Rivista di Diritto SocietarioISSN 1972-9243 / EISSN 2421-7166
G. Giappichelli Editore

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La determinazione del valore dei conferimenti diversi dal denaro alla luce delle recenti modifiche legislative: il potere degli amministratori e la tutela dei soci (di Annalisa Postiglione)


SOMMARIO:

1. Introduzione. - 2. La valutazione dei beni diversi dal denaro: il prezzo medio ponderato di valori mobiliari e strumenti del mercato monetario. - 3. Segue. La valutazione dei beni diversi dal denaro: il criterio del fair value. - 4. Segue. La valutazione dei beni diversi dal denaro: la stima peritale - 5. Il ricorso alla valutazione secondo il sistema tradizionale. - 6. La stima del valore dei conferimenti diversi dal denaro: gli adempimenti degli amministratori. - 7. La valutazione dei conferimenti nell’aumento delegato del capitale sociale. - 8. Segue. La valutazione dei conferimenti nell’aumento delegato del capitale sociale. - 9. La possibile limitazione nella facoltà di scelta del sistema di valutazione. - NOTE


1. Introduzione.

Con il d.lgs. 29 novembre 2010, n. 224 il legislatore è nuovamente intervenuto a modificare la disciplina dei conferimenti in natura introdotta dal d.lgs. 4 agosto 2008, n. 142, in attuazione della Direttiva 2006/68/CE – che ha modificato la Direttiva 77/91/CE, la c.d. Seconda Direttiva in materia di società – e ha previsto una nuova disciplina per l’apporto dei conferimenti non in denaro nelle società per azioni, con l’introduzione dei nuovi artt. 2343-ter, 2343-quater e 2440-bis (poi abrogato), ai quali si aggiunge l’art. 111-bis delle disposizioni di attuazione. Le riflessioni che seguono hanno lo scopo di provare a contribuire all’interpretazione della riforma recentemente emanata tenuto conto dei correttivi introdotti dal legislatore su un impianto normativo che aveva sollevato numerosi dubbi interpretativi, non tutti completamente risolti [[1]]. Praticamente tutti gli autori che si sono interessati allo studio della riforma della disciplina dei conferimenti diversi dal denaro, infatti, hanno sottolineato, per un verso, la scarsa precisione letterale e sistematica delle norme recentemente introdotte [[2]], per un altro, il frettoloso recepimento della direttiva comunitaria [[3]]. Nonostante anche l’intervento correttivo disposto con il d.lgs. n. 224/2010 non sfugga ai rilievi di scarso stile e rigore normativo, che la dottrina ha sottolineato all’emanazione del d.lgs. n. 142/2008, la recentissima previsione normativa ha il merito di correggere alcuni degli aspetti più discussi introdotti dalla disciplina sui conferimenti diversi dal denaro. Gli elementi di maggiore interesse, sui quali si tornerà diffusamente nel prosieguo, sono una più rigorosa ricostruzione della disciplina applicabile in sede di aumento del capitale sociale, una più netta delineazione dei diritti dei soci rispetto alla decisione di valutare i conferimenti con uno dei criteri alternativi di valutazione e l’abrogazione dell’art. 2440-bis c.c. che disciplinava la valutazione dei conferimenti diversi dal denaro nella particolare ipotesi in cui l’au­mento del capitale sociale fosse deliberato dagli amministratori ai sensi dell’art. 2443 c.c. – previsione in parte reinserita nell’ultimo comma di tale norma – oltre ad una generale precisazione di alcuni elementi dei criteri e dei tempi della valutazione dei conferimenti. Quanto [continua ..]


2. La valutazione dei beni diversi dal denaro: il prezzo medio ponderato di valori mobiliari e strumenti del mercato monetario.

