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Articolazione del patrimonio da destinazione iscritta

Paolo Spada

Sommario:

1. Una disciplina in cerca della fattispecie - 2. Disposizione, attribuzione e destinazione - 3. Atto, forma e formalità nel ciclo formativo di una «limitazione della responsabilità» del debitore e dei suoi aventi causa - 3.1. La dichiarazione - 3.2. La forma - 3.3. L’interesse meritevole di tutela - 3.4. La formalità - 4. Separazione e vincolo funzionale da destinazione - NOTE


1. Una disciplina in cerca della fattispecie

Di fronte a nuovi testi normativi, ricordare che la naturale (benché non essenziale) struttura della norma è quella di un giudizio ipotetico («se A, allora deve essere B») e studiarsi, nel tentativo di proporre un significato precettivo plausibile del testo, di isolare la protasi (A) dall’apodosi (B) è una strategia conoscitiva intuitivamente utile e probabilmente innocua, incapace di provocare fraintesi gravi. Nomogenesi, vincoli testuali, ponderazione degli interessi mobilitati, plausibilità del risultato, integrazione nel sistema e così via sono registri tutti dei quali avvalersi nell’impresa ma è, comunque, per me imperativo – almeno in termini di utilità del lavoro degli addetti – non dimenticare mai che lo specifico dell’analisi giuridica è sempre lo stesso; e sta nel cogliere (a) quali regole si applicano, (b) a chi le si applica ed (c) in presenza di quali presupposti. Un gergo giuridico ormai semanticamente stabilizzato viene in aiuto: scelta una disciplina (le regole da applicarsi), è la fattispecie (il modello di fatto) – che ne funge da presupposto – che merita di essere descritta; e, nel farlo, non mancherà l’occasione per chiarire – magari parlando di imputazione – a chi le regole condizionate si applichino. Persuaso della validità di quanto or ora ho concisamente dichiarato, [continua ..]

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2. Disposizione, attribuzione e destinazione

Prima di procedere oltre nell’esame della fattispecie sembra doveroso stipulare un lessico con il lettore onde evitare fraintesi e, al contempo, guadagnare qualche ulteriore fattore argomentativo. a) Dell’uso dellaseparazione patrimonialecome locuzione inclusiva di insensibilità e localizzazione ho già detto. Voglio aggiungere che essa genera (anche quando si atteggia solo come insensibilità) separazione di ceti di creditori, nella prospettiva della garanzia patrimoniale. Non diversamente da come una separazione di ceti provocano le cause di prelazione e, segnatamente, l’ipoteca: questa rende insensibile il bene ipotecato all’azione esecutiva dei creditori chirografari ed a beneficio del creditore ipotecario; laddove la separazione che qui interessa rende insensibile il/i bene/i separato/i a beneficio di una serie aperta di creditori, da selezionarsi in ragione del titolo del rispettivo diritto. b) È banale ma non inutile rilevare, per contiguità, cheogni circolazione di beni(che sia sanzionata o per la presenza di una giusta causa dell’attribuzione, o della forma omnibus della donazione o altrimenti) provoca una separazione: separa, quanto ai beni attribuiti, i creditori dell’attribuente da quelli dell’attributario. c) L’utilità del rilievo si coglie se ci si sofferma sullo scarto trasignificato in uso di [continua ..]

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3. Atto, forma e formalità nel ciclo formativo di una «limitazione della responsabilità» del debitore e dei suoi aventi causa

Mi provo adesso a ragionare sulle componenti della fattispecie (della separazione), disaggregando il sintagma «atto pubblico» e tentando di precisare il valore della formalità che la legge chiama trascrizione. Nell’atto pubblico isolerei come questioni: a) una dichiarazione di destinazione di un bene immobile; b) in forma pubblica; c) a servizio di un interesse meritevole (non del destinante). Della formalità intendo domandarmi se renda opponibile un effetto reale al pari di quanto fa la trascrizione di un’attribuzione, secondo quanto suggerisce il lessico legislativo.

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3.1. La dichiarazione

Il testo legislativo parla di «atti»; e il lessico è – credo fortunosamente – appropriato agli occhi di chi crede, come me, che vincolo e separazione non siano effetti negoziali della dichiarazione. È ormai il momento di dirlo chiaro e tondo: la dichiarazione di destinazione, documentata in forma pubblica, non genera, come negozio, né vincolo né separazione; essa, se negozio è, ha conseguenze solo procedimentali, scandisce un procedimento che si conclude con la formalità nei registri immobiliari; non diversamente, direi, da come fa la dichiarazione di concessione di un’ipoteca. In questa prospettiva l’atto di destinazione è sempre unilaterale e non recettizio (e, dunque, nulla impedisce che il documento dal quale risulta sia mortis causa). L’art. 1987 c.c. – che si invoca per rifiutare l’unilateralità in nome della tassatività delle promesse unilaterali – e propugnare la necessaria bilateralità dell’atto di destinazione [[18]] non c’entra nulla, sia perché la destinazione non è un’at­tribuzione obbligatoria (è tutt’altro dalla promessa), sia, e soprattutto. perché la destinazione non produce di per sé alcun effetto finale. Non solo non c’è contratto con il beneficiario (che può anche non essere identificato) [continua ..]

