Rivista di Diritto SocietarioISSN 1972-9243 / EISSN 2421-7166
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I finanziamenti 'anomali' dell'azionista (nota a Trib. Pistoia, 21 settembre 2008) (di Marco Maugeri)


TRIBUNALE DI PISTOIA, 21 settembre 2008 – De Marzo Presidente e estensore – Frati e Siroli (Avv. Parenti e Salvatore) c. Nannotti e Strazzari (Avv. Bechi)

Società per azioni – Finanziamenti soci – Postergazione – Disciplina s.r.l. – Applicazione

(Art. 12, 2° comma, disp. prel. c.c.; artt. 2467 e 2497-quinquies c.c.)

La regola di postergazione dei finanziamenti erogati dal socio alla propria società in una situazione di crisi della stessa, pur essendo dettata in materia di s.r.l. (art. 2467 c.c.), trova applicazione anche alla società per azioni, in quanto espressione di un principio generale di corretto finanziamento dell’impresa, ogni qualvolta il socio non operi come mero investitore ma sia in grado di influenzare la decisione di finanziamento (1).

omissis

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Giancarlo Frati e Mirella Siroli, con ricorso ex art. 98 l. fall., hanno proposto opposizione al provvedimento del G.D., che ha ammesso il credito per finanziamento soci, da loro vantato nei confronti della società fallita, con postergazione ai sensi dell’art. 2467 c.c.

Nel costituirsi in giudizio, la curatela fallimentare ha chiesto il rigetto dell’opposizione.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Gli opponenti, in primo luogo, contestano l’applicabilità dell’art. 2467 c.c. alle società per azioni, dal momento che la norma è espressamente prevista all’interno della disciplina delle s.r.l. Essi aggiungono che, se la norma fosse espressione di un principio generale del diritto dell’impresa, non sarebbe stato necessario il richiamo operato dall’art. 2497 quinquies c.c.

La lettura fornita dagli opponenti non è condivisa dal Collegio.

L’art. 2467 c.c. dispone: 1. Il rimborso dei finanziamenti dei soci a favore della società è postergato rispetto alla soddisfazione degli altri creditori e, se avvenuto nell’anno precedente la dichiarazione di fallimento della società, deve essere restituito. 2. Ai fini del precedente comma s’inten­dono finanziamenti dei soci a favore della società quelli, in qualsiasi forma effettuati, che sono stati concessi in un momento in cui, anche in considerazione del tipo di attività esercitata dalla società, risulta un eccessivo squilibrio del­l’in­debitamento rispetto al patrimonio netto oppure in una situazione finanziaria della società nella quale sarebbe stato ragionevole un conferimento.

Come è stato rilevato dalla dottrina, tale disposizione ha introdotto un principio di corretto finanziamento dell’im­presa che si trova o si avvicina ad un momento di crisi e si traduce nella riqualificazione imperativa del prestito in prestito postergato.

L’ordinamento in tal modo pone un rimedio al fenomeno della cd. sottocapitalizzazione nominale che viene espressamente delineato con riguardo alle s.r.l., sol perché, con riguardo a tale tipologia societaria, si presume che il socio sia informato e, ad un tempo, partecipe delle decisioni relative al finanziamento dell’attività.

L’art. 2497 quinquies c.c., dal canto suo, lungi dal dimostrare il carattere eccezionale della norma che si esamina, ne disvela il fondamento generale, dal momento che ne conferma l’operatività con riguardo ai finanziamenti effettuati a favore della società da chi esercita attività di direzione e coordinamento nei suoi confronti o da altri soggetti ad essa sottoposti.

Resta in tal modo chiarito che la postergazione del credito restitutorio, finalizzata ad evitare che i soci riversino il rischio d’impresa sui creditori, esprime una regola valevole in ogni caso in cui il prestito anomalo sia effettuato dal socio cd. imprenditore, il quale non operi come mero investitore, ma sia in grado di influenzare la decisione di finanziamento.

