Lo scritto approfondisce la tematica riguardante il diritto dei soci non amministratori di società a responsabilità limitata di accedere alle informazioni riguardanti le società controllate, che in alcuni casi risulta indispensabile per fornire loro un quadro completo sull’andamento dell’amministrazione della società, ma deve essere coordinato con la tutela dei soci delle controllate e con la corretta definizione del contenuto dell’art. 2476, 2° comma, c.c.
The essay deals with the right to access to information on subsidiary companies by the l.l.c. not administrator members, sometimes essential to give them a complete overview on company administration, but it needs to be coordinated with the protection of subsidiaries shareholders and content of art. 2476, 2nd par., c.c.
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1. Il caso e la normativa di riferimento - 2. Lo stato della questione - 3. Il commento. Controllo del socio ed accesso ai dati delle società controllate - 4. Segue. Il perimetro del diritto di acceso del socio alle informazioni delle partecipate - 5. Segue. La tutela dei soci della controllata ed il ruolo del collegio sindacale - NOTE
Una s.r.l. a costituzione familiare – in cui vi è la partecipazione paritetica di tre fratelli, due dei quali coinvolti nell’amministrazione – esercita attività di impresa per il tramite di due ulteriori società controllate a cascata (la prima direttamente, la seconda in via mediata [[1]]), entrambe a partecipazione totalitaria. Il socio non amministratore esercita il diritto di informazione, ai sensi dell’art. 2476, 2° comma, c.c., al fine di ottenere delucidazioni sull’andamento delle due società controllate, le quali si oppongono a tali richieste, affermando che la norma non legittima l’accesso a dati e notizie riguardanti enti formalmente estranei ed asserendo che in caso contrario si dovrebbe giungere alla conclusione che nei gruppi a cascata il socio di s.r.l. abbia un illimitato diritto di informazione sulle partecipate. Per contro, il richiedente lamenta una grave carenza informativa, in considerazione della circostanza che la società cui partecipa è una holding non operativa, la cui attività consiste nell’esercizio in forma indiretta delle imprese imputate alle altre società del gruppo. L’accesso a tali dati è, pertanto, l’unico modo per ottenere un quadro esauriente sull’andamento degli affari. Il tribunale afferma che il socio non ha diritto di accedere direttamente alle informazioni delle società controllate, ma può richiedere agli amministratori notizie sullo svolgimento dei loro affari e ribadisce che, in tale circostanza, il controllo non può estendersi alla totalità delle operazioni svolte, bensì è circoscritto a quelle di maggior rilievo e, in generale, alle iniziative di cui l’organo amministrativo della capogruppo deve essere a conoscenza [[2]]. La decisione delimita il perimetro dell’art. 2476, 2° comma, c.c. e, nel consentire al singolo di documentarsi sulle società controllate solo per il tramite degli amministratori [[3]]. Si precisa, inoltre, che ai gerenti spetta un ruolo di filtro nella trasmissione dei dati comunicati, al fine di bilanciare l’interesse del socio ad avere un quadro esauriente sull’amministrazione e quello delle società controllate a non subire l’ingerenza di un soggetto formalmente estraneo [[4]]. In questo contesto, non va trascurato che il controllo [continua ..]
