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Clausola compromissoria nelle società di persone

Niccolò Abriani-Umberto Tombari

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L’art. 34 del decreto legislativo 17 gennaio 2003, n. 5, regola un modello di arbitrato che trova applicazione per tutte le società commerciali, ivi comprese le società di persone.

È, altresì, da ritenere che la norma prevede un istituto che si aggiunge ma non si sostituisce a quello tradizionale previsto e regolamentato dal codice di procedura civile agli artt. 806 e segg., per cui è lasciato alle società, nell’esplicazione della propria autonomia contrattuale, di scegliere il tipo da adottare nella risoluzione delle controversie sociali.

Pertanto nella redazione delle clausole compromissorie si ritiene opportuno che il notaio, dopo avere indagato le volontà delle parti, faccia riferimento alle norme che sovrintendono alla tipologia di arbitrato scelto dalle parti.

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Sommario:

1. La fattispecie ed il quesito - 2. La soluzione - 3. La motivazione: l'ambito di applicabilità - 4. Segue: la compatibilità del nuovo arbitrato con quello di diritto comune - 5. Clausole suggerite - NOTE


1. La fattispecie ed il quesito

 Il 1° gennaio 2004 è entrata in vigore la riforma del diritto societario con i decreti legislativi nn. 5 e 6 del 17 gennaio 2003. In particolare il decreto legislativo n. 5, che ha disegnato nuove norme per il processo societario, ha introdotto particolari disposizioni in tema di arbitrato, alla luce della previsione contenuta all’art. 12, comma 3, della legge delega 3 ottobre 2001, n. 366, che aveva espressamente previsto “la possibilità che gli statuti delle società commerciali contengano clausole compromissorie, anche in deroga agli artt. 806 e 808 del codice di procedura civile, per tutte o alcune tra le controversie societarie di cui al comma 1”. In precedenza l’arbitrato societario non conosceva una propria autonoma disciplina. Tuttavia la clausola compromissoria era molto spesso presente all’interno degli statuti societari indipendentemente dal tipo giuridico di società prescelto: con essa era rimessa alla cognizione degli arbitri, rituali o irrituali, la definizione di determinate contese sorte fra le società ed i soci. Il comma 2 dell’art. 34 ha introdotto una nuova disciplina laddove prevede che la clausola compromissoria statutaria debba prevedere numero e modalità di nomina degli arbitri, conferendo in ogni caso, a pena di nullità, il potere di nomina di tutti gli arbitri ad un soggetto estraneo alla società. Ove tale soggetto non [continua ..]

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2. La soluzione

a) Quanto al primo quesito la dottrina prevalente è concorde nel ritenere certamente comprese nella norma sia le società di capitali che le società di persone. Il riferimento all’atto costitutivo deve essere, poi, inteso in senso ampio, comprensivo, quindi, anche dello statuto sociale e non esclusivamente come “momento costitutivo della società”. Lo statuto che com’è noto, contiene le norme relative al funzionamento delle società, pur potendo formare oggetto di atto separato, deve infatti essere considerato parte integrante dello stesso atto costitutivo. Ciò si ritiene sufficiente per impedire ogni interpretazione in chiave restrittiva del dettato normativo, dovendosene, al contrario, preferire una lettura ampia [4]. b) Con riferimento al secondo, si ritiene di poter sostenere l’opinione, al momento prevalente, di quella dottrina e della più recente giurisprudenza di merito secondo cui la disciplina dell’arbitrato societario, così come regolamentato dal titolo V del d.lgs. n. 5/2003, si affianchi alla disciplina di diritto comune (art. 806 e segg. c.p.c.), non sostituendo quest’ultima, bensì aggiungendosi ad essa: non vi sarebbe alcuna esclusività del nuovo modello, né sarebbero riscontrabili indici testuali in tal senso. Da ciò deriverebbe la validità ed efficacia delle clausole compromissorie contenute in statuti o atti [continua ..]

