Rivista di Diritto SocietarioISSN 1972-9243 / EISSN 2421-7166
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Revoca degli amministratori nelle cooperative a responsabilità limitata: rimedi a confronto (nota a Trib. Roma, 8 maggio 2007) (di Simone Caruso-Rossella Colantuoni)


TRIBUNALE DI ROMA, 8 maggio 2007 – Vannucci (designato dal Presidente per il cautelare ante causam) – M. Ricci e R. De Filippis (avv. Gentile) c. Editrice Esedra soc. coop. a r. l. (avv. Conti)

Società cooperativa a responsabilità limitata – Gravi irregolarità nella gestione – Revoca degli amministratori – Controllo giudiziario – Coesistenza dei rimedi

(Artt. 2409, 2476, 3° comma, 2545-quinquiesdecies c.c.)

I rimedi contenuti nell’art. 2476, terzo comma, c.c. non sono sovrapponibili a quelli recati dal precedente art. 2409, sicché, in mancanza di disposizione di legge che ponga i rimedi medesimi in termini di sicura alternatività, e di non sussistenza di profili di incompatibilità di quello previsto dalla citata disposizione in materia di società a responsabilità limitata con la disciplina caratterizzante le società cooperative, non può che affermarsi la coesistenza degli stessi in riferimento alle “cooperative s.r.l.” (1).

 

IL TRIBUNALE DI ROMA
SEZIONE TERZA CIVILE

in persona del giudice Marco Vannucci, designato dal presidente del tribunale ex art. 669-ter, ultimo comma, c.p.c., per la trattazione del procedimento cautelare ante causam promosso da Michele Ricci e Rocco De Filippis (procuratore: avvocato Giulio Gentile) nei confronti di Massimo Bassoli (procuratori: avvocati Giorgio S. C. Linchi e Fabio Borioni) e della Editrice Esedra – Società Cooperativa di Giornalisti a r.l., in persona del curatore speciale, professore avvocato Andrea Di Porto, nominato con decreto emesso dal presidente del tribunale il 27 marzo 2007 (procuratore: avvocato Simone Conti),

visti gli atti del procedimento, i documenti rispettivamente depositati dalle parti e sentiti i difensori con procura delle parti medesime,

OSSERVA

1) L’azione di merito che i ricorrenti intendono esercitare ed il provvedimento cautelare richiesto.

Michele Ricci e Rocco De Filippis, soci della Editrice Esedra – Società Cooperativa di Giornalisti a r.l. (di seguito indicata come “Cooperativa Esedra”), società che svolge attività editoriale, in particolare del giornale quotidiano denominato “Il Giornale d’Italia”, intendono esercitare nei confronti di Massimo Bassoli, amministratore unico della cooperativa dall’8 aprile 2004, azione sociale di responsabilità ex art. 2476, terzo comma, c.c., affinché la società sia risarcita dei danni al proprio patrimonio che gli stessi soci assumono essere stati cagionati da tale persona fisica in conseguenza delle specifiche violazioni (descritte nel ricorso) dei doveri allo stesso Bassoli incombenti in dipendenza del rapporto di preposizione gestoria.

Prima di intraprendere il giudizio di merito relativo a tale azione di condanna, i soci Ricci e De Filippis hanno chiesto l’emissione di provvedimento cautelare di revoca di Bassoli, anch’esso socio della cooperativa, dall’incarico gestorio attualmente svolto: e ciò sul rilievo che i fatti descritti in ricorso a costui imputabili, determinativi di danno al patrimonio della persona giuridica, costituirebbero anche “gravi irregolarità nella gestione della società”, suscettibili altresì di recare alla stessa ulteriori danni (art. 2476, terzo comma, seconda proposizione, c.c.).

2) La disciplina applicabile al procedimento cautelare.

La preannunciata azione di merito rientra fra quelle indicate dall’art. 1, primo comma, lett. a), del D.lgs. n. 5 del 2003.

Il procedimento cautelare ante causam è quindi disciplinato dalle norme contenute negli artt. 669-bis e segg. c.p.c. (nel testo conseguente alle modificazioni recate dalla legge n. 80 del 2005, di conversione con modificazioni del D.L. n. 273 del 2005, essendo stato il ricorso introduttivo depositato il 14 marzo 2007), come parzialmente integrate e derogate (solo marginalmente, a seguito della riforma conseguente alla citata legge n. 80 del 2005) dalle disposizioni recate dall’art. 23 del menzionato decreto n. 5.

La disciplina sostanziale del rapporto dedotto è quanto ai fatti accaduti successivamente al 1° gennaio 2004, quella contenuta negli articoli del codice civile in materia di società di capitali e cooperative nel testo risultante dalla formulazione recata dal D.lgs. n. 6 del 2003, di riforma della disciplina sostanziale delle società di capitali e cooperative.

Salva diversa indicazione, gli articoli del codice civile di seguito menzionati sono quelli risultanti dalla riforma del 2003.

3) La procura speciale alla lite rilasciata dai ricorrenti.

Il ricorso introduttivo del procedimento è sottoscritto dagli avvocati Giulio Gentile e Mario Lacagnina che nel­l’epigrafe di tale atto sono indicati come difensori di Ricci e De Filippis in base a procura speciale alla lite redatta a margine di tale atto.

La procura speciale redatta sulla prima pagina del ricorso reca tuttavia l’indicazione del solo avvocato Giulio Gentile, che ha autenticato le sottoscrizioni apposte in calce al testo della procura medesima, come professionista titolare dei poteri di rappresentanza e difesa tecnica di tali parti nel procedimento, mentre il nome dell’avvocato Mario Lacagnina figura in tale atto come soggetto presso i cui studio i conferenti la procura hanno eletto domicilio per le comunicazioni e notificazioni ai sensi dell’art. 170 c.p.c.

Il fatto che il ricorso sia sottoscritto, come detto, dal­l’avvocato Lacagnina (privo di procura rilasciata in una delle forme indicate dall’art. 83 c.p.c.) costituisce mera irregolarità, essendo lo stesso atto sottoscritto anche dall’unico difensore con procura dei ricorrenti, avvocato Giulio Gentile (secondo il precetto contenuto nell’art. 125, primo comma, c.p.c.)

