La Corte di Cassazione interviene di nuovo sul tema della tutela dell’acquirente di partecipazioni sociali (quale oggetto immediato del contratto di vendita), non beneficiario di alcuna espressa garanzia convenzionale del venditore sul patrimonio sociale della società target (quale oggetto mediato del contratto di vendita), in caso di inattesi vizi dell’oggetto mediato. La sentenza qui annotata, apparentemente controversa e discutibile, nega la legittimità del rifiuto del promissario-acquirente di stipulare il definitivo di vendita di una quota di S.r.l., priva delle necessarie autorizzazioni amministrative per l’esercizio dell’impresa sociale.
The Italian Supreme Court again rules on the issue of the protection of the purchaser of an equity stake in a company (as the direct subject of the share purchase agreement), who is not the recipient/beneficiary of any seller’s business warranty on the assets of the target company (as the indirect subject of the share purchase agreement), in case of unexpected defects of such indirect subject. The judgment at stake, apparently controversial and questionable, denies the lawfulness of the refusal of the promissory buyer to execute and enter into the definitive share purchase agreement of an equity stake of an Italian S.r.l., lacking the administrative authorization needed to carry on company’s business.
1. Premessa - 2. Il caso e la decisione della S.C. in commento - 3. Il difficile inquadramento sistematico della vendita di partecipazioni sociali, con particolare riferimento all’oggetto: tra codice civile, prassi “aliene” ed oscillazioni giurisprudenziali - 4. La disciplina, convenzionale e legale, di tutela del compratore - 5. Analisi critica della decisione della S.C. in commento - 6. Considerazioni finali - NOTE
Il presente intervento trae spunto da una recente decisione della S.C., dalla quale l’interprete trae, purtroppo, conferma – in assenza di un intervento del legislatore sulla normativa di riferimento (o delle sezioni unite in funzione nomofilattica) – della tuttora inadeguata e incompleta sistematizzazione nel diritto vivente, nonostante i notevoli sforzi profusi nel tempo dagli operatori del diritto, del tema della tutela dell’acquirente di partecipazioni sociali (soprattutto di controllo, anche non totalitario), nel caso in cui, dopo l’acquisto, egli realizzi che la situazione economico, patrimoniale, finanziaria o reddituale della “società target” [[1]] sia peggiore di quella attesa [[2]]. Nel corso del tempo, in ossequio alla “moderna lex mercatoria” [[3]], le tecniche contrattuali relative alla circolazione di partecipazioni di società di capitali si sono evolute e rese sempre più articolate, anche a seguito dell’importazione da ordinamenti giuridici diversi dal nostro (in particolare, quello del Regno Unito e degli Stati Uniti) di prassi operative e modelli contrattuali di vendita, secondo lo “schema standard di contratto di acquisizione di partecipazioni sociali proveniente dall’ambiente di common law: il Sale and Purchase Agreement” [[4]] “(o Share Purchase Agreement o Stock Purchase Agreement, in breve SPA)” [[5]]. Le principali caratteristiche del modello “SPA” sono le seguenti: (a) l’articolazione dell’operazione di cessione di partecipazioni sociali come un vero e proprio procedimento di dismissione partecipativa: ossia come una fattispecie complessa a formazione progressiva articolata nelle seguenti fasi principali: (i) fase iniziale delle trattative per la cessione delle partecipazioni sociali, regolata non solo dal principio generale legale di buona fede precontrattuale (art. 1337 c.c.), ma anche da una serie di accordi preliminari tra il potenziale venditore e il potenziale acquirente [[6]], che dettagliano minuziosamente le modalità di svolgimento della fase pre-acquisitiva, volta anche (e soprattutto) al compimento da parte del potenziale acquirente (ovvero del potenziale venditore, più raramente) di approfondite indagini conoscitive sulla società target acquisenda, di natura legale, contabile-finanziaria e fiscale [[7]], ambientale [[8]] e [continua ..]
Il caso portato all’attenzione della S.C. è il seguente. Tizio, quale promissario-compratore, aveva stipulato un contratto preliminare di vendita con la società ALFA in concordato preventivo, quale promittente-venditrice. L’oggetto (immediato) della vendita era la quota di partecipazione nella società target BETA, il cui oggetto sociale era l’esercizio dell’attività di recupero di rifiuti, soggetta, necessariamente, alla titolarità della relativa autorizzazione amministrativa. Nelle more della stipula del definitivo, la società target BETA vedeva, purtroppo, revocata l’autorizzazione amministrativa all’esercizio dell’impresa sociale; conseguentemente, il promissario-compratore Tizio si rifiuta di addivenire alla stipula del contratto definitivo di vendita con ALFA (che non rilascia alcuna garanzia convenzionale del tipo “R&W”). Quest’ultima, tuttavia, agisce in giudizio contro Tizio per l’esecuzione forzata in forma specifica ex art. 2932 c.c. dell’obbligo di stipulare il definitivo di vendita inadempiuto. L’attrice ALFA esce vittoriosa in tutti e tre i gradi giudizio. Nell’ultimo, la S.C., nel confermare il decisum della Corte di Appello, motiva, verbatim, così: “come questa Corte ha già avuto modo di evidenziare, la cessione delle quote di una società di capitali ha come oggetto immediato la partecipazione sociale e solo quale oggetto mediato la quota parte del patrimonio sociale che tale partecipazione rappresenta sicché le carenze o i vizi sopravvenuti possono giustificare il rifiuto del promissario acquirente alla stipula del contratto definitivo solo se (ma, come detto, tale evenienza nel caso di specie è stata esclusa) il promittente cedente abbia fornito, a tale riguardo, specifiche garanzie contrattuali (Cass. n. 2669/2006; Cass. n. 5773/1996). La corte d’appello, quindi, lì dove ha affermato che l’oggetto del contratto preliminare, rappresentato dalle quote di partecipazione al capitale sociale di Eco Recuperi s.r.l., non era venuto meno per il solo fatto che tale società era rimasta non operativa nel 2014-2015 per mancato conseguimento delle necessarie autorizzazioni amministrative, si è, in definitiva, attenuta a tale principio e, come tale, si sottrae alle censure del ricorrente”. In questa laconica motivazione e in [continua ..]
