Rivista di Diritto SocietarioISSN 1972-9243 / EISSN 2421-7166
G. Giappichelli Editore

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I contratti di coesione nel Gruppo Bancario Cooperativo. Brevi spunti comparatistici sul tema della validità, nell´ordinamento giuridico italiano, dei patti di dominazione (di Jacopo Paoloni)


Il d.l. 14 febbraio 2016 ha introdotto nell’ordinamento giuridico una sostanziale riforma del sistema delle banche di credito cooperativo, con cui il legislatore ha inteso creare un nuovo modello di gruppo di imprese bancarie. Il Gruppo Bancario Cooperativo, in particolare, è un tipo di gruppo “a partecipazione inversa” in cui le singole banche di credito cooperativo partecipano il capitale della capogruppo, costituita in forma di società per azioni, la quale a sua volta esercita poteri direttivi nei confronti delle partecipanti sulla scorta di un particolare contratto, chiamato “contratto di coesione”, che sancisce e stigmatizza le competenze della holding in tema di direzione e coordinamento del gruppo.

Nelle pagine che seguono si è voluto analizzare le caratteristiche di tale ultimo contratto, comparandolo con un’altra forma di contratto d’impresa di stampo tedesco, ossia il patto di dominazione, contratto, quest’ultimo, rispetto al quale la dottrina tradizionale ha da molti anni escluso la compatibilità con i principi del diritto societario.

The cohesion contracts in the Cooperative Banking Group. Short comparative hints on the validity of the domination agreement in the Italian legal system

The Decree-Law february, 14th, 2016, introduced in the legal system a substantial reform of the cooperative banking system, with which the legislator wanted to create a new model of group of banking companies. Particularly, the Cooperative Banking Group is type of “reverse shareholding” group in which the individual cooperative credit banks participate in the capital of the parent company, established in the form of a joint stock company, which in turn exercises managerial powers in against the share holders on the basis of a particular contract, called a “cohesion contract”, which establishes and stigmatizes the holding’s competences in terms of group management and coordination. In the following pages we wanted to analyze the characteristics of this last contract, comparing it with another form of business contract of a Germanic type, namely the domination pact, the latter contract, with respect to which the traditional doctrine has to many years excluded compatibility with the principles of company law.

SOMMARIO:

1. La disciplina del contratto di coesione - 2. Elementi tipologici del contratto di coesione - 3. Cenni a margine del Beherrschungsvetrag (patto di dominazione) - 4. Ammissibilità di un “patto di dominazione” nel diritto italiano delle società. Rilievi critici - NOTE


1. La disciplina del contratto di coesione

Il presente lavoro si incentra su una delle più rilevanti fattispecie introdotte dalla riforma del credito cooperativo (d.l. 14 febbraio 2016, n. 18, poi convertito in l. 8 aprile 2016, n. 49), il “contratto di coesione”. Una breve analisi dei caratteri essenziali della fattispecie, come disegnati dal legislatore e dalla Autorità di vigilanza (Banca d’Italia) e delle eventuali affinità rispetto al contratto di gruppo d’origine tedesca, il Beherrschungsvetrag (patto di dominio o dominazione disciplinato dai paragrafi 291 e ss. dell’Aktiengesetz del 1965), consentirà di svolgere alcune riflessioni sulla vexata quaestio della ammissibilità, nel diritto societario italiano, di un “contratto di gruppo” assimilabile, in primo luogo per l’oggetto e per la causa, al corrispondente istituto di diritto tedesco. Occorre subito peraltro segnalare una divergenza sostanziale (e direi teleologica) tra i due schemi contrattuali. Nella logica della riforma del credito cooperativo, l’adesione al Gruppo Bancario Cooperativo (d’ora in avanti anche solo “GBC”), per mezzo del vincolo contrattuale costituito dal contratto di coesione, è scelta obbligata per le BCC, che vi sono tenute a pena di trasformazione in S.p.a. o di liquidazione, ai sensi dell’art. 33, comma 1-bis, T.u.b. [1]; nell’ordinamento societario tedesco invece il Beherrschungsvetrag rappresenta uno degli strumenti offerti dal legislatore all’autonomia privata societaria per consentire a più imprese di formare un gruppo, sottoposto alla direzione unitaria di una sola tra le società partecipanti. Come evidenziato da attenta dottrina, pertanto, l’introduzione del contratto di coesione nell’ordinamento italiano ha significato, più che un nuovo strumento giuridico di costituzione e disciplina di un gruppo di società – anche in considerazione dell’esistenza, nell’ordinamento giuridico, del noto gruppo cooperativo paritetico di cui all’art. 2545-septies, norma che consente a più cooperative di costituire un gruppo di natura orizzontale su base contrattuale – il mezzo per raggiungere lo scopo dell’adesione obbligatoria ad un GBC di ogni BCC presente sul territorio italiano [2]. Il contratto di coesione, disciplinato con normativa primaria dall’art. [continua ..]