 

4) L’ammissibilità dell’azione sociale di responsabilità e della richiesta di revoca per “gravi irregolarità di gestione” nei confronti di amministratore unico di società cooperativa a responsabilità limitata da parte dei relativi soci (questione evidenziata d’ufficio all’attenzione delle parti con ordinanza emessa all’udienza del 17 aprile 2007).

Secondo Bassoli la legge non attribuirebbe ai soci di società cooperativa la legittimazione a richiedere in procedimento cautelare anteriore a preannunciato processo di cognizione piena (da svolgere, per quanto sopra evidenziato, nelle forme del rito speciale recato dal citato D.lgs. n. 5 del 2003) la revoca di amministratore unico della stessa società ai sensi dell’art. 2476, terzo comma, c.c. (applicabile alle società a responsabilità limitata), avendo la legge previsto, nel caso di prospettate gravi irregolarità nell’atti­vità gestoria, potenzialmente dannose per la società cooperativa, il solo rimedio tipico della denuncia ex art. 2409 c.c. (dante luogo a specifico procedimento camerale necessariamente plurilaterale), per effetto del rinvio recettizio formale a tale ultima disposizione di legge recato dall’art. 2545-quinquiesdecies c.c.: e ciò sul rilievo che alla società cooperativa si applicherebbero solo, nei limiti di compatibilità con tale tipo, le disposizioni disciplinanti le società per azioni (art. 2519, primo comma, c.c.), non avendo lo statuto di Cooperativa Esedra “previsto alcunché.. circa l’applicazione delle norme sulla s.r.l.”, ai sensi del secondo comma dello stesso art. 2519.

La premessa da cui muove tale eccezione è però inesatta (il che non toglie che la questione non debba essere esaminata sotto un ulteriore profilo).

Cooperativa Esedra venne costituita il 14 novembre 2001 fra i signori Michele Ricci, Massimo Bassoli, Rocco De Filippis e Giammarco Falchi. Ciascuno dei soci sottoscrisse una quota di €. 258,22.

In ragione del numero dei soci (superiore a tre ed inferiore ai nove) la società era qualificabile come “piccola società cooperativa”, la cui costituzione era consentita dall’art. 21 della legge n. 266 del 1997 (e ciò nonostante che la relativa denominazione non recasse, in violazione del precetto contenuto nel secondo comma dello stesso art. 21 della citata legge n. 266, anche l’indicazione di “piccola società cooperativa”; il notaio che formò tale atto costitutivo ritenne però suo dovere iscrivere l’atto nel registro delle imprese, essendo venuto, in conseguenza del­l’entrata in vigore dell’art. 32 della legge n. 340 del 2000, il controllo preventivo di legittimità del tribunale sugli atti costitutivi delle società di capitali e cooperative in funzione della relativa iscrizione nel registro delle imprese).

In conseguenza dell’entrata in vigore del citato D.lgs. n. 6 del 2003 la disciplina legale delle società cooperative ha subito, per quanto qui specificamente interessa, le seguenti modificazioni rilevanti:

a) l’art. 2519, secondo comma, c.c. dispone che, in deroga alla norma contenuta nel primo comma (contemplante l’applicabilità alle società cooperative delle norme di legge in materia di società per azioni in quanto compatibili col tipo), lo statuto della cooperativa può espressamente prevedere che trovino applicazione, nei limiti di compatibilità col tipo, le norme sulla società a responsabilità limitata nelle cooperative con un numero di soci inferiore a venti ovvero con un attivo dello stato patrimoniale inferiore ad un milione di euro;

b) dall’art. 2522, primo e secondo comma, c.c. si ricava poi la regola secondo cui la società cooperativa può essere costituita da almeno tre e fino ad otto soci quando i medesimi sono persone fisiche e la società adotta (per obbligo legale) le norme organizzative proprie della società a responsabilità limitata, salva in ogni caso la compatibilità col tipo;

c) l’art. 2545-quinquiesdecies c.c., prevede infine che i fatti previsti dal precedente art. 2409 (gravi irregolarità nella gestione potenzialmente dannosi per la società, ovvero per una o più società controllate, imputabili agli amministratori in conseguenza di violazioni dei relativi doveri) possano essere denunciati al tribunale (secondo le forme del procedimento camerale nei confronti di più parti disciplinato dal D.lgs. n. 5 del 2003) dai soci di cooperativa che, per quanto qui interessa, siano titolari del decimo del capitale sociale ovvero da un decimo del numero complessivo dei soci.

Alla luce di tale rilevante mutamento del quadro normativo legale di riferimento ed in considerazione dell’obbligo legale per le piccole società cooperative costituite ai sensi della citata legge n. 266 del 1997 di trasformarsi nella società cooperativa disciplinata dall’art. 2522 c.c. (art. 111-septies disp. att. c.c.), l’assemblea straordinaria di Cooperativa Esedra, con deliberazione assunta il 24 febbraio 2005, modificò lo statuto prevedendo espressamente che alla società dovessero trovare applicazione le regole proprie della società a responsabilità limitata (art. 1 statuto).

In particolare, secondo quanto qui rileva, secondo lo statuto conseguente (ed oggi vigente) alle modificazioni recate con tale deliberazione:

a) la nomina del collegio sindacale venne prevista solo come eventuale, salvo il caso in cui la stessa sia obbligatoria per legge (art. 42);

b) le decisioni dei soci, salvo ipotesi predeterminate (fra le quali non rientra di regola la nomina e la revoca degli amministratori) ricorrendo le quali è richiesta la forma della deliberazione assembleare (art. 32, primo comma), sono assunte in base procedimento di consultazione scritta e consenso espresso in forma scritta e le decisioni così adottate debbono essere trascritte nel libro delle decisioni dei soci (art. 31);

c) il principio maggioritario nelle decisioni (assunte con il sistema della consultazione scritta ovvero mediante il procedimento assembleare) si estrinseca non con riferimento al consenso capitario, bensì con riguardo alla consistenza della partecipazione di cui ciascun socio è titolare (non è dato peraltro sapere se via sia obbligo dei soci di sottoscrivere quota di partecipazione di identico ammontare), essendo le stesse vincolanti per tutti i soci qualora assunte “da parte di tanti soci che rappresentano la maggioranza del capitale sociale” (artt. 31 e 36);

d) gli amministratori (tanto nel caso di amministratore unico che di consiglio di amministrazione) possono anche non essere soci e sono nominati a tempo indeterminato (“fino a revoca o dimissioni”: art. 38).

