Rivista di Diritto SocietarioISSN 1972-9243 / EISSN 2421-7166
G. Giappichelli Editore

indietro

stampa articolo indice fascicolo leggi articolo leggi fascicolo


Sez. II – Osservatorio su informazione societaria e contabilità (di Maria Lucia Passador)


Articoli Correlati: diritto societario - bilancio IAS/IFRS

SOMMARIO:

Appunti sulla nuova nozione di controllo. Tra prinćpi IAS/IFRS e diritto societario - 1. Introduzione. - 2. IFRS 10: la nozione di controllo. - 2.1. Trattamento riservato alle società veicolo e coesione con altri prinćpi (cenni). - 2.2. Perenne divenire. - 3. Dallo IAS 27 allo IFRS 10. Prospettiva evolutiva e controllo da business covenants. - 4. Dalla titolarità di Strumenti Finanziari Partecipativi (SFP) alla titolarità del controllo? - 4.1. Caratteri degli SFP e loro interpretazione contabile. - 4.2. Controllo da titolarità di SFP. - 5. Caso Italtel S.p.A.: ruolo degli SFP. - 6. Conclusioni. - NOTE


Appunti sulla nuova nozione di controllo. Tra prinćpi IAS/IFRS e diritto societario

1. Introduzione.

Argomento del presente studio sono le implicazioni in tema di controllo societario c.d. solitario derivate dall’entrata in vigore della nuova disposizione, l’IFRS 10, appartenente al corpus degli International Financial Reporting Standards, punto di approdo di un importante processo di revisione affrontato nell’ultimo decennio, avente carattere di compiuta elaborazione di una serie di novellati princìpi contabili in tema di consolidamento e di ridefinizione dell’intero concetto di controllo, “tema scientificamente assai dibattuto […] oggetto, forse al pari di nessun’altra provincia della disciplina societaria, di numerosi, tutt’altro che omogenei, interventi legislativi” [1]. Preme infatti rilevare come esso rivesta attualmente profilo di interesse particolare per il giurista, “chiamato […] al non facile compito di ricostruire il significato e, soprattutto, la portata di disposizioni che, per tecnica definitoria, finalità ed impostazione, risultano assai diverse da quelle, pur caratterizzate da elevato tecnicismo e (quantomeno parziale) autoreferenzialità, del cosiddetto diritto contabile italiano”, attribuendo rilievo ad un tema, quello del controllo, “la cui ricostruzione e interpretazione è stata sin ad oggi confinata in un confronto, tanto sovente vivace quanto per lo più ‘sotterraneo’, tra imprese e loro consulenti, da una parte, e organi di revisione e autorità di controllo, dall’altra” [2]. La trattazione della citata modifica analizza l’attuale IFRS 10 [3], la cui elaborazione rappresenta l’approdo di un’esigenza sentita da più parti, viste le non uniformi interpretazioni, che, per diverse ragioni ed aspetti, derivavano dalla lettura combinata delle esistenti norme. Attenzione particolare verrà infatti posta alle molteplici sfumature che la disposizione attribuisce al concetto di controllo: una nozione secondo cui, come attesta il punto B6 dell’articolo in esame, unicamente “[n]el caso più semplice, l’investitore che detiene la maggioranza di tali diritti di voto, in assenza di altri fattori, controlla la partecipata”, mentre nei casi più articolati può derivare pure da accordi parasociali, clausole contrattuali, business covenants e sinanco strumenti finanziari partecipativi.


