Rivista di Diritto SocietarioISSN 1972-9243 / EISSN 2421-7166
G. Giappichelli Editore

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Concordato preventivo e scissione di società (di Marco Maltoni)


 1. È legittima la scissione di società in funzione o in esecuzione di un concordato preventivo, come desumibile dalle disposizioni degli artt. 2501 c.c. e 160 e 186-bis l. fall.

 2. Gli effetti giuridici della scissione – sul piano societario ed organizzativo – derivano unicamente dalla stipula e successiva iscrizione dell’atto di scissione. Pertanto, anche se la società ha depositato una domanda di concordato preventivo:

a) non necessita di alcuna autorizzazione degli organi della procedura l’approvazione e il deposito del progetto di scissione da parte dell’organo amministrativo;

b) non necessita di alcuna autorizzazione degli organi della procedura la deliberazione che approva il progetto di scissione, condizionando la eseguibilità dell’atto di scissione all’intervenuta omologazione del concordato nel cui piano essa sia prevista.

 

3. Non richiede alcuna autorizzazione giudiziale, né la partecipazione del commissario giudiziale (o di altro soggetto cui venga affidata l’esecuzione del concordato), la stipulazione dell’atto di scissione di una società per la quale è stato omologato un concordato preventivo. Peraltro, in tal caso:

a) resta fermo il dovere di vigilanza ex art. 185 l. fall. del commissario giudiziale sul­l’esecuzione del concordato, che, qualora la scissione sia prevista dal piano di concordato, investirà la conformità della stessa alle previsioni del concordato approvato e omologato;

b) sono salve le diverse disposizioni o autorizzazioni eventualmente previste dal decreto di omologazione del concordato.

 4. Non richiede alcuna autorizzazione giudiziale la deliberazione che approva il progetto di scissione senza condizionarlo all’omologazione del concordato, ma la stipulazione del relativo atto prima dell’omologazione deve essere autorizzata dal tribunale ex art. 161, 7° comma, l. fall. o dal giudice delegato ex art. 167 l. fall., a seconda che la stipulazione medesima avvenga prima o dopo l’ammissione della società alla procedura.

SOMMARIO:

1. - 2. - 3. - 4. - 5. - 6.


1.

La legittimità della scissione di società per l’attuazione di un concordato preventivo risulta oggi suffragata da una pluralità di dati normativi: a) innanzitutto, dall’attuale dettato dell’art. 2506 c.c., che, letteralmente, non preclude più la possibilità di scindere una società sottoposta a procedura concorsuale, a differenza di quanto disposto nel testo anteriore alla riforma del 2003; b) in secondo luogo, dall’art. 160, 1° comma, l. fall., che consente espressamente la possibilità di promuovere «la ristrutturazione dei debiti e la soddisfazione dei creditori attraverso qualsiasi forma, anche mediante … operazioni straordinarie», nel quadro di una logica, di recente consolidata, che mira alla soluzione della crisi o dell’insolvenza di impresa attraverso processi di ristrutturazione patrimoniale, finanziaria od organizzativa dell’impresa medesima; b) da ultimo, dall’art. 186-bis l. fall. («Concordato con continuità aziendale»), la cui mens legis è rappresentata con evidenza dalla tutela della continuità aziendale, a cui è normativamente funzionale la scissione (art. 2506, 1° e 3° comma, c.c.), capace altresì di conseguire gli obiettivi economici delle fattispecie elencate in modo espresso nel medesimo art. 186-bis l. fall. In quest’ottica, la scissione costituisce modalità di conservazione della continuità aziendale, e rientra nel disposto dell’art. 186-bis, oltre che come operazione lato sensu di trasferimento d’azienda in esercizio, anche in modo diretto quale processo di riorganizzazione per la continuazione dell’attività da parte del debitore. Nella prospettiva accolta le norme degli artt. 160 e 186-bis l. fall. sembrano rendere superflua una valutazione preliminare di compatibilità dell’operazione «con lo stato e le finalità della procedura» a mente dell’art. 2499 c.c., qualora si ritenga applicabile, come regola di principio, anche alle “operazioni straordinarie” diverse dalla trasformazione (e risultando tuttavia necessaria una valutazione in tal senso qualora la scissione o la fusione attuino anche un trasformazione implicita). Sul piano attuativo la scissione “concordataria” può essere diversamente organizzata.


