Rivista di Diritto SocietarioISSN 1972-9243 / EISSN 2421-7166
G. Giappichelli Editore

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La revisione contabile nella tutela del risparmio (di Sabino Fortunato)


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SOMMARIO:

1. Crisi finanziarie e crisi di sistema: il ruolo dell’informazione societaria e della revisione contabile - 2. Il movimento di riforma: dalle regole legislative ai codici di condotta - 3. La revisione contabile come funzione di interesse pubblico - 4. Le regole di struttura nella disciplina italiana della revisione contabile. Il ruolo del­la Consob a tutela della indipendenza del revisore (nella nomina e revoca, nel monitoraggio sull'attività e sui compensi del revisore) - 5. Le regole di prevenzione e di procedimento: indipendenza mentale e indipendenza formale. I servizi «non-audit» - 6. Durata e rotazione degli incarichi - 7. Il controllo contabile delle società di gruppo e la tutela penale - 8. I residui problemi e in particolare la questione della concentrazione del mercato della revisione - NOTE


1. Crisi finanziarie e crisi di sistema: il ruolo dell’informazione societaria e della revisione contabile

È stato recentemente osservato che «il rigore dell’esperto contabile e l’esercizio delle dovute responsabilità da parte di “guardiens” (o “gatekeepers”, diremmo con gli americani) costituiscono i tradizionali due pilastri del sistema contabile»; ma che allo stesso tempo «la contabilità è … inevitabilmente al centro di conflitti di interessi», avendo a che fare con la circolazione dei capitali e con l’esercizio del potere economico, e che allora «la tentazione delle manipolazioni è sempre esistita» [[1]]. Ma cosa ha reso particolarmente acuto nell’ul­timo decennio il fallimento dei tradizionali sistemi contabili nazionali e regionali? L’ambiente economico-istituzionale in cui quei sistemi sono maturati ed hanno per lungo tempo operato si è rapidamente trasformato, senza che di pari passo, e anzi con il dovuto anticipo, riuscissero a definirsi a livello globale e in termini più omogenei regole congrue sia sul piano della rappresentazione sia sul piano del monitoraggio. In queste crepe si sono agevolmente insinuate pratiche discutibili e spesso fraudolentemente elusive che hanno condotto ad artificiosi incrementi di utili, a sopravvalutazioni di attivi, a mascheramento di debiti, travolgendo nella débacle il pubblico risparmio e pregiudicando profondamente la fiducia dei mercati. Si sono immediatamente confrontate due tesi. La tesi della «mela marcia», secondo cui il sistema di imprese e le tecniche di rappresentazione e monitoraggio dell’informazione finanziaria sono da reputare fondamentalmente «sani», laddove i comportamenti applicativi distorti sono addebitabili a poche – sia pure significative – entità che hanno manipolato le regole esistenti. Una variante di questa tesi può essere considerata anche quella che fa leva su di una generale caduta di moralità, che si sarebbe tradotta in una «contagiosa avidità» diffusasi fra manager e uomini d’affare (Alan Greenspan ha parlato appunto di «infectious greed»), ma che non tocca le fondamenta del libero mercato e del capitalismo. Tutto all’opposto si è invece parlato di «crisi di sistema» (o in termini più radicali di «deriva del capitalismo»), secondo cui il mutato quadro [continua ..]


2. Il movimento di riforma: dalle regole legislative ai codici di condotta

I primi e più tempestivi interventi – com’è noto – sono stati compiuti proprio in America con il Sarbanes-Oxley Act del 2002 (più correttamente il «Public Company Accounting Reform and Investor Protection Act of 2002»), che secondo Coffee ha avuto ad oggetto principalmente la regolamentazione di alcuni «gatekeepers» e in particolare del conflitto di interessi che tocca gli «auditors», pur a suo avviso in maniera incompleta. Generalmente – osserva Coffee – ai periodi di grandi crisi finanziarie fanno seguito interventi normativi che utilizzano perlopiù quattro tipologie di strumenti: regole di riforma strutturale, regole di prevenzione, regole procedimentali e regole di responsabilità [[6]]. L’in­tero armamentario è stato utilizzato anche dopo la crisi del 2001-2002, anche se le regole di responsabilità sono state riviste solo sotto il profilo penalistico e di un accresciuto potere di indagine della SEC, ma non anche sotto il profilo civilistico che resta uno dei punti più delicati da disciplinare soprattutto per quanto concerne i «gatekeepers» e i revisori in particolare. Nuove regole di struttura hanno, per esempio, profondamente modificato il sistema di regolamentazione, controllo e vigilanza della attività di revisione, mediante il passaggio di tali funzioni dal­l’auto­disciplina della corporazione professionale ad una pubblica autorità i cui membri sono nominati dalla SEC (si tratta del Public Company Accounting Oversight Board: PCAOB). E regola di struttura sarebbe quella che – secondo la proposta di Coffee – potrebbe rendere l’«attorney securities» del­l’emit­tente (potremmo dire il «giurista d’impre­sa») onerato di una funzione da gatekeeper a tutela dei terzi nella certificazione di informazioni a contenuto non-finanziario. Regole di prevenzione si traducono spesso nella introduzione del divieto di determinati contratti o attività in cui può agevolmente annidarsi un conflitto di interessi, come accade per i contratti con sé stesso del mandatario o gestore dell’altrui patrimonio. A questo gruppo di regole possono ascriversi i divieti imposti al revisore di prestare alla società soggetta a revisione o a società del relativo gruppo altri servizi [continua ..]