2. IFRS 10: la nozione di controllo.

La citata disposizione, come conferma il Regolamento (UE) n. 1254/2012 della Commissione, datato 11 dicembre 2012, sostituisce lo IAS 27 Bilancio consolidato e separato e l’Interpretazione 12 dello Standing Interpretations Committee – Consolidamento – Società a destinazione spe­cifica (società veicolo) (SIC 12) [4],[5]. Dottrina pressoché unanime si è infatti espressa nel senso di attribuire agli IAS/IFRS [6] forza di legge diretta nell’ordina­mento nazionale, in sostituzione della disciplina previgente, ovvero dell’art. 28, d.lgs. 127/91 [7], la cui applicazione è oggi limitata unicamente alle società che non adottano gli IAS. Non solo. Anche alla luce del Public Statement dell’ESMA del 28 ottobre 2014 (ESMA/2014/1309), la recente Comunicazione Consob del 19 gennaio 2015, n. 0003907 [8], ha riaffermato come ai fini del consolidamento rilevi unicamente la valutazione degli amministratori circa la sussistenza dei presupposti del consolidamento, eccetto talune esenzioni. Al riguardo, International Accounting Standards Board (IASB) e Financial Accounting Standards Board (FASB), a partire dal giugno 2003, ulteriormente incoraggiati da crisi, globalizzazione [9] e raccomandazioni a cura del Financial Stability Forum (FSF), hanno sottoscritto formali impegni all’eliminazione delle differenze tra accounting standards: il Norwalk Agreement [10] prima, la Roadmap of Convergence between IFRS and US GAAP 2006-2008 poi [11]-[12]. Dunque l’allineamento tra i princìpi, l’incremento della trasparenza delle norme, la tutela sostanziale degli operatori e degli investitori appaiono obiettivi primari dello IASB, costantemente teso, nella propria attività, ad incrementare gli standard, ad allineare il contenuto dei princìpi destinati a normare i bilanci societari nonché a garantire chiara, corretta, costante, precisa informazione contabile. Il principio in parola, come già accennato, mira a definire il concetto di controllo (§§ 5-9 del documento), a compendiare ciascun aspetto dell’informativa in tema di bilancio consolidato e a ridurre incertezze o discrasie interpretative eventualmente generate dai princìpi citati nei paragrafi precedenti, avvalendosi di una rilevante guida operativa alle appendici A e B, costituente parte integrante della disposizione. Essenziali, a tal fine, [continua ..]


2.1. Trattamento riservato alle società veicolo e coesione con altri prinćpi (cenni).

La normativa risultante appare sicuramente apprezzabile, garantendo essa una rappresentazione sostanziale e globale della realtà economica in esame, rappresentando al pubblico, inter alia, il rapporto di indebitamento o cash flow. In altre parole, per un verso, considerare quale partecipazione di controllo una partecipazione che in realtà non lo è permette di aumentare i ricavi ed i risultati operativi; per l’altro, considerare quale partecipazione non di controllo una partecipazione che in realtà lo è permette al controllante di celare al gruppo parte del debito [19]. Più precisamente, detto principio, rubricato Consolidated Financial Statement, oltre a risolvere il novero di questioni sorte nell’ambito della crisi economica [20], offre strumenti sempre nuovi per la preparazione del bilancio consolidato di un gruppo di società controllate da una capogruppo [21] e produce effetti evidenti sul consolidamento dei veicoli societari, già oggetto di attenzione dal punto di vista contabile del SIC 12, soprattutto in virtù dello studio supplementare a cura dell’EFRAG [22]. Nonostante i chiari limiti della norma, dati dal fatto che la disamina si sofferma su operazioni di cartolarizzazione di mutui ipotecari e prestiti personali, essa coinvolge un limitato numero di partecipanti e risulta ampiamente discrezionale nella valutazione degli impatti, invero ha interessato dieci istituti bancari od assicurativi europei e quattro statunitensi (tra essi, Assicurazioni Generali S.p.A., intesa San Paolo S.p.A., Banco Santander S.A., Deutsche Bank GA, HSBC Holding, UBS AG, Société Générale), su richiesta della Commissione Europea. Alla luce delle conclusioni cui lo studio è giunto, l’eliminazione di una definizione di controllo in ragione di rischi e benefici genera una variazione del perimetro di consolidamento, di conseguenza diminuendo il numero di veicoli consolidati quali Leasing SPEs e Financing SPEs, Funds SPEs e soprattutto di quei veicoli riguardanti operazioni di cartolarizzazione di mutui ipotecari e prestiti personali, settori maggiormente coinvolti dalla crisi finanziaria. Tale particolare veicolo è stato oggetto di alcune operazioni: più di recente, nel 2011, il gruppo Unicredit ha perfezionato la cartolarizzazione di prestiti personali, denominata Consumer One, nel 2008, e, nel 2006, quella di mutui [continua ..]


