Rivista di Diritto SocietarioISSN 1972-9243 / EISSN 2421-7166
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La validità della clausola antistallo del tipo 'roulette russa' (di Antonio Bernardi)


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TRIBUNALE DI ROMA, Sezione Terza Civile, specializzata in materia di imprese, 19 ottobre 2017 – Stefano Cardinali, Presidente – Umberto Gentili, Giudice – Guido Romano, Giudice relatore – Lamaro Appalti S.p.A. e Co.Ge.San. S.p.A. e Sviluppo Centro Est S.r.l. in liquidazione c. Finteca S.p.A.   Patti parasociali – Clausola antistallo del tipo “roulette russa” – Condizione meramente potestativa (Art. 1355 c.c.) Il meccanismo complessivo previsto dalla clausola della roulette russa consente di escludere che la determinazione del corrispettivo fosse rimesso al mero arbitrio della parte. Infatti […] la circostanza che la clausola contrattuale demandi al soggetto oblato una duplice facoltà, quella di acquistare la partecipazione altrui o di vendere la propria, consente di escludere che la determinazione del corrispettivo (prezzo della compravendita) sia rimessa al mero arbitrio della parte cui è consentito prendere l’iniziativa al verificarsi dell’ipotesi di stallo. [massima non ufficiale] (1)   Patti parasociali – Clausola antistallo del tipo “roulette russa” – Patto leonino (Art. 2265 c.c.) […] le clausole antistallo non sono idonee – tanto per la loro finalità che per la loro struttura – ad escludere un socio dalla responsabilità della gestione ovvero a consentire ad uno di essi di approfittare di una determinata situazione per escludere l’altro. Infatti, la parte cui è attribuita la facoltà di assumere l’iniziativa di attivare la procedura non è libera di farlo in qualsiasi momento, essendo tale facoltà vincolata al verificarsi di uno degli eventi, indicati nella clausola stessa, di incapacità decisionale delle società o di scadenza del patto parasociale. La circostanza che l’avvio della procedura sia limitata al verificarsi di alcuni eventi impedisce alla parte di approfittare di particolari momenti favorevoli (ad es., un momento di forte crescita della società e, dunque, di valorizzazione positiva delle partecipazioni) per escludere l’altro socio dalla partecipazione societaria conseguendo le utilità che sarebbero a questi spettate. [massima non ufficiale] (2)   Patti parasociali – Clausola antistallo del tipo “roulette russa” – Durata dei patti parasociali – Cristallizzazione degli equilibri societari (Art. 2341-bis c.c.) […] le clausole che collegano al mancato rinnovo del patto l’avvio della procedura antistallo – attraverso l’attribuzione ad una delle parti della facoltà di determinare il prezzo ed all’altra dell’alternativa tra l’acquisto e la vendita della partecipazione – non sono a priori invalide in quanto non appaiono [continua..]
SOMMARIO:

1. Il caso - 2. Problematiche di rilievo e normativa di riferimento - 3. La dottrina: la clausola “roulette russa” e le “deadlock breaking provisions” in genere - 4. La fattispecie: l’equilibrio negoziale della “roulette russa” - 5. In diritto: sull’applicabilità dell’art. 1355 c.c. - 6. Segue: La “roulette russa” e il divieto di patto leonino - 7. Segue: la nullità per contrasto con l’art. 2341-bis c.c. - 8. Segue: l’utilizzo dell’art. 2437-ter c.c. nella determinazione del valore della partecipazione del socio uscente (4) - 9. La “roulette russa” e alcune riflessioni di economia giuridica: l’utilizzo di metodi predefiniti per la valutazione del prezzo - NOTE


