Muovendo dalla pronuncia del Tribunale di Roma sull’inefficacia del sequestro conservativo trascritto a favore del socio di minoranza, il presente contributo analizza la natura e i limiti dell’azione sociale di responsabilità̀ esercitata ex art. 2393-bis c.c., al fine di vagliare il bilanciamento tra la salvaguardia degli interessi economici della minoranza ed i concreti limiti di tutela connessi alla titolarità̀, in capo alla sola società, del diritto sostanziale controverso fatto valere in giudizio.
Within the analysis of the judgement issued by the Tribunal of Rome on the ineffectiveness of the precautionary attachment transcribed in favor of the shareholder, the following article examines the nature and the limits of the liability action exercised ex art. 2393-bis of the Italian Civil Code, in order to identify a balance between the need to grant the economic interests of the minority shareholders and the concrete obstacles linked to the fact that only the company owns, indeed, the substantial and controversial right asserted in court.
Keywords: Liability action exercised by the minority shareholder – art. 2393-bis Italian Civil Code – procedural substitution ex lege – ineffectiveness precautionary attachment – art. 2665 Italian Civil Code.
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1. Il caso - 2. L’inquadramento del thema decidendum - 3. Il rapporto tra l’azione di responsabilità ex art. 2393-bis c.c. e la corretta esecuzione del sequestro conservativo - 4. La decisione del tribunale sull’inefficacia del sequestro conservativo - 5. Riflessioni conclusive. Il commento - NOTE
La pronuncia in commento ha ad oggetto una vicenda piuttosto articolata, in ragione sia della difficoltà di delineare correttamente i confini operativi della tutela accordata ai soci di minoranza ex art. 2393-bis c.c., sia delle differenti e complesse questioni normative affrontate nel corso della decisione assunta dal Tribunale di Roma. Con ricorso presentato ex artt. 669-novies e 675 c.p.c., i ricorrenti del presente giudizio, in qualità di amministratore e componenti del Collegio sindacale della T.P. S.p.A, agivano al fine di ottenere la declaratoria di inefficacia dell’ordinanza cautelare, attraverso la quale il tribunale autorizzava il sequestro conservativo a favore della società – in parziale accoglimento della domanda cautelare proposta da un socio di minoranza ex art. 2393-bis c.c. – nei confronti dei suddetti ricorrenti, sino alla concorrenza di euro 39.468.592,00. Muovendo dalle contestazioni di parte ricorrente, al fine di eseguire correttamente il predetto sequestro conservativo, il socio di minoranza avrebbe dovuto notificare gli atti di sequestro, ed effettuare le trascrizioni presso i registri immobiliari, indicando espressamente la sua qualità di sostituto processuale della società (ex art. 81 c.p.c.), con la specificazione, dunque, che creditrice e beneficiaria della misura cautelare conservativa fosse la medesima T.P. S.p.A, ad esclusivo beneficio della quale il predetto provvedimento era stato originariamente emesso. Di contro, l’assenza di qualsiasi riferimento all’effettivo titolare del diritto vantato in giudizio – ossia, la società – e la conseguente instaurazione del procedimento esecutivo, esclusivamente, in nome e per conto del socio di minoranza, macchiavano di un vizio insanabile l’esecuzione del sequestro in esame, posto che l’inesatta indicazione dell’avente diritto non rendeva possibile, nell’ipotesi di accoglimento della domanda di merito, la conversione del sequestro conservativo in pignoramento, comportando, di fatto, l’inefficacia della misura cautelare per mancata corretta esecuzione nei termini previsti dall’art. 675 c.p.c. Contestando le suesposte deduzioni di parte ricorrente, il socio di minoranza si opponeva in giudizio, sostenendo che la sua qualità di sostituto processuale della società fosse in re ipsa nella domanda proposta ex art. 2393-bis c.c., di guisa che [continua ..]