2. Elementi tipologici del contratto di coesione

Alla luce delle ora esposte considerazioni si potrebbe affermare che, nel contenuto e nella causa del contratto di coesione, il rispetto della mutualità si configuri come un principio o un valore che, attinente alla particolare natura cooperativa della società che fanno parte del gruppo, la capogruppo è tenuta a preservare, distinto rispetto al più generale principio di “corretta gestione societaria e imprenditoriale delle società dirette e coordinate”. Altro elemento che la dottrina vede come determinante nella configurazione tipologica del potere direttivo in capo alla capogruppo nel GBC è rappresentato dal parametro della “rischiosità” delle banche aderenti [6], che, secondo l’art. 37-bis del T.u.b., funge da “unità di misura” rispetto alla cogente invasività delle direttive (strategiche o meno) della capogruppo medesima [7]. Secondo la ricostruzione dogmatica operata in letteratura [8], la rischiosità funge da criterio regolatore del potere direttivo della capogruppo, per cui i poteri di influenza sulle società aderenti sono sempre proporzionati (caso per caso) al rischio che ognuna di esse corre di allontanarsi dalla sana e prudente gestione d’impresa. Appare inoltre opportuno evidenziare come il legislatore della riforma abbia stabilito (comma 3 dell’art. 37-bis) i soli “principali criteri ordinatori” del regolamento contrattuale, lasciando alla Autorità di vigilanza il compito di determinare il contenuto minimo dei contratti di coesione; ed infatti, ai sensi del comma 7-bis dell’articolo in esame, «La Banca d’Italia, al fine di assicurare la sana e prudente gestione, la competitività e l’efficienza del gruppo bancario cooperativo, nel rispetto della disciplina prudenziale applicabile e delle finalità mutualistiche, detta disposizioni di attuazione (...) con particolare riferimento al contenuto minimo del contratto di cui al comma 3». Al termine di un periodo di pubblica consultazione iniziato nel luglio 2016, Banca d’Italia ha provveduto, nel novembre del medesimo anno, alla emanazione del 19 aggiornamento della Circolare n. 285/2013, che al Capitolo 6 della Parte III identifica le “aree minime” del contenuto del contratto di coesione. Volendo riassumere gli elementi del contenuto minimo obbligatorio (la cui [continua ..]