Nella vendita di partecipazioni sociali, quale “fattispecie a cavallo tra il diritto commerciale e il diritto civile” [[22]], essenziale prodromo all’analisi del tema delle tutele del compratore è, da un lato, l’individuazione dell’oggetto della vicenda traslativa partecipativa; dall’altro, l’inquadramento delle partecipazioni sociali nell’ambito della teoria generale dei beni giuridici. A tal proposito, il punto di approdo delle più recenti analisi a livello dottrinale è il seguente. Sotto il primo profilo (i.e., l’oggetto della vendita di partecipazioni sociali), si è realizzata “la larga e condivisibile convergenza attorno all’idea che la vendita di partecipazioni sociali ha per oggetto la posizione contrattuale di socio, capace di comprendere le situazioni giuridiche scaturenti dal contratto sociale” [[23]] e, quindi, determina il subentro del compratore nel rapporto del venditore con la società target. Si tratterebbe, peraltro, di una posizione e un rapporto contrattuale del tutto peculiari, poiché essi sono riconducibili, a propria volta, alla categoria dogmatica dello status di diritto privato. Quest’ultima è, infatti, la “situazione giuridica soggettiva che esprime la posizione di un soggetto nei confronti di altri soggetti nell’ambito di una collettività organizzata [che] [...] è anche fonte di altre situazioni giuridiche soggettive attive e passive, in particolare diritti o obblighi” [[24]]: è proprio ciò che accade nel fenomeno societario con riferimento al rapporto intersoggettivo socio-società ed ai diritti e obblighi corporativi che ne integrano il (complesso) contenuto. Sotto il secondo profilo, (i.e., la tipologia di bene giuridico costituita dalle partecipazioni, in particolare, in società di capitali), si è recentemente osservato che, nel caso di vendita di partecipazioni in s.p.a. (o s.a.p.a.) ed s.r.l., si “concreta una vendita, nella prima ipotesi – secondo la communis opinio – avente ad oggetto le azioni, quali titoli di credito incorporanti la posizione contrattuale di socio, e nella seconda – secondo l’opinione prevalente – un bene immateriale” [[25]]; in entrambi i casi, si tratterebbe, allora, di beni giuridici mobili (art. 812, comma 3, c.c.). Discende da ciò [continua ..]
a. La tutela convenzionale Nel percorso argomentativo di avvicinamento all’analisi critica della sentenza qui commentata, una volta definito l’oggetto della fattispecie contrattuale e la sua natura giuridica, occorre procedere all’esame delle forme di tutela del compratore nella più recente prassi negoziale nella vendita di partecipazioni sociali, da inserire, comunque, nella cornice sistematica del codice civile. Il fulcro centrale dell’approccio delle parti alla disciplina contrattuale dell’operazione di vendita di partecipazioni in società di capitali (anche secondo il modello dello “SPA” di matrice anglo-americana) è costituito dalla configurazione giuridica accolta nel nostro ordinamento dell’oggetto di tale vicenda circolatoria (che presuppone a monte la qualificazione giuridica del bene partecipazione sociale). Nella misura in cui, come abbiam visto, si opina che l’unico oggetto contrattuale nella vicenda traslativa in questione sia la partecipazione sociale nella società target, che, a propria volta, “rappresenta in realtà i diritti del socio nei confronti della società” [[31]] (e non già il suo patrimonio sociale), ne consegue, secondo il prevalente orientamento in giurisprudenza [[32]] e in dottrina [[33]], che: (i) con riferimento al contratto di vendita (o comunque cessione) di partecipazioni sociali, occorre operare la “(ormai pacifica) distinzione” [[34]] tra (a) oggetto immediato: la partecipazione sociale, quale – come detto – bene “rappresentativo dell’intera posizione contrattuale obiettivata” [[35]] e, di conseguenza, “insieme di diritti, poteri e obblighi sia di natura patrimoniale, sia di natura c.d. amministrativa, nei quali si compendia lo status di socio” [[36]] e (b) oggetto mediato (il patrimonio sociale o azienda sociale, quale “esercizio commerciale funzionalmente destinato alla produzione di reddito” [[37]], dell’attribuzione traslativa; (ii) con riferimento alla posizione del compratore di partecipazioni sociali, i rimedi legali estimatori e redibitori (cfr. infra al successivo sottoparagrafo b.) in tema di vizi materiali (art. 1490 c.c.) e mancanza di qualità essenziali o promesse (art. 1497 c.c.) della cosa venduta (fino all’estremo della vendita di aliud pro alio di creazione [continua ..]
