È verosimile che la miniriforma del 2021 non lascerà immutati i termini della tormentata questione dell’applicabilità o meno della regola dottrinal-giurisprudenziale della BJR ai doveri in tema di assetti Or.Am.Co.
Il saggio, dopo una breve ricostruzione dello stato dell’arte, si prefigge l’obiettivo di fissare le coordinate del riscritto dibattito e di formulare qualche notazione “di metodo” più che “nel merito” da sottoporre all’attenzione della comunità scientifica.
It is likely that the 2021 mini-reform will not leave unchanged the terms of the troubled question of the applicability of the doctrinal and jurisprudential rule of the BJR to the duties in terms of organizational, administrative and accounting structures.
The paper, after a brief reconstruction of the current situation, aims to establish the coordinates of the rewritten debate and to formulate some notation “of method” rather than “on the merits” to be submitted to the attention of the scientific community.
Keywords: Responsibilities of directors – organizational decisions – organizational structures – BJR – Test – Check list – Management of the company pending negotiations for the negotiated settlement of the crisis.
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1. Introduzione - 2. Termini del problema e stato dell’arte - 3. Alcuni interrogativi inediti - 4. Segue: e proposte di soluzione - 5. Un ipotetico punto d’incontro - NOTE
L’ampiezza del grado di discrezionalità da riconoscere agli amministratori nell’organizzazione dell’impresa (ma anche ai membri dell’organo di controllo in sede di vigilanza sulla stessa) è senza dubbio uno dei temi più complessi e dibattuti (a livello accademico) che, come i fiumi carsici, torna ciclicamente a galla in occasione di ogni riforma. La questione dell’applicabilità o meno della Business Judgment Rule (d’ora in poi, per brevità, BJR) alle decisioni in materia di assetti organizzativi, amministrativi e contabili (c.d. Or.Am.Co.) si è posta, già all’indomani della riforma societaria del 2003, con riguardo ai doveri gravanti sull’organo gestorio e di controllo della s.p.a. desumibili dal combinato disposto degli artt. 2381, 3° e 5° comma, e 2403, 1° comma, c.c. [[1]]. Dopo la generalizzazione, attraverso gli artt. 375 e 377 c.c.i.i. (in vigore da metà marzo 2019), del dovere di istituire assetti adeguati, ora riferito a tutte le imprese che operino in forma societaria o collettiva e l’introduzione di un sostanzialmente equivalente dovere di predisporre misure idonee a carico dell’imprenditore individuale (art. 3 c.c.i.i.) [[2]], il dibattito è letteralmente esploso [[3]] ed è stato ulteriormente acuito dalla pandemia Covid-19 [[4]]. Per il momento, a quanto consta, nessuno dei tanti saggi, pubblicati anche sulle colonne di questa Rivista o collocati all’interno di fascicoli monografici e dei primi instant books sul d.l. n. 118/2021 (conv. con modifiche nella legge n. 147/2021 [[5]] e poi confluito nel Titolo II del d.lgs. n. 14/2019 [[6]]), ha affrontato ex professo il tema delle interferenze con la BJR che potrebbero scaturire dalla scelta legislativa di mettere a disposizione di qualsiasi imprenditore iscritto nel registro delle imprese (r.i.) un test pratico di autodiagnosi per la verifica della ragionevole perseguibilità del risanamento e una check list particolareggiata per la redazione di un piano e l’analisi della sua coerenza (v. le Sezioni I e II del decreto dirigenziale del Ministero della Giustizia del 28 settembre 2021). Solo incidenter tantum si è accennato alle ricadute che potrebbero derivare dall’art. 9 (ora art. 21 c.c.i.i.), rubricato «Gestione dell’impresa in pendenza delle trattative» per la composizione [continua ..]