3. La revisione contabile come funzione di interesse pubblico

Quali linee fondamentali emergono da questo vasto e articolato quadro sul ruolo, sulla organizzazione, sulla responsabilità dell’attività dei revisori contabili? Il primo fondamentale principio che sembra affermarsi a livello legislativo e regolamentare riguarda la funzione della revisione contabile e il ruolo assolto dai revisori legali dei conti: quella funzione e quel ruolo sono strettamente legati alla funzione dell’informazione societaria (e in specie: informazione finanziaria) intesa come «bene pubblico» [[8]]. Secondo la stessa FEE «la disponibilità di una informazione finanziaria affidabile e credibile è vitale per assicurare il progresso economico e la capacità dei singoli di assumere razionali decisioni commerciali». Questo pubblico o generale interesse alla affidabilità delle informazioni finanziarie rese dalle società al mercato emerge ripetutamente nei documenti dell’Unione Europea e nel nono «considerando» della nuova Ottava Direttiva si parla espressamente di «funzione di interesse pubblico» dei revisori (ma esso sembra costituire anche il fondamento del SAO statunitense). Più dettagliatamente la direttiva precisa che «per funzione di interesse pubblico dei revisori legali dei conti si intende il fatto che una vasta comunità di persone ed istituzioni fa affidamento sulla qualità del loro lavoro» e che tale qualità «contribuisce al regolare funzionamento dei mercati, migliorando l’integrità e l’ef­fi­cienza dei bilanci pubblicati». Dimensione micro e dimensione macro si intrecciano, ma ciò non è senza problemi. In verità l’interesse pubblico che permea la funzione del revisore legale dei conti ha molteplici aspetti. Innanzitutto non va dimenticato che alle revisioni legali (e dunque obbligatorie, perché imposte per legge) si affiancano le revisioni volontarie e, benché certamente in queste ultime l’interesse pubblico potrebbe considerarsi assente, non è detto che ciò si verifichi in tutte le circostanze (si pensi comunque al rispetto di standard uniformi della qualità della revisione o all’utilizzo dei giudizi nei confronti di terzi). In secondo luogo la direttiva comunitaria ed anche il nostro ordinamento introducono una ulteriore distinzione ex [continua ..]


4. Le regole di struttura nella disciplina italiana della revisione contabile. Il ruolo del­la Consob a tutela della indipendenza del revisore (nella nomina e revoca, nel monitoraggio sull'attività e sui compensi del revisore)

L’incertezza delle soluzioni giurisprudenziali in termini risarcitori e compensativi, spinge all’in­cremento delle regole di struttura e di prevenzione. È quanto è accaduto in generale nelle recenti riforme, ma anche e soprattutto nella nostra legge di tutela del risparmio. V’è da sottolineare innanzitutto che, proprio a tutela dell’interesse pubblico, abbiamo assistito ad una sorta di ritorno al passato. Il t.u.f. del 1998 aveva tentato di parzialmente privatizzare il ruolo del revisore, eliminando qualsiasi ingerenza della Consob nella fase di instaurazione del singolo rapporto di revisione e in varie altre fasi. Assistiamo ora ad una «ripubblicizzazione» della attività di revisione sul piano delle regole di struttura, poiché la Consob ritorna a svolgere, e talora in termini anche più penetranti rispetto al passato, un ruolo di piena vigilanza informativa, ispettiva e regolamentare nei confronti delle società di revisione iscritte nell’albo speciale ed anche delle società di revisione iscritte nel registro del Ministero di Giustizia limitatamente agli incarichi di revisione contabile nei confronti di società che abbiano emesso azioni diffuse fra il pubblico in misura rilevante (art. 2409-bis). E tutto ciò a garanzia della «indipendenza» e della «professionalità» del revisore contabile (sembrandomi anche l’idoneità tecnico-organizzativa un aspetto di quella professionalità, se non anche dell’indi­pen­den­za) [[10]]. a) Alcuni autori ritengono che uno dei vizi che da sempre pregiudica l’indipendenzadegli organi di controllo è costituito dal meccanismo dinomina e revoca dei relativi componenti. Il rilievo ha toccato in particolare il tradizionale organo interno di controllo del sistema latino (il collegio sindacale); e quando negli anni ’70 del secolo scorso venne introdotto il revisore contabile per le società quotate, il compromesso allora raggiunto per un verso mantenne in piedi anche per la società di revisione il principio della nomina e della revoca assembleare, ma per altro verso assegnò un significativo ruolo di controllo – anche sostitutivo – alla Consob, quale pubblica autorità di vigilanza sul mercato mobiliare, tanto che sin da allora v’era chi ravvisava nelle società [continua ..]


