delle connesse prerogative di governo dell’impresa, sono particolarmente avvertite nelle società a responsabilità limitata. Nella prassi è infatti diffusa la previsione, all’interno degli atti costitutivi o degli statuti di s.r.l., di clausole che attribuiscono ai soci superstiti il diritto di acquistare dagli eredi del socio defunto le partecipazioni che siano loro pervenute iure successionis. Del resto, l’art. 2469 c.c. consente, espressamente, di vietare o limitare il trasferimento a causa di morte della partecipazione di una s.r.l., sancendo, da un lato, la validità delle clausole che pongano condizioni o limiti che, nel caso concreto, impediscano il trasferimento mortis causa delle partecipazioni 11; e riconoscendo, dall’altro, il diritto di recesso in capo agli eredi, quante volte l’esistenza dei limiti precluda agli aventi diritto il perfezionamento dell’acquisto in conseguenza dell’aperta successione 12. La norma si limita quindi a riprodurre in maniera (quasi) pedissequa la disposizione contenuta nell’originario art. 2479, 1° comma, c.c., confermando l’intenzione legislativa, manifestata già prima della riforma del 2003, di riconoscere espressamente la libera trasferibilità mortis causa delle partecipazioni di s.r.l., salva la possibilità di limitare o impedire – mediante previsioni dell’atto costitutivo – tale vicenda traslativa. Nel vigore della previgente normativa, invero, la “salvezza” riconosciuta ad eventuali vincoli statutari al trasferimento aveva suscitato taluni problemi operativi; primo fra tutti, la definizione del rapporto esistente tra le c.d. clausole statutarie di predisposizione successoria, variamente congegnate proprio in forza dell’art. 2479, 1° comma, c.c., ed il divieto di patti successori sancito dall’art. 458 c.c. Il dubbio ricadeva principalmente sulla validità delle clausole statutarie c.d. di consolidazione 13, prelazione 14 o di riscatto 15 che non si limitavano ad impedire il trasferimento mortis causa della quota, ma erano destinate a regolamentare le conseguenze del mancato trasferimento della partecipazione in capo agli eredi del socio defunto 16. In questo stato di cose, prevaleva in dottrina la [continua ..]


3. (Segue): trasferimento di partecipazioni mediante patto di famiglia con efficacia condizionata alla morte del disponente

La soluzione appena prospettata va tuttavia confrontata con la possibilità di condizionare l’efficacia del patto di famiglia al verificarsi della morte del socio-disponente 31. Proprio in virtù dell’eccezione al divieto di patti successori, si è infatti sostenuto che il contratto di famiglia possa avere ad oggetto trasferimenti mortis causa delle quote di s.r.l., cosicché – solo alla morte del socio-disponente – la relativa quota andrebbe ad accrescersi al patrimonio dei discendenti-assegnatari, creando così un rischio di incompatibilità concreta con le previsioni statutarie che regolino la sorte delle partecipazioni sociali 32. È evidente che la soluzione al problema di coordinamento tra vincoli mortis causa alla circolazione di quote e patto di famiglia ad effetti condizionati alla morte, costringe l’interprete a ricollegarsi a soluzioni lontane, connesse alla più generale questione della validità degli atti post mortem. Nel tentativo di contenere gli effetti del divieto di patti successori, è stata infatti elaborata la distinzione interpretativa tra atti di attribuzione mortis causa e atti di attribuzione post mortem (o, se si preferisce, propter mortem o, ancora, trans mortem), rappresentando questi ultimi fattispecie negoziali i cui effetti risultano “semplicemente” connessi alla morte di un soggetto. In particolare, la morte del disponente rappresenterebbe non già il fondamento causale del­l’at­tri­buzione, come avviene negli atti mortis causa, ma una modalità accessoria, alla stregua di “un evento dedotto in condizione” ovvero “come un termine certus an, incertus quando fissato per relationem dalle parti” 33. Se ne fa derivare che, mentre il negozio mortis causa violerebbe il divieto di patti successori e dovrebbe stimarsi nullo ex art. 458 c.c., il contratto post mortem non comporterebbe alcuna violazione del divieto e dovrebbe, salvo casi particolari, considerarsi valido, ma efficace solo dal giorno di apertura della successione. In termini più pratici, si è anche detto che un atto mortis causa si caratterizza per essere l’attribuzione del residuo, la cui consistenza è determinata solo al momento della morte del disponente; se invece l’entità stessa dell’attribuzione è determinata in vita, rinviandosi solo [continua ..]


