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Note minime sull'efficacia della stima peritale nel procedimento di contestazione ex art. 2437-ter, 6° comma, c.c.

Francesco Marotta

Il presente contributo si propone di verificare se, nell’ambito del procedimento di contestazione del valore di liquidazione delle azioni recedute, disciplinato dall'art. 2437-ter, co. 6 c.c., la stima rassegnata dal perito nominato dal Tribunale sia efficace nei confronti dei soci recedenti che non abbiano contestato le determinazioni degli amministratori in sede di recesso. Ad un simile interrogativo ha dato risposta negativa una recente pronuncia del Tribunale di Venezia, condividendo quella tesi, definita del “doppio binario”, che ritiene possibile procedere alla liquidazione delle partecipazioni sulla scorta di valori differenti della singola azione. Una simile soluzione, tuttavia, non appare del tutto convincente, in quanto ricavata sulla base di un’interpretazione del dettato normativo che prescinde da una preventiva indagine circa la sua compatibilità con i principi generali del diritto societario e con la ratio del recesso per cause inderogabili.

Some considerations on the protection of the shareholder who has exercised the withdrawal right without challenging the share’s liquidation value pursuant to article 2437-ter (6) of the Civil Code

The purpose of this work is to verify whether, within the proceeding to contest the value of the withdrawn shares, governed by Article 2437-ter of the Italian Civil Code, the estimate reported by the court-appointed expert applies to the withdrawing shareholders who have not challenged the directors' determinations. To such a question, a recent ruling of the Court of Venice gave a negative answer, sharing that thesis, defined as the “double track” which considers it possible to proceed with the liquidation of shareholdings on the basis of different share’s values. Such a solution, however, proves to be inconsistent with the general principles of corporate law and with the rationale of company withdrawal.

MASSIMA: Prevedendo il legislatore l’onere per il socio recedente di contestare il valore stimato dalla società contestualmente all’atto di recesso da formalizzare entro il termine già indicato e potendo il recesso essere esercitato da più soci, non vi è alcuna norma che legittimi la tesi secondo cui sarebbe bastevole anche la dichiarazione di contestazione operata da uno solo di essi affinché anche ai soci recedenti e non contestanti si estenda la diversa stima operata a seguito della contestazione. Il socio recedente che non esprima la sua contestazione a norma dell’art. 2347 ter comma 6 cc accetta di determinare il contenuto e la quantificazione della prestazione a cui è tenuta la società debitrice secondo la proposta dalla medesima fatta, ovvero secondo la stima preventivamente comunicata, mentre nel caso in cui il socio recedente abbia contestato con il recesso detta offerta, la determinazione dell’oggetto della prestazione sarà rimessa al terzo arbitratore che regolerà con effetti negoziali vincolati, non contestabili se non nei limiti di legge, la quantificazione del credito. PROVVEDIMENTO: FATTO E DIRITTO Con atto di citazione di data 7.7.2020, regolarmente notificato, il comune di Roncade ha allegato di essere socio di Asco Holding spa, corrente in Pieve di Soligo ed il cui capitale sarebbe sottoscritto in gran parte da enti pubblici territoriali. L’ente attore ha [continua ..]

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COMMENTO

Sommario:

1. Il caso - 2. Sulla natura “negoziale” della fattispecie: irrilevanza ai fini della decisione - 3. Brevi cenni alla parità di trattamento tra soci - 4. Sulla compatibilità del “doppio binario” con la funzione del recesso (per cause inderogabili) - 5. Ipotesi alternative di tutela del recedente: accettazione con riserva e risoluzione per inadempimento - NOTE


1. Il caso

Nel novembre 2019 un Comune del trevigiano, detentore di una partecipazione di minoranza in una s.p.a., innanzi all’approvazione da parte dell’assemblea di una serie di modifiche statutarie proposte dagli amministratori – tra le quali vi erano il mutamento dell’oggetto sociale e la proroga della durata della società – esercitava il diritto di recesso dalla società ai sensi dell’art. 2437, co. 1 c.c. Contestualmente, il Comune richiedeva alla società di provvedere alla liquidazione delle proprie partecipazioni secondo il valore stabilito dagli amministratori nella relazione di stima ex art. 2437-ter, co. 5 c.c., a patto che il rimborso venisse effettuato entro e non oltre sessanta giorni. Successivamente, il Comune si vedeva costretto a ricorrere in sede monitoria nei confronti della società, la quale veniva intimata a liquidare gli importi dovuti in forza del recesso, effettivamente corrisposti al Comune solo un mese dopo la scadenza pattuita, nello stesso giorno in cui l’esperto, nominato dal Tribunale ai sensi del sesto comma dell’art. 2437-ter c.c. su istanza di altri soci recedenti, rassegnava le proprie conclusioni in merito valore di liquidazione delle azioni, stimato essere superiore a quello determinato inizialmente dagli amministratori. Il Comune adiva pertanto l’autorità giurisdizionale, chiedendo al Tribunale di accertare il diritto a vedersi riconosciuto il maggior valore [continua ..]

