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Profili dell'opposizione alla fusione

Francesco Terrusi

 

Sommario:

1. Il quadro d'insieme - 2. Il fondamento dell'opposizione - 3. La natura giudiziale del'’atto - 4. La forma del procedimento - 5. I soggetti legittimati - 6. L'effetto sospensivo dell'opposizione - 7. Le fattispecie preclusive - 8. L'autorizzazione giudiziale in pendenza di opposizione - 9. (Segue). La valutazione del tribunale ai fini dell'autorizzazione - 10. La tutela degli obbligazionisti in generale - 11. I possessori di obbligazioni convertibili - 12. (Segue). Gli adempimenti preliminari - 13. (Segue). Le conseguenze della alternativa in tema di conversione. I cd. diritti equivalenti - NOTE


1. Il quadro d'insieme

La disposizione ex art. 2503 c.c. rappresenta un punto di contemperamento fra la tutela degli interessi dei terzi creditori anteriori alla pubblicità del progetto di fusione, preservata dal diritto di opposizione, e l’esigenza di giungere alla fusione in tempi brevi, ove la situazione economico-finanziaria delle società partecipanti sia tale da esorcizzare ogni rischio per la garanzia patrimoniale. La disposizione, a seguito della riforma di diritto societario, contiene talune importanti novità. Limitandoci per un momento all’essenziale, può essere utilmente rammentato che, fermo restando il nucleo dell’opposizione dei creditori anteriori, risultano ridefiniti gli eventi legittimanti l’attuazione anticipata della fusione mediante introduzione della nuova fattispecie della relazione asseverata della società unica di revisione, la quale attesti la non necessità di garanzie a tutela dei creditori siccome desunta dalla situazione patrimoniale e finanziaria. Nella medesima prospettiva, l’attuale versione della norma pone rimedio alla lacuna caratterizzante il testo originario, non previdente il deposito di somme, in alternativa al pagamento o al consenso dei creditori. E contiene, inoltre, mediante il rinvio all’art. 2445 c.c., un ampliamento dei casi nei quali è possibile autorizzare l’attuazione della fusione in pendenza dell’op­posizione, aggiungendo alla [continua ..]

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2. Il fondamento dell'opposizione

Secondo la tesi tuttora dominante, l’interesse tutelato dall’art. 2503 c.c. riposa nella conservazione della garanzia patrimoniale dei creditori anteriori all’iscrizione del progetto di fusione nel registro delle imprese [2]. La più compiuta espressione dottrinale di questa tesi è anteriore alla riforma del diritto delle società, e risale alla considerazione della potenziale incidenza negativa (sulla garanzia patrimoniale) di quel peculiare effetto dell’istituto della fusione che è rappresentato dalla cd. confusione dei creditori [3]. La disposizione in commento serve giustappunto al creditore per evitare la realizzazione di questo effetto, e dunque, di fronte al rischio dell’insufficienza patrimoniale della società rinveniente dalla fusione, presidia l’interesse a mantenere l’integrità della garanzia patrimoniale offerta dalla società debitrice [4]. Una variante di questa tesi – sostenuta in dottrina in termini, per vero, non sempre lineari rispetto alle affermate conseguenze – reputa invece rilevante il pregiudizio alla cd. garanzia commerciale, mediante valorizzazione di quello che viene definito essere l’aspetto reddituale proprio del diritto dell’impresa, cui corrisponderebbe la necessità di tutelare coloro che nel­l’impresa hanno investito, sia pure a titolo diverso dal capitale di rischio. Ma una simile variante appare [continua ..]

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3. La natura giudiziale del'’atto

Nella esposta, preliminare, considerazione di diritto sostantivo, a proposito dell’individuazione del fondamento dell’opposizione nel pericolo di pregiudizio per la garanzia patrimoniale, sembra trovare conferma altresì la conclusione circa la natura giudiziale dell’atto di opposizione. Il quale necessita di assumere la veste di atto introduttivo di un apposito rimedio, predisposto nella forma giurisdizionale, per l’accertamento della qualità di creditore dell’opponente e per la consequenziale tutela del suo diritto [8]. Il profilo è stato oggetto, in passato, di una vivace disputa, della quale è opportuno dare brevemente conto. E giova al riguardo sottolineare che, anche nel vigore delle vecchie norme, l’indirizzo dominante, sia in dottrina che in giurisprudenza, si è collocato nell’ottica più sopra sostenuta, vale a dire che i creditori, opponenti alla fusione, hanno l’onere di agire esclusivamente in sede giudiziale, e, più precisamente, per il tramite di un giudizio di cognizione introdotto da atto di citazione innanzi al tribunale del luogo in cui ha sede la società debitrice [9]. Questo perché – si assumeva –, l’opposizione essendo prevista a tutela degli specifici interessi dei creditori, la relativa decisione, come pure gli eventuali provvedimenti incidentali, evocano i poteri dell’autorità giudiziaria, e non [continua ..]