5. Le regole di prevenzione e di procedimento: indipendenza mentale e indipendenza formale. I servizi «non-audit»

Le regole di prevenzione (e in parte di procedimento, come quelle su molteplici obblighi di trasparenza) si affiancano a quelle di struttura nel perseguimento dell’interesse generale e prendendo a riferimento soprattutto uno specifico aspetto dell’at­tività di revisione: l’indipendenza, che è indipendenza di giudizio e quindi psicologica ma anche indipendenza di apparenza, da relazioni e rapporti che nella percezione dei terzi possano risultare tali da pregiudicare significativamente l’indipendenza di giudizio. Su questa concezione dell’indipendenza sembrano ormai convergere soluzioni legislativo-regola­men­­tari e soluzioni etico-professionali. Per lungo tempo le organizzazioni professionali hanno insistito sulla indipendenza come requisito «mentale» del revisore, rispetto al quale troppo limitanti e comunque inefficienti possono apparire vincoli formali, giocati soprattutto sul piano dei divieti di attività e servizi «non-audit». Ma ora – tanto nei documenti internazionali quanto in quelli nazionali – la professione contabile ha accettato di sancire i due profili. Si riconosce nei «principi sull’indipen­denza del revisore» del CNDC e del CNR che principi fondamentali sono l’obiettività, l’integrità professionale e l’indipendenza e che, se è vero che «l’obiettività, co­me atteggiamento mentale, non può essere soggetta a verifica esterna, e l’integrità non può essere valutata preventivamente», tuttavia «l’indipendenza di comportamento è il modo migliore col quale il Revisore può, di fatto e agli occhi dei terzi, dimostrare che la Revisione è svolta con obiettività e integrità professionale», donde la distinzione fra indipendenza mentale e indipendenza formale (par. 4.2). L’impostazione riprende l’approccio concettuale fatto proprio dalla FEE e ribadito in sede legalmente (e non solo deontologicamente) vincolante dalla direttiva comunitaria. Qui si dispone non solo che gli Stati membri assicurano il rispetto dei «principi di deontologia professionale» quantomeno in ordine alla «funzione di interesse pubblico, l’integrità e l’obiettività, la competenza professionale e la diligenza», ma che la [continua ..]


6. Durata e rotazione degli incarichi

Altro meccanismo volto a rafforzare l’indi­pen­denza del revisore è quello della «rotazione» degli incarichi, che nella direttiva comunitaria impegna solo il responsabile o i responsabili della revisione ma non anche necessariamente il revisore, pur potendo gli Stati membri in alternativa prevedere la rotazione delle «imprese di revisione» (considerando 26 e art. 42, parr. 2 e 4). A quest’ultima più rigorosa impostazione si richiama tradizionalmente il nostro ordinamento e meritevoli di approvazione (perlomeno nella sostanza più che nella formulazione) appaiono le norme novellate, relative alla durata dell’incarico della società di revisione e del responsabile della revisione nonché al c.d. periodo di raffreddamento, norme che mirano ad evitare il fenomeno della eccessiva «familiarità» con il proprio cliente e a favorire il riesame da parte di un nuovo revisore o di nuovi responsabili; norme tuttavia che devono essere concepite in funzione di un accettabile punto di equilibrio con l’esigenza di impostazione di un lavoro di medio termine e nel contempo di indipendenza del revisore a fronte del «ricatto» di scadenze troppo ravvicinate. Quanto alla durata dell’incarico, al rigido criterio dell’incarico triennale rinnovabile di triennio in triennio sino ad una massimo di nove anni viene sostituito il criterio della durata secca di sei esercizi, rinnovabile una sola volta (evidentemente per analogo periodo) e riaffidabile non prima che siano decorsi tre anni dalla cessazione del precedente incarico (art. 159, 4° comma). La formulazione accolta nel disegno di legge approvato al Senato lasciava ancor più perplessi di quella attuale. Esso fissava il principio di una durata modulabile fra un minimo e un massimo: l’incarico non avrebbe dovuto avere durata inferiore a tre né superiore a sei esercizi e non avrebbe potuto essere rinnovato se non fossero decorsi almeno tre anni dalla data di cessazione del precedente. Va detto tuttavia che la disposizione, certamente migliorata rispetto ad altra precedente formulazione sulla scorta di osservazioni condivisibili di Presti, lasciava dubbi interpretativi sulla sua concreta applicabilità: scaduto il triennio o il quadriennio, erano possibili rinnovi sino a coprire i sei esercizi? O scattava la regola della durata minima anche in caso di rinnovo [continua ..]