1. Il caso

Il Tribunale di Roma con la sentenza del 19 ottobre 2017 ha affermato, per la prima volta in Italia, la validità della clausola anti-stallo del tipo “roulette russa” (d’ora innanzi, anche solo “roulette russa”) o anche chiamata “shotgun clause”, contenuta in un patto parasociale. In una società caratterizzata dalle partecipazioni di due soci paritetici, l’evidente alta probabilità dell’avverarsi di uno stallo decisionale (definito nei paesi anglofoni “deadlock”) [1], a cui consegue lo scioglimento della società ex. art. 2484, n. 3, può essere superata con precise previsioni di tipo statutario e para-statutario, come appunto, la clausola in esame. Così, all’avverarsi di uno stallo decisionale, uno dei due soci avrà il compito di valutare il 50% delle quote societarie e, quindi, presenterà un’offerta al suo pari. Que­st’ultimo, dovrà così scegliere, se comprare o vendere le medesime quote a quel determinato prezzo. Nello specifico, l’art. 6 del patto parasociale contente la clausola roulette russa in esame, dopo avere dato una definizione di stallo [2], prevede al secondo punto (6.2): «A) Il Compratore riconosce a X il diritto di determinare il prezzo della propria partecipazione azionaria del 50% posseduta nella Società e di invitare nel contempo il Compratore o ad acquistare la partecipazione posseduta da X – previa cessione al valore nominale al medesimo Compratore del residuo credito di X verso la Società derivante da finanziamento soci, con contestuale pagamento del prezzo – ovvero – alternativamente e a sua scelta – a cedere a X medesima la partecipazione detenuta dal Compratore nella Società allo stesso prezzo come sopra determinato, previa cessione al valore nominale a X del residuo credito del Compratore verso la società derivante dal finanziamento soci con contestuale pagamento. Tale facoltà potrà essere esercitata da X entro 180 giorni dal verificarsi dello Stallo. Entro 120 giorni dalla comunicazione di X della determinazione del prezzo, il Compratore sarà tenuto a comunicare la propria volontà di acquistare la partecipazione di X nella Società, ovvero di cedere a X stessa la propria partecipazione del 50% nella stessa al prezzo come sopra determinato; il [continua ..]


2. Problematiche di rilievo e normativa di riferimento

Dalla sentenza emergono una serie di problematiche meritevoli di analisi, tra cui: (i) la relazione tra la roulette russa e la disciplina della condizione meramente potestativa ex 1355 c.c., (ii) il rapporto della roulette russa con il divieto di patto leonino ex art. 2265, (iii) il contrasto della roulette russa con l’art 2341-bis c.c. ed infine (iv) l’obbligo di utilizzo dell’art. 2437-ter, come metodo universale di equo apprezzamento delle partecipazioni del socio uscente. Orbene, tenendo conto delle problematiche analizzate dal Tribunale sem­­bra opportuno indagare la meccanica negoziale della roulette russa così da poter verificare da un lato se tale pattuizione sia nulla ex art. 1355 c.c. (tenendo conto, infatti, della piena discrezionalità di cui gode uno dei due soci nel valutare il 50% delle quote societarie) dall’altro se all’interno di tale meccanismo si nasconda un carattere leonino. Non solo, occorrerà interrogarsi sul­l’e­ven­tuale nullità della clausola poiché in indiretta violazione del dettato normativo ex art. 2341-bis c.c., d’altronde, considerando come ipotesi di stallo il mancato rinnovo del patto parasociale in oggetto, “graverebbe” sul socio che non intenda più aderirvi l’instaurazione del meccanismo della roulette russa e, quindi, la fuori uscita di uno dei due partners. Ultima questione in diritto, sarà costituita, invece, dall’analisi del ruolo dell’art. 2437-ter c.c. all’interno del nostro ordinamento, più nello specifico occorrerà domandarsi se il metodo valutativo disciplinato dalla norma possa effettivamente essere reputato come il più equo e se sia necessario estendere la sua applicazione a tutti i casi di valutazione di azioni o partecipazioni societarie in genere, quando il loro valore debba essere corrisposto al socio uscente.


