Rivista di Diritto SocietarioISSN 1972-9243 / EISSN 2421-7166
G. Giappichelli Editore

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Azioni a voto plurimo e “fondatori visionari” (di Michele Corgatelli)


Il 3 dicembre 2021 è entrata in vigore nel Regno Unito la modifica delle Listing Rules applicabili alle società quotate: possono ora accedere al prestigioso segmento Premium del Main Market della borsa londinese anche le società con azioni a voto plurimo. La riforma si inserisce nel contesto della concorrenza globale tra sistemi borsistici volta ad attrarre le società guidate da c.d. “fondatori visionari”, operanti prevalentemente nel settore delle nuove tecnologie, che ha portato all'ammissione delle società con azioni a voto plurimo sulle borse di Hong Kong, Singapore, Shanghai, India, Shenzhen e Indonesia, e al­l'’istituzione del Long-Term Stock Exchange statunitense e della borsa di Pechino. Contestualizzata la riforma britannica, l’articolo si concentra sulla rilevanza di tale competizione transnazionale per l’ordinamento italiano, tratteggiandone le implicazioni. In particolare, si distingue il profilo giuridico del fenomeno dell'exchange shopping da parte dei “fondatori visionari” delle società tecnologiche da quello della migrazione delle società quotate italiane verso i Paesi Bassi. Infine, l'articolo analizza la tensione tra gli interessi contrastanti di fondatori e investitori istituzionali, sottesa alla configurazione dell'ammissione delle dual class share structures alle borse valori come deroga al principio “un'azione, un voto” non assoluta, bensì delimitata tramite diversi presìdi.

Multiple Voting Shares and “Visionary Founders”

On December 3, 2021, the reform of the UK Listing Rules came into effect: companies with multiple voting shares are now admitted to the prestigious Premium tier of the Main Market of the London Stock Exchange. The reform fits into the context of global competition among stock exchanges aimed at attracting companies led by “visionary founders” – that operate mainly in the new technologies sector – which led to the admission of companies with multiple voting shares on the stock exchanges of Hong Kong, Singapore, Shanghai, India, Shenzhen, and Indonesia, and to the establishment of the US Long-Term Stock Exchange and of the Beijing Stock Exchange. After having contextualized the reform of the UK Listing Rules, the article focuses on the relevance of this transnational competition for the Italian legal system, outlining its legal implications. It explores, from a regulatory perspective, the differences between the phenomenon of “exchange shopping” by the “visionary founders” of start-ups and that of the migration of Italian listed companies to the Netherlands. Lastly, the article analyses the tension between the conflicting interests of founders and institutional investors that underlies the configuration of the admission of dual class share structures on the stock exchange as a well-regulated and limited exception to the “one share, one vote” principle.

SOMMARIO:

1. La modifica delle Listing Rules nel Regno Unito - 2. (Segue): la contestualizzazione della riforma nel panorama internazionale - 3. La concorrenza tra borse per attrarre la quotazione delle tech companies - 4. Diritti societari nazionali e Listing Rules per le società quotate come due piani di concorrenza distinti - 5. La migrazione delle sedi legali delle società italiane - 6. (Segue): ulteriori considerazioni circa la rilevanza del fenomeno per il diritto societario italiano - 7. La proposta di direttiva sulle azioni a voto plurimo - 8. “Fondatori visionari” ed investitori istituzionali come portatori di preferenze divergenti - 9. Conclusioni - NOTE