4. Vincoli al trasferimento tra vivi delle partecipazioni di s.r.l. e patto di famiglia: l’efficacia delle clausole limitative della circolazione

Non altrettanto agevole è escludere l’interferenza di un patto di famiglia con eventuali clausole statutarie destinate a limitare la circolazione tra vivi delle partecipazioni di s.r.l. Vincoli, questi, la cui introduzione nell’atto costitutivo di una s.r.l. è oggi prassi assai consueta 44. L’analisi di tale profilo presuppone, tuttavia, una preventiva analisi della efficacia di tali clausole. Riconoscere efficacia (meramente) obbligatoria o (pure) reale a tali clausole incide infatti, inequivocabilmente, sulla sorte e sull’opponibilità ai terzi del trasferimento realizzato mediante un patto di famiglia. A fronte di un orientamento della dottrina favorevole a riconoscere efficacia meramente obbligatoria a simili clausole 45, è invalso l’opposto orientamento, sostenuto dalla dottrina e dalla giurisprudenza largamente prevalente, secondo cui, per effetto dell’inserimento della clausola nell’atto costitutivo, il patto limitativo della circolazione acquisterebbe efficacia reale 46. Ed invero, proprio l’introduzione della clausola nel contratto sociale consentirebbe di oltrepassare il “confine” privatistico-negoziale 47, elevando il patto a regola organizzativa della società, capace di incidere, in quanto tale, sull’organizzazione e sul funzionamento dell’ente societario, regolando l’ingresso (o l’uscita) di potenziali (o attuali) soci dalla compagine sociale 48. Come ovvio, il riconoscimento di un’efficacia reale o obbligatoria ha riflessi non trascurabili sui rimedi esperibili da parte dei soci e della società anche nel caso in cui il trasferimento della quota mediante il patto di famiglia si sia perfezionato in violazione della clausola limitativa della circolazione. Infatti, l’attribuzione dell’efficacia (meramente) obbligatoria comporta che, in caso di violazione della clausola statutaria, sorgerà soltanto un diritto degli altri soci al risarcimento dei danni loro cagionati da chi ha trasferito la propria partecipazione in violazione dell’ac­cor­do 49. Al contrario, diverse sono le sanzioni giuridiche che potrebbero applicarsi aderendo all’opinione (senz’altro prevalente) che riconosce l’efficacia reale delle clausole limitative della circolazione. Basti, in questa sede, un breve accenno. Si è, infatti, affermato in giurisprudenza [continua ..]


