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Private equity, fusioni e rinuncia all'appraisal right: note su un caso statunitense con cenni all'esperienza italiana

Casimiro A. Nigro – Demetrio Maltese

Muovendo da una pronuncia statunitense, il lavoro si sofferma sull'analisi della seguente questione giuridica: è possibile, in base al diritto societario italiano, formalizzare un patto parasociale che, anche solo alternativamente ed in occasione di una fusione, (i) disciplini l’esercizio del diritto di voto e, in tal modo, precluda la venuta ad esistenza del presupposto del dissenso (o dell’astensione) da cui dipende l’esercizio del diritto di recesso; ovvero, prescindendo dal momento del voto, (ii) ponga comunque un divieto negoziale di farne esercizio? Nel dare risposta a tale quesito, l'articolo rileva come, sebbene in base all'orientamento predominante un accordo di tal fatta sia probabilmente destinato a rivelarsi invalido, constino elementi positivi in considerazione dei quali appare possibile difendere la tesi opposta. Non si manca di sottolineare, però, come tale più liberale tesi richieda ulteriori approfondimenti utili, tra l'altro, a validare, dal punto di vista sistematico, gli argomenti su cui essa si regge.

Private Equity, Mergers, and Appraisal Right Waivers: US Law versus Italian Law

The Delaware judiciary has recently affirmed the enforceability of an ex ante waiver of appraisal rights included in a shareholder agreement. This article investigates whether such a private ordering solution would be enforceable under Italian law, which provides for a remedy very similar to the appraisal right – the so-called “diritto di recesso”. Having argued that, in light of the dominant interpretation of existing legislation, a court would likely hold an ex ante waiver of diritto di recesso void and null, it contends that there are arguments supporting the opposite conclusion. However, the article also stresses, inter alia, that more research is required to see whether these arguments would stand against the logic informing the legal regime governing diritto di recesso.

MASSIMA:

È valida, purché formulata in termini chiari ed univoci, la clausola del patto parasociale concluso tra parti sofisticate e pienamente informate in forza della quale gli azionisti si obbligano preventivamente a non esercitare l’appraisal right a fronte di una data operazione che in astratto lo consentirebbe (nel caso di specie, una fusione) (massima non ufficiale).

PROVVEDIMENTO:

[… omissis …] – Before me is the Petitioners’Motion for Reargument of my Letter Opinion of October 1, 2018 (the “Letter Opinion”).

Motions for reargument are, in my view, a tool that generally serves best left in the sheath; they are, I find, rarely fruitful, and most often result in additional expense for the litigants and effort by the Court, to no purpose. A motion for reargument, as this Court has pointed out on numerous occasions, does not provide a forum to relitigate issues decided by the trial judge, and if the trial court is in error on those issues, vindication is available on appeal, not via reargument. Nonetheless, reargument can be a useful tool if used as designed, to forestall a final opinion in which the judge has disregarded matters of law or fact, or has inadvertently failed to respond to an [continua ..]

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Sommario:

1. Introduzione - 2. Il caso - 3. L’ordinamento statunitense - 3.2. I precedenti giurisprudenziali non direttamente collegati. - 3.3. La regula iuris: analisi positiva ed economica (cenni) - 4. La prospettiva interna. - 4.1. I possibili ostacoli - 4.1.2. Profili di diritto societario - 5. Un dubbio ed una precisazione: cenni. - 6. Conclusioni - NOTE


1. Introduzione

La decisione in commento dichiara la validità, in base al diritto societario del Delaware (ossia, la “Delaware General Corporate Law – appresso, per brevità, “DGCL”), del patto parasociale con cui un socio si obbliga a votare a favore di un’operazione straordinaria in grado di attivare l’appraisal right, in modo tale da far venire meno il dissenso che rappresenta il presupposto dell’esercizio di tale diritto. Tale specifica questione non aveva sinora ricevuto particolare attenzione negli Stati Uniti: ciò che, allora, suggerisce di rendere la sentenza soprariportata oggetto del presente commento in modo da articolare alcune prime riflessioni in tema, al duplice fine di fornire una panoramica sull’esperienza statunitense e poi esaminare la medesima questione dal punto di vista del diritto societario italiano. Così, dapprima si descrive sommariamente la vicenda controversa e si dà atto del suo epilogo giudiziale. A seguire, dopo aver sommariamente descritto la disciplina dell’appraisal right in base al diritto statunitense, si colloca l’arresto pretorio in esame nel contesto della più ampia produzione giurisprudenziale e dottrinale di riferimento, per poi procedere all’apprezzamento della innovatività della regula iuris enucleata dal provvedimento, soprattutto nella prospettiva di evidenziarne l’efficienza. A quel punto, proprio muovendo dalla premessa [continua ..]