3. Cenni a margine del Beherrschungsvetrag (patto di dominazione)

Disciplinato al §§ 291 ss. Aktiengesetz 1965, il Beherrschungsvertrag (contratto o patto di dominio o dominazione) [17] rappresenta uno dei più rilevanti tra i modelli contrattuali d’impresa (Unternehmensvertrage) per mezzo dei quali due o più imprese costituiscono un Konzern [18]. In particolare, due o più società determinano di assoggettarsi alla direzione unitaria stabilita da un’altra impresa, obbligandosi a seguire le direttive di quest’ultima, e ponendosi pertanto in uno stato di legale subordinazione (Unterwerfung). La caratteristica predominante del modello contrattuale tedesco in esame risiede dunque nel fatto che in forza di esso gli amministratori della società sottoposta al dominio altrui debbono sottostare alle direttive impartite dalla dominante anche ove tali ultime siano sfavorevoli e financo pregiudizievoli degli interessi della società che li abbia ricevuti, allorquando tale pregiudizio sia il “necessario male” funzionale al raggiungimento del più ampio interesse del Konzern. Gli amministratori della dominata possono disattendere le direttive impartite solo ove esse non siano funzionali nemmeno al perseguimento di un interesse di altre società del gruppo o a quello della holding stessa. Le disposizioni di cui ai §§ 291-307 del Aktiengesetz hanno pertanto introdotto una norma speciale che deroga al principio generale, pur presente nel diritto tedesco, della inammissibilità di influire dannosamente sulla attività della controllata, allorquando le strategie direttive della dominante siano volte al raggiungimento di un obbiettivo più ampio di quello delle singole imprese che di quel gruppo fanno parte, che evidentemente giustifica l’eventuale sacrificio, a seconda dei casi, di una o l’altra dominata. Il sistema costì descritto, a fronte della rinuncia da parte degli amministratori delle società dominate di grande parte della loro autonomia ed indipendenza per il raggiungimento dell’interesse di gruppo, prevede una serie di inevitabili garanzie a tutela delle ragioni degli azionisti di minoranza e dei creditori delle sottoposte, per l’eventuale pregiudizio, e in particolare: a mente del § 309, la dominante risponde dei danni patrimoniali cagionati in capo alla dominata per avere impartito [continua ..]


4. Ammissibilità di un “patto di dominazione” nel diritto italiano delle società. Rilievi critici

La dottrina italiana come è noto ha in più occasioni affrontato il tema del possibile riconoscimento, nel nostro ordinamento, di un contratto mediante il quale più imprese, costituite in forma di società, determinino la propria volontà di “sottomettersi” all’imposizione di una “direzione aziendale unitaria volta al conseguimento di uno scopo comune”, decisa da una capogruppo, che per mezzo di quel contratto controlli l’operato delle imprese aderenti. La discussione si accentua [21] con la definitiva formulazione dell’art. 2359 c.c. (cui si è arrivati per mezzo, dapprima, delle rielaborazioni operate dall’art. 6, l. 7 giugno 1974, n. 216 e, in seguito, dall’art. 1, d.lgs. 9 aprile 1991, n. 127) e la introduzione del c.d. “controllo esterno” o “contrattuale”, ossia il controllo che, lungi dal fondarsi su presupposti partecipativi, sia invece il frutto di “particolari vincoli contrattuali” tra la dominante e la dominata. Non è questa la sede per dar compiutamente conto di tale dibattito (né della discussione relativa ai profili di incompatibilità del modello cooperativo rispetto ad un ipotetico gruppo su base contrattuale). Qui basti rilevare che la legittimità, nel nostro ordinamento e con particolare riguardo ai principi che regolano il diritto societario, di un contratto che abbia quale causa ed oggetto (e non quale mero effetto) di sottoporre una società alla direzione unitaria di altra società, ha trovato un riscontro (quanto meno in una fase iniziale), in via pressoché totalitaria, negativo da parte della dottrina, che ha posto a fondamento di tale posizione la contrarietà ai principi generali del diritto societario. Il pensiero della dottrina maggioritaria sul punto è stato “meditato” in via riassuntiva da autorevole dottrina [22], per la quale tale contratto deve ritenersi nullo poiché lesivo di inderogabili principi del diritto societario italiano, secondo cui una società non potrebbe vincolarsi ad agire in spregio del proprio particolare interesse e, correlativamente, l’organo di gestione di una società non potrebbe prescindere da una piena e totale autonomia di giudizio nelle scelte che riguardano gli affari sociali. Nell’ambito di questo indirizzo, secondo una parte della [continua ..]


NOTE