A Cooperativa Esedra, la cui compagine comprende oggi solo le quattro persone fisiche sopra indicate, sono quindi applicabili, nei limiti di compatibilità col tipo e salve deroghe statutarie, le norme di legge in materia di società a responsabilità limitata.

Rispetto alle società a responsabilità limitata la legge:

a) attribuisce (art. 2476, secondo comma, c.c.) al socio penetranti diritti di controllo individuale sull’ammini­stra­zione della società (sicuramente quando questa è priva di collegio sindacale);

b) legittima lo stesso socio, quale che sia la consistenza della propria partecipazione al capitale sociale (richiesta invece dal precedente art. 2393-bis in tema di azione sociale di responsabilità attribuita ai soci di società per azioni) alla proposizione, in via (eventualmente) concorrente con la società, dell’azione sociale di responsabilità contro gli amministratori che abbiano violato i doveri ad essi imposti dalla legge e dallo statuto e, quale conseguenza di tali azioni od omissioni, abbiano cagionato pregiudizio al patrimonio sociale (art. 2476, primo e terzo comma, c.c.);

c) attribuisce “altresì” al socio il diritto di chiedere al giudice l’emissione di “provvedimento cautelare di revoca degli amministratori”, nel caso agli stessi siano imputabili “gravi irregolarità nella gestione della società” (art. 2476, terzo comma c.c.).

Con riferimento ai rapporti fra rimedi rispettivamente previsti dagli artt. 2476, terzo comma (revoca degli amministratori per gravi irregolarità di gestione in giudizio di merito ovvero in procedimento cautelare anteriore al merito) e 2545-quinquiesdecies, 2409 c.c. (revoca di amministratori di società cooperative nei casi più gravi di gestione irregolare e nomina di amministratore giudiziario) nel caso di cooperative che abbiano scelto, per obbligo legale (art. 2522, secondo comma, c.c.) ovvero per scelta dalla stessa legge consentita, nella ricorrenza dei relativi presupposti (art. 2519, secondo comma, c.c.), di assoggettarsi alla disciplina legale delle società a responsabilità limitata adottando modelli organizzativi propri di tale tipo, nei limiti in questi siano compatibili con quello cooperativo, la dottrina fino ad oggi formatasi (menzionata nella memoria depositata dal curatore speciale di Cooperativa Esedra all’udienza del 7 maggio 2007, cui sono da aggiungersi ulteriori, e significativi, contributi pubblicati nell’anno 2007) ha espresso, in estrema sintesi, le seguenti opinioni:

a) il controllo giudiziario di cui all’art. 2409 c.c. sarebbe inapplicabile alle c.d. “cooperative s.r.l.”, dovendo per le stesse valere, nel caso di gravi irregolarità nella gestione imputabili agli amministratori, il solo rimedio della revoca contenuto nell’art. 2476, terzo comma, c.c.;

b) lo stesso controllo giudiziario, con conseguenti revoca e nomina di amministratore giudiziario, varrebbe invece per tutte le società cooperative, comprese quelle di cui si discute;

c) il socio di “cooperativa s.r.l.” non sarebbe legittimato all’esercizio dell’azione sociale di responsabilità nei confronti dei relativi amministratori e, quindi, alla revoca di cui all’art. 2476, terzo comma, c.c., essendo applicabile l’art. 2409 c.c. anche a tali cooperative, con conseguente non superamento della prima delle due disposizioni da ultimo menzionate del filtro di compatibilità previsto dall’art. 2519, secondo comma, c.c.

La tesi che in questa sede rileva è solo quella da ultimo indicata (che in buona sostanza giunge, sulla base di diverso argomentare, alla conclusione prospettata dall’ammini­stratore unico Bassoli).

Essa muove dal presupposto (condiviso dalla dottrina maggioritaria formatasi in argomento e dalla giurisprudenza di merito fino ad ora edita: cfr. Trib. Catania, decr. 14 aprile 2005) secondo cui, soprattutto in considerazione del contenuto dell’art. 5, secondo comma, della legge delega per la riforma del diritto societario n. 366 del 2001 e del fatto che la disposizione di seguito menzionata ovvero altre norme di legge in materia di società cooperative escludono il controllo giudiziario sulle “cooperative s.r.l.”, ovvero offrono argomenti per ritenerlo applicabile alle sole “cooperative s.p.a.”, gli artt. 2545-quinquiesdecies, 2409 c.c. trovano applicazione, anche per ulteriori motivi che in questa sede non è necessario evidenziare, a tutte le società cooperative, indipendentemente dalle regole di organizzazione del diverso tipo di società capitalistica di volta in volta applicabili a tali società con scopo mutualistico: e ciò sull’essenziale rilievo che la disciplina specifica del tipo cooperativo nella specifica materia non può che prevalere, in sede di coordinamento, su quelle “chiamate (dalla legge o dallo statuto) a sua integrazione in quanto compatibili”.

Da tale considerazione si deduce l’incompatibilità dei precetti contenuti nell’art. 2476, terzo comma, c.c., con il tipo, cooperativo, prevalente su quello, vicario (società a responsabilità limitata), richiamato dallo statuto della stessa cooperativa: e ciò in considerazione del fatto che l’attribu­zione al socio dei diritti in tale ultima disposizione di legge specificamente indicati, ed in particolare in quello di richiesta di revoca degli amministratori responsabili di “gravi irregolarità di gestione” potenzialmente dannose per la società, troverebbe la sua ragion d’essere nella non ammissibilità del controllo giudiziario di cui all’art. 2409 c.c. (avente il medesimo presupposto) nelle società a responsabilità limitata.