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2. Il caso

Nel 2008, Authentix Acquisition Co., una società del Delaware, aveva acquisito Authentix Inc. tramite una fusione per incorporazione. Si era trattato di un c.d. private equity deal, che aveva assunto la forma di una c.d. roll-over transaction[[34]], di guisa che gli originari azionisti di Authentix Inc. avevano “convertito” le proprie partecipazioni sociali in una partecipazione di minoranza rappresentata da azioni ordinarie in Authentix Acquisition Co., indirettamente detenuta tramite Manti Holdings LLC. Titolari di una partecipazione di maggioranza rappresentata da azioni privilegiate in Authentix Acquisition Co. erano, invece, due fondi di private equity. All’atto di negoziare i termini dell’affare, le parti, assistite da consulenti specializzati, avevano negoziato e concluso pure un patto parasociale, peraltro sottoscritto anche dalla stessa Authentix Acquisition Co. Tale accordo era preordinato, tra le altre cose, a disciplinare i contegni delle parti in prossimità ed in seguito ad una “vendita della società” (letteralmente, una company sale), che, per definizione convenzionale, era inclusiva sia delle operazioni di fusione, sia delle operazioni di trasferimento congiunto delle partecipazioni sociali [[35]]. In particolare, l’accordo prevedeva che, a fronte di una vendita della società, gli azionisti di minoranza (i) avrebbero dovuto acconsentire all’operazione a prescindere dalla forma [continua ..]

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3. L’ordinamento statunitense

3.1. La disciplina scritta. – L’appraisal right trova la propria fonte nella Section 262 della DGCL, disposizione alla stregua della quale un azionista che non abbia concorso all’approvazione di certe operazioni «shall be entitled to an appraisal» della propria partecipazione, da provocarsi rivolgendosi alla Court of Chancery[[42]], previa l’esecuzione di numerose formalità[[43]]. In tal modo, l’ordinamento attribuisce a tale azionista una put option a prezzo predeterminato, ossia con un valore minimo dato, il cui esercizio consente di liquidare l’investimento a fronte di determinate operazioni selezionate in ragione della loro potenziale o attuale capacità di condurre alla “espropriazione” dell’azio­nista esterno al processo decisionale [[44]]. Tra le operazioni a fronte delle quali l’appraisal right può essere attivato vi sono le fusioni, salvo che i titoli della società incorporante o risultante dalla fusione siano oggetto di pubblica negoziazione (c.d. market-out exception [[45]]). Nel disciplinare l’istituto dell’appraisal right, il diritto societario statunitense prevede che l’atto costitutivo possa espanderne la portata operativa tramite apposite previsioni, ma non stabilisce espressamente se il rimedio possa formare oggetto di restrizioni o, al limite, di rinuncia [[46]]. Se ne deduce che, nella conformazione impressagli dal [continua ..]

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3.2. I precedenti giurisprudenziali non direttamente collegati.

La giurisprudenza ha svolto, nel tempo, un’importante opera di completamento di un diritto scritto fisiologicamente incompleto, specialmente per quanto attiene agli spazi di cui i privati godono nel confezionare regole volte a ridisegnare l’appraisal right, sui due diversi piani della pratica disponibilità ovvero della conformazione del rimedio e della determinazione delle utilità spettanti all’azionista che se ne avvalga. Già tempo addietro la giurisprudenza ebbe modo di chiarire che l’appraisal right può formare oggetto di una “rinuncia successiva”, ossia di una dichiarazione negoziale con cui l’azionista vi rinuncia in seguito all’approvazione di una qualsiasi delibera che ne legittimerebbe l’esercizio [[53]]. Per lungo tempo si registrarono incertezze per quanto concerne, invece, la possibilità di rimodulare preventivamente an e quomodo dell’appraisal right, per di più con variazioni importanti a seconda che a tali scelte fossero pervenuti gli azionisti ordinari o privilegiati. Già a fine anni Novanta, la corte della già richiamata vicenda In re: Ford, muovendo dalla premessa della natura largamente contrattuale delle azioni privilegiate [[54]], chiarì che gli azionisti privilegiati avrebbero potuto formalizzare la regola statutaria volta a fissare un tetto alle utilità complessivamente conseguibili dagli azionisti privilegiati [continua ..]

