Rivista di Diritto SocietarioISSN 1972-9243 / EISSN 2421-7166
G. Giappichelli Editore

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Sulla giusta causa di revoca della delega gestoria nella s.p.a. (di Maria Laura Micucci)


La nota analizza la sentenza del Tribunale di Milano del 19 maggio 2021, in tema di revoca della delega gestoria. La pronuncia esclude la sindacabilità della delibera di revoca ed afferma la necessità dell’assenza di giusta causa ai fini del diritto al risarcimento del danno in favore dell’amministratore delegato, in applicazione analogica dell’art. 2383, comma 3, c.c. Inoltre, la decisione offre una lettura particolare della nozione di giusta causa nel caso di specie, in quanto la ritiene differente e più ampia rispetto a quella utilizzabile in genere per la revoca degli amministratori.

On the revocation of delegated power of company limited by shares

The note discusses the judgment of the Court of Milan, 19 may 2021, on the subject of revocation of delegated power. The decision excludes the reviewability of the resolution of revocation and affirms the necessary absence of just cause in order to establish the right to damages in favor of the chief executive officer, in analogous application of Article 2383 of the Civil Code. Moreover, the decision offers a particular interpretation of the notion of right cause in this case, which is broader than the one generally applicable to the dismissal of company directors.

MASSIMA(1): La delega gestoria rappresenta un atto di organizzazione interna del consiglio di amministrazione e, pertanto, la delibera di revoca non è sindacabile. MASSIMA(2): Affinché sorga il diritto al risarcimento del danno in favore dell’amministratore delegato cui è stata revocata la delega è necessario che la delibera di revoca sia stata adottata in assenza di giusta causa. MASSIMA(3): La condotta dell’amministratore delegato che si pone in oggettivo contrasto con le linee di indirizzo dell’organo gestorio è da intendersi quale giusta causa di revoca della delega gestoria, essendo venuta meno la fiducia sottesa alle attribuzioni delegate. PROVVEDIMENTO: Omissis Per l’attrice E. A. S.: “Voglia l’Ill.mo Tribunale adito, contrariis reiectis, in via istruttoria, ammettersi prova per testimoni come da memoria ex art. 183 VI comma n. 2 c.p.c., nel merito, a. accertata e dichiarata, per i motivi di cui in narrativa, come fatti valere dalla sopra nominata Consigliera di Amministrazione, l’as­sen­za di giusta causa di revoca delle deleghe gestorie precedentemente conferite alla stessa con deliberazione del Consiglio di Amministrazione di G.T.T. S.p.A. del 26 maggio 2017. 1. annullare e/o comunque dichiarare invalida, nulla e/o priva di effetto, per difformità rispetto alla legge, la deliberazione assunta dal Consiglio di Amministrazione di G.T.T. S.p.A. del 26 settembre 2017, punto n. 1; 2. condannare G.T.T. S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, al pagamento a favore della sopra nominata Consigliera di Amministrazione, a titolo di risarcimento dei danni derivanti dalla revoca senza giusta causa delle deleghe gestorie conferite alla stessa, – della somma di Euro 67.500 (sessanta sette mila e cinquecento), salvo diversa quantificazione in corso di causa, e – della ulteriore somma dovuta ai sensi dell’art. 29 dello statuto di G.T.T. S.p.A., pari ad almeno Euro 22.500, oltre rivalutazione monetaria e interessi al tasso legale sulle somme anno per anno rivalutate dal 26 settembre 2017 al pagamento; 3. condannare G.T.T. S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, al pagamento a favore della sopra nominata Consigliera di Amministrazione, a titolo di risarcimento dei danni arrecati alla reputazione professionale della stessa, della somma che verrà dimostrata in corso di causa, ovvero in una somma equitativamente determinata ai sensi dell’art. 1226 c.c.; 4. ordinare a G.T.T. S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, di rettificare il verbale del Consiglio di Amministrazione del 26 settembre 2017, punto n. 1, nella parte in cui si afferma la ricorrenza dei presupposti di una giusta causa di revoca delle deleghe gestorie precedentemente conferite alla sopra nominata Consigliera di Amministrazione; 5. ordinare la pubblicazione del emanando provvedimento, entro le prime [continua..]
SOMMARIO:

1. Il caso - 2. La normativa di riferimento - 3. I precedenti giurisprudenziali - 4. L’evoluzione della dottrina in materia di revoca dell’amministratore delegato - 5. Segue. Sulla nozione di giusta causa ai fini della revoca della delega gestoria - NOTE