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2. Sulla natura “negoziale” della fattispecie: irrilevanza ai fini della decisione

Conviene sin da subito osservare che la pronuncia tocca per la prima volta una questione che, seppur marginalmente affrontata da una parte della dottrina, non è mai stata oggetto di indagine da parte della giurisprudenza. Non esistono, a quanto consta, precedenti giurisprudenziali che possano lumeggiare la strada interpretativa da seguire per riempire di contenuti i silenzi del dettato normativo, dovendosi pertanto l’interprete destreggiare nell’utilizzo dei principi generali che innervano il diritto societario nonché nella ricostruzione dei profili funzionali dell’istituto del recesso. In tal prospettiva, si avverte dalla lettura della sentenza in epigrafe un certo senso di disorientamento del Tribunale veneziano, il quale finisce per accogliere le prospettazioni della società senza però approfondire – o facendolo in maniera disordinata e lacunosa – taluni punti controversi che involgono delle valutazioni meritevoli invece di un ragionamento più profondo ed attento. In primo luogo, il Tribunale lagunare sembra porre alla base del diniego di tutela in favore del recedente l’argomento che fa leva sulla negozialità della vicenda che ha ad oggetto la determinazione nel quantum del diritto al rimborso. Rifacendosi ad un precedente giurisprudenziale conforme [[1]], i giudici osservano che la comunicazione preventiva del valore di liquidazione stimato dagli amministratori ai sensi del quinto comma [continua ..]

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3. Brevi cenni alla parità di trattamento tra soci

Per sfuggire ad un’obiezione di indeterminatezza l’argomento sistematico deve necessariamente permettere di identificare il sistema di riferimento assunto dall’in­terprete, posto che di interpretazione sistematica si può disquisire tanto nel caso in cui si tenti di scegliere il significato della norma nell’ottica di preservare la coerenza dell’intero ordinamento o di un suo settore specifico, sia nel caso in cui si valorizzi la disciplina di un istituto quale portatrice di una sua determinata ratio [[10]]. Sul primo fronte, l’attenzione deve essere riposta sulla aderenza della soluzione esegetica ai principi generali che caratterizzano il diritto societario. Sotto questo specifico profilo, il Comune recedente lamenta che la teoria del “doppio binario” porterebbe a dei risultati applicativi che finirebbero per determinare un vulnus al principio della parità di trattamento tra gli azionisti, che discenderebbe a sua volta da quello di uguaglianza scolpito all’art. 3 della Costituzione [[11]]. Il richiamo alla parità di trattamento, tuttavia, non appare del tutto persuasivo. Non solo perché, come sottolineato in dottrina [[12]], la possibilità di attribuire alle azioni un prezzo differente anche in momenti temporali ravvicinati confermerebbe la relatività della regola paritaria, specie se si considera che nel caso in commento la valutazione dell’esperto non era nemmeno [continua ..]

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4. Sulla compatibilità del “doppio binario” con la funzione del recesso (per cause inderogabili)

Se si volge lo sguardo alla funzione del recesso per cause inderogabili, la soluzione diviene sicuramente più nitida agli occhi dell’interprete e l’esistenza di un divieto di trattamento discriminatorio in sede di liquidazione può essere razionalmente dedotta dal sistema, inteso in tal caso quale insieme di norme – quelle sul recesso e sulla liquidazione – sorrette da una propria ratio. Non è questa la sede per illustrare i diversi percorsi seguiti dalla dottrina dopo la riforma per ricostruire i profili funzionali dell’istituto, i quali hanno del resto portato ad esiti anche piuttosto differenti. Ci si limiterà, tuttavia, ad evidenziare che uno dei pochi aspetti sui quali si è registrata una certa concordia di opinioni concerne proprio le finalità cui il recesso è preordinato laddove ricorra una delle ipotesi previste al primo comma dell’art. 2437 c.c., insuscettibili di essere soppresse o modificate in senso restrittivo per mezzo di apposite previsioni statutarie. In tali casi, il diritto di recesso assume prioritariamente la veste di strumento reattivo del socio nei confronti di decisioni della maggioranza idonee a modificare in maniera significativa le condizioni di rischio dell’investimento così come ad alterare radicalmente la struttura societaria o l’attività caratteristica esercitata [[25]]. Si tratta, in estrema sintesi, di un contrappeso che il [continua ..]

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5. Ipotesi alternative di tutela del recedente: accettazione con riserva e risoluzione per inadempimento

Laddove non si trovassero convincenti gli argomenti sin qui proposti e si aderisse pertanto all’opposto indirizzo ermeneutico che ritiene sufficiente l’intervenuta accettazione del recedente ai fini del consolidamento del valore di liquidazione proposto dagli amministratori, va segnalato che le possibilità di tutela del socio non paiono esaurirsi nella mera contestazione del valore di liquidazione. Specialmente quando a recedere sia un ente pubblico diviene infatti notevolmente difficile decidere nel breve termine indicato all’art. 2437-ter c.c. se esercitare o meno il rimedio in questione, poiché l’ente avrà a disposizione poco tempo per valutare, anche nell’ottica di una possibile responsabilità contabile, se mettere in discussione le stime operate dalla società e, per essa, dagli amministratori. Scartata questa ipotesi, conviene pertanto verificare se il socio possa percorrere delle strade alternative, da ricercarsi nell’ambito dei rimedi contrattuali, visto che, come più volte sottolineato dal Tribunale, pur sempre di un “accordo” si parla. Lo stesso Comune, del resto, nelle plurime intimazioni di pagamento destinate alla società, dichiara di riservarsi, in ogni caso, di agire in sede ordinaria per il recupero della eventuale maggior somma dovuta dalla società nel caso in cui la determinazione del perito avesse fatto emergere un valore dell’unità [continua ..]

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NOTE

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