Il tema del diritto di informazione del socio di s.r.l. nei confronti delle società controllate è stato oggetto di alcuni provvedimenti giurisprudenziali ed affrontato, in parte, anche dalla dottrina. In termini generali, si esclude la possibilità di un accesso diretto ai dati da parte del singolo, trattandosi di enti formalmente distinti rispetto alla società cui costui partecipa [[7]], ma si è registrata una progressiva evoluzione della giurisprudenza in relazione alla possibilità di richiedere agli amministratori notizie riguardanti il compimento degli affari delle società figlie. In una prima fase è stata sostenuta dal tribunale milanese una tesi restrittiva, che ha escluso non solo l’accesso diretto ai documenti delle società controllate, ma altresì che tali dati potessero costituire oggetto di specifica richiesta di informazioni agli amministratori della capogruppo, sul presupposto che l’art. 2476, 2° comma, c.c. autorizza il socio ad ottenere esclusivamente le informazioni pertinenti alla società cui partecipa [[8]]. Pertanto, si è negata sia l’ammissibilità della consultazione diretta dei documenti, che la possibilità di richiedere ai gerenti di procurare i dati richiesti, sul presupposto che il socio non ha un apprezzabile interesse economico ad esercitare il diritto di informazione sulle controllate, in quanto la loro attività riguarda affari distinti; tra l’altro, la controllata potrebbe essere una s.p.a., che non contempla il diritto di informazione del socio, per cui risulterebbe inappropriato applicare un istituto peculiare alla s.r.l. [[9]]. In seguito, la giurisprudenza ha riconosciuto la facoltà dei soci di conoscere i dati delle partecipate, definendone i confini e le modalità di accesso, in funzione dell’interesse di costoro ad ottenere un quadro completo sulla gestione, pur confermando la preclusione della facoltà di consultare personalmente i relativi dati, dei quali possono venire a conoscenza solo mediante gli amministratori [[10]]. In questa direzione, l’ampliamento del diritto di informazione è coerente con la vigilanza operata sull’organo amministrativo [[11]], soprattutto quando la capogruppo ha come oggetto esclusivo la gestione di quote di altre società, là dove la comunicazione di tali [continua ..]
Sebbene abbia tracciato almeno in parte i confini del diritto del socio di accedere alle notizie delle società controllate, il provvedimento in esame suscita alcune riflessioni, poiché non chiarisce quali sono le scelte gestionali di maggiore rilevanza rispetto alle quali sussiste il potere di accedere alle informazioni delle società figlie. La vigilanza del socio ha, invero, un’intensità variabile in base al grado di integrazione del gruppo [[18]]. Pertanto, quando la società esercita un mero controllo sulle partecipate, in assenza di direzione unitaria [[19]], non si giustifica l’estensione del diritto di informazione sugli affari delle controllate, potendo il singolo chiedere conto agli amministratori esclusivamente della gestione del proprio investimento [[20]]. L’interesse a verificare il corretto andamento dell’amministrazione deve essere bilanciato, infatti, con il dovere dei gerenti di non divulgare notizie riservate di soggetti formalmente terzi, non potendo costoro liberamente trasmettere ai soci i dati ottenuti, quanto meno in assenza di una specifica motivazione [[21]]. Diverso discorso vale nell’ipotesi di partecipazione totalitaria, là dove non si riscontra la presenza di soci esterni al gruppo di comando e che sovente costituisce una peculiare modalità di articolazione dell’attività di impresa, sicché il diritto di informazione del socio può essere effettivo solo se sia assicurato l’accesso anche ad informazioni relative all’attività compiuta a valle dalle società controllate. Intensità ancora maggiore, poi, ha il controllo del socio quando sia esercitata l’attività di direzione e coordinamento, in quanto l’acquisizione di notizie sullo svolgimento degli affari delle controllate ha senso soprattutto in relazione alle operazioni che siano condizionate dalle direttive della capogruppo [[22]]: ed in questa prospettiva potrebbe essere inteso il riferimento posto dal provvedimento in commento alle scelte gestionali di maggiore rilevanza, che possono essere considerate con tutta probabilità quelle ispirate dalla direzione unitaria. Quando la società ha come oggetto sociale esclusivo la gestione di partecipazioni sociali, poi, l’interesse del socio non amministratore a conoscere l’andamento delle [continua ..]