La tesi, ferma restando l’esattezza della premessa (applicabilità dell’art. 2409 anche alle “cooperative s.r.l.”), non può condividersi in quanto presuppone la sostanziale identità fra i due rimedi (quelli rispettivamente indicati dall’art. 2476, terzo comma e dall’art. 2409) sulla base, probabilmente, della suggestione derivata dal contenuto di un passo (costantemente citato da dottrina e giurisprudenza) della relazione ministeriale illustrativa al decreto n. 6 del 2003 (sulla cui affidabilità ermeneutica complessiva è lecito nutrire più di un serio dubbio, dal momento che in essa si legge, fra l’altro: a) che nel caso di mancato adeguamento delle clausole statutarie delle società costituite prima del­l’en­trata in vigore della riforma alle nuove disposizioni di legge di natura inderogabile recate dal decreto delegato si sarebbe “prevista una causa di scioglimento ope legis” che invece non è dato riscontrare in alcuna disposizione transitoria introdotta dal D.lgs. n. 6 del 2003; che nella disciplina della liquidazione delle società di capitali di cui agli artt. 2491 – 2496 c.c. si sarebbe ritenuto “di riprodurre sostanzialmente la disciplina esistente”, mentre il secondo comma dell’art. 2495 c.c. prevede, con ciò scardinando il “diritto vivente” formatosi in base ad una quanto mai consolidata giurisprudenza di legittimità in materia di efficacia meramente dichiarativa della cancellazione della società dal registro delle imprese dopo l’approvazione del bilancio finale di liquidazione, che la cancellazione medesima determina “l’estinzione della società”, conseguenza dagli effetti dirompenti sul piano sostanziale e su quello processuale).

In effetti, fin dall’entrata in vigore del decreto n. 6, autorevole dottrina (di estrazione non accademica) ha evidenziato che i rimedi in questione non sono sovrapponibili in quanto: in quello disciplinato dall’art. 2476 c.c. non è dato al giudice adottare provvedimenti atipici, consentiti invece nell’ambito del procedimento di cui all’art. 2409 c.c., a tutela della corretta gestione della società quando le irregolarità accertate non siano tanto gravi da determinare la revoca degli amministratori; nel caso di accertata sussistenza di gravi irregolarità di gestione la disposizione in materia di società a responsabilità limitata consente al giudice di revocare l’amministratore in carica, non anche di nominare un amministratore in luogo di quello revocato.

Costituisce poi affermazione riscontrata nella giurisprudenza cautelare di questo tribunale (che da tale opinione sostanzialmente muove) quella secondo cui, a differenza della disciplina contenuta nell’art. 2409 c.c., in cui la revoca dell’amministratore e la conseguente nomina di amministratore giudiziario da parte del giudice, non hanno funzione sanzionatoria di gravi irregolarità di gestione (anche solo potenzialmente) dannose per la società, bensì sono solo funzionali alla eliminazione, attraverso l’attività di pubblico ufficiale di nomina giudiziale, delle gravi irregolarità riscontrate non rimosse dall’amministratore cui le stesse non sono personalmente imputabili (giurisprudenza onoraria del tribunale di Roma costante), la disposizione contenuta nel terzo comma dell’art. 2476, terzo comma, c.c. evidenzia il carattere sanzionatorio della revoca del­l’am­ministratore unico di società a responsabilità limitata che abbia cagionato danno alla stessa società mediante azioni ovvero omissioni costituenti gravi irregolarità di gestione; non diversamente, del resto, da quanto disposto dall’art. 2259 c.c. in tema di revoca giudiziale per giusta causa di amministratore di società di persone.

Da tale affermazione deriva:

a) che mentre la sostituzione dell’amministratore cui siano imputate gravi irregolarità gestorie nel corso del procedimento camerale di volontaria giurisdizione per l’emana­zione del provvedimenti previsti dall’art. 2409 c.c. non costituisce ostacolo alla prosecuzione dello specifico accertamento giudiziale da tale disposizione previsto (giurisprudenza onoraria costante del tribunale di Roma in riferimento alla disciplina anteriore all’entrata in vigore del D.lgs. n. 6 del 2003; oggi tale principio trova specifico riscontro nell’ipotesi disciplinata nel terzo comma del citato art. 2409), la sostituzione dell’amministratore di società a responsabilità limitata nel corso del procedimento cautelare (anteriore o successivo all’esercizio da parte del socio dell’azione sociale di merito di responsabilità contro lo stesso), impedisce al giudice ogni pronuncia sull’istanza di revoca

b) che, al pari di quanto ritenuto dalla prevalente giurisprudenza (anche di questo tribunale: cfr. Trib. Roma, ord. 30 aprile 2003; Trib. Roma, ord. 9 luglio 2003) in materia di revoca per giusta causa, anche a mezzo di provvedimento ex art. 700 c.p.c., di amministratore di società di persone, la legge non attribuisce al giudice che disponga la revoca dell’amministratore di società a responsabilità limitata nel caso previsto dall’art. 2476 c.c. alcun potere di sostituire la propria volontà a quella dei soci della società nella nomina di altro amministratore in luogo di quello revocato.

In definitiva, i rimedi contenuti nell’art. 2476, terzo comma, c.c. non sono sovrapponibili a quelli recati dal precedente art. 2409, sì che, in mancanza di disposizione di legge che ponga i rimedi medesimi in termini di sicura alternatività, e di non sussistenza di profili di incompatibilità di quello previsto dalla citata disposizione in materia di società a responsabilità limitata con la disciplina caratterizzante le società cooperative, non può che affermarsi la coesistenza degli stessi in riferimento alle “cooperative s.r.l.”

La conclusione è che nel caso concreto l’istanza di revoca per gravi irregolarità gestorie dell’amministratore unico di Cooperativa Esedra avanzata da due dei quattro soci della stessa società è da ritenere ammissibile.

L’esistenza di un’ulteriore tutela (quella recata artt. 2545-quinquiesdecies, 2409 c.c.) riconosciuta agli stessi soci non ha, del resto, nulla di scandaloso (come sembra ritenere App. Roma, decr. 7 aprile 2005), dal momento che la pluralità di tutele giudiziali differenziate in riferimento a presupposti apparentemente identici, in presenza di plausibili opzioni interpretative fondate sul variegato (e non sempre ben cucito) tessuto della legge, è senz’altro preferibile al diniego delle tutele medesime, trincerata dietro letture meccaniche ed acritiche del lessico espresso nelle disposizioni della legge medesima che si risolvono in una riduzione dell’attività di interpretazione del giudice (che nell’ordinamento italiano dovrebbe comunque offrire tutela ai diritti di cui accerta l’esistenza secondo l’interpre­tazione della legge) a mera ripetizione burocratica di testi normativi, come tale incapace di ricomprendere nel relativo contenuto il multiforme manifestarsi dell’attività degli uomini.

5) I principi di diritto cui il tribunale si attiene in tema di interpretazione dell’art. 2476, terzo comma, c.c.

