Rivista di Diritto SocietarioISSN 1972-9243 / EISSN 2421-7166
G. Giappichelli Editore

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“Gestione sindacale” ex art. 2386, ultimo comma del codice civile e bilancio di esercizio (di Giuseppe A. Rescio)


Il saggio affronta la questione se rientri tra le competenze del collegio sindacale la redazione del bilancio di esercizio nel periodo intercorrente tra la cessazione con effetti immediati dell’organo amministrativo e la nomina dei nuovi amministratori. La risposta negativa al quesito viene argomentata con particolare riguardo al concetto di ordinaria amministrazione nell’art. 2386, ult. comma, c.c. e al ruolo dei vari organi nel procedimento di formazione del bilancio.

“Statutory auditors management” pursuant to art. 2386, last par., c.c. and financial statements

The essay addresses the following question: whether the drafting of the financial statements in the period between the termination of the administrative body with immediate effects and the appointment of new directors falls within the competence of the board of statutory auditors. A negative answer to the question is argued based in particular on the concept of ordinary administration in art. 2386, last par., c.c. and the role of the various corporate bodies in the preparation process of the financial statements.

SOMMARIO:

1. Un caso recente per un problema risalente - 2. L’art. 2386, ult. comma, c.c. e la sua interpretazione: l’opinione dominante prima della riforma societaria del 2003 - 3. L’interpretazione dell’art. 2386, ult. comma, c.c. dopo la riforma societaria del 2003 - 4. Esame critico degli argomenti addotti per sostenere la competenza del collegio sindacale alla redazione del bilancio di esercizio: il concetto di ordinaria amministrazione nell’art. 2386 c.c. - 5. Segue. Redazione del bilancio come atto “della” amministrazione (a cui non è riferibile la distinzione tra atti “di” amministrazione ordinaria e straordinaria); il ruolo dei vari organi nel procedimento di formazione del bilancio - NOTE


1. Un caso recente per un problema risalente

A seguito della decadenza dell’intero organo amministrativo, in forza di una espressa disposizione statutaria l’ordinaria amministrazione di una società cooperativa viene affidata al collegio sindacale in attesa che lo stesso organo di controllo convochi d’urgenza l’assemblea dei soci e che si giunga al rinnovo del consiglio di amministrazione. Tuttavia la procedura prevista dallo statuto per la nomina degli amministratori è piuttosto complessa: richiede tempo, e i tempi si allungano ulteriormente a causa dell’imperversare dell’epidemia da Covid. I fatti narrati, infatti, si svolgono durante il 2020. Dato atto della complessità dell’iter elettivo che non consente di rispettare il requisito dell’urgenza di cui all’art. 2386 c.c. a causa della particolare rigidità della procedura elettiva così come disciplinata nello statuto sociale, anche per via delle restrizioni imposte per contrastare la pandemia il collegio sindacale stima di poter convocare l’assemblea elettiva a distanza di nove o dieci mesi dalla chiusura dell’ultimo esercizio. Quid, nel frattempo, con riguardo alla preparazione del progetto di bilancio relativo all’esercizio chiuso il 31 dicembre 2019, che gli amministratori decaduti all’i­nizio del 2020 non hanno avuto il tempo o l’opportunità di approntare? Posto che, nonostante l’allungamento dei termini per l’approvazione del bilancio a 180 giorni ad opera della normativa emergenziale, quel termine non avrebbe potuto essere rispettato attendendo la nomina dei nuovi amministratori, spetta procedervi al collegio sindacale nell’ambito dell’ordinaria amministrazione ad esso affidata dall’art. 2386, ult. comma? Il caso descritto ripropone un problema giuridico da tempo discusso: se, in una situazione nella quale siano cessati tutti gli amministratori e non operi il principio della prorogatio, nell’ambito della ordinaria amministrazione attribuita al collegio sindacale nelle more della nomina dei nuovi amministratori rientri anche la redazione del progetto di bilancio dell’ultimo esercizio e la presentazione dello stesso all’assemblea [[1]].


