Rivista di Diritto SocietarioISSN 1972-9243 / EISSN 2421-7166
G. Giappichelli Editore

indietro

stampa articolo indice fascicolo leggi articolo leggi fascicolo


La disciplina dell'equity crowdfunding nella prospettiva dell'emittente e del diritto societario: verso il sub-tipo emittente digitale? (di Marco Lamandini, David Ramos Muñoz)


Lo studio analizza le implicazioni di diritto societario che possono trarsi dall’emersione recente del tipo “emittente digitale”, intendendosi per tale la società di capitali che raccoglie capitale di rischio su portali autorizzati e propone di leggere le significative deviazioni dal tipo della s.r.l. dettate dalla disciplina italiana recente per l’emittente digitale come una consapevole (prima) presa d’atto che “l’emittente digitale” è per molti aspetti altro rispetto all’emittente “off line” e sollecita pertanto uno “statuto organizzativo”, per via di autodisciplina e/o di regolamentazione, capace di corrispondere alle proprie particolarità. Un nuovo sub-tipo societario, dunque. Lo studio discute le basi teoriche che giustificano questo processo e discute possibili prospettive future.

The discipline of equity crowdfunding from the perspective of the issuer and Company Law: towards the sub-type of digital issuer?

This paper analyzes the Company Law implications that can arise from the recent emergence of the “digital issuer”, understood as the capital company that raises risk-capital through authorized portals. The paper proposes a reading of the significant deviations from the rules for the s.r.l. stipulated by the recent Italian regulation on the digital issuer as a conscious (initial) acknowledgement that “the digital issuer” is in many respects different from the “off line” issuer, and consequently requires an “organizational statute”, through self-regulation and regulation, which is capable of responding to its specialties. A new company sub-type, thus. The paper discusses the conceptual foundations that justify this process and discusses possible future perspectives.

KEYWORDSEquity crowdfunding – Company Law – Digital issuer – Special regime.

SOMMARIO:

1. - 2. - 3. - 4. - 5. - 6. - NOTE


1.

Quali sono le implicazioni di diritto societario che possono trarsi dall’emer­sione recente del tipo “emittente digitale”, intendendosi per tale la società di capitali che raccoglie capitale di rischio (“capitale” in senso proprio, con emissione pertanto di vere e proprie partecipazioni sociali, secondo quanto al momento risulta essere l’ipotesi “socialmente tipica” in Italia a differenza ad esempio di quanto avviene in Germania, dove prevale l’emissione di strumenti finanziari partecipativi “fuori capitale”) su portali autorizzati? A noi pare – pur con tutte le cautele che sono necessarie nel formulare prognosi su evoluzioni normative e/o contrattuali future in una materia ancora in uno stato embrionale e caratterizzata da dinamiche di sviluppo rapide, spesso dirompenti e per certi aspetti imprevedibili – che le significative deviazioni dal tipo della s.r.l. dettate dalla disciplina italiana recente per l’emittente che si rivolga all’equity crowdfunding costituiscano una consapevole (prima) presa d’atto da parte del legislatore che “l’emittente digitale” è per molti aspetti altro rispetto all’emittente “off line” e sollecita pertanto uno “statuto organizzativo”, per via di autodisciplina e/o di regolamentazione, capace di corrispondere alle proprie particolarità. Un nuovo sub-tipo societario, dunque.


2.

Sarebbe pertanto un errore traslare in questo contesto – e per intero – tanto il diritto societario quale è stato consegnato dalla tradizione dell’economia non digitale quanto il regime, più evoluto, degli emittenti quotati nell’ecosistema altro dal web. L’argomento è stato affrontato, dandone convincente dimostrazione quanto al secondo aspetto – seppur di necessità con conclusioni di tipo normativo ancora provvisorie (in cauta attesa che l’esatta “natura dei fatti” si precisi e che il mercato assuma una dimensione e una profondità storica che autorizzino un più ampio riscontro empirico) – da John Armour e Luca Enriques [[1]] in un recente e felice lavoro, che offre il necessario inquadramento di analisi economica (anche comportamentale) al nostro discorso nonché ampi spunti comparatistici in relazione almeno ai regimi statunitense e inglese (ove, rispettivamente, si è avuta, seppur con adattamenti, nel primo caso la traslazione all’equity crowdfunding della mandatory disclosure propria della securities law, e nel secondo caso l’attrazione verso il regime di tutela del consumatore; ciò che determina esiti ben diversi, anche in punto di costi di emissione, sostanzialmente doppi nel primo dei due ordinamenti considerati). Quell’analisi trova corrispondenza e conforto nelle conclusioni cui pure perviene, per la Germania (ove due portali costituiscono ormai mercati pienamente sviluppati, e che dunque inviano segnali di certo interesse in una prospettiva normativa), Tobias Trӧger [[2]] e un’ampia letteratura tedesca, anche precedente, che ha scandagliato in profondità il tema, nonché l’ampio lavoro analitico, che considera anche Italia, Francia, Belgio e Austria, di Hornuf e Schwienbacher (solo a limitarsi ai contributi editi nell’ultimo anno) [[3]]. Non occorre dunque ritornare qui sulle premesse teoriche che giustificano le diverse scelte normative possibili in questa materia. Merita invece concentrare l’attenzione sul particolare “precipitato” di diritto positivo che è frutto di queste premesse di analisi economica, avendo riguardo specifico allo “statuto societario” dell’emittente digitale. Del resto è, questo, un campo, in cui la sperimentazione, anche giuridica (vuoi sul [continua ..]


