Rivista di Diritto SocietarioISSN 1972-9243 / EISSN 2421-7166
G. Giappichelli Editore

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La libertà di stabilimento e l'autorizzazione delle operazioni straor­dinarie nel caso Euro Park Service. Profili civilistici e fiscali (di Emanuele Stabile)


CORTE DI GIUSTIZIA, I Sezione, 8 marzo 2017, causa C-14/16 – Silva de Lapuerta Presidente – Fernlund Relatore – Wathelet Avvocato Generale – Euro Park Service c. Ministre des Finances et des Comptes Publics   Società di Stati membri diversi – Fusione per incorporazione – Libertà di stabilimento – Regime fiscale comune – Previa autorizzazione dell’Am­mi­nistrazione finanziaria – Direttiva 90/434/CEE (Art. 49 TFUE, artt. 4, 11, § 1, lett. a), Direttiva 90/434/CEE)   L’articolo 49 TFUE e l’articolo 11, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 90/434 devono essere interpretati nel senso che ostano a una normativa nazionale che, nel caso di un’operazione di fusione transfrontaliera, subordini la concessione dei vantaggi fiscali applicabili a un’operazione siffatta ai sensi di tale direttiva a una procedura di previa autorizzazione nell’ambito della quale il contribuente deve dimostrare che l’operazione interessata è giustificata da una ragione economica, che non ha come obiettivo principale o come uno degli obiettivi principali la frode o l’evasione fiscali e che le sue modalità consentono di garantire la futura imposizione delle plusvalenze in sospensione di imposta, mentre, nel caso di un’opera­zione di fusione interna, un simile riporto è concesso senza che il contribuente debba effettuare una simile procedura *. (1)   Società di Stati membri diversi – Fusione per incorporazione – Libertà di stabilimento – Regime fiscale comune – Previa autorizzazione dell’Am­ministrazione finanziaria – Direttiva 90/434/CEE – Art. 11, § 1, lett. a) – Frode o evasione fiscale (Art. 11, § 1, lett. a), Direttiva 90/434/CEE, artt. 210 A, 210 B, 210 C code général des impôts)   Poiché l’articolo 11, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 90/434/CEE del Consiglio, del 23 luglio 1990, relativa al regime fiscale comune da applicare alle fusioni, alle scissioni, ai conferimenti d’attivo ed agli scambi d’azioni concernenti società di Stati membri diversi, non opera un’armonizzazione esauriente, il diritto dell’Unione consente di valutare la compatibilità di una normativa nazionale, alla luce del diritto primario *. (2)           SENTENZA DELLA CORTE (Prima Sezione) 8 marzo 2017 (*)   Nella causa C‑14/16, avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi del­l’articolo 267 TFUE, dal Conseil d’État (Consiglio di Stato, Francia), con decisione del 30 dicembre 2015, pervenuta in cancelleria l’11 gennaio 2016, nel procedimento Euro Park Service, subentrata nei diritti e negli [continua..]
SOMMARIO:

1. Il caso - 2. La normativa di riferimento - 3. I precedenti giurisprudenziali della Corte di Giustizia [e sul piano fiscale] - 4. La dottrina - 5. Il commento - NOTE


1. Il caso

La SCI Cairnbulg Nanteuil (da ora la Cairnbulg), società di diritto francese, il 26 novembre 2004 nell’ambito di un procedimento di fusione transfrontaliera era incorporata nella Euro Park Service (da ora la Euro Park), società di diritto lussemburghese. Nel gennaio 2005 la Cairnbulg optava per i vantaggi fiscali connessi alla fusione per incorporazione transfrontaliera ex art. 4 Direttiva 90/434/CEE. Il 19 aprile 2005 il conferimento a favore della Euro Park era stimato ad un valore contabile di € 9.387.700 e ceduto da que­st’ultima alla SCI IBC Ferrier per un valore di mercato pari a € 15.776.000. Successivamente, il Ministre des Finances et des Comptes Publics (da ora l’Am­mi­nistrazione finanziaria), a causa di controlli sull’operazione, non riconosceva il beneficio fiscale alla Cairnbulg poiché que­st’ul­tima non aveva richiesto l’autorizzazione prescritta in caso di fusione transfrontaliera per godere dei suddetti benefici; né avrebbe potuto concederla, in quanto l’operazione aveva come obiettivo principale, o tra gli obiettivi principali, la frode o l’evasione fiscale. L’Amministrazione finanziaria fran­cese, dunque, imponeva contributi aggiuntivi e maggiorazioni d’imposta alla Euro Park, la quale ricorreva al Tribunal Administratif de Paris (Tribunale Amministrativo di Parigi) per ottenere lo sgravio di tali som­me. A seguito della decisione di rigetto del giudice di primo grado, confermata anche dalla Cour Administrative d’Appel de Paris (Corte Amministrativa d’Appello di Parigi), la suddetta società proponeva ricorso al Conseil d’Etat (Consiglio di Stato), affermando tra l’altro che l’autorizzazione della fusione transfrontaliera è una restrizione al principio della libertà di stabilimento ex art. 49 TFUE, il quale sollevava rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia. Nel presente commento ci si interrogherà se l’autorizzazione preventiva ad una fusione transfrontaliera, con finalità antielusiva, sia un limite alla mobilità societaria europea.