2.2. Perenne divenire.

Nel giugno 2014, lo IASB ha pubblicato l’Exposure Draft Investment Entities – Applying the Consolidation Exception (Proposed amend­ments to IFRS 10 and IAS 28), in consultazione sino al 15 settembre 2014, le cui modifiche hanno l’obiettivo di chiarire alcuni aspetti applicativi sulla valutazione al fair value delle controllate di entità di investimento. Quindi, il medesimo organo ha pubblicato il documento Sale or Contribution of Assets between an Investor and its Associate or Joint Venture (Amendments to IFRS 10 and IAS 28), ove le variazioni hanno l’obiettivo di chiarire il trattamento contabile sia nel caso di perdita del controllo di una controllata sia nel caso di downstream transactions, a seconda che l’oggetto della transazione costituisca (o meno) un business, ai sensi dell’IFRS 3. Laddove la risposta fosse positiva, l’utile deve essere rilevato per intero in entrambi i casi; nell’ipotesi opposta, invece, l’utile deve essere rilevato solo per la quota relativa alle interessenze dei terzi. Tali modifiche entreranno in vigore dal gennaio 2016, sebbene ne sia consentita anticipata applicazione [32]. Nel settembre 2014, l’OIC ha inviato i propri commenti rispetto all’Exposure Draft Investment Entities: Applying the consolidation Exception, supportando la proposta dello IASB in tema di exemption for preparing consolidated financial statements, palesando talune esitazioni sul concetto di subsidiary that provides services that relate to the parent’s investments activities e distanziandosi rispetto alla proposta con riguardo alle joint ventures, alla luce del fatto che ciò potrebbe portare a costi aggiuntivi, senza però poter commensurare i risvolti positivi [33].


3. Dallo IAS 27 allo IFRS 10. Prospettiva evolutiva e controllo da business covenants.

Tra loro non marcatamente difformi, IAS 27 ed IFRS 10 prevedono forme di controllo passivo in relazione alle quali non è necessario l’effettivo esercizio del potere, bensì solo la facoltà di esercitarlo. Le disposizioni in parola delineano procedure di consolidamento affini e condizioni simili, al verificarsi delle quali la controllante non è tenuta a presentare il consolidato [34]. Ne consegue che viene a mancare un riferimento ad una entità controllata o controllante, sostituito però dalla indicazione di investor ed investee; muta il rapporto di controllo dalla prospettiva dell’investimento; si affievolisce la portata del concetto di “presunzione” e si dà concreta attuazione al c.d. principio substance over form [35]. La novellata formulazione della norma “di principio” oggetto di esame e la definizione di controllo che essa contiene, sulla base della quale un investitore deve accertare se controlla o meno l’entità oggetto dell’investimento indipendentemente dalla natura del proprio rapporto con la società, presentano implicazioni e problematiche notevoli. Tra esse, assumono sicuro rilievo: (i) la verifica della corrispondenza della triade di caratteri sopra citati ai fini della attribuzione del controllo; (ii) l’accertamento della sussistenza del controllo e del grado di stabilità di cui esso deve essere dotato alla data in cui si assumano decisioni chiave per le sorti della società [36]; (iii) la considerazione dei soli diritti potenziali di esercizio altamente probabile (c.d. substantive) ai fini della determinazione della soglia rilevante [37]; (iv) l’esercizio del diritto di voto anche per parte di un soggetto diverso dal titolare della partecipazione, considerato caso per caso [38], esteso all’ipotesi in cui banche ed istituti creditizi detengano quote od azioni da parte della società finanziata nelle società controllate ex art. 2352 c.c. [39]; (v) la puntuale determinazione della c.d. area di consolidamento [40] e la relativa esclusione di una società non più controllata (c.d. loss of control). Il fatto che il diritto di voto sia solo uno dei modi per esercitare il controllo su una società, in quanto non infrequentemente si delineano situazioni del controllo senza partecipazioni, appare istanza non irrilevante. Come anticipato, il [continua ..]


4. Dalla titolarità di Strumenti Finanziari Partecipativi (SFP) alla titolarità del controllo?

Analizzata la questione con riguardo ai covenants, si intende ora analizzare la possibilità di considerare fattispecie di controllo c.d. solitario quella derivante dalla titolarità di strumenti finanziari partecipativi (in seguito, anche SFP). La laconicità del tessuto normativo e l’ampiezza della autonomia statutaria in relazione agli SFP impongono, al riguardo, riflettute considerazioni.