Tale sostrato economico e la conseguente esigenza di protezione dei creditori (e, in definitiva, della stessa società che potrà accedere, come rilevato dalla dottrina, a condizioni di finanziamento meno onerose, nella misura in cui la regola della postergazione riduce i costi di controllo e monitoraggio che il creditore dovrebbe altrimenti sostenere) ricorrono quale che sia il tipo sociale in concreto adottato.

Ciò posto in linea generale, deve rilevarsi che, nella specie, nel bilancio relativo al periodo 31 dicembre 2001 – 31 dicembre 2002, i debiti verso altri finanziatori (che, come chiarisce la nota integrativa, riguardano il finanziamento soci con obbligo di restituzione) ammontano ad euro 294.636, rispetto ad euro 264.790 del precedente esercizio.

Nello stesso bilancio si registra uno squilibrio significativo tra patrimonio netto (euro 10.063.454, che sconta una perdita di esercizio di 5.803.730 e incide per oltre un terzo sul patrimonio netto al 31 dicembre 2001: euro 15.267.178) e indebitamento (il totale dei debiti ammonta ad euro 24.728.173, il totale del passivo netto ammonta ad euro 36.588.580).

Peraltro, dalla relazione ex art. 172 l. fall., emerge che già nel 1998 esisteva uno squilibrio tra patrimonio netto (lire 27.890.928) e debiti (lire 61.237.963).

Dalla medesima relazione emerge che l’impresa già dal 1998 non era in grado di creare ricchezza mediante l’attività principale, ma solo attraverso plusvalenze o sopravvenienze attive di carattere straordinario derivanti da alienazione di partecipazioni sociali, rami d’azienda, immobili ed altri cespiti.

Ne discende che non solo i finanziamenti intervenuti nel 2002, che risultano dalla differenza tra euro 742.375,95 e l’importo sopra indicato risultante al 31 dicembre 2001, ma anche quelli precedenti si collocano in un contesto nel quale assolutamente ragionevole sarebbe stato un conferimento. Quanto alla somma di euro 400.000,00 versata per spese della procedura del concordato preventivo, essa certamente esprime un intervento in una situazione di squilibrio finanziario eccessivo, ampiamente documentato dalla citata relazione.

Con riferimento, infine, al requisito soggettivo imposto dalla ratio dell’art. 2467 c.c., deve rilevarsi che il Frati, come emerge sempre dalla relazione ex art. 172 l. fall., è certamente dal 1993 il socio dominante del Gruppo. La Siroli, anche nella domanda di ammissione al passivo, si pone come concreditrice solidale e quindi nella medesima posizione del Frati. E ciò senza contare che l’unico finanziamento a lei riconducibile è, ex actis, quello relativo alle spese di procedura del concordato preventivo, avvenuto in un contesto nel quale deve escludersi che il socio possa assumere un ruolo di investitore.

Le spese seguono la soccombenza. Tenuto conto della natura e del valore della controversia nonché delle questioni trattate, si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale di Pistoia, pronunciando sulla domanda come sopra proposta, la rigetta e condanna gli opponenti al pagamento delle spese del processo, liquidate in euro 13.000,00 per diritti e onorari, cui devono aggiungersi rimborso spese generali, iva e cap come per legge.

Così deciso in Pistoia, nella camera di consiglio dell’otto settembre 2008

Il Presidente est.
Dott. Giuseppe De Marzo

 

(1) I finanziamenti «anomali» dell’azionista

 

  
SOMMARIO:

1. Il caso - 2. La normativa di riferimento - 3. Gli orientamenti giurisprudenziali - 4. Le posizioni della dottrina - 5. Il commento - NOTE