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4. La forma del procedimento

Il procedimento di opposizione alla fusione risulta espressamente contemplato, dal legislatore, soltanto nell’art. 33 del d.lgs. 17 gennaio 2003, n. 5, di riforma del processo societario, il quale estende (tra l’altro, e per quanto di interesse) alle istanze di cui agli artt. 2445, 4° comma, e 2503, 2° comma, c.c. le norme della sezione II del capo II del titolo IV, relative al procedimento camerale plurisoggettivo. La scarsa chiarezza della previsione, per vero letteralmente riferita alle «istanze», ha diviso gli interpreti, essendosi manifestati orientamenti discordanti a proposito del modello processuale di riferimento. Le considerazioni esposte a chiusura del paragrafo precedente inducono a rigettare innanzi tutto l’interpretazione che lega il disposto ex art. 33 cit. alla natura stragiudiziale dell’atto. Interpretazione incentrata sul rilievo che, appunto, l’opposizione dovrebbe avvenire in forma stragiudiziale, con onere della società, che intenda attuare la decisione di fusione, di proporre istanza camerale [18]. Confutata la premessa di codesta interpretazione, cade, evidentemente, anche la conclusione. Nondimeno può aggiungersi che la tesi non appare persuasiva in sé, per la limitazione di tutela che ne deriva quanto al diritto soggettivo sottostante. Difatti, l’istanza della società, di autorizzazione a eseguire la fusione nonostante l’opposizione, verrebbe [continua ..]

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5. I soggetti legittimati

 In netta consonanza rispetto alla disciplina anteriore, l’art. 2503 c.c. continua ad attribuire la legittimazione all’opposizione, in linea generale, ai creditori il cui diritto è sorto prima dell’iscrizione del progetto di fusione nel registro delle imprese del luogo ove hanno sede le società partecipanti (cfr. art. 2501-ter, 3° comma, c.c.). Una simile scelta si giustifica con la considerazione che i creditori successivi possono conoscere, appunto in ragione dell’avvenuta pubblicazione del progetto, la situazione della società risultante dalla fusione, e conseguentemente sono in condizioni di determinarsi consapevolmente circa la convenienza a contrarre. Il che si suole esprimere dicendo che i creditori divenuti tali successivamente al verificarsi degli adempimenti pubblicitari relativi al progetto erano o potevano essere, nel momento in cui il credito è sorto, già a conoscenza dell’intenzione della società di procedere alla fusione; sicché non possono dolersi di aver subito un pregiudizio in dipendenza dell’operazione [23]. Una simile giustificazione può essere accettata, anche se la relativa solidità non va esente da dubbio rispetto ai cd. creditori involontari della società, come i titolari di crediti risarcitori da fatto illecito. Devesi altresì convenire che la stessa non vale in termini di logica assoluta, dal momento che esiste pur [continua ..]

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6. L'effetto sospensivo dell'opposizione

La giurisprudenza costruisce la mancata opposizione come condicio iuris di efficacia della decisione di fusione [31]. In realtà, al fondo del concetto non si dubita che l’effetto principe dell’opposizione alla fusione è semmai di tipo impeditivo: quello, cioè, di impedire, alla società, nei cui confronti l’op­posizione è proposta, di dare attuazione alla decisione [32]. Al punto che è prevista, in tal caso, la facoltà della società medesima di richiedere al tribunale, con la già vista distinta forma del processo camerale plurisoggettivo, l’autorizzazione a eseguire la decisione lite pendente. Ciò equivale a dire che l’opposizione possiede – essa – un automatico effetto sospensivo della efficacia della decisione di fusione, quale elemento fondamentale e non fungibile del procedimento che, innestato dalla redazione del progetto (art. 2501-ter c.c.), sarebbe altrimenti destinato a concludersi con l’atto pubblico di cui all’art. 2504 c.c. Invero, la decisione di fusione, al pari di qualsivoglia deliberato della società commerciale avente valore organizzativo, assume efficacia fin dal completamento del suo iter formativo [33], né la successiva iscrizione, né tanto meno il fatto negativo della mancata opposizione potendo essere considerati alla stregua di elementi della fattispecie [continua ..]

