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Profili internazionalprivatistici della disciplina comunitaria dei mercati finanziari: la Direttiva MIFID tra conflitti di legge e conflitti di giurisdizione
Massimo V. Benedettelli
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Sommario:
1. La dimensione internazionalprivatistica dei mercati finanziari - 2.Obbiettivi e strumenti del coordinamento dei diritti degli Stati membri nella Direttiva MIFID - 3. Stato membro d’origine e ripartizione di competenze tra gli Stati membri - 4. Centralità dell’ordinamento della lex mercatus ed interferenze con valori giuridici di altri ordinamenti - 5. Principi comunitari di coordinamento dei diritti degli Stati membri in materia di mercati finanziari - NOTE
1. La dimensione internazionalprivatistica dei mercati finanziari
1.1. L’ordinamento del mercato Nel linguaggio comune e della scienza economica mercato è il luogo in cui si incontrano la domanda e l’offerta di beni o servizi. In realtà, il mercato presuppone (e si risolve in) regole che disciplinano i comportamenti dei soggetti che vi operano, e organi chiamati a dare garanzia a tale disciplina. In tal senso il mercato è una istituzione ed esprime un proprio ordinamento [[1]]. L’ordinamento del mercato trova le sue fonti principalmente nel diritto statale e nella autonomia privata: principalmente perché, da un lato, la sovranità statuale può essere limitata o condizionata da norme di diritto internazionale pattizio [[2]] o, eventualmente, consuetudinario [[3]], dall’altro, perché non si può escludere che in particolari settori la comunità mercantile riesca a dar vita a sistemi normativi completi ed autosufficienti, vigenti per forza propria al di là di qualsiasi intervento del potere coercitivo statale. Il rapporto tra tali due fonti può essere il più vario: lo Stato può «pubblicizzare» al massimo il mercato, attribuendone la gestione a propri organi, definendo i prodotti che sullo stesso possono essere scambiati, individuando i soggetti ammessi a formularvi proposte di acquisto o di vendita, stabilendo le regole per l’incontro di tale proposte e standard contrattuali [continua ..]
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2.Obbiettivi e strumenti del coordinamento dei diritti degli Stati membri nella Direttiva MIFID
La Direttiva MIFID, preso atto del cresciuto numero degli investitori che operano nei mercati finanziari e della complessità della gamma di servizi e strumenti loro offerta, si propone di ampliare l’armonizzazione tra i diritti degli Stati membri rispetto a quanto già realizzato con la previgente Direttiva n. 93/22 sui servizi di investimento nel settore dei valori mobiliari [[14]], che come noto interveniva sui requisiti di autorizzazione iniziale e di esercizio per le imprese di investimento e su alcune condizioni riguardanti la gestione dei mercati regolamentati. In particolare, mirando a disciplinare «tutte le attività destinate agli investitori» [[15]], essa definisce meglio il regime autorizzatorio estendendo l’elenco dei servizi di investimento e degli strumenti finanziari oggetto di regolamentazione, e stabilisce nuove regole per l’esecuzione delle operazioni in considerazione della esistenza di una nuova generazione di sistemi di negoziazione organizzati che si affiancano ai mercati regolamentati. Gli obbiettivi ultimi perseguiti dal legislatore comunitario con tale strumento sono dichiaratamente tre: la garanzia di un livello elevato di protezione per gli investitori; l’attuazione delle libertà di circolazione sì che le imprese di investimento possano prestare servizi in tutta l’Unione; la tutela del buon funzionamento dei mercati mobiliari e della integrità, [continua ..]