Una prima ipotesi di determinazione del valore di conferimenti in natura tramite una procedura diversa da quella della perizia giurata di stima, a prescindere da quale sia l’organo che ha deliberato l’aumento del capitale sociale, è dettata dal 1° comma dell’art. 2343-ter c.c. che esenta i soci dall’obbligo di richiedere la relazione di stima di cui all’art. 2343 c.c. allorché oggetto di conferimento siano valori mobiliari – per tali intendendosi quelli di cui all’art. 1, 1°-bis comma, d.lgs. 24 febbraio 1998, n. 58, c.d. t.u.f. – ovvero strumenti del mercato monetario [[5]] – ossia quelli di cui all’art. 1, 1°-ter comma, del medesimo t.u.f. – se il valore ad essi attribuito ai fini della determinazione del capitale sociale e dell’eventuale sovraprezzo è pari o inferiore al prezzo medio ponderato [[6]] al quale sono stati negoziati su uno o più mercati regolamentati nei sei mesi precedenti il conferimento. Evidentemente, il criterio di valutazione del prezzo medio ponderato presuppone che vi sia stata l’effettiva negoziazione in un mercato regolamentato per un arco temporale almeno semestrale, con la conseguenza che il ricorso al criterio del prezzo medio ponderato è escluso sia se il titolo non è quotato, sia se la negoziazione su mercati regolamentati è iniziata da meno di sei mesi, sia se il prezzo medio ponderato non risulti comunque significativo per le eventuali sospensioni subite dai titoli nel corso del semestre [[7]]. Inoltre, qualora uno stesso valore mobiliare o uno stesso strumento del mercato monetario fosse quotato su più mercati regolamentati, si deve tener conto dei prezzi rilevati giornalmente su ciascun mercato, tuttavia per l’applicazione del criterio di cui al 1° comma dell’art. 2343-ter c.c. è sufficiente che, anche su uno solo dei mercati, il titolo sia stato quotato per almeno un semestre, con la conseguenza che la quotazione in quei mercati nei quali la negoziazione è avvenuta per meno di sei mesi concorrerà alla determinazione del valore del prezzo medio ponderato del bene conferito per il solo periodo di effettiva quotazione. Quanto al prezzo cui fare riferimento, in assenza di ulteriore precisazione, data la rilevazione di diversi prezzi giornalieri, occorrerebbe riferirsi a quello che esprime meglio la media ponderata [continua ..]


3. Segue. La valutazione dei beni diversi dal denaro: il criterio del fair value.

Per i conferimenti che non possono essere valutati ai sensi del 1° comma dell’art. 2343-ter c.c., ossia per quelli diversi [[14]] dai valori mobiliari e dagli strumenti del mercato monetario – o anche per questi stessi beni quando non risulti applicabile il criterio di cui al 1° comma, secondo l’interpretazione fornita nel paragrafo precedente – ed ancora una volta a prescindere da quale sia l’organo che ha deliberato l’aumento del capitale sociale, può trovare applicazione il regime alternativo di valutazione contemplato dal 2° comma dell’art. 2343-ter c.c. che dispone che non è altresì richiesta la relazione giurata di stima qualora il valore attribuito, ai beni in natura o ai crediti conferiti, ai fini della determinazione del capitale sociale e dell’eventuale sovrapprezzo, sia pari o inferiore [[15]]: a) al fair value iscritto nel bilancio dell’esercizio precedente quello nel quale è effettuato il conferimento a condizione che il bilancio sia sottoposto a revisione legale e la relazione del revisore non esprima rilievi in ordine alla valutazione dei beni oggetto del conferimento, ovvero; b) al valore risultante da una valutazione riferita ad una data precedente di non oltre sei mesi il conferimento e conforme ai principi e ai criteri generalmente riconosciuti per la valutazione dei beni oggetto del conferimento, a condizione che essa provenga da un esperto indipendente da chi effettua il conferimento, dalla società e dai soci che esercitano individualmente o congiuntamente il controllo sul soggetto conferente o sulla società medesima, dotato di adeguata e comprovata professionalità. È probabilmente su tali due criteri di valutazione che più incisivo è stato l’intervento correttivo del legislatore. Nella prima versione della riforma, il 2° comma dell’art. 2343-ter presentava nelle lett. a) e b) un elemento comune, il valore equo, che aveva sollevato pressanti problemi interpretativi [[16]]. La nozione di valore equo, infatti, richiamava immediatamente il concetto di fair value dettato dai principi contabili internazionali IAS-IFRS per la redazione del bilancio di esercizio, senza tuttavia ricorrervi espressamente. In tale prospettiva, ed evidentemente con una formulazione normativa che lasciava ampi margini di incertezza, parte della dottrina riteneva corretto concludere che il metodo [continua ..]