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7. Le fattispecie preclusive

Riproducendo la scelta collaudata nel corso del sistema anteriore, l’art. 2503 c.c. ribadisce la possibilità di dare attuazione anticipata alla decisione di fusione rispetto al termine bimestrale, in presenza, congiuntamente o anche alternativamente, (a) del consenso dei creditori potenzialmente legittimati a opporsi; (b) del pagamento di quelli dissenzienti; (c) del deposito delle corrispondenti somme presso una banca. A tanto aggiunge una ulteriore ipotesi avente eguale funzione, tale essendo quella nella quale (d) la relazione sulla congruità del rapporto di cambio, di cui all’art. 2501-sexies c.c., sia redatta, per tutte le società partecipanti alla fusione, da un’unica società di revisione, mediante asseverazione, sotto propria responsabilità, che la situazione patrimoniale e finanziaria delle società fondende non rende necessarie garanzie a tutela dei creditori. In tutti questi casi – comunemente definiti di fusione anticipata – il dato essenziale è costituito dalla correlata preclusione alla facoltà di opposizione [41], trattandosi di mezzi a disposizione della società per superare il rischio di una prolungata sospensione di efficacia della decisione di fusione giustappunto conseguente al promovimento di una opposizione purchessia. Se ne può dedurre che, in tanto è possibile la fusione anticipata, in quanto, a cagione delle fattispecie sopra [continua ..]

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8. L'autorizzazione giudiziale in pendenza di opposizione

A mezzo del rinvio all’art. 2445, ultimo comma, c.c. è stata, altresì, nella sostanza confermata, dalla riforma del 2003, la scelta previgente in ordine alla necessità dell’autorizzazione giudiziale allorché la società richieda di poter attuare la fusione nonostante la pendenza dell’opposizione. Ciò nondimeno, è stata radicalmente innovata – come si è avuto occasione di osservare fin dall’esordio della presente esposizione – la forma processuale di riferimento, essendo oggi pacifico che una simile domanda di autorizzazione presuppone, sebbene ai limitati effetti (e in esito all’interpretazione sistematica prospettata supra, § 3), il rispetto delle previsioni del processo camerale societario plurisoggettivo [53]. Il tribunale quindi, in pendenza del giudizio di merito, può disporre, con decreto adottato a conclusione dell’apposito procedimento camerale, reclamabile secondo la speciale disciplina di cui all’art. 27, d.lgs. n. 5/2003, che l’operazione di fusione abbia luogo nonostante l’opposi­zione, quando ritenga infondato il pericolo di pregiudizio per i creditori ovvero quando la società abbia prestato idonea garanzia. A margine della disciplina vanno peraltro affrontate talune questioni di non secondaria importanza, suscettibili di condizionarne la corretta applicazione. La prima è quella della natura del [continua ..]

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9. (Segue). La valutazione del tribunale ai fini dell'autorizzazione

La ratio dell’istituto, di semplificare il procedimento di fusione legittimando la stipula dell’atto nonostante l’opposizione dei creditori, in caso di ritenuta non alterazione del rischio di credito, consente di risolvere le ambiguità anteriormente manifestatesi, in giurisprudenza, a proposito della valutazione alla quale è chiamato il giudice ai fini della decisione sull’istanza. Giova precisare che, in passato, si sono in proposito confrontati due orientamenti: il primo, inteso a sostenere che l’istanza imporrebbe al giudice una preventiva, ancorché sommaria, valutazione sul merito dei motivi di opposizione [61]; il secondo invece attestato sul rilievo che l’esame del tribunale deve vertere non già sul fondamento dell’opposizione, sebbene sulla mera questione della congruità della garanzia [62]. L’attuale formulazione normativa, per effetto del richiamo fatto dall’art. 2503 c.c. all’art. 2445, ultimo comma, c.c., contempla l’autorizzazione della fusione, nonostante l’opposizione, al cospetto di entrambe le situazioni alternativamente disciplinate: la ritenuta infondatezza del pericolo di pregiudizio e la prestazione, da parte della società, di idonea garanzia. Così avvalorando l’impressione di una scelta diretta a tener conto di entrambe le tesi sopra ricordate a proposito del possibile oggetto dell’accertamento – [continua ..]

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10. La tutela degli obbligazionisti in generale

 Un accenno, infine, è opportuno fare al profilo della tutela dei possessori di obbligazioni. Il modulo normativo – che la riforma del 2003 ha sostanzialmente confermato nel testo già risultante dal d.lgs. 16 gennaio 1991, n. 22 (salva la ininfluente scelta di esprimere a giorni, anziché a mesi, il termine per l’esercizio della facoltà di conversione anticipata prevista nel 2° comma) – contiene una disciplina differenziata. L’elemento di differenziazione è invero costituito dal fatto che si verta, o meno, in fattispecie di possesso di obbligazioni convertibili. Per quanto attiene alla tutela degli obbligazionisti in quanto tali – id est, dei titolari di obbligazioni non convertibili – l’art. 2503-bis, 1° comma, c.c. risponde alla necessità di armonizzare il carattere individuale del diritto di opposizione, di cui al già visto art. 2503, con la regolamentazione desumibile dagli artt. 2415 e 2419 c.c. Dai quali invero si trae il principio generale per cui le decisioni su oggetti di interesse comune, prese nel contesto organizzativo del gruppo degli obbligazionisti, e quindi nella relativa assemblea, sono vincolanti per il singolo, sebbene non precludano azioni individuali non incompatibili con le deliberazioni dell’assemblea. Da qui la conseguenza che, non essendo consentito, al singolo obbligazionista, esercitare azioni individuali precluse, [continua ..]