1. La modifica delle Listing Rules nel Regno Unito

Nel dicembre 2021 l’Autorità Finanziaria del Regno Unito ha modificato le Listing Rules applicabili agli emittenti quotati sulla borsa londinese al fine di ammettere al prestigioso segmento Premium del Main Market anche le azioni delle società con azioni a voto plurimo [[1]]. Collocate all’interno di un pacchetto più ampio di riforme [[2]] volte a rilanciare Londra come centro finanziario globale [[3]], le nuove regole introducono una deroga all’applicazione del principio “un’azione, un voto” delimitata tramite diversi presìdi. Infatti, l’Autorità ha permesso la quotazione sul segmento Premium delle azioni di società che presentano dual class shares structures (d’ora innanzi, DCSS) condizionatamente al rispetto di stringenti condizioni, ossia purché: (i) non venga travalicato il rapporto di voto di venti ad uno come differenziale massimo tra le categorie di azioni fissato dalla Rule 9.2.22C para. 2; (ii) il detentore delle azioni a voto plurimo sia anche un amministratore della società, o nel caso di decesso di quest’ultimo, sia un «beneficiary of the director’s estate» (Rule 9.2.22C para. 3); (iii) una sunset clause ne stabilisca il tramonto per conversione in azioni ordinarie entro un periodo massimo di cinque anni dalla quotazione (Rule 9.2.22A para. 3 e 4) [[4]]; ed infine, (iv) il voto plurimo venga attribuito limitatamente al voto in assemblea vertente sulla rimozione del detentore delle stesse dalla carica di amministratore ovvero su qualsiasi materia solamente in seguito ad un cambio del controllo dell’emittente (per come definito dalla Rule 9.2.22D), in chiave di contrasto alle (e di deterrenza delle) offerte pubbliche di acquisto [[5]]. La modifica delle Listing Rules è volta a favorire la quotazione delle società guidate dai c.d. “fondatori visionari” [[6]] per lo più operanti nel settore delle nuove tecnologie [[7]], ed evitarne la migrazione verso sistemi borsistici più accomodanti in materia di società con azioni a voto plurimo. La riforma si inserisce pertanto in un preciso contesto di concorrenza tra borse valori, e di conseguenza tra legislatori (e regolatori) che le regolano, data l’interdipendenza delle scelte di questi in materia. La temporaneità e la personalizzazione sono i due princìpi che sembrano [continua ..]


2. (Segue): la contestualizzazione della riforma nel panorama internazionale

La seppur vincolata introduzione di DCSS sul segmento Premium del London Stock Exchange fa seguito all’ammissione delle società con azioni a voto plurimo sulle borse di Hong Kong e Singapore nel 2018 [[9]] e di Shanghai nel 2019 [[10]]. Si tratta di riforme pure accumunate dal dichiarato obiettivo di attrarre la quotazione di tech companies [[11]] e presidiate da un differenziale di voto massimo tra categorie di azioni (in tutti e tre i casi, di dieci ad uno) [[12]], da una sunset clause attivata da particolari eventi (ma non dal decorrere di una durata massima) [[13]], e dal­l’imposizione di vari standard di corporate governance interni all’emitten­te [[14]]. Non solo: il 29 luglio 2019 la Securities and Exchange Board dell’India ha ammesso le DCSS sulle borse indiane [[15]], richiedendo la previsione di una sunset clause di cinque anni. L’assemblea può però deliberare, con votazione a cui non partecipano i detentori di azioni a voto plurimo [[16]], una proroga del termine di altri cinque anni, ex Regulation 41A(4). Inoltre, ai sensi della Regulation 41A(5), le azioni a voto plurimo attribuiscono un voto soltanto al verificarsi di eventi quali il decesso o le dimissioni del detentore, la fusione o l’acquisizione della società. Si noti una differenza significativa riguardo alla configurazione dei presìdi: nel caso delle borse di Hong Kong, Singapore, Shanghai, e India, il regolatore ha indicato i casi in cui il voto dell’azione a voto plurimo viene computato come singolo [[17]] (negli altri casi, è plurimo) mentre nel Regno Unito il regolatore ha indicato i casi specifici (due, v. §1) in cui il voto plurimo si computa (negli altri casi, è singolo). La borsa di Shenzhen invece, con la sussidiaria ChiNext ispirata al modello del NASDAQ statunitense, dal 2009 attrae la quotazione di tech companies. La revisione delle Listing Rules applicabili alle società quotate sul ChiNext nel 2020 ha introdotto la Sezione 4 del Capitolo IV, rubricata nella traduzione inglese Differentiated Voting Right Arrengement [[18]]. Solamente le società “quotande”, non già quotate (Rule 4.4.1), possono presentare DCSS con differenziali di voto massimo di dieci ad uno (Rule 4.4.4). Ai sensi della Rule 4.4.8, le azioni a voto plurimo devono convertirsi in azioni ordinarie per decesso, [continua ..]