3. La dottrina: la clausola “roulette russa” e le “deadlock breaking provisions” in genere

Se prima dello scorso ottobre tale clausola non era mai passata al vaglio della giurisprudenza italiana, non può dirsi lo stesso per quanto riguarda la dottrina, la quale, seppur non si sia mai interrogata sulla sua validità, ne ha però delineato brevemente caratteristiche e funzioni. Gli Autori [3] hanno analizzato la roulette russa come rientrante nel più ampio genus delle c.d. “deadlock breaking provisons”, e cioè, quelle pattuizioni che hanno l’unica finalità di risolvere e superare la situazione di stallo decisionale nelle società (in particolar modo nelle joint ventures). Ancor più nello specifico, essa, rientrerebbe fra le c.d. “clausole di divorzio”, pattuizioni che, una volta verificatosi il c.d. deadlock, affidano l’intera società ad uno dei soci mediante l’uscita dell’altro (come ad es. le “modified roulette mechanism” – una sorta di alterazione del “classico” meccanismo di roulette russa – e “auction procedure” nelle quali, a differenza della roulette russa è prevista una opzione di rilancio del prezzo, una vera e propria contro offerta [4]). Così, all’interno dell’analisi di queste pattuizioni, la dottrina, avrebbe evidenziato i pregi e gli svantaggi della “roulette russa”. Ovvero, oltre ad apprezzarne la semplicità e l’immediatezza con cui è possibile superare una situazione di deadlock, la dottrina [5], all’unanimità, ritiene sussista una presumibile certezza in merito all’equità del giudizio del socio “offerente”, equità dovuta dal diritto di scelta del suo paritetico che lo indurrà a comprare o vendere alle condizioni da lui stesso poste in essere (come meglio si vedrà nel paragrafo successivo). Per quanto riguarda gli svantaggi, invece, l’unico sarebbe rinvenibile nel rischio in cui incorre lo stesso socio “offerente” giacché l’esito della procedura potrebbe non essere quanto da lui desiderato (da qui il nome “roulette russa” il quale richiama l’im­pre­vedibilità del risultato).


4. La fattispecie: l’equilibrio negoziale della “roulette russa”

Prius logico di questo lavoro sarà, quindi, l’analisi del meccanismo negoziale della roulette russa. La clausola anti-stallo in esa­me sarebbe, così, composta di due fasi: (i) nella prima il socio oblato della valutazione delle partecipazioni dovrà comunicare l’am­montare del prezzo delle stesse, tale fase della procedura sembrerebbe rivestire la doppia fattispecie di offerta irrevocabile di acquisto, da un lato e di offerta irrevocabile alla vendita dall’altro; (ii) nella seconda, invece, il socio titolare del diritto di scelta dovrà valutare se vendere o comprare al prezzo determinato dal socio “offerente” [6]. Questione di più attenta analisi, invece, sarebbe costituita dalla mancanza di un criterio predefinito di valutazione del prezzo, così occorre capire se, effettivamente, il solo diritto di scelta del socio, in contro-partita all’atto di valutazione delle azioni, possa bilanciare la clausola in esame come, appunto, già sostenuto dalla dottrina. A tal fine, ragionando sull’utilizzo della roulette russa in genere, ipotizziamo che il socio “offerente” ponga al 50% della quota totale della società un prezzo iniquo: (i) se il prezzo dovesse essere superiore al prezzo effettivo delle azioni, il socio titolare del diritto di scelta potrà trarne profitto scegliendo liberamente di vendere le azioni a quel prezzo [7]; (ii) se, invece, tale valutazione dovesse essere inferiore al prezzo effettivo delle partecipazioni, il socio titolare del diritto di scelta potrà approfittare della situazione comprando le partecipazioni ad un prezzo svalutato. Da ciò ne consegue che dal meccanismo intrinseco della roulette russa deriva un equilibrio ontologico delle posizioni dei due soci. La determinazione del prezzo, infatti, dovrà tener conto dell’insindacabile diritto del socio di comprare o vendere le azioni, diritto che riveste così, il ruolo di ago della bilancia rispetto alla valutazione delle quote societarie. Ovviamente, però, ragionando in astratto, se ci dovesse essere un’ingente disparità economica tra i due soci e la consapevolezza del socio “offerente” dei limiti economici del suo paritetico, il primo potrebbe addirittura valutare le partecipazioni a un prezzo troppo oneroso per escludere il secondo dal business, nella piena [continua ..]