4. Segue. La valutazione dei beni diversi dal denaro: la stima peritale

L’ultimo criterio alternativo di valutazione dei conferimenti diversi dal denaro è dettato dall’art. 2343-ter, 2° comma, lett. b), c.c., che dispone che non è altresì richiesta la relazione di cui all’art. 2343, 1° comma, c.c. qualora il valore attribuito, ai fini della determinazione del capitale sociale e dell’eventuale sovrapprezzo, ai beni in natura o ai crediti conferiti, fuori dai casi in cui è applicabile il 1° comma, corrisponda «al valore risultante da una valutazione riferita ad una data precedente di non oltre sei mesi il conferimento e conforme ai principi e criteri generalmente riconosciuti per la valutazione dei beni oggetto del conferimento, a condizione che essa provenga da un esperto indipendente da chi effettua il conferimento, dalla società e dai soci che esercitano individualmente o congiuntamente il controllo sul soggetto conferente o sulla società medesima, dotato di adeguata e comprovata professionalità». Il legislatore non indica in quale materia il soggetto incaricato della valutazione debba essere esperto, tuttavia il riferimento alla adeguata e comprovata professionalità dello stesso – che si aggiunge al requisito dell’indipendenza [[34]] – implica una stretta relazione tra la natura del bene da conferire e le qualità professionali di chi procede alla valutazione, che deve essere effettuata con riferimento, prevalentemente, alla tipologia del bene oggetto di conferimento e alle sue caratteristiche. Inoltre, il testo della norma consente di escludere che l’esperto debba essere necessariamente una persona fisica, con la conseguenza che la valutazione potrebbe provenire da un pool di esperti o da una persona giuridica, e ciò soprattutto quando la complessità del bene conferito presuppone competenze diversificate [[35]]. Anche sul criterio di cui alla lett. b) del 2° comma dell’art. 2343-ter c.c. il legislatore è intervenuto apportando delle rilevanti modifiche. Innanzitutto la norma fa ora riferimento ad un valore ottenuto tramite l’applicazione di principi e criteri generalmente riconosciuti, accogliendo questa volta l’orientamento di quella dottrina che nell’interpretare il concetto di valore equo, comune, nella prima versione della disciplina, ad entrambi i criteri di cui al 2° comma dell’art. 2343-ter c.c. aveva ritenuto che [continua ..]


5. Il ricorso alla valutazione secondo il sistema tradizionale.

L’art. 2440 c.c. prescrive che qualora l’aumento di capitale avvenga mediante il conferimento di beni in natura o di crediti si applichino le disposizioni degli artt. 2342, 3° e 5° comma, e 2343 c.c., specificando, al 2° comma, che l’aumento di capitale mediante conferimento di beni in natura o di crediti può essere sottoposto, su decisione degli amministratori, alla disciplina di cui agli artt. 2343-ter e 2343-quater c.c. Non vi è dubbio, dunque, che la scelta sul sistema di valutazione sia rimessa agli amministratori, secondo l’opportuna precisazione che il legislatore ha inserito con il decreto correttivo del 2010. La lettera dell’art. 2343-ter c.c., nella previgente formulazione, infatti, sembrava rimettere alla volontà del socio conferente [[45]] la scelta sul metodo di valutazione del bene da conferire, ovviamente con le rigide restrizioni che dipendono dalla natura del bene. Gli artt. 2343-ter e 2343-quater c.c., infatti, si riferivano necessariamente ed esclusivamente a coloro che sono tenuti al conferimento, ossia ai singoli soci e dunque la modalità di valutazione del conferimento sembrava essere stata affidata integralmente alla discrezionalità del singolo socio [[46]] sulla quale, in via di principio, né gli altri soci né gli amministratori potevano incidere, salvo l’espressa previsione dell’art. 2440-bis c.c. La valutazione sistematica della disciplina, tuttavia, consentiva una diversa conclusione. L’art. 10-bis della Direttiva 77/91/CE, introdotto dalla Direttiva 2006/68/CE, prevede infatti la possibilità di derogare alla regola tradizionale di valutazione dei conferimenti diversi dal denaro su decisione dell’organo di amministrazione e di direzione, ricorrendone gli specifici presupposti di cui si è già detto. La stessa previsione non era stata riproposta nella disciplina italiana, tuttavia, tale omissione veniva giustificata in considerazione del fatto che al momento della sottoscrizione gli amministratori della costituenda società non sono stati ancora nominati [[47]]. Se, come sembrava di rilevare, si trattava solo di un adeguamento testuale ad una circostanza di fatto – ossia l’assenza di un organo amministrativo in sede di costituzione della società – doveva concludersi che, nonostante l’assenza di una espressa previsione in tal senso, la scelta sul [continua ..]