3. La concorrenza tra borse per attrarre la quotazione delle tech companies

Una prima conclusione evidentemente deducibile dalla disamina poc’anzi svolta è così banalmente riassumibile: la concorrenza tra borse determina la concorrenza tra regole applicabili alle borse. Oltre che nella storica concorrenza tra le borse di Hong Kong e Singapore, e tra quelle di Hong Kong e di Shanghai e Shenzhen – e di Londra con tutti gli altri sistemi borsistici, tra cui l’Euronext Amsterdam – la causa del susseguirsi del rilassamento del principio “un’azione, un voto” è rintracciabile nella concorrenza con le borse statunitensi, e risalendo ancor più nel tempo, a quella tra le borse statunitensi. Il New York Stock Exchange, infatti, tra il maggio 1940 [[27]] e il 1985 mantenne un divieto formale relativo all’uso di DCSS, applicato tuttavia non senza deroghe (tra tutte: Ford Motor Company [[28]]) capitolando poi sotto la concorrenza del NASDAQ e dell’American Stock Exchange (anche per evitare la quotazione di General Motors su altra borsa [[29]]) che di contro non ponevano tale divieto. Questa concorrenza per così dire interna era stata acuita dal movimento volto a respingere offerte pubbliche di acquisto montato in quegli anni, che formulava una forte istanza a favore dell’emissione di azioni a voto plurimo come strumento anti-takeover, cosicché nel contesto statunitense, con i diritti societari dei singoli Stati in concorrenza tra loro, il fallimento dei tavoli di concertazione tra borse istituiti al fine di concordare standard comuni, un mancato intervento a livello federale, e un intervento della Securities and Exchange Commission respinto nel 1990 dalla Corte d’Appello del District of Columbia [[30]] sulla base di un difetto di competenza [[31]], il New York Stock Exchange ammise infine la quotazione delle società con azioni a voto plurimo [[32]]. Tuttavia, il depositato di quella Rule 19c-4 del Securities Exchange Act del 1934 adottata il 7 luglio 1988 e poi rimossa giudizialmente (regola che non imponeva il principio “un’azione, un voto”, bensì era volta solamente alla protezione degli azionisti esistenti contro la diluizione del loro potere di voto) continua in una certa misura ad ispirare gli standard delle borse, che «nel 1994 […] – vuoi per effetto di una minor centralità del tema delle azioni ostili vuoi per l’au­mentata influenza degli [continua ..]


4. Diritti societari nazionali e Listing Rules per le società quotate come due piani di concorrenza distinti

Un’altra considerazione utile alla contestualizzazione della riforma delle Listing Rules britanniche è la seguente: l’abolizione del divieto di accesso delle società con azioni a voto plurimo al sistema borsistico presuppone che il diritto societario nazionale ne permetta ex ante l’introduzione, se si vuole che a quotarsi siano poi anche le società per azioni costituite nell’ordinamento nazionale. Esemplificativo in questo senso è il caso di Singapore, dove il Ministero delle Finanze nell’ottobre 2007 costituì un Steering Committee per aggiornare il Companies Act 1967, e il Committee nel giugno 2011 propose di eliminare la section 64 per permettere alle public companies di emettere azioni senza voto e a voto plurimo. In seguito al Companies (Amendment) Bill (n. 25 del 2014), approvato dal Parlamento nell’ottobre 2014, la section 64A permette oggi un’ampia autonomia statutaria nell’emissione di azioni a voto speciale, limitato, condizionato, e senza voto. Caso singolare è invece quello della Repubblica Popolare Cinese, dove l’ammissione di DCSS sullo Sci-Tech Innovation Board è avvenuta senza una preventiva modifica della legge sul diritto delle società. È stata infatti mantenuta l’equivalenza “un’azione, un voto” disposta dall’art. 103 della Company Law 2013, mentre la riforma è intervenuta sulla base dell’art. 131 della stessa legge, che permette al Consiglio di Stato di regolamentare le società quotate. Quelle che, nella traduzione inglese, sono chiamate le Opinions of the State Council on Promoting the High-Quality Development of Innovation and Entrepreneurship and Creating an Upgraded Version of Entrepreneurship and Innovation Among All the People hanno ammesso le DCSS, ed ha poi fatto seguito una decisione della China Securities Regulatory Commission [[37]]. Più “ordinario” è l’esempio della riforma del diritto societario giapponese. Il sistema dell’unit share system fu introdotto nel 2001, e l’articolo 108 del Companies Act 2005 permette oggi la creazione di DCSS; seguì poi la decisione con cui il Tokyo Stock Exchange ne ammise la quotazione (Cyberdyne nel 2014 fu la prima) ma non l’adozione da parte delle società già quotate. Nel 2014 le norme sono state modificate in senso più restrittivo, [continua ..]