5. In diritto: sull’applicabilità dell’art. 1355 c.c.

Alla luce di quanto appena argomentato, sembra maturo approcciarsi alla prima problematica citata, e cioè, quella relativa alla nullità della roulette russa ex art. 1355 c.c. il quale disciplina la condizione contrattuale c.d. meramente potestativa. Essa è considerata tale, e quindi nulla, nel momento in cui faccia dipendere gli effetti del contratto dalla volontà meramente arbitraria (per così dire dal capriccio [8]) del contraente. Orbene, l’essenza di questa condizione può riassumersi perfettamente nella locuzione “alieno questo diritto/assumo questa obbligazione se vorrò” [9]. Dal silenzio codicistico deriva un ormai consolidato orientamento dottrinario [10] (ripreso anche dalla giurisprudenza [11]), che dif­ferenzia la condizione in oggetto e la condizione potestativa c.d. semplice. Una condizione potestativa è semplice quando pur essendo dipendente dalla volontà del contraente, a questa si aggiungono intrinseci elementi valutativi d’interesse e convenienza rispetto al rapporto contrattuale. Elementi così, da cui l’intento della parte non può in nessun modo essere indipendente, e che quindi influiscono sulla sorte del contratto. L’assenza di questi elementi cardine degrada tale potestà da semplice a mera. Alla luce di quanto argomentato nel paragrafo precedente in merito alla meccanica negoziale della roulette russa, e cioè che l’atto di valutazione delle partecipazioni non potrebbe in nessuna ipotesi trascurare il diritto di scelta di cui è oblata la controparte del negozio, non sembrerebbe possibile ritenere nulla la clausola in esame perché considerata meramente potestativa. Il meccanismo della roulette russa, come già detto, permetterebbe al paciscente di acquistare le partecipazioni in caso di una loro svalutazione e di venderle in caso contrario. Così, il diritto di scelta del socio potrebbe essere reputato quale elemento valutativo d’interesse, talché la valutazione delle partecipazioni sarebbe qualificabile come condizione potestativa semplice e per tal ragione perfettamente valida [12].


6. Segue: La “roulette russa” e il divieto di patto leonino

L’analisi della meccanica negoziale della roulette russa ci permette, altresì, di indagare l’esistenza eventuale di un suo carattere leonino. Come noto, l’art. 2265 c.c. pone come limite invalicabile all’autonomia statutaria (e, ovviamente, para-statutaria), non un erroneo bilanciamento tra poteri patrimoniali e amministrativi (art. 2263 c.c.) né una regolamentazione della ripartizione fra rischi e utili difforme dalla quota di partecipazione sociale bensì una assoluta e sostanziale esclusione del socio dagli utili e dalle perdite [13]. Non solo, una visione sostanzialistica della norma, accettata pacificamente dalla dottrina [14] e dalla giurisprudenza [15], fa sì che nel divieto non si possano far rientrare solo i casi in cui espressamente il socio viene escluso dalla partecipazione agli utili o alle perdite ma si dovrà ricercare quella che è una pattuizione che strategicamente pone in essere limiti troppo alti perché sorga il diritto agli utili o troppo bassi perché si subiscano le perdite [16]. Infatti, quelli definibili come patti leonini strutturalmente puri, oramai, non sono che un’ingenua rarità, cosicché bisognerà indagare l’intrinseca struttura negoziale di una pattuizione (la sua “meccanica”), perché ne venga svelato il carattere leonino. Per di più, una tale indagine deve essere fatta a po­steriori, e cioè deve vertere in modo o­biet­ti­vo ed effettivo sui risultati apportati dalla pattuizione in esame [17]. La ratio alla base di tale divieto sarebbe rinvenibile nell’obiettivo di evitare una scellerata attività imprenditoriale, d’altron­de, sembra ovvio ritenere che è proprio il timore di subire delle perdite da un lato e l’obiettivo di raggiungere degli utili dal­l’altro (e, quindi nel caso di società di capitali, il deprezzamento o l’aumento di valore delle partecipazioni societarie [18]) ad imporre un’avveduta attività gestoria del­l’impresa. Orbene, tenendo ben a mente anche per la soluzione di questa problematica la meccanica negoziale della roulette russa, sarà necessario capire, quindi, se quest’ultima sia idonea ad esonerare effettivamente i soci dal rischio d’impresa medio [continua ..]