2. La normativa di riferimento

Il quadro giuridico è assai complesso. La Direttiva 90/434/CEE [1], applicabile al caso di specie ratione temporis, nonché gli artt. 210 A, 210 B, 210 C code général des impôts (CGI) che recepiscono internamente la suddetta direttiva, si propongono di armonizzare il frammentato regime fiscale europeo [2] e incentivare lo sviluppo di un mercato comune. L’art. 4 esclude ogni «… imposizione delle plusvalenze risultanti dalla differenza tra il valore reale degli elementi d’attivo e di passivo conferiti ed il lo­ro valore fiscale», dello stesso tenore l’art. 210 A CGI, mentre l’art. 11 attribuisce ai Paesi membri dell’Unione Europea (UE) il diritto di non riconoscere o revocare tale beneficio. La concessione di vantaggi fiscali per le sole operazioni societarie transfrontaliere [3], ex artt. 210 B, § 3, 210 C, § 2, CGI, al fine della lotta all’abuso del diritto, è subordinata ad un’autorizzazione ministeriale rilascia­ta a condizione che l’o­perazione sia giu­stificata da valide ragioni economiche, non abbia come obiettivo prin­cipale, o come uno degli obiettivi principali, la frode o l’e­va­sione fiscale e sia garantita la futura imposizione delle plusvalenze [4]. L’art. 49 TFUE riconosce il diritto di stabilimento tutelando, al par. II, lo stabile esercizio di attività autonome preesistenti o di nuova creazione [5] – c.d. libertà di stabilimento primaria – e, al par. I, l’apertura di agenzie, filiali e succursali [6] – c.d. libertà di stabilimento secondaria – qualora ricorrano determinati presupposti soggettivi e oggettivi. Le persone fisiche o giuridiche devono essere cittadini, o avere la nazionalità, di uno Stato membro dell’Unione Europea (UE) – c.d. requisito soggettivo. È altresì necessario l’esercizio di un’attività imprenditoriale autonoma (cioè svolta senza alcun vincolo di subordinazione con l’acqui­ren­te) [7] condotta con metodo economico, ossia attraverso lo scambio di beni e servizi verso un corrispettivo – c.d. requisito oggettivo. L’art. 54, § 1, TFUE [8], inoltre, equipara le persone giuridiche a quelle fisiche – con la sola eccezione delle [continua ..]


3. I precedenti giurisprudenziali della Corte di Giustizia [e sul piano fiscale]

La Corte di Giustizia dell’Unione Europea come è noto si è ripetutamente espressa sulla libertà di stabilimento ampliandone le ipotesi applicative “… al fine di fondere i mercati nazionali …” e realizzare “… un vero e proprio mercato interno” [12]. Originariamente, aderendo alla teoria della sede legale, la Corte riteneva che lo spostamento della sede sociale sia inconciliabile con il mantenimento della personalità giuridica attribuita ad una società dallo Stato d’origine [13], il quale può subordinare il diritto di stabilimento [14] allo scioglimento e ricostituzione secondo il nuovo diritto nazionale (sentenza Daily Mail). La giurispru­denza si è quindi evoluta, ritenendo che l’a­pertura di un’agenzia, succursale o filiale in uno Stato membro diverso da quello in cui si trova la sede legale della società è perfettamente legittimo, escludendo che le norme imperative nazionali prevalgano sulle libertà comunitarie (sentenza Centros) [15] e vietando di subordinare la circolazione transfrontaliera della società al suo scioglimento e ricostituzione (sentenza Überseer­ing) [16]. Sono vietati dunque i c.d. limiti in entrata alla mobilità societaria, ossia imposti dallo Stato di destinazione, poiché, da un lato, le esigenze di tutela dei creditori o di “… lotta all’abuso della libertà di stabilimento …” [17] non giustificano restrizioni alla libertà di stabilimento a titolo secondario (sentenza Inspire Art) e, dall’altro, la normativa di uno Stato che vieti la trasformazione di società straniere in nazionali, ma non viceversa, introduce un’ingiustificata e sproporzionata disparità di trattamento (sentenza Vale) [18] contraria all’art. 49 TFUE. Parimenti, i giudici considerano vietati i c.d. limiti in uscita, imposti dal Paese di origine, poiché laddove una società trasferisca la propria sede in altro Paese membro trasformandosi in un diverso tipo societario e mutando lex societatis lo Stato di provenienza [19] non si può imporre lo scioglimento e la ricostituzione dell’ente che non intenda mantenere l’originario status giuridico (sentenza CARTESIO) [20]. Il diritto di stabilimento è [continua ..]