Definiti i rapporti tra le varie forme di controllo societario ed il contenuto dell’art. 2476, 2° comma, c.c., occorre impostare i termini della questione in relazione alle istanze di riservatezza che vengono in rilievo nella fattispecie in esame. In questa prospettiva, è degno di nota che il provvedimento abbia ricondotto il diritto di informazione sulle partecipate al controllo del socio sulla gestione della società, operando un bilanciamento tra le contrapposte esigenze di tutela [[26]]. In questo solco, è opportuno valorizzare la differenza tra due diverse tipologie di accesso alle informazioni cui fa riferimento l’art. 2476, 2° comma, c.c., ossia la richiesta di notizie agli amministratori e la consultazione diretta dei documenti. Questa distinzione assume un peculiare rilievo in tutte le ipotesi in cui il socio intenda ottenere dati facenti capo a soggetti terzi, cui gli amministratori accedano in funzione del loro ufficio. Per questa via, i gerenti possono svolgere un ruolo di filtro, mediando tra l’esigenza dei singoli di esercitare una vigilanza effettiva sull’andamento della gestione e la tutela di soggetti estranei, i quali hanno interesse ad impedire la diffusione dei dati che li riguardano; senza trascurare che per questa via si instaura un equilibrio delicato fra le contrapposte esigenze di tutela, soprattutto in considerazione della necessità di evitare che costoro possano abusare del loro ruolo per celare irregolarità di gestione. Diversamente dall’accesso diretto ai documenti, l’assunzione di notizie dagli amministratori permette di distinguere tra la trasmissione di alcuni dati, eventualmente anche di soggetti terzi, che ha un contenuto più limitato e non richiede alcuna giustificazione [[27]], e la richiesta di ulteriori informazioni, trasmesse solo a fronte di una specifica motivazione, che si riferisca ad un determinato interesse del socio alla loro comunicazione [[28]]. Ne consegue che i gerenti possono legittimamente rifiutarsi di trasmettere dati riguardanti le operazioni in corso, a meno che il socio non presenti una puntuale giustificazione per la trasmissione di altri dettagli. Inquadrato in questi termini il diritto di accedere, per il tramite degli amministratori, alle informazioni delle società partecipate incontra un duplice limite. Il primo è rappresentato dal rilievo, apparentemente [continua ..]
Il principio secondo cui il socio di s.r.l. ha un limitato diritto di accedere alle informazioni delle partecipate deve essere coordinato, oltre che con la posizione assunta dagli amministratori, con la tutela dei soggetti esterni al gruppo di comando nelle società dominate, a prescindere dal tipo sociale adottato. Invero, nell’ipotesi in cui la società controlli una s.p.a., si ravvisa l’esigenza di conciliare discipline diverse, dato che la società per azioni non contempla il diritto di informazione del singolo socio [[38]]. Per converso, anche se l’ente dominato fosse una s.r.l., risulterebbe problematico permettere ad estranei l’accesso alle informazioni sociali, dato il maggior grado di personalizzazione del tipo, che osta alla trasmissione di notizie a soggetti che risultino formalmente estranei alla compagine sociale. In questa prospettiva, non può trovare in questa sede adeguato spazio il problema della tutela dei soci della società partecipata, soprattutto quando la controllante si trasformi da s.p.a. in s.r.l., determinando, così, un mutamento della posizione dei soci non amministratori, cui spetta il diritto di informazione ai sensi dell’art. 2476, 2° comma, c.c. [[39]]. L’esigenza di individuare un equilibrio tra l’interesse del singolo alla corretta gestione dell’impresa e quella dei soci della partecipata di impedire un’indebita divulgazione di notizie, invero, può trovare un bilanciamento nel ruolo del collegio sindacale, che assicura un controllo professionale esteso anche all’andamento delle società controllate, dato che i sindaci hanno poteri ispettivi preclusi ai soci [[40]], senza che le prerogative spettanti a costoro subiscano un ridimensionamento in seguito alla nomina dell’organo di controllo [[41]]. In altri termini, un’interpretazione dell’art. 2476, 2° comma, c.c., che tenga conto delle istanze di riservatezza delle società dominate e dello speculare interesse dei soci della s.r.l. controllante alla corretta amministrazione, richiede di valorizzare la funzione di vigilanza esercitata dall’organo di controllo. La verifica della corretta gestione della società anche in relazione ai rapporti con le altre imprese del gruppo, infatti, può essere soddisfatto mediante gli scambi informativi – eventualmente [continua ..]