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3.3. La regula iuris: analisi positiva ed economica (cenni)

È proprio dalla incompletezza del quadro giurisprudenziale e dottrinale appena delineato che occorre muovere per apprezzare l’importanza del provvedimento in commento. Come già segnalato, la corte del Delaware è ora giunta alla conclusione che il patto parasociale controverso sarebbe da dirsi valido perché anche l’appraisal right, non dissimilmente da altre prerogative spettanti all’azionista ex lege [[62]], è uno dei molteplici «[default] terms available off the-rack [for prospective] participants in corporate ventures» [[63]]. Il ragionamento sottostante a tali conclusioni si incentra su due passaggi logici. Il primo enfatizza la circostanza che anche l’appraisal right è un diritto di fonte legale dotato di un’identità del tutto indipendente dalla natura ordinaria o privilegiata della partecipazione sociale cui inerisce. Il secondo passaggio logico, invece, richiama l’at­tenzione sul fatto che l’introduzione di regole parasociali nel tessuto normativo della relazione societaria non deve trovare un’espressa autorizzazione nella legge, nell’atto costitutivo o nello statuto; ma è, al contrario, sufficiente che queste fonti non contengano un divieto (neppure implicito) all’irruzione sulla scena del rapporto contrattuale societario di ulteriori regole private con funzione “integrativa”. Le conclusioni cui perviene la corte [continua ..]

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4. La prospettiva interna.

Le conclusioni rassegnate sull’efficienza della soluzione regolatoria flessibile (la cui bontà è stata affermata dal provvedimento in commento) rendono opportuno interrogarsi sulla configurabilità, anche nell’ordi­namento italiano, di un patto parasociale analogo a quello dell’esperienza statunitense. E ciò anche sulla scia di un filone di recenti studi aventi ad oggetto la replicabilità, nel nostro ordinamento, delle soluzioni negoziali adottate in altri ordinamenti (segnatamente, in quello statunitense) con riferimento alle operazioni di private equity[[91]]. Per la precisione, occorre interrogarsi, muovendo dalla premessa che l’equivalente funzionale dell’appraisal right nell’ordinamento italiano è il diritto di recesso[[92]], sulla replicabilità di un patto parasociale che, anche solo alternativamente ed in occasione di una fusione, (i) disciplini l’esercizio del diritto di voto e, in tal modo, precluda la venuta ad esistenza del presupposto del dissenso (o dell’astensione) da cui dipende l’esercizio del diritto di recesso; ovvero, prescindendo dal momento del voto, (ii) ponga comunque un divieto negoziale di farne esercizio. La questione ha indubbia rilevanza pratica. Anche in Italia, infatti, la fusione può assurgere a causa di recesso: ciò vale, nella s.p.a., nella misura in cui, in vista di o in connessione con un’operazione di fusione, si [continua ..]

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4.1. I possibili ostacoli

4.1.1. Profili di diritto civile. – Un primo ordine di ostacoli potrebbe venire in rilievo sul piano squisitamente civilistico se si ammettesse che un patto parasociale come quello in esame si traduca in una rinuncia “in senso tecnico” al diritto di recesso: se si ammettesse, cioè, che quell’accordo comporta la abdicazione alla detta situazione giuridica [[103]]. In dottrina non si rinvengono posizioni esplicite a favore della riconduzione di patti parasociali volti a disciplinare ex ante l’esercizio del diritto di recesso nell’alveo della invalsa nozione di rinuncia; al contrario, è possibile scorgere solamente talune indicazioni che sembrerebbero denotare la scelta degli interpreti di pervenire ad una qualificazione in tal senso [[104]]. Embrionali, invece, sono le prese di posizione in senso opposto: a parte, infatti, alcune autorevoli ma apodittiche affermazioni al riguardo [[105]], ci è limitati a rilevare, in modo del tutto incidentale, che i patti parasociali sono «strutturalmente inidonei ad “escludere” il diritto di recesso [in quanto operanti solamente su di un piano obbligatorio]» [[106]], laddove ciò sembrerebbe logicamente implicare l’incompatibilità del patto parasociale con lo schema della rinuncia. Ed in effetti non pare che il patto parasociale in discorso possa invero ricondursi nella nozione di rinuncia, proprio perché, lungi [continua ..]