6. La stima del valore dei conferimenti diversi dal denaro: gli adempimenti degli amministratori.

Un cenno alla specifica disciplina dettata dall’art. 2343-quater c.c. in riferimento agli obblighi e alla responsabilità degli amministratori si rende necessario prima di analizzare le modifiche della procedura nel caso di aumento delegato del capitale sociale. Il 1° comma dell’art. 2343-quater c.c. impone agli amministratori di verificare ed attestare due diversi fatti: il primo, salvo le puntualizzazioni di cui si dirà, è che non siano intervenuti eventi, successivi al conferimento, tali da modificare in modo sensibile il valore degli strumenti del mercato monetario o dei valori mobiliari, discostandolo dal prezzo medio ponderato del semestre anteriore al conferimento, ovvero da modificare il valore dei beni o dei crediti conferiti rispetto al valore risultante dal bilancio o dalla valutazione di cui all’art. 2343-ter c.c.; il secondo è che sussistano i requisiti di professionalità ed indipendenza dell’esperto che ha reso la valutazione utilizzata dal conferente [[50]] (art. 2343-quater, 2° e 3° comma, lett. e), c.c.). Si tratta, a ben vedere, di due verifiche sostanzialmente diverse, riguardando, l’una, le qualità soggettive dell’esperto chiamato a valutare il conferimento ai sensi dell’art. 2343-ter, 2° comma, lett. b), c.c., e l’altra, il verificarsi di fatti oggettivi evidentemente successivi al conferimento, che meritano alcune puntualizzazioni. Quanto ai «fatti eccezionali» che possono incidere sul prezzo medio ponderato dei valori mobiliari o degli strumenti del mercato monetario il d.lgs. n. 224/2010 ha specificato, nel 1° comma dell’art. 2343-quater c.c., che tra le situazioni che possono sensibilmente modificare il valore dei conferimenti rientrano anche le «situazioni in cui il mercato dei valori o strumenti non è più liquido». Si tratta di una conclusione alla quale poteva giungersi anche tramite l’interpretazione dei «fatti eccezionali», ma che il legislatore ha inteso prevedere espressamente, probabilmente in considerazione della gravità del fatto e delle irreparabili conseguenze che la sopravvenuta illiquidità del mercato produce sul valore del bene conferito, inficiando la significatività del valore che è stato assegnato, o meglio, rilevato, data la particolare natura matematica del criterio del prezzo medio ponderato, alla quale si [continua ..]


7. La valutazione dei conferimenti nell’aumento delegato del capitale sociale.

Ricostruiti i tratti salienti della recente disciplina sui conferimenti diversi dal denaro, ripercorriamo brevemente l’iter legislativo che ha interessato la particolare ipotesi in cui la valutazione di cui al­l’art. 2343-ter c.c. sia stata effettuata su beni conferiti a seguito della sottoscrizione dell’au­mento di capitale sociale deliberato dall’organo amministrativo a ciò delegato. L’attuale disciplina contenuta nell’ultimo comma dell’art. 2443 c.c. è certamente ben diversa da quella dettata dal legislatore nell’art. 2440-bis c.c. inserito dal d.lgs. n. 142/2008 ed abrogato dal d.lgs. n. 224/2010. Per comprendere meglio la rilevanza delle modifiche apportate dal decreto correttivo è necessario fare un cenno alla prima disciplina dettata per l’aumento delegato del capitale sociale. L’art. 2440-bis c.c. prevedeva che nel caso fosse stata attribuita agli amministratori la facoltà di cui al 2° comma dell’art. 2443 c.c. e fosse deliberato il conferimento di beni in natura o crediti valutati in conformità dell’art. 2343-ter c.c., gli amministratori, espletata la verifica di cui al 1° comma dell’art. 2343-quater c.c., dovevano depositare per l’iscrizione nel registro delle imprese, in allegato al verbale della deliberazione di aumento del capitale, una dichiarazione con i contenuti di cui al 3° comma dell’art. 2343-quater c.c., dalla quale risultasse la data della delibera di aumento del capitale [[71]]. Entro trenta giorni dall’iscrizione della suddetta dichiarazione, i soci che rappresentavano almeno il ventesimo del capitale sociale, al momento della presentazione della domanda e nell’ammontare precedente l’aumento medesimo, potevano richiedere la presentazione di una nuova valutazione, con applicazione dell’art. 2343 c.c. Anche l’art. 2440-bis c.c. non sfuggiva alla critica di scarsa chiarezza e rigore normativo che ha investito la disciplina introdotta con il d.lgs. n. 142/2008. Proviamo comunque ad individuare quale fosse la ratio dell’art. 2440-bis c.c. e a verificare se i dubbi interpretativi che la stessa evidentemente sollevava siano stati risolti dalle correzioni recentemente apportate. L’art. 2440-bis c.c. tendeva a limitare i possibili abusi da parte degli amministratori nella procedura di aumento delegato del capitale sociale nel caso in cui il [continua ..]