3.

Una seconda premessa è necessaria al fine di delimitare il campo della nostra analisi. La nostra, qui, è una prospettiva di diritto interno; di conseguenza ci interroghiamo sull’equity crowdfunding, e in particolare sulle ricadute di questo modello di finanziamento sulla rete sullo “statuto societario”, nello specchio della sua attuale realtà fenomenologica in Italia (pur cercando, al contempo, di tener conto di quanto le attuali dinamiche autorizzino a presagire per il futuro). È evidente infatti che il diritto societario interno, pur potendosi avvalere anche qui, e assai utilmente, delle indicazioni che vengono dai modelli stranieri, debba di necessità avere riguardo alla fenomenologia della realtà del proprio ambiente di riferimento. E, per vero, la rappresentazione puntuale di questa realtà offre già un primo campionario di fattispecie “socialmente tipiche” (non solo sul piano dell’organizzazione dei portali ma anche) in relazione all’organizzazione societaria dell’emittente digitale. Ne dà puntuale testimonianza l’Osservatorio Crowdfunding del Politecnico di Milano [[5]], il cui ultimo rapporto annuale (pubblicato a luglio 2018) evidenzia che: a) finora, la quasi totalità dei proponenti la raccolta tramiteequity crowdfundingha conservato la maggioranza dei diritti di voto e patrimoniali dell’emittente (percentuale media di capitale collocata mediante equità crowdfunding, 13,5 %; in 13 campagne, addirittura, è stato offerto solo il 2% del capitale; solo in 5 offerte si è avuto il collocamento di più del 50% del capitale sociale); b) si sta consolidando la preferenza dei proponenti per l’offerta di quote di capitale con diritti differenziati rispetto a quelli riservati ai fondatori dell’emittente digitale; in molti casi quote con diritto di voto vengono attribuite solo a fronte di un investimento che supera una certa soglia (c.d. offerte miste: negli ultimi 12 mesi ben il 65% dei casi); in circa il 12% dei casi sono offerte partecipazioni senza diritti di voto; in altre ipotesi vi sono partecipazioni con voto limitato. Sembra esistere una certa correlazione tra queste caratteristiche della proposta di investimento e le preferenze deiportali utilizzati:il che induce a ritenere che l’autodisciplina, veicolata dai portali, ha capacità conformativa [continua ..]


4.

Rispetto a questa realtà il legislatore e CONSOB, come è noto, sono intervenuti a più riprese tra il 2012 ed oggi, aprendo un “cantiere” normativo volto a fissare molteplici regole nell’intersezione che si crea tra raccolta del capitale di rischio tramite portale, da un lato e, dall’altro lato, a) disciplina dell’appello al pubblico risparmio e dell’informazione di mercato; b) disciplina della prestazione dei servizi di investimento, in particolare quelli di raccolta e esecuzione ordini, e disciplina dei sistemi di negoziazione diversi dai mercati regolamentati (ai sensi dell’art. 77-bis), e c) disciplina dell’emittente digitale. Sono gli “spezzoni” di disciplina riguardanti quest’ultimo profilo che a noi paiono particolarmente interessanti, dal momento che, da un lato, sembrano porsi all’avanguardia nel contesto internazionale e, dal­l’altro lato, costituiscono di necessità un lavoro ancora in corso d’opera, sicché vi è tuttora ampio spazio per una riflessione sul ruolo futuro che l’autonomia statutaria e contrattuale, ovvero – ove la prima non si dimostrasse sufficiente – la regolamentazione, potrebbero essere chiamati ad assolvere nel completare la disciplina del nuovo sub-tipo societario dedicato all’emittente digitale. Sono, per vero, ormai largamente note le molteplici regole speciali di diritto societario introdotte dapprima dal d.l. n. 179/2012 e quindi dal d.l. n. 3/2015. Ci limitiamo a richiamarne solo alcune tra le principali al solo fine di raccordare le stesse al successivo discorso: a) Anzitutto, la speciale disciplina dell’informazione societaria da assicurare tramite pubblicazione nella sezione specializzata del registro delle imprese; detta informazione va qui resa disponibile “su supporto informatico in formato tabellare gestibile da motori di ricerca, con possibilità di elaborazione e ripubblicazione gratuita da parte di soggetti terzi” (art. 25, 11° comma). Si tratta, a nostro avviso, di una previsione innovativa e foriera di importanti sviluppi applicativi, perché essa, da un lato, espressamente riconosce come l’intelligenza artificiale (debitamente ingegnerizzata nei motori di ricerca) possa curare i problemi di apatia razionale e azione collettiva che finora hanno reso largamente inutile l’informazione di mercato per gli investitori [continua ..]