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4.1.2. Profili di diritto societario

Un secondo ordine di ostacoli potrebbe venire ad esistenza alla luce del vigente ordinamento societario. La primaria questione giuridica dalla cui soluzione dipende il giudizio di validità o invalidità del patto in esame attiene al perimetro applicativo delle disposizioni di legge che sanciscono, per la s.p.a., la «[nullità di] ogni patto volto a escludere o rendere più gravoso l’esercizio del diritto di recesso» in relazione a determinate ipotesi di recesso tra cui, per quanto detto [[114]], possono indirettamente rientrare le fusioni; e, per la s.r.l., che il diritto di recesso spetti, «in ogni caso», ai soci che non abbiano consentito alla fusione della società – frammenti positivi cui, per ragioni di sintesi, d’ora in poi si farà riferimento con le espressioni “regola di garanzia” e “regola di intangibilità” [[115]]. Tanto la regola di garanzia quanto la regola di intangibilità hanno nel tempo attratto l’attenzione di una non trascurabile parte della dottrina specialistica che, pur prendendo implicitamente o esplicitamente atto del silenzio della legge sul punto, ha concluso che esse sarebbero applicabili non soltanto alle clausole statutarie, ma anche ai patti parasociali. A tali conclusioni, innanzitutto, la dottrina era pervenuta già in costanza del previgente diritto societario, con riferimento – ovviamente – [continua ..]

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5. Un dubbio ed una precisazione: cenni.

Dalle notazioni che precedono sembra evincersi che esistono elementi in grado di fondare argomenti che, se meglio sviluppati, potrebbero forse supportare la tesi contraria a quella oggi dominante, così da consentire anche in Italia di utilizzare i patti parasociali per «porre rimedio alla eccessiva rigidità della struttura organizzativa, quando questa diviene nel caso concreto inefficiente (ossia, quando i costi della tutela imperativa superano i benefici)»[[165]]. Non può però farsi a meno di rilevare come la scelta di ricercare soluzioni esegetiche volte ad ampliare gli spazi dell’autonomia privata nel contesto che qui interessa non può non misurarsi con più generali valutazioni di sistema inerenti, tanto per cominciare, alla più basilare e intima logica che, nel nostro ordinamento, anima l’istituto del recesso. Al netto di qualsiasi valutazione in merito alla pregnanza degli argomenti in precedenza esposti, qualsiasi discussione sulla validità del patto parasociale in discorso deve infatti tenere presente, oltre ovviamente ad una ragionata analisi di singoli frammenti positivi, anche la conformazione complessiva dell’istituto. E non vi è chi non veda come, ove si muova da questa prospettiva, emerge il forte dubbio che il patto parasociale in discorso sia, per vero, in qualche misura incompatibile con il “modello” di recesso immaginato e disegnato dal legislatore e [continua ..]

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6. Conclusioni

Con il provvedimento in commento, la giurisprudenza statunitense ha sancito la disponibilità dell’appraisal right da parte dei privati, pur se soltanto a date condizioni [[173]]. Nel tentativo di “collocare” quell’arresto nel quadro del diritto societario statunitense, si è notato come esso “sfrutti” l’inco­m­pletezza del dato positivo scritto per apprestare una soluzione favorevole all’auto­nomia privata [[174]]; appaia in linea con i rilevanti ma aspecifici precedenti giurisprudenziali [[175]]; e si lasci apprezzare per aver opportunamente valorizzato le caratteristiche oggettive dell’operazione, da un lato, e quelle soggettive dei contraenti, dall’altro, così pervenendo ad un risultato interpretativo in grado di garantire l’aderenza del processo di implementazione del contratto alla originaria volontà delle parti [[176]]. La possibilità di importare una soluzione privata di quel genere nell’ordina­mento italiano solleva molteplici profili critici, tra cui spiccano, per importanza, i problemi nascenti, sul piano civilistico, dalla possibile riconduzione del patto parasociale in discorso nello schema della rinuncia [[177]]; e, sul piano societario, dall’interpretazione estensiva della regola di garanzia e della regola di intangibilità oggi dominante [[178]]. Il presente contribuito ha inteso porre in evidenza [continua ..]

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NOTE

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