Rivista di Diritto SocietarioISSN 1972-9243 / EISSN 2421-7166
G. Giappichelli Editore

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Linee d'azione per l'emissione di azioni per il ricorso al mercato del capitale di rischio ('azioni d'investimento') di cooperative e per la loro ammissione a quotazione sul mercato istituito e gestito da Borsa Italiana s.p.a. Relazione illustrativa (di   )


SOMMARIO:

1. Premessa - 2. Le azioni soci investitori emesse dalla cooperativa p.a.: a) il regime generale - 3. (Segue) b) i diritti amministrativi che possono attribuirsi alle azioni destinate ai soci investitori - 4. (Segue) c) i diritti patrimoniali delle azioni destinate ai soci investitori - 5. (Segue) Riserve divisibili a favore delle azioni destinate ai soci investitori in una cooperativa a mutualità prevalente - NOTE


1. Premessa

Uno degli aspetti più qualificanti della recente riforma del diritto societario, quanto alla disciplina delle cooperative, attiene alla loro struttura finanziaria. La legge di riforma amplia infatti assai significativamente lo spazio rimesso all’autonomia statutaria nella emissione di strumenti finanziari destinati a soci finanziatori. E ciò sia per le cooperative a mutualità prevalente sia per le cooperative a mutualità non prevalente. Infatti, opportunamente «interpretando» il mandato ricevuto con la legge delega, il legislatore delegato ha dettato un nuovo regime degli strumenti finanziari che si discosta significativamente dal precedente, fortemente costrittivo, dettato dalla l. 59/1992; il nuovo regime è inoltre tendenzialmente unitario per entrambi i due sotto-tipi di cooperative (quali risultano individuati in base ai «criteri per la definizione della prevalenza» dettati dall’art. 2513) [1]. Naturalmente, in caso di cooperative a mutualità prevalente – quale è quella in esame – i diritti patrimoniali previsti per gli strumenti finanziari emessi devono essere conformi ai vincoli mutualistici imposti dall’art. 2514 c.c. In tal modo si è opportunamente ottenuto che anche l’impresa cooperativa a mutualità prevalente potesse beneficiare della riforma della struttura finanziaria, con il duplice risultato, da un lato, di incentivare anche per essa «il ricorso al mercato del capitale di rischio» e, dall’altro lato, di apprestare, anche per l’impresa a più forte vocazione mutualistica, una struttura organizzativa idonea a competere, sul mercato dei capitali, con la società per azioni e con la cooperativa a mutualità non prevalente (di cui, parallelamente, la riforma ha cercato di incentivare l’apertura al mercato del capitale di rischio).


2. Le azioni soci investitori emesse dalla cooperativa p.a.: a) il regime generale

In questo contesto, l’art. 2526 c.c. consente alla cooperativa di emettere “strumenti finanziari secondo la disciplina prevista per le società per azioni”. Tra questi “strumenti finanziari” quelli che vengono emessi a fronte di conferimenti (dalla cooperativa imputati a capitale, nella specie alla voce, già in passato consueta, di «capitale soci finanziatori»), non solo possono, ma devono qualificarsi (e trovare correlativamente disciplina) come azioni (destinate a “soci investitori” come contrapposti ai “soci cooperatori”) [2]. Malgrado l’improprietà terminologica dell’art. 2526 che si astiene dal definire l’azione destinata ai soci investitori come fattispecie diversa dalle azioni dei soci cooperatori da un lato e dagli strumenti finanziari partecipativi «ibridi» dall’altro, ciò si deve ritenere in base a due considerazioni di tipo sistematico desunte dalla disciplina delle azioni e degli strumenti finanziari partecipativi dettata per le s.p.a. e dal suo adattamento alla cooperativa p.a. prevista dall’art. 2526. a) In primo luogo, il fatto che il principale tratto «tipologico» necessario idoneo a differenziare «azione» e “strumento finanziario partecipativo” nel contesto della s.p.a. sta proprio nel­l’im­pu­ta­zione o meno a capitale dell’apporto, cui naturalmente consegue – o non consegue – l’ap­pli­ca­zione del regime organizzativo proprio del capitale[3]. In altri termini, per quanto la pretesa sottostante ad una azione e quella sottostante ad uno strumento finanziario partecipativo possano essere anche molto prossime sotto il profilo patrimoniale (giacché, in assenza di vincoli all’au­to­no­mia negoziale dettati dal legislatore sul punto, entrambe all’estremo potrebbero riferirsi ad un inve­stimento in denaro che corre pari passu il rischio dell’investimento e si vede attribuiti uguali diritti patrimoniali partecipativi di tipo residuale, beninteso ove la delibera di emissione degli strumenti finanziari partecipativi così disponesse), ciò non di meno permane tra esse la distinzione inerente all’imputazione contabile e agli effetti organizzativi di essa. L’apporto a fronte del quale viene emesso lo strumento finanziario partecipativo va al più a [continua ..]