Analizzando la tematica da un punto di vista procedurale, a seguito dell’abrogazione dell’art. 683 con legge n. 353/1990, l’art. 669-novies, comma 2, c.p.c., attribuisce la competenza a dichiarare l’inefficacia del provvedimento al medesimo giudice che ha in precedenza emanato la misura cautelare [[1]]. Il suesposto orientamento, avallato dalla giurisprudenza della Suprema Corte [[2]], trova, difatti, espresso richiamo nella sentenza in commento, dalla quale emerge chiaramente che il procedimento ex art. 669-novies c.p.c., finalizzato alla declaratoria di inefficacia della misura cautelare, salvo contestazione del resistente [[3]], costituisce un giudizio contenzioso ordinario a cognizione piena, da definirsi mediante l’emanazione di una sentenza provvisoriamente esecutiva. Muovendo verso l’analisi della corretta esecuzione del provvedimento cautelare, occorre brevemente precisare che il sequestro conservativo rappresenta un istituto tipico avente la funzione di assicurare al creditore la conservazione della garanzia patrimoniale sui beni del debitore, stante l’esigenza di “cristallizzare” la situazione di fatto e di diritto sussistente al momento dell’emissione del provvedimento, al fine di evitare potenziali conseguenze pregiudizievoli, scaturenti da modificazioni materiali o giuridiche, tali da aggravare o rendere impossibile l’attuazione del futuro provvedimento di condanna [[4]]. Com’è noto, dunque, mediante ricorso al sequestro conservativo di cui all’art. 671 c.p.c., le suddette esigenze di conservazione si realizzano in forza dello spossessamento anticipato dei beni sottoposti al vincolo, con la precisazione che gli effetti di tale sequestro non conseguono ex se all’emanazione del provvedimento autorizzativo, quanto piuttosto alla sua corretta esecuzione [[5]]. Difatti, la disciplina di cui all’art. 675 c.p.c., evidenziando un collegamento essenziale tra l’esecuzione della misura e la sua concreta operatività [[6]], impone al sequestrante il rispetto di tempi rapidi di esecuzione, al fine di impedire che il sequestrato subisca gli effetti pregiudizievoli della misura cautelare per un tempo indefinito [[7]]. Fatte tali premesse, occorre distinguere a seconda che il sequestro conservativo abbia ad oggetto beni mobili – per i quali, ai sensi dell’art. 678 c.p.c., il legislatore espressamente [continua ..]
L’inquadramento della vicenda in esame necessita anzitutto un chiarimento in merito alla natura dell’azione sociale di responsabilità esercitata dalla minoranza. Ci si limita in questa sede ad affermare che, secondo l’orientamento della dottrina maggioritaria, l’azione di responsabilità in oggetto rappresenta un’ipotesi di legittimazione straordinaria ex art. 81 c.p.c. [[20]], posto che i soci esercitano in giudizio un diritto altrui – della società – al fine di conseguire indirettamente la tutela di un proprio interesse economico [[21]]. Formalmente, dunque, la minoranza è titolare di un potere processuale caratterizzato dall’assenza, in capo ai soggetti legittimati, del diritto di credito vantato, di guisa che il diritto sostanziale non appartiene all’attore in quanto socio «o, per meglio dire, non gli appartiene in forma esclusiva ma per l’attuazione del quale egli è, nondimeno, legittimato ad agire» [[22]]. Sul punto, al fine di statuire l’efficacia o meno del sequestro conservativo – autorizzato su esercizio dell’azione ex art. 2393-bis c.c. – l’attenzione del Tribunale di Roma si è dunque specificamente rivolta alla corretta interpretazione del dettato normativo di cui all’art. 2665 c.c. Ai sensi del predetto articolo, difatti, l’eventuale inosservanza delle disposizioni di cui agli artt. 2659 e 2660 c.c. non rende di per sé invalida la trascrizione, ad eccezione dei casi in cui le omissioni o incertezze della nota di trascrizione inducano «incertezza sulle persone, sul bene o sul rapporto giuridico» ai quali si riferisce l’atto o, rispettivamente, la sentenza o la domanda. Sotto un primo profilo deve sottolinearsi come, in un sistema di pubblicità improntato ad un criterio strettamente personale, «anziché seguire, come nei sistemi a base reale, i singoli beni nella storia dei successivi trapassi», il nostro ordinamento riproduce «in partite intestate alle persone, tutte le mutazioni del loro patrimonio immobiliare» [[23]]. In sostanza, secondo l’orientamento maggioritario di dottrina e giurisprudenza, al fine di verificare se ed entro quali limiti un atto trascritto (ovvero una domanda giudiziale) sia opponibile nei confronti dei terzi, si dovrà esclusivamente far riferimento al contenuto della nota [continua ..]