Nella materia specifica il tribunale di Roma ha elaborato i principi che possono riassumersi nelle seguenti proposizioni:

A) l’art. 2476 c.c. attribuisce la legittimazione all’eserci­zio dell’azione sociale di responsabilità tanto al titolare del diritto al risarcimento del danno (la società) che ad un soggetto (il socio, indipendentemente dalla consistenza della relativa partecipazione al capitale sociale; a differenza, quindi, del precetto contenuto nell’art. 2393-bis c.c., relativo all’azione sociale di responsabilità verso amministratori di società per azioni da parte del relativo socio) diverso dal titolare del diritto medesimo, che in nome proprio fa valere il diritto della persona giuridica alla reintegrazione per equivalente pecuniario del pregiudizio al proprio patrimonio derivato dalla violazione dei doveri di corretta e prudente gestione per legge e per statuto incombenti all’am­mi­nistratore, in conseguenza del rapporto di preposizione organica (di fonte contrattuale) fra quest’ultimo e la società (art. 81 c.p.c.); con conseguente partecipazione necessaria (art. 102 c.p.c.) del soggetto titolare del diritto (la società) al processo relativo all’azione sociale (al pari di quanto previsto dal citato art. 2393-bis c.c.) ed allo specifico procedimento cautelare previsto dalla citata disposizione di legge;

B) nel caso in cui al momento dell’esercizio dell’azione sociale, ovvero della richiesta di revoca di cui si discute prima dell’esercizio dell’azione, la persona fisica che il socio assume abbia cagionato pregiudizio al patrimonio sociale per violazione dei doveri ad essa incombenti ex art. 2476, primo comma, c.c., sia ancora titolare (in base alla specifica regola statutaria) del potere di rappresentanza sostanziale della società (artt. 2475 e 2475-bis c.c.), da esercitarsi anche nel processo relativo a tali azioni (di merito e cautelare), è necessario, in funzione della valida instaurazione del rapporto processuale anche nei confronti della società (litisconsorte necessario), che prima dell’inizio del processo ovvero del procedimento relativi alle azioni stesse alla persona giuridica venga nominato curatore speciale ex art. 78, secondo comma, c.p.c.: e ciò in ragione dell’evidente ed attuale conflitto di interessi fra rappresentante (l’amministratore che sia anche dotato del potere di rappresentanza della società) e rappresentato (la società);

C) l’esercizio dell’azione sociale di responsabilità in discorso (mediante citazione redatta secondo le prescrizioni contenute nell’art. 2 del D.lgs. n. 5 del 2003) non costituisce presupposto processuale per l’esercizio dell’azione cautelare specificamente “vicaria” di quella di merito, dal momento che, non contenendo il citato art. 2476, terzo comma, c.c., una norma di legge processuale speciale, non vi è ragione per escludere, nella sussistenza dei presupposti di natura sostanziale previsti dalla stessa disposizione, l’adozione dello specifico provvedimento cautelare da essa contemplato anche prima dell’eser­cizio dell’azione sociale di responsabilità da parte del socio, ai sensi dell’art. 669-ter c.p.c.;

D) presupposti per l’adozione del provvedimento cautelare tipico in discussione sono:

Da) all’evidenza, il permanere del rapporto gestorio fra la società e la persona fisica di cui è chiesta la revoca dall’incarico per “gravi irregolarità nella gestione della società” al momento della decisione sull’istanza;

Db) la prognosi giudiziale di probabile fondatezza del­l’azio­ne sociale esercitata dal socio (accertamento, in base a cognizione non piena, della violazione da parte dell’am­ministratore degli obblighi ad esso incombenti per legge e per statuto in dipendenza del rapporto gestorio con la società e del concreto, probabile, pregiudizio al patrimonio della società derivato, in base a rapporto di causalità diretta, dall’inadempimento in questione);

Dc) la qualificazione dei fatti imputati all’amministratore con tale (proposta ovvero proponenda) azione (di cui è ragionevole pronosticare l’accoglimento) anche in termini di “gravi irregolarità nella gestione della società”;

E) a differenza, poi, per quanto già detto, della disciplina contenuta nell’art. 2409 c.c., la disposizione contenuta nel terzo comma dell’art. 2476 c.c. evidenzia il carattere sanzionatorio della revoca dell’amministratore che abbia cagionato danno alla stessa società mediante azioni ovvero omissioni costituenti (anche) gravi irregolarità di gestione;

F) ciò comporta, come sopra evidenziato:

Fa) che la sostituzione dell’amministratore di società a responsabilità limitata nel corso del procedimento cautelare (anteriore o successivo all’esercizio da parte del socio dell’azione sociale di responsabilità contro lo stesso), impedisce al giudice ogni pronuncia sull’istanza di revoca;

Fb) che la legge non attribuisce al giudice che revochi amministratore di società a responsabilità limitata nel caso previsto dall’art. 2476 c.c. alcun potere di sostituire la propria volontà a quella dei soci della società nella nomina di altro amministratore in luogo di quello revocato.

6) L’applicazione al caso concreto dei principi enunciati nel punto 4).

Facendo applicazione al caso di specie di tali principi di interpretazione, si osserva:

a) che al momento del deposito del ricorso contenente l’istanza di revoca Massimo Bassoli era amministratore unico di Cooperativa Esedra;

b) che era quindi necessitata la nomina, prima dell’in­staura­zione del contraddittorio con Cooperativa Esedra in ordine a tale istanza, la nomina di curatore speciale alla società;

c) che con decreto emesso il 17 marzo 2006 il presidente del tribunale di Roma ha nominato il professor Andrea Di Porto curatore speciale della cooperativa in funzione dell’eser­cizio dei diritti di tale società nel presente procedimento;

d) che il ricorso ed il decreto di fissazione dell’udienza di discussione sono stati notificati tanto a Bassoli che alla società, in persona del curatore speciale con il citato decreto nominato;

e) che il curatore speciale si è costituito in nome e nell’interesse di Cooperativa Esedra;

f) che al momento della decisione sull’istanza cautelare avanzata dai soci (cui ha aderito anche la società, nella persona del relativo curatore speciale): Ricci e De Filippis sono ancora soci della cooperativa; Bassoli riveste ancora l’incarico di amministratore unico della stessa società.