3. (Segue) b) i diritti amministrativi che possono attribuirsi alle azioni destinate ai soci investitori

Un qualche approfondimento merita la questione dei diritti amministrativi spettanti alle azioni destinate ai soci investitori. Già si è detto come l’art. 2526 c.c. espressamente preveda che l’atto costitutivo stabilisce i diritti amministrativi attribuiti ai possessori degli strumenti finanziari e che ad essi «non può in ogni caso essere attribuito più di un terzo dei voti spettanti all’insieme dei soci presenti ovvero rappresentati in ciascuna assemblea generale». Questa importante disposizione deve essere necessariamente considerata unitamente all’art. 2538, comma 2, 2542, comma 4 e 2543, comma 3, in quanto solo dal loro insieme emerge con una certa chiarezza l’assetto di governance prefigurato dal legislatore per la cooperativa p.a. che abbia emesso azioni «lucrative». Questo assetto si ispira con chiarezza al principio per cui il «controllo» della cooperativa deve restare nelle mani dei soci cooperatori di modo che la maggioranza in assemblea (i cui quorum sono fissati dall’atto costitutivo ai sensi dell’art. 2538, comma 5) e la maggioranza degli amministratori (non a caso i due indici rappresentativi tipici del «controllo» ai sensi dell’art. 2359) devono essere espressione dei soci cooperatori. Ciò significa innanzitutto che, pur potendosi attribuire (come già si è visto) un diritto di voto pieno alle azioni dei soci investitori – e dunque un diritto di voto che potrà essere esercitato con riguardo ad ogni materia di competenza dell’assemblea generale – esso subisce necessariamente l’effetto di un fattore regressivo in forza del quale, indipendentemente dal numero di azioni possedute dai soci investitori che votino nella singola assemblea, la somma dei voti da esse espresse non può eccedere un terzo dei voti complessivi. Il che naturalmente impone di prevedere nello statuto che la riduzione abbia luogo in modo proporzionale, in base al fattore regressivo, per tutti i voti espressi dai soci investitori presenti o rappresentati in assemblea fermo restando che tali voti, una volta «trattati» in base al fattore regressivo, dovranno considerarsi, ai fini dell’adozione o meno della delibera, unitariamente a quelli espressi dai soci cooperatori. In secondo luogo, l’art. 2542 esclude che i possessori di strumenti finanziari possano «eleggere [continua ..]