4.1. Caratteri degli SFP e loro interpretazione contabile.

La riforma del diritto societario nel 2003 ha inteso incrementare le forme e le modalità con cui la società per azioni del nuovo millennio riesca a catalizzare capitali e risorse economiche [68], avvalendosi della più ampia autonomia negoziale [69], così conciliando le esigenze tanto del mercato quanto della società e così coinvolgendo una sempre più estesa pluralità di finanziatori [70], in senso trasversale rispetto al profilo di rischio cui ciascuno intende esporsi. Tra essi, soprattutto in risposta al c.d. credit crunch [71], gli strumenti finanziari partecipativi [72] hanno rappresentato una fattispecie tipica e flessibile [73], facilmente modulabile rispetto alle esigenze, costituente dunque validissima alternativa al prestito bancario in costanza di instabilità patrimoniale [74]. Prodotto del processo di “atipicizzazione” contenutistica degli strumenti di prov­vista finanziaria, frutto delle più sofisticate elaborazioni del “droit de l’in­gé­nierie financière” [75], detti strumenti costituiscono una valida risorsa in situazioni instabili a livello patrimoniale, al fine di migliorare immediatamente il proprio quo­ziente di indebitamento finanziario, senza veder aggravare la propria posizione debitoria. Purtroppo una corretta appostazione in bilancio di detti strumenti, questione imprescindibile ai fini di condurre una valutazione attenta, che guardi alla sostanza dell’operazione di finanziamento e permetta di attribuire ad essi con certezza la qualifica di equity o debt, foriera di ulteriori implicazioni sulla solidità o solvibilità dell’impresa, non è stata contemplata dal legislatore [76]. “[L]a nuova categoria degli strumenti finanziari è tratteggiata, sul piano della fattispecie, da poche indicazioni, che a stento consentono di intravederne i confini, ed è oggetto di un impianto disciplinare forse ancora più scarno” [77]. Di qui è emersa “una “litigiosità” dottrinale assai più intensa del consueto, e tanto più spiacevole in quanto i protagonisti sono tutti non-responsabili dello stato delle cose” [78]. Negli scorsi decenni, molteplici linee interpretative [79] sono state formulate circa l’attribuzione di un genus a tali strumenti, con [continua ..]


4.2. Controllo da titolarità di SFP.

Non infrequentemente, l’omologazione di un accordo stragiudiziale di ristrutturazione dei debiti prevede, in particolare e tra l’altro, l’emissione di SFP ai sensi dell’art. 2346, 6° comma, c.c., suddivisi in più categorie (c.d. strumenti di classe A, B, C, …), emessi a fronte di apporti in denaro. Il possesso di detti SFP, che costituiscono titoli di credito nominativi, tra loro di pari grado, porta con sé una serie di diritti (i) di natura informativa; (ii) di natura patrimoniale; (iii) di natura amministrativa, esercitabili tanto in forma collegiale quanto individuale, e, tra essi, anche quello di exit. I Regolamenti dei gruppi di SFP, oltre a fissare gli eventi in relazione ai quali materialmente si realizzi la conversione di questi in azioni ordinarie della società, stabiliscono pure norme di dettaglio con riguardo al diritto di recesso, ovvero ai Comitati costituiti ad hoc, tra gli altri, a titolo di esempio, per il controllo interno e per le remunerazioni. Alla luce del disposto di cui allo IAS 27, la determinazione della Società controllante è pressoché immediata: idonei a provarlo sono potenzialmente gli assetti proprietari, nel caso in cui una Società possieda la totalità azionaria dell’altra; e dunque la facoltà di elezione della maggioranza dei membri dell’organo amministrativo per parte degli azionisti; ovvero il fatto che i diritti di voto in capo ai possessori di SFP siano solo potenzialmente esercitabili, subordinatamente al verificarsi di eventi futuri. In virtù invece di quanto asserito dall’IFRS 10, in assenza di requisiti quantitativi, l’identificazione del soggetto controllante non può prescindere da una considerazione per parte dell’esperto, chiamato a considerare gli elementi di cui si è detto, ossia: (i) il potere detenuto rispetto alla società oggetto di investimento, (ii) i rendimenti variabili attribuiti in conseguenza dell’attività esercitata, (iii) il grado di incidenza sui rendimenti derivanti. Quanto al primo requisito, risulta necessario considerare diritti di nomina dei dirigenti con competenze strategiche, diritti di voto e diritti potenziali, realizzabili senza ostacoli economici, sanzionatori, informativi, legali, senza la necessità di accordi tra i soggetti e senza che il soggetto chiamato ad esercitare detti diritti ne tragga alcun [continua ..]