5. La migrazione delle sedi legali delle società italiane

Ci si può ora interrogare su quali siano i riflessi giuridici di questa concorrenza per l’ordina­mento italiano, in cui, come è noto, le azioni a voto multiplo, deroga in maius [[43]] al principio “un’azione, un voto” né vietata né espressamente prevista dal codice del 1882 [[44]], vennero proibite nel 1942 (originariamente al 3° comma dell’art. 2351 c.c. [[45]]) per poi riemergere dall’eclissi solamente diversi anni dopo l’introduzione delle deroghe in minus [[46]], e più precisamente nel 2014 [[47]], affiancando così al «rischio senza potere», il «potere senza rischio» [[48]]. É anzitutto opportuno ricordare come all’iniziale fase liberale che accomuna le esperienze europee seguì poi la divergenza tra ordinamenti che optarono per la proibizione delle azioni a voto plurimo (con l’Italia, anche Francia, Belgio, Svizzera e Germania [[49]]) e ordinamenti che ne radicarono invece la tradizione, come Svezia e Danimarca, sicché in Europa coesiste oggi un gruppo di Paesi che le ammette, e uno che mantiene il divieto [[50]]. L’Italia nel 2014, con la modifica dell’art. 2351, 4° comma, c.c. è transitata dal secondo gruppo al primo soltanto per quanto concerne le società chiuse e aperte non quotate o quotate su un sistema multilaterale di negoziazione quale l’Euronext Growth Milan [[51]] (e comunque con un differenziale massimo tra azioni di tre voti ad uno), mantenendo invece il divieto di emissione di azioni a voto plurimo nelle società quotate su un mercato regolamentato italiano o dell’Unione Europea (art. 127-sexies, 1° comma, t.u.f.). L’art. 127-sexies, 2° comma t.u.f. stabilisce però che «[l]e azioni a voto plurimo emesse anteriormente all’inizio delle negoziazioni in un mercato regolamentato mantengono le loro caratteristiche e diritti», e che la società quotata con azioni a voto plurimo possa, «al fine di mantenere inalterato il rapporto tra le varie categorie di azioni», emetterne di nuove in caso di aumento di capitale, fusione e scissione [[52]]. Le quotate possono invece statutariamente prevedere quelle a voto maggiorato (art. 127-quinquies t.u.f.) [[53]], introdotte sulla scorta del modello francese, scelta seguita poi dal Belgio con la legge [continua ..]


6. (Segue): ulteriori considerazioni circa la rilevanza del fenomeno per il diritto societario italiano