5.

Cosa manca, dunque, all’attuale regime del sub-tipo “emittente digitale” e quale il ruolo che potrà utilmente svolgere l’autonomia statutaria e contrattuale nel suo completamento? Non intendiamo avventurarci qui in una proposta di dettaglio, ma piuttosto concentrarci lungo alcune direttrici che indicano (secondo noi) desiderabili ambiti di intervento nella prospettiva eminentemente di diritto societario. Con una premessa. La nostra attenzione ai profili di diritto societario dell’emittente digitale non seleziona, naturalmente, tra le possibili filosofie regolamentari del­l’equity crowdfunding che una tra le diverse possibili. (a) Non guarda infatti all’emittente digitale essenzialmente come ad una mera tecnica di finanziamento della società “con creazione di un mercato digitale” giacché un simile approccio è viceversa quello che induce altri legislatori, tra cui quello federale degli Stati Uniti e la Commissione Europea, a porre l’enfasi sulla disciplina dell’appello al pubblico risparmio con preferenza rispetto ad altre tecniche di controllo che implicano un maggiore engagement degli investitori: incontrando tuttavia, questo approccio regolamentare, un significativo limite strutturale alla propria efficacia nel fatto che manchi allo stato, per l’emittente digitale, un mercato secondario sul portale. Ciò genera, infatti, sia rischi di azzardo morale sia rischi di eccessi di regolamentazione, dato che per compensare il rischio da illiquidità dell’investimento, il legislatore può essere indotto ad introdurre eccessive barriere d’entrata sul mercato primario. (b) Neppure guarda all’emittente digitale e ai titoli da esso emessi come ad un prodotto di consumo. Questa diversa filosofia regolamentare pone, infatti, la propria enfasi sugli aspetti comportamentali dell’investitore in quanto acquirente dei titoli, e assume a presupposto un fallimento di mercato; esso di conseguenza porta a soluzioni di c.d. market design, promuovendo cioè elevati livelli di standardizzazione dei prodotti, e dunque dell’emittente e delle sue campagne di equity crowdfunding. Sennonché anche l’approccio di market design, nella sua versione consumeristica, finisce con l’assumere a riferimento esclusivamente il rapporto tra emittente digitale e investitore al momento del [continua ..]


6.

Quali le implicazioni sul piano del diritto positivo di questo cambio di paradigma? Crediamo possano essere moltissime, e che sia una fortunata intuizione quella che ha portato il legislatore italiano ad avviare, per primo, i lavori di riforma del diritto societario per rispondere alle specificità dell’emittente digitale. Senza alcuna pretesa di completezza, ci limitiamo qui di seguito ad evidenziare tre possibili direttrici di ulteriore avanzamento del cantiere di diritto societario per l’e­mit­tente digitale, ben consapevoli che si tratta di prospettive di necessità parziali (che il successivo dibattito saprà enormemente arricchire). a) In primo luogo, a noi pare che sia necessario completare il processo, già avviato dalle riforme del 2012 e 2015, in tema di informativa societaria per l’emit­tente digitale, prevedendo che il sito web obbligatorio della società, in aggiunta alle informazioni riportate nell’apposita sezione del registro delle imprese e nel documento sintetico, contenga, in un spazio riservato facilmente accessibile e chiaramente organizzato, tutta l’informazione (anche qui, in formato tabellare facilmente accessibile ai motori di ricerca) concernente, almeno: (1) gli assetti proprietari e di governo della società, con analitica descrizione anche della articolazione in concreto assunta dalle scelte di corporate finance effettuate dalla società, dei poteri spettanti a chi agisce per la società e delle regole sulla circolazione delle partecipazioni e degli altri strumenti finanziari emessi; (2) l’attività d’impresa, con pubblicazione dei dati di bilancio disponibili ma, al tempo stesso, con indicazioni sintetiche (ma aggiornate con adeguata periodicità, idealmente almeno trimestrale) circa l’inde­bita­mento complessivo (con separata indicazione delle garanzie prestate), il suo rapporto con i mezzi propri e i principali indici finanziari dell’impresa; (3) operazioni con parti correlate o infragruppo; (4) fatti o eventi rilevanti che siano suscettibili di incidere sul valore della società e degli strumenti finanziari e che possano essere divulgati senza pregiudicare opportunità di affari per la società stessa. Ci pare che i costi che l’emittente digitale incontrerebbe per far fronte ad un sistema rafforzato di informazione societaria incentrato sul sito web della [continua ..]


NOTE