7. Segue: la nullità per contrasto con l’art. 2341-bis c.c.

Se per offrire le giuste risposte alle problematiche appena affrontate sarebbe “bastato” analizzare il negozio della roulette russa nella sua meccanica, lo stesso non può dirsi per la questione che verrà ora analizzata. L’art. 2341-bis c.c. dispone che i patti parasociali non possono avere durata superiore a cinque anni ed anche qualora i contraenti stabiliscano un termine maggiore, essi si riterranno stipulati per questa durata, i patti sono, però, rinnovabili alla scadenza; qualora il patto non preveda un termine maggiore di durata ciascun contraente avrà la possibilità di recedere con un preavviso di sei mesi. Così Il Tribunale, nella sentenza oggetto di questa annotazione, analizza la presunta violazione della roulette russa dell’art. 2341-bis c.c. Infatti, nel caso di specie, un potenziale contrasto decisionale sul rinnovo o meno del patto parasociale contenente la clausola antistallo, significherebbe addivenire ad una situazione di deadlock e da qui ne scaturirebbe l’instaurarsi del meccanismo della roulette russa, la quale, a sua volta, costituirebbe una sorta di sanzione, avente l’obiettivo di rendere illimitato il termine del medesimo patto parasociale. Il meccanismo della clausola anti-stallo potrebbe essere, così, idoneo ad influenzare i soci nel rinnovare il patto che la contiene. In tal senso, potrebbe rilevarsi una in­diretta violazione dell’art. 2341-bis c.c. Partendo dalle necessarie premesse argomentative, si rileva la finalità (il leitmotiv) dei patti parasociali, direttamente desumibile dalla lettera dell’art. 2341-bis c.c., ovverosia: «stabilizzare gli assetti proprietari o il governo della società». Tale formulazione andrebbe intesa come obiettivo del legislatore di far rientrare nel­l’alveo della disciplina solo quei patti idonei a salvaguardare l’equilibrio societario, escludendo, così, che non si possano ricom­prendere, indiscriminatamente, tutti quei patti rientranti nei tre tipi disciplinati dal­l’art. 2341-bis c.c. Più nello specifico, sembra potersi affermare che il verbo “stabilizzare” (inteso nel senso di mantenere fermo o, magari, riequilibrare) si riferisca (i) agli “assetti proprietari” intesi come la struttura societaria nel suo complesso e non al [continua ..]