Si è distinto il piano della migrazione per incorporazione verso altri diritti societari nazionali da quello dell’exchange shopping da parte dei fondatori di società “quotande” con azioni a voto plurimo. Sul punto, occorre sottolineare che mentre le società costituite nei paesi anglosassoni possono strutturarsi liberamente con DCSS per poi quotarsi su una borsa estera che le ammette se quella nazionale le vieta, le società “quotande” italiane possono emettere azioni a voto plurimo e poi quotarsi su un sistema multilaterale di negoziazione o su un mercato regolamentato conservando tale struttura (nel secondo caso grazie all’art. 127-sexies, 2° comma, t.u.f. [[59]]) ma pur sempre nei limiti dei tre voti per azione. Pertanto, la disciplina italiana e quella britannica operano a contrario, stante il combinato disposto degli artt. 2351, 4° comma, c.c. e 127-sexies, 1° comma, t.u.f., e del Companies Act del 2006 e delle Listing Rules applicabili al segmento Premium londinese. Quella italiana, che pone il limite dei tre voti alle “quotande” e vieta l’emissione di azioni a voto plurimo alle quotate, si applica alle società di diritto italiano, e non ostacola perciò la quotazione su un mercato regolamentato italiano di società estere con azioni a voto plurimo [[60]]. Quella britannica, invece, vietava l’emissione di azioni a voto plurimo alle società quotate o “quotande” sul segmento Premium ovunque costituite, e ugualmente detta oggi i presìdi già esplorati (v. §1) a tutte le società che richiedono l’ammissione. Due ulteriori profili connotano poi la disciplina italiana del voto plurimo, distinguendola da quella britannica recentemente riformata. Anzitutto, nell’ordina­mento italiano tali azioni sono state concepite nel 2014 come strumento legato ad elementi impersonali ed oggettivi [[61]] in quanto categoria di azioni – a differenza della personalizzazione delineata dal voto maggiorato e del voto scalare [[62]]. Nel Regno Unito, il voto plurimo in una società ammessa al segmento Premium viene conteggiato per cinque anni e soltanto in votazioni specifiche, ed è ancorato alla figura del suo detentore. In secondo luogo, il legislatore italiano ammette un differenziale di voto estremamente limitato rispetto a quello della nuova riforma delle [continua ..]


7. La proposta di direttiva sulle azioni a voto plurimo

Un’armonizzazione volta a superare la disparità tra i regimi nazionali che caratterizza l’Unione Europea è oggi immaginata dalla Commissione in senso opposto a quello della limitazione dell’ammissione di DCSS. Il 7 dicembre 2022 è stata infatti presentata la Proposta di direttiva sulle strutture con azioni a voto plurimo nelle società che chiedono l’ammissione alla negoziazione delle loro azioni in un mercato di crescita per le PMI [[68]]; l’obiettivo dichiarato è quello di «aumentare la flessibilità concessa dal diritto societario ai fondatori/azionisti di controllo delle società nella scelta delle modalità di distribuzione dei diritti di voto dopo l’ammissione alla negoziazione di azioni». Scrive la Commissione che, tra i rispondenti alla consultazione pubblica più critici delle azioni a voto plurimo, alcuni hanno osservato che tali azioni sono vantaggiose in determinate situazioni, ad esempio per le società guidate dai fondatori, a forte crescita ed innovative. La Commissione ritiene che a dissuadere i fondatori e le famiglie dalla decisione di quotarsi in borsa sia «il timore di perdere il controllo sulla loro società», cosicché «[è] più probabile che le società, in particolare le PMI, si quotino nei mercati pubblici se gli azionisti di controllo possono mantenere il potere decisionale nella società dopo la quotazione. Ciò consente loro di continuare a configurare l’impresa in base alla loro visione strategica, beneficiando nel contempo dei vantaggi connessi al fatto di essere una società quotata in borsa e raccogliendo fondi sufficienti a giustificare la decisione di partecipare al processo di quotazione». Pertanto, ai sensi dell’art. 4, para. 1 della Proposta, «Gli Stati membri assicurano che le società che non hanno azioni ammesse alla negoziazione in una sede di negoziazione abbiano il diritto di adottare strutture con azioni a voto plurimo per l’ammissione alla negoziazione di azioni in un mercato di crescita per le PMI in uno o più Stati membri. Gli Stati membri non impediscono l’ammissione alla negoziazione di azioni di una società in un mercato di crescita per le PMI per il fatto che la società ha adottato una struttura con azioni a voto plurimo». Pur menzionando il tema della [continua ..]