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3.2. La forma

Nella mia prospettiva, la forma pubblica non condiziona la validità dell’atto nel senso che non condiziona la produzione di nessuna conseguenza finale (la destinazione in sé non produce né arricchimenti né impoverimenti e neppure penalizza il ceto dei creditori): se la dichiarazione di destinazione è, infatti, in sé solo un frammento di un procedimento, è una componente della fattispecie del vincolo e della separazione, ciò sdrammatizza non poco la giusta preoccupazione del ceto notarile per l’applicazione dell’art. 28 della legge professionale. Una preoccupazione che scaturisce, fondamentalmente, dal sindacato che una visione negoziale della destinazione imporrebbe sull’interesse meritevole di tutela. La questione essendo di efficacia procedimentale della dichiarazione in forma pubblica, mi sembra che il Notaio debba soltanto astenersi dal ricevere una dichiarazione di destinazione ad uno scopo che sia manifestamente vietato dalla legge [[23]], non certo farsi carico di apprezzare se lo scopo sia meritevole – dato e, come fra un attimo dirò, dubitativamente concesso, che la meritevolezza dello scopo che giustifica la separazione sia altro dalla liceità.

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3.3. L’interesse meritevole di tutela

Si dice, innanzi tutto, che l’interesse da scrutinare sia quello del destinante; laddove mi sembra che testo e buon senso impongano, invece, di vagliare l’interesse a servizio del quale la destinazione è fatta, lo scopo insomma da correlarsi – se lo si può – il portatore dell’interesse (che, non può essere – come già dicevo – lo stesso destinante). Pensando l’atto di destinazione come negozio produttivo di effetti finali, ai quali poi si tratta di guadagnare l’opponibilità ai creditori (come fanno i più per ossequio al lessico della legge), si crea l’ambiente psicologico favorevole a concludere che ogni interesse lecito è sufficiente. Il richiamo all’art. 1322 c.c. – per come applicato dopo la caduta dell’ordinamento corporativo (meritevole equivalendo a lecito) – rende debolissimo lo scrutinio. A me pare che prima di sottrarre beni alla pretesa esecutiva dei creditori – che, si badi, sono i creditori anteriori alla destinazione trascritta, salvi essendo solo i creditori anteriori pignoranti – un po’ di ponderazione tra fronti di interessi potenzialmente antagonistici sia inevitabile. Potrebbe, per esempio, l’interesse di una società controllata a ridurre le spese generali giustificare la destinazione ad uffici di questa di un fabbricato della società controllante, «scippandolo» ai propri [continua ..]

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3.4. La formalità

La formalità è coelemento necessario della separazione. La legge la chiama trascrizione; ma a mio avviso è funzionalmente assai più simile ad un’iscrizione, come quella dell’ipoteca. In quest’ottica l’uso legislativo del termine «opponibilità» – che è appropriato alla trascrizione – è generatore di equivoci. Opponibilità è parola che allude alla possibilità di invocare, a certe condizioni fissate dalla legge, un fatto già dotato di rilevanza favorevole a chi l’invoca quando la rilevanza di un diverso fatto incompatibile col primo sia da altri invocata. Ho sempre pensato che l’opponibilità sia da concepirsi come misura di una rilevanza giuridica da darsi per presupposta. Una rilevanza giuridica che, invece, qui manca: sicché opponibilità del vincolo può soltanto significare che il vincolo inerisce al bene nella circolazione. In questa prospettiva, Gazzoni ha ragione quando scrive che «la trascrizione è formalità che non ammette equipollenti: la trascrizione c.d. dichiarativa di cui all’art. 2644 c.c. non può essere sostituita, ai fini della risoluzione dei conflitti, dalla mala fede»; ma ha ragione solo se si riferisce alla trascrizione di un atto di attribuzione coinvolto in un conflitto tra aventi causa uno dei quali non inerte (uno [continua ..]

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4. Separazione e vincolo funzionale da destinazione

La legittimazione di «qualsiasi interessato» alla realizzazione dell’interesse a servizio del quale la destinazione del bene è stata iscritta e, così, il bene reso insensibile alle pretese esecutive dei creditori che non hanno titoli correlabili alla funzione, sembra profilare una sorta di azione «popolare». Questa, per me (ma al momento è solo un’intuizione), è solo un prezzo legale della separazione: la separazione rende ex lege il comportamento funzionale di qualunque proprietario del bene (il vincolo circola come un onere reale) e genera una specie di class action. Si spiega, così, anche la legittimazione del «conferente» che non avrebbe senso alcuno prevedere se il funzionario fosse un gestore nominato dal «conferente» medesimo (come ammette Gazzoni, il conferente sarebbe dotato di un’actio mandati directa contro il gestore [[29]]. L’idea di un creditore della destinazione (e, per di più, nella persona del beneficiario – come suggerisce Gazzoni) non mi persuade affatto. Quando leggo che «… non si può dimenticare che la destinazione incide bensì positivamente nei confronti del beneficiario, sul piano del vincolo, onde, da questo punto di vista, la tipicità potrebbe assolvere la propria funzione, ma incide anche, sul piano della separazione patrimoniale, nei confronti di altri terzi, [continua ..]

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NOTE

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