8. Segue. La valutazione dei conferimenti nell’aumento delegato del capitale sociale.

Ricostruiti i tratti salienti della disciplina dell’aumento delegato del capitale sociale quando sia stato limitato il diritto di opzione, ci si può ora interrogare su quale sia il potere dei soci o di una minoranza qualificata dei soci qualora la delibera consiliare di aumento del capitale sociale abbia consentito l’apporto di beni diversi dal denaro valutati ai sensi dell’art. 2343-ter c.c. senza tuttavia escludere il diritto di opzione. Nel caso in cui la delega all’aumento del capitale sociale non consenta la limitazione del diritto di opzione, infatti, un problema di sovrapposizione di competenze analogo a quello già illustrato si verificherebbe limitatamente alla quantificazione dei conferimenti apportati da coloro che sono già soci della società, rischiando di incidere sulle partecipazioni sociali e dunque sui rapporti di peso tra i soci. La delega all’organo amministrativo ai sensi dell’art. 2443 c.c. è, infatti una vera e propria delega di poteri deliberativi agli amministratori, i quali non eseguono la volontà altrui ma esercitano un potere proprio, sia pur limitato nel tempo, in virtù di una clausola dell’atto costitutivo [[79]] ed a tale potere è riconducibile il ruolo dell’organo nella quantificazione del valore dei conferimenti diversi dal denaro. Ad eccezione di quanto si è già detto del potere riconosciuto ai soci dall’ultimo comma dell’art. 2443 c.c., l’assemblea dei soci non riveste alcun ruolo nel­l’o­perazione di aumento del capitale sociale, se non nei limiti in cui essa aveva, preventivamente, conferito la delega ed eventualmente approvato la modifica statutaria [[80]] che consente la facoltà di delega qualora non previste originariamente dall’atto costitutivo. È pertanto evidente che un problema di competenza si pone anche in assenza di una limitazione del diritto di opzione. Nonostante il dato normativo sembri far riferimento alla sola ipotesi in cui l’apporto di beni abbia comportato una limitazione del diritto di opzione, facendo essa espresso richiamo al 4° comma dell’art. 2441 c.c., mi sembra che ci sia margine per una diversa conclusione. D’al­tron­de è di tutta evidenza che l’oggetto del conferimento, come pure la sua valutazione, prima ancora che interessare i terzi che sul patrimonio sociale fanno [continua ..]


9. La possibile limitazione nella facoltà di scelta del sistema di valutazione.

In conclusione dell’analisi della disciplina della valutazione senza relazione di stima dei conferimenti in natura, ci si chiede se lo statuto possa prevedere che la valutazione dei conferimenti diversi dal denaro debba necessariamente avvenire secondo uno specifico sistema di valutazione, ed in particolare secondo la stima peritale redatta da un esperto designato dal tribunale ai sensi dell’art. 2343 c.c., ossia secondo quello che si è ormai definito il sistema tradizionale di valutazione. Che la puntuale quantificazione del valore dei conferimenti sia elemento centrale nella formazione del capitale sociale e nella conseguente emissione delle partecipazioni sociali è un dato ormai acquisito dall’ordinamento e dagli interpreti dello stesso, tuttavia la questione ancora controversa è sino a che punto i soci possano pretendere di intervenire nell’iter di quantificazione del valore del conferimento e della partecipazione [[83]]. Non vi è dubbio che larga parte della disciplina dettata in tema di conferimenti e soprattutto di conferimenti a seguito di aumento del capitale sociale miri ad assicurare la corretta determinazione del valore dei conferimenti e delle quote di partecipazione. Innanzitutto, quando la sottoscrizione del capitale sociale avviene a seguito di modifica dell’atto costitutivo, il legislatore impone agli amministratori di fissare un prezzo di emissione della partecipazione che tenga conto del valore patrimoniale della società, tramite il sovrapprezzo, mirando così a parificare le posizioni patrimoniali dei soci appena entrati in società con quelli presenti al momento dell’aumento. Inoltre, quando l’au­men­to del capitale sociale comporta la limitazione del diritto di opzione da parte dei soci, non solo il legislatore impone la fissazione di un sovrapprezzo, ma anche che gli amministratori relazionino sull’operazione, ossia sulle motivazioni che inducono a chiedere la rinuncia all’e­ser­cizio di un diritto partecipativo fondamentale da parte dei soci e sulla natura dei beni conferiti da parte dei terzi, e che il collegio sindacale esprima un parere di congruità sul valore del sovrapprezzo. Ed ancora, nel caso di conferimenti di beni valutati con perizia giurata di stima ai sensi dell’art. 2343 c.c., ma anche con uno dei sistemi alternativi di valutazione di cui all’art. 2343-ter c.c., gli [continua ..]


NOTE
Fascicolo 4 - 2011