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11. I possessori di obbligazioni convertibili

Più articolato discorso necessita la predisposta disciplina a tutela dei possessori di obbligazioni convertibili, cui sono dedicati i commi 2° e 3° della disposizione in esame. Giova sottolineare che l’art. 2503-bis c.c. vale a parzialmente modificare il sistema desumibile dall’art. 2420-bis c.c. in ordine alle conseguenze della emissione del prestito convertibile. A fronte della generale previsione dettata dall’allora 5° (e oggi 4°) comma di codesta disposizione, e nel tentativo di trovare un modello di soluzione equilibrato dei principali problemi un tempo dibattuti, l’attuale quadro normativo risulta incentrato su due generali uniformità. Nell’art. 2503-bis è innanzi tutto stabilito (i) che, fintanto che non siano scaduti i termini fissati per la conversione, la società non può deliberare la fusione con altre società salvo che ai possessori di obbligazioni convertibili sia data facoltà, mediante avviso pubblicato in Gazzetta Ufficiale della Repubblica almeno novanta giorni prima della iscrizione del progetto di fusione nel registro delle imprese, di esercitare il diritto di conversione nel termine di trenta giorni dalla pubblicazione dell’avviso stesso. È inoltre previsto (ii) che, a coloro che non abbiano esercitato tale facoltà, debbono essere comunque riconosciuti diritti equivalenti a quelli spettanti prima della fusione (salvo [continua ..]

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12. (Segue). Gli adempimenti preliminari

 Il discorso va tuttavia portato a più compiuto sviluppo a mezzo delle seguente considerazioni. Come sopra accennato, l’attuale modello normativo predispone, ai fini indicati, una tutela dei possessori di obbligazioni convertibili rafforzata dalla necessitata diffusione, almeno novanta giorni prima dell’iscrizione del progetto di fusione, di un avviso finalizzato a consentire l’esercizio della facoltà di conversione. Il termine di novanta giorni, stabilito ai fini di codesto adempimento, viene tuttavia generalmente ritenuto di mero interesse sociale per la parte eccedente i trenta giorni posti, dall’ul­timo periodo del precetto di cui al 2° comma, in funzione protettiva del diritto di conversione. In sostanza, l’opinione dottrinale pressoché consolidata – da ritenersi unicamente rilevante a scopo di generale orientamento, essendo la disposizione praticamente priva di riscontro giurisprudenziale – è nel senso della preminenza, nella disciplina dei termini, dell’interesse della società di operare disponendo di maggior «certezza dei calcoli», necessari per predeterminare il concambio (nonché il capitale della società incorporante o risultante dalla fusione) e le ulteriori modalità dell’operazione [73]. In tal modo risulta essenzialmente privilegiato l’interesse di conoscere con certo anticipo l’esatta consistenza delle [continua ..]

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13. (Segue). Le conseguenze della alternativa in tema di conversione. I cd. diritti equivalenti

Si è detto che il modello di tutela approntato, per i possessori di obbligazioni convertibili, dall’art. 2503-bis, 2° e 3° comma, c.c. si traduce nella facoltà di scegliere, nello spatium deliberandi all’uopo dalla disposizione assicurato, se esercitare, o meno, il diritto di anticipata conversione. Rispetto alla facoltà di scelta, vanno adesso illustrate le conseguenze. (a) In caso affermativo, l’esercizio del diritto suppone l’acquisizione della qualità di socio, e, conseguentemente, l’acquisizione del diritto di partecipare, come azionista, all’assemblea che dovrà deliberare la fusione. Codesta situazione, che si trae dalla conversione, è chiaramente irrevocabile; e come tale non è inficiata dall’eventualità che la fusione non abbia luogo [79]. Tanto si suole esprimere dicendo che l’esercente la facoltà di conversione si assume, quanto alla decisione di fusione, il rischio tipico dell’azionista, ivi compreso quello della mancata approvazione o della mancata attuazione dell’operazione programmata. Sicché questa non può mai essere elevata a condizione risolutiva del perfezionato negozio di sottoscrizione delle azioni. (b) In caso negativo, la tutela degli obbligazionisti, che non si sono avvalsi della facoltà di conversione, postula che a questi vengano assicurati (art. 2503-bis, 3° comma) diritti [continua ..]

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NOTE

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