1. Il caso

Il tribunale delle imprese di Milano affronta il problema dell’impugnabilità della delibera adottata dal consiglio di amministrazione di una società per azioni avente ad oggetto la revoca della delega gestoria, nonché dell’esistenza o meno del diritto al risarcimento del danno in assenza di una giusta causa. Nello specifico, il consigliere che si vede revocata la delega gestoria contesta l’assenza della giusta causa nella delibera di revoca, la quale si fonderebbe solo su antipatie personali e non sul suo operato. Di contro, la società lamenta un abuso del potere vicario di firma dal momento che, pur in presenza del parere negativo del presidente, l’amministratore delegato avrebbe ugualmente operato ed effettuato degli acquisti ritenuti volti, ad avviso della società, al perseguimento di fini personali e non sociali. Dunque, il tribunale ritiene infondata, in punto di diritto, l’impugnativa della delibera di revoca, vista l’insindacabilità delle deleghe gestorie e della loro attribuzione in uno con la loro revoca, quali meri atti interni di organizzazione collegiale. Ancora, si reputa insussistente il presupposto per riconoscere i danni all’ammi­nistratore revocato, fornendo però una peculiare nozione di giusta causa in relazione alla specifica fattispecie della revoca della delega gestoria, più ampia di quella ricorrente nel caso generale di revoca dell’amministratore.


2. La normativa di riferimento

Il consiglio di amministrazione può delegare i suoi poteri e allo stesso modo, revocarli ai sensi dell’art. 2381, comma 3, c.c., in virtù del quale l’organo gestorio nel suo plenum determina il contenuto, i limiti e le eventuali modalità di esercizio della delega [[1]]. Tale norma non menziona alcuna conseguenza risarcitoria per il consigliere cui viene revocata la delega gestoria, a differenza di quanto disciplinato per la revoca dalla carica di amministratore da parte dell’assemblea ex art. 2383, comma 3, c.c. La sentenza in commento applica analogicamente quanto previsto per la revoca dalla carica dell’amministratore anche alla diversa fattispecie della revoca della delega gestoria: pertanto, l’assemblea può revocare in qualsiasi momento gli amministratori, salvo il diritto al risarcimento del danno in mancanza di giusta causa [[2]]. È appena il caso di precisare che l’art. 2383, comma 3, c.c. si riferisce al sistema tradizionale, ma la conclusione non muta in caso di adozione dei modelli alternativi di amministrazione e controllo; nello specifico, nel sistema monistico, il legislatore stabilisce in via diretta l’applicazione dell’art. 2381 c.c. in virtù del richiamo contenuto nell’art. 2409-noviesdecies, comma 1, c.c. [[3]]. Quanto al sistema dualistico, il consiglio di gestione ha la facoltà di delegare i propri compiti ex art. 2409-novies, comma 1, c.c., discutendosi semmai sull’ammissibilità o meno di un comitato esecutivo [[4]], mentre non si dubita della possibilità di prevedere semplici amministratori delegati [[5]].


3. I precedenti giurisprudenziali

Il provvedimento in epigrafe aderisce al consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui in una società di capitali non è ammesso sindacare nel merito la delibera di revoca di una delega gestoria [[6]]. Quest’ultima rappresenta un atto di organizzazione interna del consiglio di amministrazione, senza alcuna possibilità di impugnativa, poiché strettamente collegato alle decisioni assunte dall’organo collegiale in ordine al proprio funzionamento. In tali casi, sussiste lo stesso potere riconosciuto ex lege all’assemblea dei soci in merito alla revoca ad nutum dall’in­carico di amministratore, ragion per cui è possibile applicare analogicamente, in assenza di una disciplina positiva, l’art. 2383, comma 3, c.c., ai fini del diritto al risarcimento dei danni [[7]]. La giurisprudenza è solita evidenziare come tra la fattispecie dell’amministratore revocato da parte dell’assemblea e quella della revoca della delega gestoria vi siano tratti differenti; cionondimeno, tali attribuzioni implicano tutte un’attività amministrativa a termine e suscettibile di valutazioni, sicché devono essere sottoposte al medesimo trattamento in relazione alla disciplina applicabile [[8]]. La revocabilità delle mansioni attribuite all’amministratore delegato è, dunque, sempre consentita, anche in mancanza di giusta causa [[9]]; ma in quest’ultima ipotesi sussiste il diritto al risarcimento del danno ex art. 2383, comma 3, c.c. [[10]]; al contrario, secondo un più risalente orientamento, si esclude siffatto diritto, proprio sul presupposto della mancanza di un fondamento normativo e sull’inappli­cabilità della disciplina del mandato [[11]]. Il ragionamento posto a fondamento di tale tesi ritiene la delega gestoria un atto di auto-organizzazione del consiglio di amministrazione di natura insindacabile, la cui revoca costituisce una fattispecie differente della revoca degli amministratori da parte dell’assemblea, là dove solo in quest’ultimo caso il consigliere revocato senza giusta causa ha diritto al risarcimento del danno ex art. 2383, comma 3, c.c. Infine, per quanto riguarda il rapporto tra giusta causa e risarcimento, la pronuncia de qua aderisce ad un recente orientamento della giurisprudenza di legittimità [[12]], compiendo, però, un ulteriore [continua ..]