2.

Innanzitutto, la scissione può essere prevista nel piano, ai sensi dell’art. 161, 2° comma, lett. e), l. fall., ma la sua attuazione può essere completamente rinviata alla fase esecutiva successiva all’omologa del concordato. La scelta non pone in tal caso all’operatore ed al notaio particolari problemi applicativi. Ai sensi dell’art. 181 l. fall, con l’omologa del concordato la procedura concorsuale infatti si chiude. Salvo il caso in cui il piano affidi ad un terzo la liquidazione di beni sociali, la società debitrice riacquista il pieno potere di amministrazione dei suoi beni, seppur finalizzato all’adem­pimento della proposta concordataria omologata e sotto la vigilanza del commissario giudiziale, istituzionalmente deputato alla verifica del rispetto delle condizioni concordatarie (art. 185 l. fall.). Ne consegue che la scissione, avendo ad oggetto una società tornata in bonis, verrà attuata secondo le ordinarie regole procedimentali (anche in punto di legittimazione alla sottoscrizione del progetto e dell’atto di scissione) e senza necessità di alcuna autorizzazione preventiva, se non quelle che siano state eventualmente previste in modo espresso dal decreto di omologazione. In assenza di tale ultima previsione, al solo commissario giudiziale spetterà la verifica di conformità del progetto di scissione agli accordi concordatari omologati, anche sotto il profilo del contenuto patrimoniale. Un suo giudizio negativo non può peraltro ripercuotersi sulla legittimità del procedimento di scissione e quindi sulla validità della delibera di approvazione del progetto, che sarà iscrivibile nel registro delle imprese, poiché l’eventuale difformità delle modalità attuative della scissione rispetto a quanto previsto nel concordato rappresenta certamente inadempimento di quest’ultimo, ma non “delle condizioni stabilite dalla legge” ai sensi e per gli effetti dell’art. 2436 c.c. Verificandosi tale situazione, la tutela del ceto creditorio è affidata non solo al rimedio della risoluzione del concordato ai sensi all’art. 186 l. fall., qualora ne ricorrano le condizioni, ma anche al diritto di opposizione ai sensi dell’art. 2503 c.c., che si deve ritenere spettante a tutti i creditori sociali qualora la scissione non sia rispettosa del concordato [continua ..]


3.

La soluzione di rinviare completamente l’attuazione della scissione alla fase esecutiva del concordato, seppur pienamente legittima, potrebbe risultare meno tranquillizzante per il ceto creditorio, per la dissonanza normativamente esistente fra competenza a presentare la proposta di concordato preventivo e competenza a decidere la scissione. Infatti, mentre la prima spetta, salvo diversa previsione statutaria, all’organo amministrativo, ai sensi dell’art. 152 l. fall. (richiamato dall’art. 161, 4° comma, l. fall.), l’approvazione del progetto di scissione è naturalmente di competenza dei soci, a meno che statutariamente non ci si sia avvalsi della facoltà prevista negli artt. 2505 e 2505-bis c.c. (richiamati dall’art. 2506-ter c.c.). Ne discende il potenziale rischio della difformità di orientamenti fra amministratori e soci in ordine al programma di ristrutturazione aziendale funzionale al concordato, che potrebbe mettere a repentaglio, se non vanificare, gli accordi raggiunti e gli impegni assunti con il ceto creditorio. Onde evitare il rischio da ultimo paventato il procedimento di scissione in funzione concordataria potrebbe essere avviato prima della presentazione in Tribunale della domanda per l’ammissione alla procedura ai sensi dell’art. 161, 2° comma, l. fall., per essere poi incluso nel piano oggetto di approvazione da parte dei creditori ai sensi dell’art. 177 l. fall. In tal caso appare evidente l’opportunità di formalizzare il “rapporto di servizio” che lega la scissione all’attuazione del concordato, condizionando la scissione all’omologazione del concordato ex art. 181 l. fall., anche se non definitiva, in quanto immediatamente efficace pur se reclamabile ai sensi dell’art. 183 l. fall. A tal fine sembra sufficiente, limitarsi a “condizionare” l’esecuzione della deliberazione di approvazione del progetto di scissione, nel senso di autorizzare il legale rappresentante alla stipula dell’atto di scissione solo qualora sia omologato il concordato, piuttosto che apporre una condizione sospensiva all’atto finale, per non interferire direttamente sugli effetti della scissione definiti nell’art. 2504 bis c.c. Adottando tale soluzione, si dovrebbe procedere alla stipula dell’atto finale soltanto a concordato omologato e precisamente in sede di [continua ..]