7) Gli addebiti costituenti fonte di responsabilità di Bassoli verso Cooperativa Esedra e la relativa qualificazione anche in termini di “gravi irregolarità” di gestione.

Dal quanto mai eloquente contenuto degli atti di indagine preliminare svolte dal pubblico ministero presso questo tribunale nei confronti, fra gli altri, di Bassoli e De Filippis (indagini nell’ambito delle quali tali persone fisiche vennero ristrette in carcere in esecuzione di ordinanze cautelari), terminate con decreto dispositivo di giudizio (art. 429 c.p.p.) dello stesso Bassoli affinché, con riguardo alla sua attività di amministratore unico di Cooperativa Esedra, risponda di accuse di commissione di numerosi e gravi delitti (associazione per delinquere finalizzata alla commissione di una pluralità di delitti contro il patrimonio mediante frode; plurimi delitti contro il patrimonio dello Stato mediante frode; delitto di evasione delle imposte di cui all’art. 2 D.lgs. n. 74 del 2000; delitto di cui agli artt. 2621, primo comma e 2622 c.c.), risulta, in buona sostanza:

a) che Bassoli (che ha sostanzialmente ammesso i fatti in sede di interrogatorio reso nel processo penale e non ha in questa sede smentito alcuna affermazione fatta sul punto specifico dai ricorrenti) formò numerose fatture relative ad operazioni inesistenti apparentemente svolte a carico di Cooperativa Esedra al solo fine di documentare costi in effetti mai sostenuti dalla cooperativa, espose nel bilancio della cooperativa relativo all’esercizio 2004 costi in effetti non sostenuti (solo apparentemente documentati dalle fatture), presentò dichiarazione dei redditi della cooperativa in cui erano indicati elementi passivi fittizi per €. 8.469.373,25, dichiarò falsamente l’insussistenza di cause ostative alla concessione di finanziamento dello Stato per l’editoria, e procurò alla cooperativa indebite erogazioni di danaro pubblico per il finanziamento dell’edizione del quotidiano “Il Giornale d’Italia” per l’anno 2004;

b) che gli accertamenti bancari eseguiti dalla Guardia di Finanza hanno consentito di evidenziare che il danaro accreditato dallo Stato alla cooperativa ed alla Società Editrice Esedra s.r.l. (il cui capitale appartiene a Bassoli pe quota maggioritaria) a titolo di finanziamento a fronte di costi in gran parte inesistenti venne per gran parte trasferito alla Immobilroma Prestige s.r.l. (società unipersonale amministrata dal socio unico Bassoli);

c) che lo stesso Bassoli, lungi dal svolgere attività di gestione di una normale cooperativa fra giornalisti per la pubblicazione di un quotidiano, era al centro di illecite attività, essenzialmente consistenti nel conseguire, per tale cooperativa e per altre società, non dovuti finanziamenti pubblici per l’editoria per poi dirottarli verso ignote destinazioni (ovviamente estranee all’attività d’impresa svolta dalla cooperativa);

d) che in conseguenza di tali gravissimi fatti Cooperativa Esedra è stata citata nel processo penale contro Bassoli per rispondere (ai sensi del D.lgs. n. 231 del 2001) degli illeciti amministrativi connessi al compimento dei delitti a tale persona fisica contestati in quanto beneficiaria di contributi finanziari dello Stato ottenuti mediante le attività frodatorie all’amministratore contestate;

e) che il pregiudizio patrimoniale per la cooperativa (che dovrà restituire il maltolto alle casse dello Stato; che, si spera, non avrà accesso ad ulteriori finanziamenti pubblici; che ha subito pregiudizio alla propria immagine commerciale; che verosimilmente sarà destinataria delle sanzioni amministrative previste dal citato D.lgs. n. 231 del 2001 e di ingiunzioni di pagamento da parte dell’amministrazione finanziaria dello Stato) derivato dalle sopra indicate, gravissime, violazioni di leggi penali, civili e tributarie, è allo stato di quanto mai problematica quantificazione, ma è sicuramente esistente.

Tanto basta per revocare immediatamente Bassoli dal­l’in­carico di amministratore unico di Cooperativa Esedra.

È fatto obbligo a costui di iscrivere al più presto l’ordi­nanza di revoca nel registro delle imprese, con autorizzazione, in mancanza di adempimento spontaneo dell’obbli­gato, ai ricorrenti alla relativa notificazione al conservatore in funzione dell’iscrizione medesima.

In conseguenza dell’emissione del presente provvedimento cautelare, non rientrante fra quelli di natura conservativa (i sequestri) ed avente funzione di evitare l’aggra­vamento di danni derivati alla società dalla quanto mai probabile sussistenza del diritto della società ad ottenere da Bassoli il risarcimento del danno derivato al proprio patrimonio dalla violazione delle più elementari regole del vivere civile (ancor prima di quelle che l’amministratore è tenuto ad osservare in conseguenza del rapporto di preposizione gestoria), non è necessario assegnare termine per l’inizio del giudizio di merito relativo all’azione che i ricorrenti intendono proporre (artt. 23, primo comma, D.lgs. n. 5 e 669– c.p.c.).

8) La regolamentazione delle spese del procedimento.

Bassoli, che col suo comportamento ha dato causa al procedimento in cui è rimasto soccombente, deve essere condannato a rimborsare alle altre parti le spese del procedimento cautelare da ciascuna di esse rispettivamente anticipate (per i ricorrenti anche quelle del procedimento di nomina del curatore speciale), nella misura liquidata (d’ufficio, in mancanza di note spese) in dispositivo (artt. 91 c.p.c., 23, secondo comma, D.lgs. n. 5 del 2003); escluse le spese generali di cui all’art. 14 della tariffa professionale approvata con D.M. 8 aprile 2004, in quanto non costituenti oggetto di apposita domanda da parte dei difensori con procura delle parti vittoriose, secondo l’inter­pretazione, maggiormente persuasiva, della giurisprudenza maggioritaria della Suprema Corte sul punto (cfr. in tal senso, fra le altre, Cass. 17 agosto 2004, n. 16065; Cass. 27 giugno 2002, n. 9348; Cass. 23 gennaio 2002, n. 738; Cass. 25 febbraio 1999, n. 1637; Cass. 28 agosto 1998, n. 8558; cfr. però, in senso contrario, anche di recente, Cass. 20 ottobre 2005, n. 20321; Cass. 6 settembre 2004,n. 17936; Cass. 2 luglio 2003, n. 10416; Cass. 18 marzo 2003, n. 4002; Cass. 17 gennaio 2003, n. 603; Cass. 23 maggio 2002, n. 7527).