4. L’evoluzione della dottrina in materia di revoca dell’amministratore delegato

A differenza della giurisprudenza più recente, senz’altro orientata all’applicazio­ne analogica dell’art. 2383, comma 3, c.c., dettato in tema di revoca degli amministratori da parte dell’assemblea, la dottrina ha assunto nel tempo diverse posizioni in ordine al risarcimento del danno in favore del consigliere cui è stata revocata la delega gestoria [[14]]. Una prima ricostruzione esclude il risarcimento del danno in ragione della natura dell’incarico [[15]]. Questa tesi si basa sulla natura della delega e sul presupposto che le mansioni attribuite non hanno una scadenza, per cui considerando la durata illimitata dell’incarico e l’indiscusso potere del consiglio di amministrazione di revocare la delega [[16]], si esclude il diritto al risarcimento del danno per l’amministratore delegato [[17]]. Peraltro, la natura insindacabile dell’at­to di revoca, quale atto interno di organizzazione, come definito più volte dalla giurisprudenza, ha indotto una parte della dottrina ad escludere il diritto al risarcimento anche in assenza di giusta causa di revoca [[18]]. Al contrario, un orientamento più liberale riconosce il diritto al risarcimento del danno, fondandolo però su diversi presupposti [[19]]. Occorre distinguere due differenti posizioni: un primo indirizzo riconosce il diritto al risarcimento in capo all’amministratore delegato, in considerazione dell’analoga fattispecie della revoca degli amministratori ex art. 2383, comma 3, c.c. [[20]]; diversamente, un altro orientamento considera applicabili alla delega gestoria le norme in merito al mandato oneroso [[21]]. In tal caso, si applica una norma di carattere generale, anziché l’art. 2383, comma 3, c.c. in via analogica, ossia la revoca del mandato ex art. 1725 c.c. [[22]], dove si riconosce al mandatario una retribuzione fino alla scadenza dell’incarico [[23]]. I sostenitori di questa tesi ritengono preferibile applicare la regola di diritto comune in quanto di carattere generale e, quindi, ostativa all’appli­cazione analogica dell’art. 2383, comma 3, c.c. [[24]]. Tuttavia, contro l’applicazione della norma sul mandato milita la considerazione che il rapporto di amministrazione di s.p.a. non è riducibile a tale schema contrattuale, al pari della delega gestoria [[25]]. Invece, [continua ..]


5. Segue. Sulla nozione di giusta causa ai fini della revoca della delega gestoria

Un ulteriore profilo affrontato nella pronuncia in epigrafe attiene all’indivi­duazione del presupposto che consente di riconoscere il diritto al risarcimento del danno, ossia all’assenza di giusta causa nella delibera di revoca, in ordine al quale è doveroso svolgere qualche riflessione. Al riguardo, la giusta causa non incide sulla legittimità dell’atto di revoca, poiché, come detto, costituisce risultato acquisito che il consiglio di amministrazione ha il potere di revocare quanto attribuito, in virtù della natura dell’atto di delega e della struttura sovraordinata dello stesso [[28]]. Pertanto, ne deriva che la sussistenza della giusta causa è solo in funzione al risarcimento del danno e non quale condizione per revocare l’incarico come invece accade per la revoca dei sindaci nelle s.p.a. ex art. 2400, comma 1, c.c. [[29]]. Deve a questo punto chiarirsi cosa si intende per giusta causa in seno alla revoca della delega gestoria. La pronuncia individua tale concetto attraverso il richiamo alle motivazioni di un recente provvedimento della Suprema Corte [[30]], in base a cui siffatto concetto va “necessariamente adeguato” rispetto alle attività svolte ed al ruolo del consiglio di amministrazione, ma anche al “vincolo di solidarietà” tipico degli amministratori nei confronti della società e dei terzi. Dunque, il Tribunale ritiene che la nozione di giusta causa propria dell’art. 2383, comma 3, c.c. non sia applicabile in toto alla revoca della delega gestoria. A parere dei giudici milanesi la giusta causa prevista per la revoca dell’ammini­stratore dall’assemblea è legata a circostanze o fatti idonei ad influire negativamente sulla prosecuzione del rapporto di amministrazione e tali da elidere l’af­fidamento riposto sulle attitudini e le capacità dell’amministratore [[31]]. Di contro, nel caso di specie, occorre considerare come il mancato rispetto delle indicazioni e dello svolgimento delle mansioni delegate comporti una frattura nell’or­gano gestorio sufficiente a non giustificare più l’affidamento iniziale. Ebbene, la pronuncia si sofferma prevalentemente sul pactum fiduciae e ritiene che lo stesso rapporto possa essere violato in due casi, allorché si anteponga l’interesse personale a quello della società, ovvero si assuma [continua ..]


NOTE