1. Il caso

Nell’esercizio del potere riservatogli dall’art. 96 legge fall., il giudice delegato ammetteva al passivo il credito vantato dal socio di una società per azioni fallita, ma ne dichiarava la postergazione ai sensi dell’art. 2467 c.c. L’opposizione avverso tale provvedimento viene rigettata dal Tribunale con la sentenza in epigrafe sulla base dell’assunto per cui l’art. 2467 esprimerebbe un «principio di corretto finanziamento» delle società nominalmente sottocapitalizzate, volto ad evitare che i soci riversino sui creditori il rischio d’impresa e operante ogni qualvolta il prestito sia effettuato dal socio c.d. «imprenditore», perché «in grado di influenzare la decisione di finanziamento». L’ostacolo «tipologico» derivante dalla collocazione sistematica della norma nell’am­bito delle disposizioni dedicate alla s.r.l. e dall’as­senza di ogni riferimento ad essa nella disciplina del tipo azionario, a differenza di quanto previsto per l’attività di direzione e coordinamento dall’art. 2497-quinquies, viene superato dai giudici, per un verso, osservando che, con riguardo al tipo della s.r.l., il legislatore «presume che il socio sia informato e, ad un tempo, partecipe delle decisioni relative al finanziamento dell’attività» e rilevando, per altro verso, come l’art. 2497-quinquies c.c., lungi dall’attestare un carattere eccezionale dell’art. 2467 c.c., ne supporti la valenza generale confermandone «l’operatività con riguardo ai finanziamenti effettuati a favore della società da chi esercita attività di direzione e coordinamento nei suoi confronti o da altri soggetti ad essa sottoposti». Ad avviso dei giudici sussisterebbe inoltre, nel caso di specie, tanto il «requisito soggettivo imposto dalla ratio dell’art. 2467 c.c.», cioè la natura «imprenditoriale» dell’interesse perseguito dal finanziatore, attesa la sua posizione di «socio dominante del Gruppo», quanto il presupposto oggettivo consistente in uno «squilibrio significativo» tra patrimonio netto e indebitamento [1].


2. La normativa di riferimento

Art. 12, 2° comma, disp. prel. c.c.Art. 2467 c.c.Art. 2497-quinquies c.c.


3. Gli orientamenti giurisprudenziali

A differenza di quanto è dato riscontrare in altri ordinamenti [2], non può dirsi ancora formato nella giurisprudenza italiana un orientamento definito in ordine alla questione risolta dalla decisione in commento, i precedenti editi concernendo per lo più i diversi profili della qualificazione giuridica dell’ero­gazione effettuata dal socio (se «versamento in conto capitale» o mutuo) e dell’ambito di operatività della regola di postergazione (se in qualsiasi momento della vita della società, a condizione della persistenza della situazione di crisi, o solo nel presupposto dell’apertura di una procedura di liquidazione, volontaria o concorsuale, sul patrimonio sociale). In una prospettiva contraria all’applicazione analogica della subordinazione legale ai finanziamenti del­l’azio­nista sembrerebbe collocarsi una recente decisione del Supremo Collegio la quale, nel sottolineare che «la norma è prevista per le società a responsabilità limitata, pur se viene estesa anche alle società per azioni quando facciano parte di un gruppo (art. 2497-quinquies c.c.)», ne esclude l’applicazione al caso concreto sulla base, tra l’altro, della circostanza per cui, all’epoca dei fatti, la società sovvenuta «era una s.p.a. e non risulta che facesse parte di qualche gruppo» [3]. In favore della tesi estensiva si è invece pronunciata con nettezza una recente giurisprudenza di merito sulla base di considerazioni sostanzialmente riconducibili alla linea di ragionamento seguita dalla decisione in epigrafe, l’esser cioè la disciplina sui finanziamenti soci applicabile anche al tipo azionario ove si tratti di società a base ristretta, «con soci partecipi all’attività economica e comunque coinvolti nella sua gestione, non meri “investitori”, soci quindi che per la “misura”, o anche solo la “qualità” della loro partecipazione siano assimilabili a quelli di srl» [4].