P.Q.M.

1) revoca Massimo Bassoli, nato in Roma il 27 giugno 1954, res. in Roma, dall’incarico di amministratore unico della Editrice Esedra – Società Cooperativa di Giornalisti a responsabilità limitata, con sede in Roma (R.E.A. n. 992822);

2) ordina a Massimo Bassoli di iscrivere immediatamente il capo 1) della presente ordinanza nel registro delle imprese tenuto dalla Camera di commercio di Roma, autorizzando in mancanza i ricorrenti alla notificazione della stessa ordinanza al conservatore del medesimo registro delle imprese in funzione dell’iscrizione;

3) condanna Massimo Bassoli a rimborsare a Michele Ricci ed a Rocco De Filippis le spese del procedimento cautelare da questi ultimi anticipate in via solidale, liquidate in complessivi ¤ 4.600, di cui ¤ 3.600 per onorari di avvocato, ¤ 700 per diritti di avvocato ed ¤ 300 per spese, oltre I.V.A. e C.A.P. come per legge;

4) condanna Massimo Bassoli a rimborsare alla Editrice Esedra – Società Cooperativa di Giornalisti a responsabilità limitata (nel cui nome ed interesse si è costituito il curatore speciale Andrea Di Porto) le spese del procedimento cautelare da quest’ultima anticipate, liquidate in complessivi ¤ 4.700, di cui ¤ 4.000 per onorari di avvocato, ¤ 600 per diritti di avvocato ed ¤ 100 per spese, oltre I.V.A. e C.A.P. come per legge.

Si comunichi alle parti.

Così deciso in Roma l’8 maggio 2007.

Il giudice designato
Marco Vannucci

DEPOSITATA IL 9 MAGGIO 2007

 

(1) Revoca degli amministratori nelle cooperative a responsabilità limitata: rimedi a confronto

SOMMARIO:

1. Il caso - 2. La normativa di riferimento - 3. La dottrina - 4. I precedenti giurisprudenziali - 5. Il commento - NOTE


1. Il caso

L’ordinanza della terza sezione del Tribunale di Roma, in data 8 maggio 2007, definisce la controversia insorta tra due soci di una società editrice – in particolare di una società cooperativa di giornalisti a r. l. – e l’amministratore unico della stessa. La questione centrale, che ha trovato nella pronuncia una composizione innovativa, attiene alla natura dell’azione esercitata. In particolare, interesse dei due soci cooperatori era quello di esperire l’azione sociale di responsabilità ex art. 2476, 3° comma, c.c. per il risarcimento dei danni al patrimonio sociale, asseritamente cagionati dall’amministratore unico, in violazione dei doveri connessi al rapporto di preposizione gestoria. Ma, prima di intraprendere detta azione, gli attori hanno chiesto al medesimo giudice l’adozione di un provvedimento cautelare ante causam per revocare l’amministratore stesso dal proprio incarico, ai sensi degli artt. 669-bis ss. c.p.c. Le argomentazioni sostenute dalle parti in giudizio rispecchiano esattamente i due indirizzi, finora contrapposti, che dottrina e giurisprudenza hanno tracciato in materia di revoca dell’amministratore di cooperativa a r. l. Contro l’azione esperita dagli attori a norma dell’art. 2476, 3° comma, c.c., la difesa del convenuto ha eccepito che, in caso di lamentate gravi irregolarità nell’attività gestoria, l’unico rimedio consentito ai soci sarebbe quello della denuncia ex art. 2409 c.c. A detta dei legali dell’amministratore unico, infatti, i soci non sarebbero legittimati a richiedere la revoca dell’amministratore stesso ai sensi dell’art. 2476, 3° comma, avendo la legge previsto il solo rimedio tipico della denuncia ex art. 2409 c.c., per effetto del rinvio formale a tale ultima disposizione recato dall’art. 2545-quinquiesdecies. In altri termini, alla società cooperativa de qua andrebbero applicate soltanto, nei limiti di compatibilità col tipo «cooperativo», le disposizioni che disciplinano le società per azioni, non avendo lo statuto della stessa previsto alcunché circa l’applicazione delle norme sulla s.r.l. Dopo aver chiarito l’erroneità delle premessa da cui muove questa tesi (ignara della modifica intervenuta sullo statuto della cooperativa, che espressamente rinviava alle norme sulla società a [continua ..]


2. La normativa di riferimento

La risoluzione della controversia si fonda sul­l’esame delle due azioni strumentali alla revoca dell’amministratore, previste rispettivamente agli artt. 2476, 3° comma, e 2409 c.c. La prima norma, invero, regola una particolare forma di revoca degli amministratori di s.r.l., esperibile in via giudiziale oltre che in via cautelare e connessa all’azione di responsabilità che si intende promuovere nei confronti dell’amministratore di s.r.l. In particolare, ai sensi dell’art. 2476, 3° comma, c.c., l’azione di responsabilità contro gli amministratori è proposta da ciascun socio, «il quale può altresì chiedere, in caso di gravi irregolarità nella gestione della società, che sia adottato provvedimento cautelare di revoca degli amministratori medesimi». Il legislatore quindi, in materia di s.r.l., riconosce un considerevole potere in capo a ciascun socio, legittimandolo ad un’azione individuale a difesa del patrimonio sociale, indipendentemente dall’ammontare della partecipazione detenuta. Diversamente, l’art. 2409 c.c., rubricato «denunzia al tribunale», con una disposizione assai più articolata, prevede che «se vi è fondato sospetto che gli amministratori, in violazione dei loro doveri, abbiano compiuto gravi irregolarità nella gestione che possono arrecare danno alla società o a una o più società controllate, i soci che rappresentano il decimo del capitale sociale o, nelle società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio, il ventesimo del capitale sociale possono denunziare i fatti al tribunale con ricorso notificato anche alla società». Giova inoltre considerare che, al 4° comma, ultimo periodo, la medesima disposizione prescrive altresì che il tribunale «nei casi più gravi può revocare gli amministratori ed eventualmente i sindaci e nominare un amministratore giudiziario, determinandone i poteri e la durata». Sul punto va rilevato che, vigente la disciplina ante-riforma, era dubbio se l’art. 2409 c.c. potesse applicarsi anche alle cooperative, per le quali era già delineato un sistema di controlli da parte dell’auto­rità governativa che, in caso di irregolarità nella gestione, poteva giungere sino alla revoca di amministratori e sindaci ed alla nomina di un [continua ..]