4. La dottrina

Nella più accreditata ricostruzione dottrinale la libertà di stabilimento affermata dalla giurisprudenza Centros ha il suo fondamento teorico nella ormai dominante teoria dell’incorporazione in senso stretto [25], secondo cui le società, costituite ai sensi del diritto nazionale, acquistano un proprio status e possono spostare la loro sede amministrativa nell’Unione Europea ex art. 49 TFUE continuando a essere regolate dalla legge di costituzione, c.d. lex societatis o law of incorporation. Viene altresì giustamente notato che soltanto in alcuni ordinamenti (Germania e Austria), nonostante la menzionata giurisprudenza, vige ancora la contrapposta teoria della sede legale, secondo cui l’ente è inscindibilmente connesso (c.d. vincolo necessario) con l’ordina­mento nel cui territorio si trova la sede amministrativa: la società può spostarsi solo previo scioglimento e ricostituzione, anche se a ben vedere non è la “stessa” società che si stabilisce in altro ordinamento, ma una nuova [26]. In questo quadro possono leggersi gli orientamenti in materia fiscale. Se da un lato si è affermata una interpretazione restrittiva delle limitazioni alla mobilità societaria, dall’altro si ammette l’emanazione di norme antielusive [27] (ad esempio la valutazione preventiva delle fusioni sovranazionali in commento), ancorché non indistintamente per tutte le operazioni straordinarie coinvolgenti società straniere [28] al fine di evitare ostacoli alla libera circolazione degli individui e disparità di trattamento vietate dal principio di non discriminazione ex artt. 9 TUE e 18 TFUE [29]. Per lo stesso ordine di ragioni si ritiene non possibile subordinare la menzionata autorizzazione al possesso di requisiti eccessivamente gravosi [30].


5. Il commento

La sentenza in commento si inserisce nel quadro degli orientamenti illustrati ammettendo una procedura autorizzativa delle fusioni transfrontaliere (esclusivamente per il godimento di benefici fiscali) [31] argomentando nel senso che la lotta all’abuso del diritto, e in particolare alla frode fiscale, risponde a rilevanti interessi pubblici [32] che giustificano una riduzione – non indiscriminata – della mobilità societaria. In realtà alla luce dei precedenti giurisprudenziali ci si sarebbe aspettati l’affer­mazione di un divieto radicale di ogni e qualsiasi limite – soprattutto autorizzativo – alle fusioni transfrontaliere. E la sentenza in effetti, in tale prospettiva, in primo luogo afferma che la libertà di stabilimento non tollera una “… presunzione generale di evasione o di frode fiscale … che pregiudichi gli obiettivi del Trattato …” [33] ostacolando il diritto alla mobilità societaria: nel pieno diritto della Euro Park Service di godere della mobilità transfrontaliera, è condivisibile l’affermazione della Corte laddove ritiene che “… una normativa fiscale, come quella di cui al procedimento principale, … non può … giustificare un ostacolo …” [34] alla libertà ex art. 49 TFUE. Per il giudice europeo il legislatore francese, travalicando i suoi poteri, ha introdotto un’indebita limitazione alla mobilità transfrontaliera (la Direttiva 90/434/CEE menziona solo alcune delle condizioni previste dall’art. 210 B, § 3, CGI per la concessione di benefici fiscali) nonché una disparità di trattamento illegittima, infondata e dannosa (gli artt. 210 A, 210 B, 210 C CGI si applicano solo alle operazioni transfrontaliere) [35] mentre, per garantire il buon funzionamento di un mercato comune integrato, efficiente ed efficace “l’articolo 49 TFUE e l’articolo 11, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 90/434 devono essere interpretati nel senso che osta a una normativa nazionale, come quella di cui al procedimento principale, che, nel caso di un’operazione di fusione transfrontaliera, si subordini la concessione dei vantaggi fiscali … a una procedura di previa autorizzazione …” [36]. Al tempo stesso la Corte, altrettanto [continua ..]


NOTE