2. L’art. 2386, ult. comma, c.c. e la sua interpretazione: l’opinione dominante prima della riforma societaria del 2003

L’ultimo comma dell’art. 2386 c.c. disciplina l’ipotesi della cessazione dell’am­ministratore unico o di tutti gli amministratori con efficacia immediata, anche a seguito di quanto previsto dal comma precedente, cioè per disposizione statutaria che impedisca l’applicazione dell’istituto della prorogatio. Vi si prevede che “l’assem­blea per la nomina dell’amministratore o dell’intero consiglio deve essere convocata d’urgenza dal collegio sindacale, il quale può compiere nel frattempo gli atti di ordinaria amministrazione”, senza ulteriori specificazioni. L’intera questione gravita, pertanto, intorno alla corretta interpretazione della richiamata disposizione normativa, che attribuisce all’organo di controllo una competenza gestionale interinale sino all’assunzione della carica da parte dei nuovi amministratori. Al riguardo va preliminarmente osservato che l’ultimo comma dell’art. 2386, per quanto qui interessa, non ha subito modifiche per effetto della riforma delle società di capitali del 2003. L’unica modifica testuale, non sostanziale, concerne il riferimento alla “sostituzione degli amministratori mancanti” con la “nomina del­l’amministratore o dell’intero consiglio” come argomento da sottoporre all’assem­blea che il collegio sindacale deve convocare con urgenza: immutata resta l’e­spressione finale che attribuisce al collegio il potere di “compiere nel frattempo gli atti di ordinaria amministrazione”. Ciò ha fatto sì che la dottrina e la giurisprudenza successivi alla riforma, salve le eccezioni di cui si darà conto nel successivo paragrafo, si siano generalmente rimesse ai risultati cui l’interpretazione dominante era già pervenuta anteriormente alla riforma in merito alle competenze gestionali del collegio sindacale, per lo più senza soffermarsi sulla specifica questione in oggetto. Orbene, se tra gli atti di competenza dei sindaci nella fase di gestione interinale vi sia la redazione del progetto di bilancio di esercizio è questione alla quale la dottrina dominante ha tradizionalmente dato argomentata risposta negativa da qualunque prospettiva muovesse l’indagine: vi convergono, infatti, gli studiosi del bilancio non meno che quelli del collegio sindacale e dell’amministrazione [continua ..]


3. L’interpretazione dell’art. 2386, ult. comma, c.c. dopo la riforma societaria del 2003

I commenti post riforma all’art. 2386 c.c. si sono concentrati sugli aspetti di novità, rappresentati soprattutto dalla limitazione esplicita della cooptazione ai casi in cui la maggioranza degli amministratori rimasti in carica siano di nomina assembleare e dalla riconosciuta ammissibilità delle clausole statutarie che ricolleghino la cessazione dell’intero consiglio alla cessazione di taluni amministratori (simul stabunt simul cadent), ivi inclusa quella che escluda in tali casi la prorogatio estendendo l’applicazione dell’ultimo comma: con conseguente attribuzione ai sindaci del dovere di convocare con urgenza l’assemblea e del potere, per l’intanto, di compiere gli atti di ordinaria amministrazione. Nessuno ha ritenuto che da tali novità e, più in generale, dal ruolo attribuito al collegio sindacale nella s.p.a. riformata discenda una diversa, e in ipotesi più ampia, sfera di competenze riconoscibili in capo al collegio sindacale nella gestione interinale, al punto da potersi mettere in discussione i risultati cui era pervenuta l’opinione dominante a causa della evoluzione del quadro normativo. Infatti, se molti si sono sostanzialmente limitati a richiamare il testo di legge ricordando che nulla è cambiato al riguardo, chi ha dedicato qualche attenzione maggiore ha per lo più ribadito, sulla scorta di chi l’ha preceduto, che i poteri di ordinaria amministrazione sono solo quelli “necessari per garantire la sopravvivenza e la capacità produttiva dell’impresa”, in quanto “trattasi di poteri eccezionali per i quali sogliono adottarsi criteri di stretta interpretazione” [[8]]. Questa è anche la posizione della poca giurisprudenza reperibile. Particolarmente interessante è un precedente milanese [[9]] che, nel rammentare che la norma in esame è “eccezionale e di stretta interpretazione”, conclude che essa non può legittimare la sostituzione del collegio sindacale agli amministratori nell’accertamento di una causa legale di scioglimento (nella fattispecie, sopravvenuta impossibilità di perseguire l’oggetto sociale), che il giudice qualifica come atto proprio degli amministratori e di straordinaria amministrazione, benché si tratti, per gli amministratori, di un atto dovuto ai sensi dell’art. 2485, comma 1, c.c. La decisione afferma che i [continua ..]


4. Esame critico degli argomenti addotti per sostenere la competenza del collegio sindacale alla redazione del bilancio di esercizio: il concetto di ordinaria amministrazione nell’art. 2386 c.c.