4. (Segue) c) i diritti patrimoniali delle azioni destinate ai soci investitori

Sotto il profilo patrimoniale, le azioni per i soci investitori che la cooperativa p.a. può emettere ai sensi dell’art. 2526 possono presentare una ampia varietà di contenuti, fermo restando naturalmente che – in ossequio al principio dell’art. 2348, senz’altro applicabile anche alle cooperative p.a. – i diversi diritti patrimoniali non possono essere attribuiti ad una singola azione ma solo ad una serie di azioni idonea a costituire un’autonoma categoria. La specialità della cooperativa p.a. si coglie tuttavia, sotto questo aspetto, in relazione al fatto che, essendovi necessariamente le azioni dei soci cooperatori, nel graduare i diritti patrimoniali attribuiti alle azioni destinate ai soci investitori non sembra necessario configurare una categoria di azioni per i soci investitori «ordinarie», le quali cioè non presentino privilegi di natura patrimoniale. Saranno infatti normalmente i soci cooperatori a rivestire il ruolo di residual claimants, salvo che l’atto costitutivo non disponga diversamente (ben potendo, all’estremo, anche rovesciare il rapporto tra azioni cooperative a azioni dei soci investitori quanto al rischio residuale. Nel definire i «diritti diversi» da attribuire alle azioni lucrative, l’atto costitutivo – ovvero la delibera di emissione degli stessi – potrà così prevedere, e variamente modulare in relazione alle diverse categorie, secondo quanto di volta in volta necessario, uno o più dei seguenti diritti. a) Innanzitutto un «privilegio nella ripartizione degli utili e nel rimborso del capitale» che – pur non potendosi «estendere alle riserve indivisibili a norma dell’art. 2545-ter – potrà essere liberamente determinato, purché nel rispetto del divieto del patto leonino (anche nella relazione con le altre categorie di soci) e, per le cooperative p.a. a mutualità prevalente, tenendo conto che – in ossequio ad una pur discutibile determinazione della Agenzia delle Entrate – la remunerazione delle azioni d’investimento non può eccedere di oltre due punti «il limite massimo previsto per i dividendi». Inoltre, la partecipazione agli utili e nel rimborso del capitale potrà assumere la natura di un semplice diritto residuale, secondo quanto usualmente previsto per le azioni ordinarie, ovvero potrà [continua ..]


5. (Segue) Riserve divisibili a favore delle azioni destinate ai soci investitori in una cooperativa a mutualità prevalente

Un tema di qualche rilievo attiene alla possibilità di costituire, come si è visto, riserve divisibili la cui ripartizione possa essere effettuata solo a favore dei soci investitori. Come si è detto, l’art. 2514 lettera c) limita il divieto di distribuire le riserve (divisibili) ai soli soci cooperatori. Ne deriva che tali riserve possono essere costituite e distribuite a favore delle azioni dei soci investitori (quand’anche un socio cooperatore ne fosse titolare) purché le azioni d’investimento siano collocate sul mercato e non vengano riservate ai soli soci cooperatori con finalità elusive rispetto ai limiti lucrativi fissati per essi dall’art. 2514. Al fine di evitare tuttavia che, per effetto della costituzione di riserve divisibili mediante imputazione ad esse di plusvalenze attribuibili alla precedente gestione, i soci investitori vengano a appropriarsi di valori spettanti invece alle riserve indivisibili, in analogia con quanto avviene nel caso di perdita di prevalenza ex art. 2545-octies, è prudenzialmente da assicurare che la cooperativa proceda a redigere un bilancio straordinario finalizzato all’accertamento del patrimonio indivisibile alla data dell’emissione delle azioni destinate ai soci investitori e di contestuale costituzione di riserve divisibili. Per vero, mentre l’abbandono del regime di prevalenza mutualistica obbliga la cooperativa a redigere un bilancio straordinario al fine di stabilire “il valore effettivo dell’attivo patrimoniale da imputare alle riserve indivisibili”, analogo accertamento non è imposto alla cooperativa a mutualità prevalente che emetta azioni destinate ai soci investitori. Ciò non di meno anche in questo caso si è in presenza di una situazione che potrebbe presentare analoghe esigenze di salvaguardia del vincolo di indivisibilità patrimoniale. L’accertamento contenuto nel bilancio straordinario ha così lo scopo di individuare i valori che determinano il “patrimonio effettivo” alla data del bilancio (ovvero il valore-base della devoluzione se la coop si trasformasse ex artt. 2545-decies e undecies). Tale accertamento non modifica le valutazioni contenute nel bilancio di esercizio ma comporta l’estensione del vincolo di indivisibilità sulle plusvalenze successivamente realizzate fino alla concorrenza dei valori accertati nel bilancio [continua ..]


NOTE
Fascicolo 3 - 2008