4. Le posizioni della dottrina

Nella letteratura che si è occupata dell’argomento può dirsi senz’altro prevalente la tendenza favorevole ad assoggettare anche i finanziamenti dell’azio­nista alla postergazione di cui all’art. 2467 c.c., trattandosi di disposizione cui si riconnette capacità espressiva di un «generale principio del diritto del­l’impresa» [5]. La portata di tale conclusione viene peraltro delimitata talvolta circoscrivendo l’operatività della regola ai soli prestiti erogati dal socio di controllo [6], talaltra promuovendo un approccio fondato sulla rilevanza del tipo empirico, cioè sulla analisi della posizione in concreto rivestita dall’azionista finanziatore all’interno della compagine sociale e del grado di apertura di quest’ultima [7]. Né mancano, d’altro verso, opinioni contrarie all’applicazione dell’art. 2467 alla s.p.a. [8], o comunque inclini a considerare il ricorso all’analogia «secondo una prospettiva restrittiva» [9] o altre ancora le quali, pur negandone in radice gli estremi a causa della diversità di contenuto dei diritti spettanti al socio nella s.r.l. e, rispettivamente, nella s.p.a., pervengono poi in concreto a sottoporre alla regola di postergazione anche i prestiti concessi dall’azionista titolare di una partecipazione di controllo in forza dell’applicazione analogica dell’art. 2497-quinquies c.c. [10]. Può essere infine interessante rilevare come un panorama altrettanto frastagliato fosse rilevabile nella dottrina tedesca la quale, pur orientata in massima parte a ritenere trasferibili alla Aktiengesellschaft le regole dettate dai §§ 32a, 32b GmbH-Gesetz, si divideva poi in ordine ai criteri in forza dei quali imputare all’azionista le conseguenze (e la responsabilità) della propria decisione di sostenere finanziariamente la società in crisi (c.d. Finanzierungsfolgenverantwortung) [11]. Il problema non ha però, in quell’ordinamento, più ragione di porsi poiché con il c.d. «MoMiG» («Gesetz zur Modernisierung des GmbH-Rechts und zur Bekämpfung von Missbräuchen») [12] la disciplina dei finanziamenti soci è stata oramai integralmente allocata in ambito concorsuale (e, in particolare, nel § [continua ..]


5. Il commento

5.1. La decisione del Tribunale di Pistoia – da condividersi, in larga parte, sia nell’impostazione che negli esiti applicativi – sollecita talune considerazioni anzitutto (ma, come si vedrà, non solo) su possibilità e limiti di una estensione della regola di postergazione legale al tipo azionario. I giudici ritengono infatti di radicare la conseguenza della postergazione dei finanziamenti erogati dal socio di controllo di una s.p.a. nell’applicazione di un generale principio di corretto finanziamento dell’impresa, manifestato dagli artt. 2467 e 2497-quinquies c.c., mettendo capo così, nella sostanza, a un procedimento logico riconducibile all’analogia [15]. E tuttavia ci si deve chiedere se il medesimo risultato non si sarebbe potuto conseguire più pianamente attraverso una applicazione diretta dell’art. 2497-quinquies, la cui pertinenza al caso di specie sarebbe stata agevolmente acquisibile in forza della presunzione statuita dall’art. 2497-sexies, tanto più stringente in presenza di una denominazione sociale («Gruppo Frati») volta a sottolineare la soggezione della società fallita al potere direttivo del socio di controllo. Ciò, anche tenendo conto della circostanza secondo cui la disciplina dei finanziamenti «anomali» endogruppo pare prescindere, secondo l’opinione preferibile [16], dalla natura giuridica del soggetto collocato al vertice della catena partecipativa, atteggiandosi quindi in modo idoneo a colpire anche i prestiti erogati in attuazione di direttive impartite da figure di imputazione non collettive, ivi inclusa la c.d. “holding” persona fisica [17]. 5.2. Volendo comunque volgere lo sguardo al tema, senz’altro di notevole rilievo sistematico e pratico, concernente la legittimità di una scelta ermeneutica che intendesse assoggettare anche il tipo azionario alla regola della postergazione legale, deve subito precisarsi come la mancanza, nel corpo delle norme ad esso dedicate, di un richiamo all’art. 2467 c.c. e la contestuale presenza, come visto, in seno alla disciplina della attività di direzione e coordinamento, di una disposizione che quel richiamo contiene (appunto, l’art. 2497-quinquies), rendano particolarmente urgente l’istanza di selezionare le condizioni d’uso della tecnica dell’analogia per il caso non [continua ..]


NOTE
Fascicolo 3 - 2009