Così definito il contesto della presente analisi, la sentenza in commento chiarisce i confini operativi entro i quali si esplica la legittimazione all’esercizio dell’azione sociale di responsabilità ex art. 2393-bis c.c. [[37]]. Il Tribunale di Roma, dopo aver accennato ai termini della natura dell’azione sociale di responsabilità ed aver esposto la disciplina applicabile ai fini della corretta esecuzione del sequestro conservativo, in accoglimento della domanda di parte ricorrente, ha statuito la declaratoria dell’inefficacia del predetto provvedimento cautelare, qualora quest’ultimo sia, come nel caso di specie, «impropriamente ed inutilmente eseguito [trascritto] a favore di un soggetto [socio di minoranza] diverso dal titolare del diritto di credito [società]». Come precedentemente affermato, la pronuncia in esame mira correttamente a sanzionare l’ipotesi in cui una misura cautelare, autorizzata ad esclusivo beneficio della società ex art. 2393-bis c.c., sia diversamente iscritta a favore del socio di minoranza, in assenza di un espresso ed inequivoco riferimento negli atti al ruolo che egli svolge in qualità di sostituto processuale (ex art. 81 c.p.c.), posto che la società rimane unica titolare del diritto sostanziale vantato in giudizio e, come tale, unica potenziale beneficiaria dell’esecuzione del provvedimento cautelare emesso dal tribunale. In primo luogo, chiamato a pronunciarsi in merito all’invalidità della trascrizione a favore del socio di minoranza anziché della società nel cui interesse egli agiva, assente in tutti gli atti esecutivi «alcun riferimento alla sua posizione di sostituto processuale della [medesima] società», il tribunale ha aderito all’orientamento secondo cui, affinché sussista l’inesatta indicazione delle generalità della persona a cui si riferisce l’atto (art. 2665 c.c.), tale da generare incertezza e rendere invalida la medesima trascrizione, è del tutto irrilevante la potenziale facoltà dei terzi di compiere ulteriori indagini, o di far ricorso a fonti diverse rispetto alla sola nota di trascrizione, dovendosi questi ultimi attenere alle sole risultanze immobiliari alle quali hanno accesso, anche qualora la predetta nota potenzialmente offra, come nel caso di specie, un filo conduttore utile per giungere alla corretta [continua ..]
A ben vedere, la tutela cautelare in materia di diritto societario acquisisce un ruolo di preminente rilievo, al fine di rispondere a determinate esigenze di celerità di intervento giurisdizionale, le quali mal si conciliano con le lungaggini tipiche dei processi a cognizione piena, rendendosi necessario preservare, al contempo, le altrettanto forti esigenze di stabilità dei rapporti societari, suscettibili di esser compromessi dalla natura strumentalmente provvisoria delle misure in esame [[44]]. Alla luce dei suesposti rilievi, difatti, la pronuncia in commento costituisce valida occasione per affrontare una più concreta riflessione in merito alla difficoltà di identificare un corretto bilanciamento tra l’esigenza di tutela degli interessi della minoranza [[45]] e, contestualmente, i limiti rappresentati dalla permanenza della titolarità del diritto sostanziale in capo alla sola società che, come tale, risulta essere unica beneficiaria dell’esito eventualmente favorevole dell’esperimento dell’azione in esame [[46]]. Si è visto come lo stato dell’arte del diritto vigente renda valide e comprensibili le sanzioni di inefficacia del provvedimento esecutivo, qualora iscritto a vantaggio diretto del solo socio richiedente; nondimeno, la problematica in esame costituisce valida occasione per riflettere sui limiti che la materia così disciplinata possa in concreto imporre nei confronti degli interessi sostanziali della minoranza. Stante la difficoltà di garantire efficaci strumenti di tutela della minoranza che non collidano con il più ampio interesse sociale, occorre chiarire che il nostro ordinamento attribuisce all’iniziativa dei soci la facoltà di ricorrere a specifici meccanismi di controllo c.d. esterni – attuati per intervento dell’autorità giudiziaria – dai quali emerge una chiara volontà legislativa orientata verso la “privatizzazione” dei controlli, a garanzia di interessi interni alla compagine sociale [[47]]. Sul punto, particolare rilievo assume la rinnovata disciplina di cui al d.lgs. 12 gennaio 2019, n. 14, recante il Codice della crisi di impresa e dell’insolvenza, in forza della quale, ponendo fine ad un pregresso e vivace dibattito giurisprudenziale [[48]], il legislatore ha esteso l’applicazione dell’art. 2409 c.c. alle società a [continua ..]