7. Il controllo contabile delle società di gruppo e la tutela penale

Un ulteriore aspetto viene utilmente regolato dalla legge sulla tutela del risparmio: il controllo contabile delle società di gruppo, nel cui ambito sia presente sia come capogruppo sia come controllata – anche soggetta a controllo comune – una società con azioni quotate. Il principio che vi si afferma è quello secondo cui il revisore della società capogruppo (sia essa quotata sia essa controllante una società quotata: artt. 165, comma 1°-bis e 165-bis, comma 2°) «è interamente responsabile per la revisione del bilancio consolidato del gruppo». Ma a tal fine al revisore di gruppo vengono attribuiti idonei poteri, poiché diversamente ci si potrebbe trovare di fronte ad una sorta di «responsabilità oggettiva»: e infatti il revisore della capogruppo è abilitato a ricevere i documenti di revisione dalle società incaricate della revisione contabile delle altre società del gruppo; può chiedere tanto agli altri revisori quanto agli amministratori delle società del gruppo ulteriori notizie e documenti utili alla revisione; può soprattutto procedere direttamente ad accertamenti ispezioni e controlli presso le stesse società; e deve, infine, informare la Consob e gli organi di controllo della società capogruppo e della società interessata dei «fatti censurabili» che ravvisi nel­l’espletamento dell’incarico (art. 165, comma 1°-bis). Resta, in verità, scoperto il nodo dei possibili interventi nei confronti di società estere, benché molti passi in avanti sembrerebbero essersi compiuti con riguardo alle società estere off-shore, individuate con decreto ministeriale, controllate o controllanti o collegate con società italiane quotate o con strumenti diffusi, e per le quali si assiste ad una vera e propria sostituzione degli organi della società italiana e del suo revisore nel redigere e nel controllare il bilancio d’esercizio della società estera «off-shore» e/o nel redigere relazioni e pareri sui rapporti fra loro intercorrenti. Mi rendo conto della difficoltà che questa disciplina avrà per gli operatori, ma probabilmente la sua reale portata potrebbe giocarsi sul piano della deterrenza, un invito ad evitare il possesso di società «off-shore». Da ultimo non [continua ..]


8. I residui problemi e in particolare la questione della concentrazione del mercato della revisione

Sino a questo punto la riforma di recente approvata. Ma come s’è visto il Governo ha già varato uno schema di legge delegata per introdurre alcuni correttivi (definitivamente approvati, peraltro, nel consiglio dei Ministri del 1° dicembre 2006) ed un riordino più ampio nel settore della revisione contabile si attende in fase di attuazione della nuova ottava direttiva comunitaria. Segnalo rapidamente almeno altri tre aspetti, che non sono stati adeguatamente affrontati: l’effetti­vo grado di professionalità delle società di revisione, sotto il profilo dell’idonea formazione del personale adibito all’attività di revisione contabile sul campo; il contenuto standardizzato dell’opinione del revisore, tutto concentrato sulla verifica dell’infor­ma­zio­ne di bilancio; l’elevata concentrazione del mercato dei servizi di revisione contabile. Il primo e il terzo punto sono momenti importanti a garanzia della qualità del servizio di revisione. Troppo spesso le squadre di revisori utilizzano giovani alle prime esperienze, appena laureati, senza adeguata preparazione professionale; e per quanto possano essere adeguatamente guidati, l’inespe­rien­za e l’impre­parazione in sede di selezione dei dati da revisionare può pregiudicare il buon esito della verifica in tutte le fasi successive. Occorre studiare forme di qualificazione per l’accesso alle squadre di revisori anche ai livelli c.d. più bassi. Ma soprattutto non è possibile sperare che la concorrenza sul mercato finanziario, che è anche concorrenza degli emittenti nella produzione dei flussi informativi, possa correttamente operare e determinare prezzi significativi dei prodotti emessi, se il mercato dei servizi di revisione è un mercato oligopolistico, con forti barriere all’entrata. Ho l’impressione che su tale mercato occorra intervenire con incentivi ma anche con applicazione delle regole antitrust in maniera più decisa. Il secondo punto riguarda il ruolo eccessivamente notarile della funzione del revisore, che si manifesta in una relazione troppo standardizzata ed essenziale. Le opinioni con rilievi o con richiamo di attenzione su alcune informazioni costituiscono un indubbio progresso al riguardo. In alcune analisi di Oltre Oceano si segnala l’esigenza di pubblicizzare una sorta di verifica cautelativa [continua ..]


NOTE
Fascicolo 1 - 2007