5. (Segue): efficacia dei vincoli statutari e patto di famiglia

Muovendo da tali princìpi, occorre a questo punto verificare se il trasferimento mediante patto delle partecipazioni di s.r.l. sia soggetto o meno ai vincoli contenuti nello statuto. In realtà la soluzione del problema presuppone due concorrenti considerazioni. È evidente, in primo luogo, che l’operatività rispetto al patto di famiglia dei limiti statutari è condizionata dalla tecnica di redazione per gli stessi adottata. Ed invero, solo l’interpretazione della singola clausola potrà chiarire se, in concreto, l’esecuzione del trasferimento tra vivi a realizzarsi mediante il patto – che, alla stregua delle precedenti osservazioni è, tra l’altro, a titolo gratuito e normalmente immediata – configuri una delle vicende circolatorie della partecipazione sociale cui il limite statutario debba applicarsi. E tale quesito rinvia, quindi, ai dubbi in ordine alle regole ermeneutiche da utilizzare nella interpretazione delle clausole consacrate negli statuti societari e va risolto alla stregua dei princìpi per questi ritenuti operanti 57; primo fra tutti, la comune volontà delle parti quale risulta, principalmente, dalla formulazione letterale della clausola 58. In secondo luogo, non è inopportuno ricordare come l’orientamento giurisprudenziale anteriore alla riforma ha, per lungo tempo, ritenuto che i trasferimenti a titolo gratuito – come, nel sistema anteriore, essenzialmente la donazione ma, a seguito della legge 14 febbraio 2006, n. 55 anche lo stesso patto di famiglia – fossero sottratti, in difetto di clausola statutaria che li contemplasse espressamente, dalla operatività dei limiti statutari alla circolazione ivi contenuti 59. Tesi, questa, già criticata nel vigore della passata disciplina sul condivisibile presupposto che la parità di condizioni costituisce requisito naturale e non essenziale della prelazione 60; con la conseguenza che anche quando il socio progetti di trasferire la propria partecipazione a titolo gratuito, il diritto potestativo degli altri soci resta quello – di ricevere la relativa comunicazione dal socio-disponente – e di acquistarne la partecipazione a titolo oneroso, alle condizioni prefissate dalla clausola statutaria di prelazione ovvero ad un prezzo equo corrispondente al valore patrimoniale delle quote 61. Eppure il carattere gratuito del patto di [continua ..]


6. Patto di famiglia contrario ai vincoli statutari e soppressione del libro soci

L’esigenza di rispetto della disciplina legale in tema di trasferimento richiede, peraltro, di interrogarsi sulle forme pubblicitarie eventualmente richieste per il patto di famiglia a seguito della abolizione del libro dei soci disposta dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2 65. Prima della recente modifica, si attribuiva all’iscrizione del trasferimento nel libro soci efficacia costitutiva dei diritti e degli obblighi connessi alla qualità di socio, fermo restando che la cessione era efficace tra le parti con la semplice manifestazione del consenso 66 e che era opponibile a terzi sin dall’avvenuta iscrizione nel Registro delle Imprese 67. Appare, peraltro, evidente che gli amministratori, nell’adempimento del proprio obbligo di regolare tenuta del libro soci, erano tenuti a verificare, con la diligenza richiesta dalla natura dell’incarico, la regolarità formale e sostanziale del trasferimento della partecipazione sociale e, ciò che qui più interessa, la conformità dello stesso alle regole circolatorie contenute nell’atto costitutivo 68. Ne conseguiva che gli stessi dovevano rifiutare l’iscrizione in presenza di atti non conformi alla legge di circolazione stabilita per la loro società. Sicché, nel vigore della precedente disciplina, l’esi­genza di stabilità degli atti sociali veniva assicurata da un duplice controllo, quello eseguito dagli amministratori e quello operato dal notaio rogante o autenticante. In questa situazione si è poi “innestata” la nuova disciplina che ha soppresso il libro dei soci, sul presupposto che quest’ultimo fosse un inutile duplicato dell’iscrizione dell’atto di cessione nel Registro dell’Imprese 69; e, peraltro, un duplicato particolarmente costoso per la società. Pertanto, in mancanza di una diversa previsione statutaria, il trasferimento delle partecipazioni “ha effetto di fronte alla società dal momento del deposito” dell’atto di trasferimento presso il Registro delle Imprese, nella cui circoscrizione è stabilita la sede legale 70. Ed invero, tale condizione sembra produrre, per così dire, un’anticipazione degli effetti del trasferimento delle quote nei confronti della società (dal deposito dell’atto), rispetto al momento in cui tale atto sarà opponibile a terzi (dal momento [continua ..]


NOTE
Fascicolo 2 - 2013