5. Caso Italtel S.p.A.: ruolo degli SFP.

Le considerazioni sinora compiute con riferimento al controllo da titolarità di SFP trovano però una applicazione concreta non immediata. Pur tuttavia esse trovano riscontro analizzando un esempio concreto e ripercorrendo, in relazione ad esso, la complessa individuazione del soggetto detentore del controllo di Italtel S.p.A. Stante la situazione in cui essa attualmente versa, peraltro in ragione della protratta congiuntura non favorevole dei mercati finanziari in generale (e di quelli di riferimento in particolare), estremamente rilevante pare l’esperienza di detta Società, leader nel settore delle telecomunicazioni e dell’informatica (ICT), focalizzata su creazione e sviluppo delle piattaforme (c.d. system integration), installazione e commercializzazione delle apparecchiature anche al di fuori dell’orizzonte nazionale, principale controllata di Italtel Group S.p.A., a propria volta controllata da una delle principali società di private equity americane (Dubilier & Rice) e, in misura minore, da Telecom Italia, Cisco Systems, Capital Trustees Limited e Cordusio Fiduciaria. Oggetto di due operazioni di leveraged buy out negli ultimi quindici anni, nonché beneficiaria di un contratto di finanziamento di tipo revolving a medio-lungo termine dal novembre 2010, Italtel S.p.A. risulta però provata dalle crescenti spinte competitive del mercato, dalla diminuzione della domanda, dalla contrazione degli investimenti in infrastrutture ed investimenti informatici di nuova generazione. Essa è stata quindi sottoposta: (i) ad un piano di risanamento ex art. 67, 3° comma, lett. d), legge fall., nel 2010 [90]; (ii) ad un accordo sindacale, consistente nella riduzione del numero dei dipendenti della società, unitamente al loro costo medio pro-capite; (iii) ad una diminuzione del capitale sociale e ad un parziale utilizzo della riserva di patrimonio netto, generata dalla sottoscrizione di strumenti finanziari partecipativi per parte dei creditori; (iv) ad un accordo di ristrutturazione dei debiti ex art. 182-bis legge fall., sottoscritto nel dicembre 2012, tra gli altri, dalla società, banche finanziatrici, Telecom Italia e Cisco Systems, in cui le parti si sono impegnate a modificare alcune previsioni dell’originario contratto di finanziamento. Una articolata politica, questa, che mira a permettere il risanamento della esposizione debitoria ed il riequilibrio della [continua ..]


6. Conclusioni.

Il bilancio consolidato di gruppo assolve dunque ad una specifica finalità informativa: penetrare il diaframma esistente tra le varie società del gruppo ed unire così quanto unito è già nella sostanza economica [95]. Una realtà, quella che si viene a creare, ingenerante una situazione rispetto alla quale si impone una contabilizzazione consolidata, regolata dalla disciplina dei princìpi contabili internazionali. Una prospettiva, certo, molto diversa rispetto a quella assunta dal legislatore interno che, all’art. 2359 c.c., norma figlia di una disciplina organizzativo-istitu­zionale ed ormai superata in ragione delle mutate forme di partecipazione alle scelte sociali [96], considera il gruppo unicamente sotto il profilo contrattuale o di voto, senza contemplare la direzione ed il coordinamento fattuale, riconosciuti dall’art. 2497 c.c. La lettura dell’art. 2497-sexies c.c. chiarisce che il controllo ed il consolidamento inducono a presumere in modo non assoluto l’operare della disciplina in tema di direzione e coordinamento in capo a chi controlla e a chi consolida il bilancio. In altri termini, la detenzione (e la permanenza) in capo ad una entity del­l’in­tero pacchetto azionario di un’altra entity non assicura per se il dispiegarsi di una direzione unitaria secondo forme adeguate ad operare il consolidamento. Vale a dire, la considerazione della quantificazione della percentuale di partecipazione nel­l’entità considerata va affiancata alla analisi di accordi di sindacato, clausole statutarie, vincoli contrattuali o qualunque tipo di fattore modificativo delle politiche finanziarie e gestionali dell’entity, ovvero dell’ammontare dei returns generati dalla attività rilevante della partecipata. Si impone quindi una attenta considerazione della fonte che specificamente disciplina la materia, tanto a livello di principio quanto di contenuto. Lo studio delle due principali problematiche poste dal principio in esame, il controllo da business covenants e quello da titolarità di strumenti finanziari partecipativi, prova infatti, ancora una volta, l’esigenza di compiere una analisi non meramente descrittiva, ma comprensiva anche degli aspetti fattuali, al fine di ridurre lo iato tra il formalismo societario e dei mercati finanziari e l’approccio sostanzialistico nella applicazione della disciplina. Un [continua ..]


NOTE