In questa sede è materialmente impossibile (e probabilmente superfluo) ripercorrere l’ampia letteratura in materia di BJR[[8]], “regola”[[9]] di origine statunitense [[10]] basata su una constatazione («on a policy of leaving business decisions to business people» [[11]]) e sul «necessario riconoscimento della fallibilità umana» [[12]] e dettata dall’esigenza di delimitare le pretese risarcitorie azionabili dai proprietari dell’impresa (e, segnatamente, dagli investitori a titolo di capitale di rischio) nei confronti di chi la gestisce. Può invece essere utile circoscrivere e riepilogare i termini del problema e sintetizzare lo stato dell’arte a seguito delle prime pronunce giurisprudenziali, per poi cercare di capire se, alla luce del nuovo quadro normativo, occorrerà prepararsi a un revirement. Come noto, il problema scaturisce dalla particolarità del dovere in tema di assetti, rientrante nella categoria intermedia dei doveri specifici a contenuto (prima del d.lgs. n. 83/2022) indeterminato, nel senso che è imposto perentoriamente da una Grundnorm (il capoverso dell’art. 2086 c.c. richiamato, come un mantra, dagli artt. 2257, 2380-bis, 2409-novies e 2475 c.c.), ma mediante l’utilizzo di una clausola generale ed elastica (quella dell’«adeguatezza» declinata anche finalisticamente) riferita a un termine («assetti») che, almeno per il giurista, è difficile riempire di contenuto [[13]]. Nulla quaestio sull’impossibilità di eccepire il limite del sindacato giurisdizionale in caso di mancata adozione (rectius, mancata formalizzazione), per scelta o negligenza, degli assetti organizzativi (o di mancata tenuta delle scritture contabili assolutamente obbligatorie individuate dal codice) [[14]] giacché in tale evenienza la responsabilità può considerarsi in re ipsa per violazione del capoverso dell’art. 2086 c.c. (e dell’art. 2214 c.c.). Più dibattuta è l’ipotesi in cui gli assetti siano stati predisposti, ma risultino inadeguati (o le scritture contabili tenute in numero inferiore) rispetto a quanto richiesto dalle caratteristiche qualitative (natura) e quantitative (dimensioni) dell’impresa e dal criterio finalistico ricavabile dal comma aggiunto all’art. 2086 c.c. (preservare la continuità [continua ..]
La miniriforma operata nel 2021 – che, come si è già anticipato, è poi confluita nel Titolo II del d.lgs. n. 14/2019 – reca tre importanti novità che potrebbero arricchire (ma forse anche contribuire a ridimensionare e risolvere) il dibattito in esame. Per la precisione: i) l’art. 3 d.l. n. 118/2021 (ora art. 13 c.c.i.i.) ha istituito una piattaforma telematica nazionale, accessibile agli imprenditori iscritti nel r.i.[[31]] attraverso il sito internet istituzionale di ciascuna CCIAA, sulla quale sono disponibili un test pratico per la verifica della ragionevole perseguibilità del risanamento; una lista di controllo particolareggiata, adeguata anche alle esigenze delle PMI, che contiene indicazioni operative per la redazione di un piano di turnaround e un protocollo di conduzione della composizione negoziata della crisi (d’ora in poi, per brevità, c.n.c.); ii) in adempimento della delega contenuta nella norma sopra citata, il decreto dirigenziale del 28 settembre 2021 ha riempito di contenuto l’evanescente (almeno per i giuristi) dovere di istituire assetti Or.Am.Co.[[32]] (ma anche patrimoniali, finanziari e tecnici[[33]]) recependo le best practice elaborate dalle scienze aziendali, dalle associazioni di categoria e dai codici di autodisciplina; iii) infine l’art. 21 c.c.i.i. ha recepito il concetto di «sostenibilità economico-finanziaria dell’attività» [[34]], parametro cui deve attenersi l’imprenditore nella gestione dell’azienda in pendenza delle trattative per la c.n.c. (che, non essendo una procedura concorsuale, non comporta alcun spossessamento). Last but not least, con la legge n. 233/2021, di conversione del d.l. n. 152/2021, il legislatore, attraverso gli artt. dal 30-ter al 30-quinquies (confluiti negli artt. 14, 15 e 25-undecies c.c.i.i.), ha implementato la piattaforma telematica nazionale (sub i): collegandola alla centrale rischi della Banca d’Italia e alle banche dati dell’Agenzia delle Entrate, Inps e Agente della riscossione; consentendo ai creditori d’inserire informazioni sulla propria posizione creditoria e di accedere (previo consenso prestato ai sensi della normativa sulla privacy) a quelle ivi caricate; rendendo disponibile un applicativo gratuito che consentirà all’imprenditore di elaborare automaticamente un piano di rateizzazione che verrà comunicato ai [continua ..]