8. Segue: l’utilizzo dell’art. 2437-ter c.c. nella determinazione del valore della partecipazione del socio uscente (4)

A questo punto del lavoro sembra opportuno porsi il seguente quesito: è necessario, nel caso di specie, dover garantire un prezzo almeno pari a quello del socio recedente ex art. 2437-ter c.c. perché reputabile il metodo più equo di determinazione del prezzo? Effettivamente, la norma di cui sopra sembra che cerchi proprio di garantire la massima equità di prezzo al socio recedente (c.d. fair value). D’altronde con la riforma delle società di capitali, apportata dal d.l. 17 gennaio 2003, la norma ha subìto un’im­portante evoluzione, i criteri di calcolo sono mutati. Se nella normativa previgente, la valutazione della quota di recesso doveva essere eseguita tenendo conto dei valori risultanti dall’ultimo bilancio approvato (comportando, così, una sottostima del valore effettivo della partecipazione), ora, invece, con l’utilizzo dei criteri di cui sopra (consistenza patrimoniale, prospettive reddituali ed eventuale valore di mercato) sembra che il legislatore abbia voluto tutelare maggiormente il socio recedente che si vedrà rimborsata una somma analoga al valore effettivo delle azioni, valore scaturente da una valutazione che, alla base, terrà conto del patrimonio della società [26]. Dalla lettera della norma si evince che l’utilizzo dei tre parametri da essa disciplinati sia assolutamente discrezionale e non gerarchico [27], ciò però non vuol dire affatto che la valutazione potrà essere arbitraria, infatti, dovrà portare ad un risultato economicamente valido. In dottrina, si parlerebbe, così, di una discrezionalità “tecnica” ne­cessaria per giungere al fair value della partecipazione [28]. L’evidente obiettivo dell’art. 2437-ter c.c di garantire un prezzo equo (corrispondente il più possibile al valore effettivo delle partecipazioni), basta per limitare la libera determinazione del prezzo delle partecipazioni del socio uscente [29] ? La ratio dell’art. 2437-ter c.c. parrebbe rinvenibile nella tutela del socio recedente. Costui, infatti, in assenza di una tale previsione normativa, si troverebbe in balìa della libera (meramente discrezionale) valutazione dei soci restanti. Come d’altronde il socio con diritto di riscatto ex art. 2437-sexies c.c., sarebbe [continua ..]


9. La “roulette russa” e alcune riflessioni di economia giuridica: l’utilizzo di metodi predefiniti per la valutazione del prezzo

Una maggiore forza economica del socio “offerente” e un suo intento fraudolento rispetto all’utilizzo della roulette russa sembrerebbero elementi critici rispetto all’equi­librio sostanziale della clausola. In concreto, sarebbe possibile ipotizzare il caso in cui il socio titolare del diritto di iniziativa conscio di uno stato di difficoltà economica del suo paritetico, instauri forzatamente uno stallo decisionale per valutare le partecipazioni ad un prezzo irraggiungibile per la sua controparte (e contemporaneamente sottostimato) che sarà costretta ad abbandonare la società. Per tal ragione, si ritiene opportuno concludere questo lavoro con riflessioni che è possibile definire di “economia giuridica”. Posto che, a detta del Tribunale, in caso di utilizzo fraudolento della roulette russa sarà comunque possibile esperire l’ordi­nario rimedio civilistico dell’exceptio doli o, comunque, si potrà richiedere il risarcimento del danno nel qual caso non siano stati rispettati correttezza e buona fede [31], occorre indagare brevemente sull’utilizzo di metodi obiettivi per la valutazione delle partecipazioni, predefinititi dai soci, valutando la loro economicità nei confronti della clausola in esame. Tali metodi utilizzabili sono: (i) la determinazione del prezzo da parte di un terzo arbitratore ex 1349 c.c. o (ii) l’uso di parametri obiettivi da cui risulti un valore immediato delle partecipazioni (parametri reddituali o utilizzo del valore di mercato). Come noto l’art. 1349 c.c. (“Determinazione dell’oggetto”) disciplina l’ipotesi in cui le parti non hanno voluto o potuto determinare/valutare l’oggetto del contratto, così, tale determinazione potrà essere deferita ad un terzo scelto dalle parti [32], costui, sempre che sia prestabilito dalle stesse, potrà rimettersi al suo mero arbitrio [33]. Al fine di valutare la convenienza nell’utilizzo dell’art. 1349 c.c. nel contesto della roulette russa, però, sembra necessaria una più attenta disamina dei rimedi da esso disciplinati. Dalla lettera della norma si evince che “iniquità” ed “erroneità” della valutazione sono cause di nullità della determinazione del terzo. Così, si suole definire, da un lato, come [continua ..]


NOTE