8. “Fondatori visionari” ed investitori istituzionali come portatori di preferenze divergenti

Non è qui possibile, per ovvi motivi, riprendere il tema esaustivamente esplorato altrove dei vantaggi e dei pericoli connessi alle DCSS [[70]]. Un approfondimento a parte merita invece la tensione tra interessi contrastanti [[71]] che sottende all’introduzione di DCSS configurate come deroghe limitate al principio “un’a­zione, un voto”, volte a realizzare l’obiettivo di attrarre la quotazione di società guidate da “fondatori visionari” al minimo costo possibile in termini di perdita di standard di buona governance. Ai “fondatori visionari” compete infatti la decisione di scegliere la borsa valori sulla quale quotare la società, e pertanto le borse in competizione tendono ad accomodarne gli interessi delineando una regolamentazione che non li respinga, nello stesso modo in cui i diritti societari dei singoli Stati negli Stati Uniti tendono ad accomodare gli interessi di coloro ai quali spetta la “scelta” dello Stato in cui costituire la società [[72]] (non a caso la section 151 del Delaware General Corporation Law ammette la creazione di DCSS, e la section 212 pone “un’azione, un voto” solo come regola di default). È su questo piano che meglio si comprende la ratio dei presìdi previsti nella riforma delle Listing Rules britanniche. Quest’ultima non sembra configurata come riforma volta a migliorare le regole del diritto societario tramite un rafforzamento degli standard di buona governance: le azioni a voto plurimo, più che strumento di governo long-term (si pensi infatti al termine posto dalla sunset clause) sembrano considerate uno strumento per sottrarre la società alle influenze del mercato soltanto al fine di schermare il detentore e di conseguenza di incentivarlo a quotare la società. In altre parole, la riforma vuole attrarre la quotazione senza però determinare eccessive criticità per il funzionamento di una buona governance. L’interesse che rileva è quello dei fondatori, mitigato da quello degli investitori istituzionali, che tali strumenti invece osteggiano [[73]], e l’esito, da un punto di vista della politica regolatoria e dell’influenza delle varie constituencies, è osservabile nei presìdi, che tali interessi mediano. Un’ammissione incondizionata di DCSS avrebbe rappresentato una piena soddisfazione [continua ..]


9. Conclusioni

Dal continuo riferimento al “mantenimento” [[80]] (nonostante la riforma) degli elevati standard di democrazia degli azionisti e protezione degli stessi garantiti sul più regolamentato segmento della borsa londinese, traspare l’impressione che le modifiche siano percepite dalla Financial Conduct Authority, in definitiva, come un male necessario. Evidentemente, i vantaggi derivanti dall’applicazione senza deroghe del principio “un’azione, un voto” – soluzione ottimale per le istanze degli investitori istituzionali [[81]] – non appaiono per l’Autorità sufficientemente bilanciati dal costo rappresentato della perdita delle offerte pubbliche iniziali [[82]]. L’azione a voto plurimo, comunque, non è intesa come un optimum (se non per i fondatori), ma la sua ammissione è, per l’Autorità, mezzo per realizzare uno scopo, quello di rinvigorire il numero di quotazioni sulla borsa. Lo standard di governance superiore di un sistema come quello britannico rimane quello “un’azione, un voto”, a cui infatti deve far ritorno la società dopo un periodo massimo di cinque anni, se vuole rimanere quotata sul segmento Premium, che quegli standard modellati sulle preferenze degli investitori istituzionali al meglio rappresenta. Significativa in questo senso è l’introduzione del Chapter 8A delle Listing Rules di Hong Kong: «Although the Exchange believes that the “one-share, one vote” principle continues to be the optimum method of empowering shareholders and aligning their interests in a company, the Exchange will consider listing applications of companies seeking to deviate from this principle, under the conditions and safeguards set out in this Chapter. Applicants are expected to demonstrate the necessary characteristics of innovation and growth and demonstrate the contribution of their proposed beneficiaries» [[83]]. In conclusione, si noti come il voto plurimo acquisisca oggi un connotato diverso da quello che, nella storia, l’istituto ha avuto: esso è, nella concorrenza in esame, strumento “personalistico” [[84]] legato alla figura di uno o più fondatori [[85]] che, così si sostiene, in virtù delle loro capacità, e loro soltanto, possono realizzare un disegno visionario di lungo periodo se non soggetti alle pressioni del [continua ..]


NOTE