Il percorso argomentativo seguito dalle esposte tesi che affermano la competenza del collegio sindacale nella materia in discussione si articola secondo una linea ricorrente: (a) identificazione del concetto di ordinaria amministrazione per contrapposizione alla straordinaria amministrazione; (b) riconduzione della redazione del bilancio di esercizio nell’ambito dell’ordinaria amministrazione; (c) svalutazione dell’argomento contrario alla concentrazione, in capo al solo organo di controllo, della posizione di redattore del bilancio e controllore dello stesso. L’argomento sub (a) si avvale di una concezione più elastica e più moderna di amministrazione ordinaria, correttamente centrata sull’attività sociale e sul patrimonio ad essa strumentale, con l’ausilio dei principi aziendalistici. Ciò indubbiamente può contribuire al superamento di un’impostazione che fosse troppo angusta nel limitarsi a consentire, ai sindaci investiti della gestione interinale, soltanto il compimento degli atti strettamente necessari e urgenti onde evitare un danno patrimoniale alla società. Tuttavia si può anche criticamente notare che le tesi in oggetto trascurano di condurre sino in fondo la condivisa necessità di enucleare i concetti di ordinaria e straordinaria amministrazione nei diversi contesti in cui tale distinzione rileva. Al riguardo, infatti, non si tratta soltanto di contrapporre l’ordinaria e straordinaria amministrazione nel diritto civile, con riferimento ad es. alla gestione dei beni degli incapaci, e nel diritto societario, con l’indubbia riferibilità del concetto all’attività ancor prima che al patrimonio a questa strumentale. Si tratta piuttosto di differenziare quei concetti in relazione allo scopo a cui è ispirata la regola societaria che ne fa uso e al suo inquadramento nel sistema. Sotto questi ultimi profili dovrebbe riconoscersi che il concetto di ordinaria amministrazione nella gestione interinale dei sindaci può essere ben più ristretto del concetto di ordinaria amministrazione cui si riferisca una clausola di uno statuto societario, per ricollegarvi un’autoriz­zazione assembleare o una maggioranza rafforzata all’interno del consiglio di amministrazione. Se con riguardo a quest’ultimo tema il ricorso ai principi aziendalistici e alla distinzione tra decisioni strategiche o di [continua ..]


5. Segue. Redazione del bilancio come atto “della” amministrazione (a cui non è riferibile la distinzione tra atti “di” amministrazione ordinaria e straordinaria); il ruolo dei vari organi nel procedimento di formazione del bilancio

Al di là di quanto poc’anzi rilevato, la redazione del progetto di bilancio non va ricompresa tra gli atti di ordinaria amministrazione demandati al collegio sindacale per una ragione più radicale, che prescinde dalla fissazione del limite di confine tra l’ordinaria e la straordinaria amministrazione nel contesto della disposizione in esame. Infatti, anche adottando la concezione più ampia degli atti di ordinaria amministrazione rimessi al collegio sindacale, resta fermo che il bilancio, se per un verso è un fondamentale strumento di informazione sull’attività e sul patrimonio sociali per i soci e per i terzi, per altro verso non è un documento indispensabile per lo svolgimento degli affari correnti e per assumere decisioni operative, rinviabili o non rinviabili. Se la distinzione tra atti di ordinaria e straordinaria amministrazione è imperniata sul carattere strategico o operativo delle decisioni da assumere rispetto alle quali i singoli atti si pongono in funzione esecutiva, allora la formazione del bilancio non rientra né tra i primi né tra i secondi. Il bilancio è il risultato di un procedimento che nel modello tradizionale di s.p.a. (e nelle cooperative che ne ripetono la forma organizzativa) richiede l’intervento necessario di tre organi (oltre che del revisore, quando è presente): l’organo amministrativo per la sua formazione, il collegio sindacale per il suo controllo e l’assemblea per la sua approvazione. Proprio per assicurare l’attendibilità di tale fonte privilegiata di informazioni per i soci e per i terzi, a sua volta base di importanti decisioni di chi vi fa affidamento, nessuno di questi organi può essere sostituito da altri organi. Il contributo alla formazione del bilancio che dà l’organo amministrativo attraverso la redazione del progetto, dunque, non viene in considerazione quale atto “di” amministrazione, suscettibile di classificazione in una delle due categorie dell’ordinaria o della straordinaria amministrazione, bensì quale atto “della” amministrazione, cioè dell’organo istituzionalmente deputato ad amministrare [[31]]. Per questa ragione non si può ricavare alcun argomento favorevole alla tesi della competenza del collegio sindacale dall’art. 2458 c.c., secondo cui nella società in accomandita per azioni, ove [continua ..]


NOTE