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3. La motivazione: l'ambito di applicabilità

 Circa l’ambito di applicabilità, l’art. 34 del d.lgs. n. 5/2003 prevede e disciplina la possibilità di inserimento delle clausole arbitrali negli atti costitutivi di tutte le società, senza distinzione di tipo, con l’unica eccezione per le società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio. A questo si aggiunga che, per espressa previsione normativa contenuta all’art. 1 del decreto in parola, l’ambito di applicazione della nuova disciplina del processo societario, si estende a tutti “i rapporti societari, ivi compresi quelli concernente le società di fatto, l’accertamento, la costituzione, la modificazione o l’estinzione di un rapporto societario, le azioni di responsabilità da chiunque promosse contro gli organi amministrativi e di controllo, i liquidatori e i direttori generali delle società, delle mutue assicuratrici e delle società cooperative”. Ciò ha fatto ritenere a quella parte della dottrina [5] e della giurisprudenza [6], che hanno affrontato in maniera esplicita il problema, che la nuova disciplina processuale trova applicazione anche alle società di persone e, quindi, le sue disposizioni vanno ad incidere non soltanto sui tipi societari oggetto dell’intervento riformatore nell’ambito delle società di capitali e cooperative, ma su tutti i tipi previsti dal nostro codice civile. E non [continua ..]

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4. Segue: la compatibilità del nuovo arbitrato con quello di diritto comune

La questione si inserisce nel panorama dottrinale e giurisprudenziale sviluppatosi all’indomani del­l’en­trata in vigore della c. d. riforma del diritto e del processo societario all’interno del quale non sono mancate voci assai discordanti tra loro soprattutto in ragione del fatto che sia le nuove norme sia la relazione illustrativa al d.lgs. 17 gennaio 2003, n. 5 non brillano certo per chiarezza. Un primo orientamento ritiene il nuovo arbitrato societario un modello esclusivo. Se è indiscutibile che in seguito al d.lgs. n. 5/2003 coesistano due discipline dell’arbitrato, quella generale del codice di rito e quella speciale della riforma, è altrettanto vero che però ciò non implica una libertà di scelta circa la disciplina da applicare. In base a tale orientamento, quindi, l’unico arbitrato “societario” (nei limiti di quanto previsto dall’art. 34 del d.lgs. n. 5/2003) che può essere validamente presente negli statuti delle società costituite precedentemente e successivamente al 1° gennaio 2004 sarebbe quello che prevede la nomina del collegio arbitrale riservata a un soggetto “estraneo” alla società. Di qui la nullità dell’intera clausola compromissoria che non riservasse (com’è invece nella prassi statutaria) la nomina dell’organo giudicante ad un soggetto estraneo alla società [9]. Le ragioni addotte [continua ..]

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5. Clausole suggerite

In considerazione dell’orientamento suggerito, al solo scopo di fornire una compiuta documentazione, l’Osservatorio ritiene di poter suggerire i seguenti modelli di clausole compromissorie ove risulta esplicitata la normativa di riferimento: a) Clausola ex articolo 34 d.lgs. n. 5/2003 “In conformità al disposto dell’art. 34 del D.Lgs. n. 5/2003 volendo fruire della particolare disciplina procedimentale del c.d. ‘arbitrato endosocietario’, le controversie che potessero insorgere fra la Società ed i soci, gli amministratori ed i liquidatori, nonché fra i singoli soci, in dipendenza del presente atto, ad eccezione di quelle che in genere non possono costituire oggetto di clausola compromissoria, saranno risolte da un Collegio Arbitrale composto di tanti membri quante sono le parti in contesa più uno, e comunque in numero dispari, nominati dal Presidente del Tribunale ove ha sede la Società. Gliarbitri così nominati designeranno il Presidente del collegio arbitrale. La sede del collegio arbitrale sarà presso il domicilio del Presidente del collegio arbitrale. Il collegio arbitrale dovrà decidere entro centoventi (120) giorni dalla nomina, ‘ex bono et aequo’ e senza formalità di procedura, salvo quanto disposto dall’art. 36. Il collegio arbitrale determinerà anche come ripartire le spese dell’arbitrato tra le parti. Per [continua ..]

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NOTE

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