3. La dottrina

Con riguardo allo svolgimento del rapporto di amministrazione, manca una disciplina ad hoc prevista per le cooperative e ciò si spiega con l’intento perseguito dal legislatore nel disciplinare tali società definendo, da una parte, con poche ed essenziali pre­visioni, i caratteri tipici della cooperativa e, dal­l’altro, rinviando alle norme in materia di s.r.l. e di s.p.a., applicabili alle cooperative secondo un criterio di «compatibilità» [3]. Tuttavia, con particolare riguardo alla revoca degli amministratori, il rinvio alle norme sulla s.r.l. è apparso da subito ai primi commentatori della riforma di non facile applicazione. I profondi mutamenti introdotti dalla riforma hanno infatti trasformato la s.r.l. in un qualche cosa di profondamente diverso dalla società per azioni, al punto da spingere taluno a dire che non se ne può più parlare come di una «mini società per azioni», ma sarebbe forse più opportuno parlarne come di una «società di persone con responsabilità limitata» [4]. Si è posto, in primo luogo, un problema di coordinamento tra la disciplina delle società cooperative e quella tipica della s.r.l. È dubbio, infatti, se il controllo giudiziario ex art. 2409 c.c. operi quando la cooperativa rivesta le forme della società a responsabilità limitata. Altrettanto dubbia risulta la compatibilità del controllo da parte di ciascun socio ex art. 2476, 3° comma, c.c., con la disciplina specifica prevista per le società cooperative e, quindi, l’applicabilità a queste ultime del rimedio quando adottino lo statuto della s.r.l. [5]. Secondo una parte della dottrina, la mancata conferma dell’operatività del controllo giudiziario ex art. 2409 c.c. nelle società a responsabilità limitata lucrative determinerebbe, come necessaria conseguenza, che nemmeno per le cooperative a r. l. – la cui disciplina si richiama a quella delle prime – sia possibile ipotizzare l’applicabilità di tale controllo. L’unico rimedio esperibile per le cooperative a r. l. resterebbe quindi quello previsto dall’art. 2476, 3° comma, c.c. [6]. A parziale critica di tale orientamento, tuttavia, possiamo rilevare come il rapporto tra l’art. 2519, 2° comma, c.c. e l’art. [continua ..]


4. I precedenti giurisprudenziali

Sul tema dell’applicabilità alle cooperative a r. l. dell’art. 2409 c.c. ovvero dell’art. 2476, 3° comma, non sono rinvenibili molti precedenti giurisprudenziali. La giurisprudenza di merito fino ad ora edita (cfr., per tutte, Tribunale di Catania, decreto 14 aprile 2005, in Giur. it., 2005, II, 2338, che, tra l’altro, rappresenta il primo precedente edito in materia) si è pronunciata nel senso che il procedimento di denuncia al tribunale per gravi irregolarità nella gestione può ritenersi ammissibile non solo per le società cooperative per azioni ma anche con riferimento alle società cooperative a responsabilità limitata, atteso che il legislatore, in ossequio alla legge delega, ha previsto per le cooperative in genere, comunque modellate, l’operatività dell’art. 2409 c.c. Pertanto, pur non ammettendo esplicitamente che la disciplina prevista dall’art. 2476, 3° comma, c.c. non risulti compatibile con le cooperative a r. l., la giurisprudenza di merito ha sino ad oggi per lo più condiviso la tesi espressa dalla dottrina prevalente, vale a dire che l’art. 2476, 3° comma, c.c. non si applichi alle società cooperative a r. l., nelle quali opera invece il rimedio di cui all’art. 2409 c.c.


5. Il commento

L’esame della disciplina delle cooperative consente di rilevare come il legislatore delegato, in sede di riforma, abbia espressamente scelto di far rientrare tutte le società cooperative sotto il raggio d’azione dello strumento del controllo giudiziario di cui al­l’art. 2409 c.c. Le ragioni di tale scelta possono ritrovarsi nella Relazione alla riforma, la quale ha inteso valorizzare l’unitarietà del fenomeno cooperativo in modo da evidenziare meglio la funzione sociale che lo caratterizza e che, nello stesso tempo, lo distingue dalle imprese ordinarie aventi scopo di lucro [16]. D’altro canto, nessuna disposizione espressamente esclude per le cooperative a r. l. l’operatività del controllo da parte di ciascun socio ex art. 2476, 3° comma, c.c. salvo il c.d. filtro di compatibilità previsto dall’art. 2519, 2° comma, c.c. Si può, quindi, affermare che mentre il controllo giudiziario per le cooperative a r. l. è applicabile in quanto normativamente previsto, il controllo da parte di ciascun socio può essere applicato (ovvero può essere escluso) laddove, attraverso una valutazione in sede interpretativa, sia ritenuto compatibile (o meno) col tipo «cooperativa a responsabilità limitata». In tale contesto si inserisce il provvedimento del Tribunale di Roma in commento, che scopre le debolezze di entrambi i contrapposti orientamenti. E, infatti, l’orientamento maggioritario motiva l’esclu­sione dell’applicabilità alle cooperative a r. l. di un rimedio (i.e. quello di cui all’art. 2476, 3° comma, c.c.) con la circostanza che alle stesse cooperative già si applicherebbe un altro rimedio (i.e. quello di cui all’art. 2409 c.c.), giungendo per questa via ad affermare un rapporto di sostanziale succedaneità tra i due rimedi. Per converso, l’opposto orientamento, nello stesso momento in cui esclude per le cooperative a r. l. il controllo giudiziario, motiva tale esclusione sulla base dei penetranti poteri di controllo già riservati ai soci della cooperativa a r. l. in virtù del­l’art. 2476, 3° comma, c.c., in tal modo ponendo i due rimedi sullo stesso piano [17]. Entrambe le posizioni, dunque, pur addivenendo a soluzioni diverse, guardano ai due rimedi in termini analoghi, presupponendo cioè la loro sostanziale identità di funzioni, [continua ..]


NOTE
Fascicolo 4 - 2008