Alla luce della (sia pur sinteticamente illustrata) cornice sistematica delle tutele legali attivabili dal compratore, in assenza di specifiche clausole “R&W” di tutela convenzionale, sembrerebbero emergere alcuni profili di censurabilità della decisione assunta dalla S.C. nel caso in questione, in cui non è stata riconosciuta alcuna tutela al compratore di partecipazioni sociali relativa a una società target priva delle autorizzazioni amministrative necessarie a farla operare. Non vi dovrebbe, infatti, esser alcun dubbio che l’impossibilità della società target di esercitare la propria impresa sociale, a seguito della sopravvenuta revoca delle necessarie autorizzazioni amministrative, costituisca un’ipotesi classica di patologia della vicenda traslativa partecipativa riguardante direttamente l’oggetto immediato (e non quello mediato), perché inficia gravemente lo status socii del compratore e menoma gravemente l’esercizio dei suoi diritti sociali corporativi. Occorre semmai solo capire bene se il caso della società target (non già inattiva, bensì) inattivabile, a cause del difetto (sia pur sopravvenuto) di titolarità delle necessarie autorizzazioni amministrative integri un’ipotesi di mancanza di qualità (essenziale) o, piuttosto, di aliud pro alio dell’oggetto immediato della vendita partecipativa sociale. Sul punto, vi sono anche degli specifici precedenti della S.C., del tutto ignorati dalla sentenza qui commentata. In particolare, nel 2004, la S.C. aveva stabilito che il trasferimento di un esercizio commerciale societario privo della necessaria autorizzazione amministrativa è sufficiente ad integrare gli estremi della consegna di aliud pro alio se il suo rilascio non può essere altrimenti conseguito dopo la cessione, dal momento che “il mancato rilascio dell’autorizzazione aveva reso impossibile l’utilizzazione del bene (o del complesso di beni) ceduto per l’esercizio dell’attività, in vista della quale il contratto era stato stipulato: è evidente, infatti, che solo in detta ipotesi i beni consegnati possono essere ritenuti del tutto inidonei ad assolvere ‘la loro funzione naturale o quella assunta come essenziale dalle parti’ e vanno conseguentemente considerati (non solo semplicemente ‘difformi’, ma ‘radicalmente diversi’, [continua ..]
Il tema delle garanzie, legali e convenzionali, sull’oggetto della vendita in generale e sul peculiare oggetto costituito dalle partecipazioni sociali continua ad essere affrontato dalla S.C., anche di recente, con ondivaghe e oscillanti linee di pensiero tra loro non coerenti, a proposito della tutela del compratore in ipotesi di patologie relative alla partecipazione sociale venduta (oggetto immediato) e/o al sottostante patrimonio/azienda della società target (oggetto mediato). Infatti, la S.C., nel 2019 [[87]], è arrivata a beneficiare il compratore di una garanzia “implicita” sull’oggetto mediato, estesa a quello mediato, o per buona fede interpretativa ex art. 1366 c.c. o etero-integrativa ex art. 1375 c.c. dello “SPA”, pur potendo applicare la garanzia legale per aliud pro alio sull’oggetto immediato, trattandosi nel caso concreto di un acquisto di società target in stato di scioglimento per perdita del capitale sociale al momento della firma dello “SPA”; viceversa, nel 2021 [[88]], è arrivata a negare l’attivabilità di un’espressa garanzia convenzionale di bilancio sulla società target, da parte del compratore “deluso” (ammesso alla sola tutela legale ex artt. 1497 e 1495 c.c.), per il sol fatto che lo “SPA” fosse monco: ossia non contenesse anche una clausola di “indemnity”, ritenuta – come si legge nella motivazione – “elemento costitutivo della business warranty”; infine, nel 2022, con la sentenza in commento, ha lasciato privo di tutela e, quindi, “deluso”, ingiustamente, un compratore avente pieno titolo ad una (banale) tutela legale codicistica per aliud pro alio relativamente ad un acquisto partecipativo in una società target del tutto priva di qualsivoglia capacità funzionale, essendole state revocate le autorizzazioni amministrative necessarie all’esercizio dell’impresa sociale. Di contro, sempre nel 2019 [[89]] e nel 2021 [[90]], almeno, ha comunque tratto nuova linfa il filone giurisprudenziale della S.C., che, in linea con le decisioni del 2012 e 2014, sottrae le “R&W” alla mannaia del termine prescrizionale annuale ex artt. 1495-1497 c.c., non dovendo essere considerate come clausole tipiche, fonte di qualità promesse dell’oggetto immediato, bensì atipiche, fonte di [continua ..]