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3. Stato membro d’origine e ripartizione di competenze tra gli Stati membri
3.1. La nozione di «Stato membro d’origine della impresa di investimento» Stato membro d’origine delle imprese di investimento è lo Stato in cui è localizzata la loro sede statutaria, quando si tratti di persone giuridiche, o la loro amministrazione centrale, quando si tratti di persone fisiche o di persone giuridiche soggette ad un diritto nazionale che non prevede la fissazione di una sede statutaria [[22]]. Ciò è vero solo in linea di principio. Premesso che una impresa di investimento non può «(s)cegliere l’ordinamento giuridico di uno Stato membro al fine di sottrarsi ai criteri più rigorosi in vigore in un altro Stato membro sul cui territorio intende svolgere o svolge la maggior parte delle proprie attività» [[23]], la Direttiva MIFID reagisce infatti a quello che evidentemente considera un possibile uso fraudolento della autonomia (internazionalprivatistica) prescrivendo che lo Stato membro d’origine condizioni sia il rilascio dell’autorizzazione, sia la sua efficacia, al possesso da parte dell’impresa di investimento di tre distinti requisiti [[24]]: che abbia l’amministrazione centrale nello stesso Stato membro in cui ha la sua sede statutaria; che la sede amministrativa «formale» (il luogo cioè in cui alla luce del diritto societario applicabile, come eventualmente integrato dallo statuto dell’ente, si [continua ..]
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4. Centralità dell’ordinamento della lex mercatus ed interferenze con valori giuridici di altri ordinamenti
4.1. Il ruolo centrale attribuito dalla Direttiva MIFID all’ordinamento della lex mercatus. – La Direttiva MIFID, nel ripartire la competenza tra gli Stati membri quanto alla disciplina dei mercati degli strumenti finanziari, attribuisce un ruolo centrale all’ordinamento dello Stato ai sensi della cui legge ciascun mercato è organizzato (l’ordinamento della lex mercatus). Ciò risulta evidente dalla nozione di «Stato membro d’origine del mercato regolamentato» se è vero, secondo la ricostruzione da noi più su proposta, che la localizzazione del registro in cui è iscritta la sede statutaria del mercato, o in difetto di questa, la localizzazione della sua sede amministrativa, più che come criteri di collegamento in senso stretto, da interpretare lege fori ed operanti all’interno di una norma di conflitto bilaterale [[112]], vanno intesi come indici della volontà unilaterale di applicazione di una data legge ad una data fattispecie concreta, vale a dire, quando si tratti di mercati gestiti da privati (com’è il caso per le principali borse europee), come espressione sintetica del fatto che uno Stato con proprio provvedimento ha accertato che per effetto di atti di autonomia tutti i requisiti (ivi inclusa la localizzazione della «sede») ai quali il proprio diritto condiziona l’operatività di [continua ..]
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5. Principi comunitari di coordinamento dei diritti degli Stati membri in materia di mercati finanziari
Dalla pur sommaria ricostruzione proposta nel precedente paragrafo delle principali fonti di diritto comunitario rilevanti emerge chiaramente come l’ordinamento della Unione Europea non dia allo stato una soluzione chiara e coerente al problema del coordinamento dei diritti degli Stati membri in materia di mercati finanziari [[193]] quando in questo settore entrino in rilievo fattispecie con elementi di estraneità [[194]]. Si ha come l’impressione che la complessità tecnica delle questioni da regolare, i rapidi mutamenti delle prassi mercantili per effetto degli sviluppi della ingegneria finanziaria, l’emergenza (ben dimostrata dalla crisi economica in atto) di nuovi rischi che le dinamiche dei mercati arrecano alla stabilità dei sistemi economici e sociali nazionali e la conseguente necessità di nuovi interventi dei poteri pubblici per limitare e controllare l’autonomia privata, abbiano condotto il legislatore comunitario (come quello nazionale) ad una produzione normativa tanto copiosa quanto disorganica, e soprattutto poco attenta al rapporto da stabilire con altri strumenti di diretta o indiretta rilevanza internazionalprivatistica, pure vigenti nell’ordinamento. La soluzione non può essere data, come fa certa dottrina [[195]], ragionando in punto di mera qualificazione, vale a dire sulla base di argomenti di logica giuridica astratta volti a ricondurre ciascuna specifica questione ad [continua ..]
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NOTE