4.

Può anche accadere che si intenda iniziare il procedimento di scissione una volta depositata la domanda, anche “in bianco” (art. 161, 6° comma, l. fall.), subordinandone pur sempre l’attuazione all’omologazione del concordato. Ferme le considerazioni sopra esposte circa le modalità di apposizione della condizione e sotto il profilo dell’opportunità dei contenuti progettuali, sembra emergere nella circostanza un’esigenza di armonizzazione della disciplina ordinaria della scissione con quella concorsuale. Infatti, una volta depositata la domanda, il compimento di atti di straordinaria amministrazione da parte del debitore è soggetto ad autorizzazione giudiziale: del Tribunale, prima che sia emanato il decreto di ammissione al concordato preventivo; del Giudice Delegato, successivamente all’ammissione. Il risultato disgregativo del patrimonio sociale generato da una scissione, avviata su iniziativa degli amministratori, con innegabili riflessi anche sul piano della tutela dei creditori, potrebbe indurre ad ascrivere all’operazione una valenza straordinaria, tale dunque da pretendere il preventivo benestare giudiziale. Se tuttavia l’effetto dell’operazione, che consegue solo all’iscrizione (e quindi alla stipula) dell’atto di scissione, è condizionato all’omologazione del concordato, la conclusione sembra dover essere meglio ponderata. Infatti, la pubblicazione (nel registro delle imprese o nel sito internet della società) del progetto di scissione e l’assunzione della delibera di approvazione dei soci, pur se necessari sul piano procedimentale, sono incapaci, di per sé, di generare qualsivoglia effetto patrimoniale o finanche organizzativo. Per tale motivo, qualora l’operazione sia strutturata in maniera tale da rendere l’atto di scissione necessariamente conseguente all’omologazione del concordato preventivo alla cui attuazione è funzionale, e della stessa scissione si dia conto nel piano presentato ai sensi dell’art. 161 l. fall., non ricorrono i presupposti che giustificano la preventiva autorizzazione giudiziale (del Tribunale o del Giudice Delegato), di cui non ci si dovrà munire nemmeno per pubblicizzare il progetto di scissione. Dunque, la delibera di approvazione del progetto di scissione ad esecuzione “condizionata” all’omologazione del concordato [continua ..]


5.

Alla stregua delle premesse poste, qualora successivamente al deposito della domanda di concordato, ma prima dell’omologazione, si intenda stipulare un atto di scissione della società ad efficacia non condizionata all’omologazione, si ritiene necessaria l’autorizzazione del tribunale ex art. 161, 7° comma, l. fall. o del giudice delegato ex art. 167 l. fall. a seconda che detta stipulazione debba intervenire prima o dopo l’ammissione della società scindendo alla procedura. Non sembra revocabile in dubbio, infatti, che l’effetto disgregativo del patrimonio e la possibile moltiplicazione di patrimoni autonomi dotati di soggettività giuridica che ne consegue costringano ad ascrivere natura “straordinaria” all’operazione di scissione, a tutela del ceto creditorio. In tal caso (e a differenza di quanto rilevato nel § 3) la situazione patrimoniale della società che si scinde è quella attuale all’epoca di efficacia della scissione, per cui non si potrà tener conto dei benefici effetti della falcidia concordataria dei debiti sociali, in quanto il concordato è ad esito ancora incerto. Per coerenza, la pubblicazione (nel registro delle imprese o nel sito internet) del progetto di scissione e finanche la sua approvazione prima dell’omologazione del concordato preventivo, senza che questa rappresenti condizioni di efficacia (o di eseguibilità) della relativa delibera, non richiedono alcuna autorizzazione, in quanto incapaci di produrre effetti sul patrimonio sociale, come più volte rimarcato.


6.
Fascicolo 4 - 2013