Senza pretesa di dare risposte esaustive e di entrare nei tecnicismi del test (che esulano dalla competenza di chi scrive), ma al più limitato scopo di gettare le basi per successivi approfondimenti, si cercherà d’ipotizzare alcune soluzioni. 1) La risposta al primo interrogativo, circa l’obbligatorietà della previa sottoposizione al test, dovrebbe essere negativa [[36]]. Sicuramente, l’istanza di nomina dell’esperto indipendente, motore della c.n.c., deve essere presentata tramite la piattaforma telematica (lo precisa l’art. 17, 1° comma, c.c.i.i.), ma, salvo errori d’interpretazione, nessuna norma obbliga l’imprenditore a sottoporsi preliminarmente a questo screening. Un’indiretta conferma di tale assunto pare desumibile da una lettura sistematica. In base all’art. 17, 5° comma, c.c.i.i., «l’esperto, accettato l’incarico, convoca senza indugio l’imprenditore per valutare l’esistenza di una concreta prospettiva di risanamento, anche alla luce delle informazioni assunte dall’organo di controllo e dal revisore legale, ove in carica». Nulla si dice sul risultato del test, che dovrebbe essere decisivo (sebbene non vincolante) per valutare la sussistenza del presupposto oggettivo della risanabilità dell’impresa e quindi la possibilità di un esito positivo della cura “negoziata” [[37]]. Dal successivo art. 19, 2° comma, lett. e), c.c.i.i. si evince che l’imprenditore, unitamente al ricorso per la conferma/modifica delle misure protettive e l’adozione di provvedimenti cautelari necessari per condurre a termine le trattative, deve depositare, tra gli altri documenti, «una dichiarazione avente valore di autocertificazione attestante, sulla base di criteri di ragionevolezza e proporzionalità, che l’impresa può essere risanata». Ancora una volta l’esito del test neppure viene menzionato. A fugare ogni ombra di dubbio è la Sezione III, § 2.2, del decreto dirigenziale laddove precisa che l’esperto, «qualora l’imprenditore abbia allegato alla domanda il test online», lo esamina, correggendolo ove ne ravvisi l’esigenza; in caso contrario, «provvede alla sua compilazione insieme all’imprenditore». La conclusione circa la facoltatività della previa sottoposizione al test di [continua ..]
Dopo tante domande e sintetiche considerazioni è giunto il momento di tirare le fila del discorso. Probabilmente le misure urgenti varate con il d.l. n. 118/2021 e poi confluite nel c.c.i.i. non saranno sufficienti a far cambiare, ai tanti Autori che hanno approfondito il tema, l’opinione maturata in precedenza [[76]], ma rafforzano l’impressione [[77]] che la regola in esame abbia creato «più problemi di quelli che dovrebbe risolvere» [[78]]. Come posto in luce da un attento studioso [[79]], il lungo, dotto e complesso argomentare sull’applicabilità della BJR agli assetti organizzativi e i relativi distinguo (che si è sopra cercato di sintetizzare) potrebbe essere ridimensionato dalla duplice constatazione che la responsabilità dei gestori e dei controllori emerge, quasi sempre, in sede concorsuale e che il curatore, in sede di esercizio delle azioni di responsabilità, finirà per far leva sulla violazione degli obblighi conservativi ex art. 2486 c.c., con conseguente applicabilità del comma aggiunto a tale norma. Non sempre all’analiticità corrisponde la chiarezza e forse la dottrina (e chi scrive) si è dimenticata della regola del rasoio di Occam. Su un punto, infatti, dovrebbe esservi condivisione: la condotta omissiva consistente nel non sottoporsi al test pratico per la verifica della ragionevole perseguibilità del risanamento e nel non rispondere al questionario contenuto nella lista di controllo – a prescindere dalla sua qualificazione (come scelta organizzativa o gestoria) – pare irrazionale o comunque connotata da manifesta/grave imprudenza e, come tale, non protetta dalla regola dell’insindacabilità nel merito, che rievoca l’immagine mitologica di Delo per Latona. E la conclusione dovrebbe valere per l’organo sia amministrativo che di controllo. La sensazione è che il nuovo “porto sicuro” per i membri degli organi sociali (ma anche le banche chiamate a erogare credito e, alla luce del recente arresto delle Sezioni Unite [[80]], i professionisti della crisi) sarà rappresentato (più che dalla BJR) dalla neo-istituita piattaforma telematica nazionale [[81]] e dalla lista di controllo, che potrebbero metaforicamente diventare il “cavallo di troia” per oltrepassare le mura del dogma dell’insindacabilità degli atti [continua ..]