Rivista di Diritto SocietarioISSN 1972-9243 / EISSN 2421-7166
G. Giappichelli Editore

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La disposizione dell´intero complesso aziendale in esecuzione di una decisione adottata a maggioranza dai soci (di Riccardo Di Pierdomenico)


L’articolo prende in esame una sentenza del Tribunale di Trento (Sezione specializzata in materia imprese) concernente una delibera di approvazione di un’operazione di alienazione afferente all’intero complesso aziendale della società. In particolar modo, sulla scorta delle domande presentate dal socio di minoranza, lo studio si è concentrato non solo sull’analisi delle conseguenze che un’operazione gestoria siffatta può comportare sull’assetto organizzativo ed imprenditoriale della società, ma anche sul campo di applicazione generato dal­l’art. 2479-ter c.c. relativamente alle cause di invalidità della decisione adottata dai soci di s.r.l. Da ultimo, l’obiettivo del lavoro è anche quello di chiarire l’in­quadramento giuridico dell’istituto del conflitto di interessi ex art. 2373 c.c. e dell’abuso di maggioranza, da tempo oggetto di studio da parte della giurisprudenza e della dottrina.

The transfer of the entire business complex in execution of a majority shareholder decision

The article analyzes a judgment of the Court of Trento (Section specialized in corporate matters) concerning a resolution approving a sale transaction of the company’s entire business complex. In further detail, on the basis of the questions submitted by the minority shareholder, the study focused not only on the analysis of the consequences that such a management operation may entail on the organizational and entrepreneurial structure of the company, but also on the scope of the article 2479-ter of the Italian Civil Code, regarding the causes of invalidity of the decision adopted by the shareholders of an Italian limited liability company. Lastly, the aim of the study was also to clarify the legal qualification of the institute of the conflict of interest, under article 2373 of the Italian Civil Code, and of majority abuse, for a long time subject of study and research by jurisprudence and doctrine.

MASSIMA: La vendita a terzi, e la rivendita sul mercato, dell’intera azienda di impianti fotovoltaici della società, laddove conforme al dettato statutario, costituisce un’ini­zia­tiva inquadrabile all’interno di un progetto di impresa riferibile all’oggetto sociale, inteso come la specifica attività economica concordata dai soci nell’atto costitutivo, e pertanto non necessita della preventiva modifica dello statuto. Non è possibile dedurre la pretesa abusività della delibera assembleare (con conseguente possibilità di annullamento) dal mero fatto che la scelta operata dagli amministratori sia economicamente svantaggiosa rispetto a quella progettata da un precedente amministratore, trattandosi di scelte operate dagli amministratori nell’ambito della discrezionalità e non soggette al sindacato dell’autorità giudiziaria (se non immediatamente avvertibili come irrazionali). Nella dizione “assenza assoluta di informazione” possono rientrare non solo i vizi relativi alla convocazione dell’assemblea, ma anche le ipotesi in cui vi sia stata una assoluta mancanza di informazione del socio sulle questioni indicate nel­l’ordine del giorno e conseguentemente sia stato leso il suo diritto di partecipare in modo consapevole all’assemblea e di esercitare in modo corretto il diritto di voto.L’assenza assoluta di informazione, di cui all’art. 2479-ter, comma 3, c.c., comprende le sole situazioni in cui i soci non siano informati in alcun modo, della data, dell’ora, dell’ordine del giorno o dell’oggetto o dell’argomento di una decisione dei soci. La tenuta di una condotta ostruzionistica diretta ad impedire l’esercizio del diritto di informazione e di consultazione effettiva ai soci di s.r.l., di cui all’art. 2476, comma 2, c.c., non comporta un immediato ed automatico annullamento della delibera assembleare laddove risulti, in ogni caso, che il socio abbia avuto modo di esercitare in maniera effettiva e cosciente il proprio diritto di voto, sulla scorta delle informazioni acquisite per vie alterne rispetto alla consultazione. PROVVEDIMENTO: PARTE IN FATTO 1. Con atto di citazione dd. 25.11.2021 la P. srl, in persona dell’amministratore unico dott. P.P., ha convenuto in giudizio la V. srl, chiedendo, in via preliminare, che fosse disposta la sospensione ex artt. 2479, u.c. c.c. e 2378 c.c. della delibera assunta dall’assem­blea dei soci di V. srl in data 25.11.2020 e, nel merito, che tale delibera fosse annullata e che la convenuta fosse condannata a risarcire i danni. Ha sostegno di tali richieste ha premesso: nel 2010 la famiglia P. aveva deciso, unitamente alla famiglia L., nonché all’avv. P.T., di investire nel settore delle energie rinnovabili e, a tale scopo, era stata costituita la V.E. srl; tale società era posseduta, per il 50%, da [continua..]
SOMMARIO:

1. Il fatto - 2. L'atto di disposizione dell'intero complesso aziendale ed i rapporti con l'oggetto sociale - 3. Violazione del diritto di controllo e “assenza assoluta di informazione” come causa di nullità della decisione - 4. Segue. Criteri di imputazione giuridica di conoscenze alla società - 5. Conflitto di interessi, Business Judgment Rule e vantaggi compensativi nell'atto di disposizione del complesso aziendale - 6. La configurazione dell'abuso di maggioranza nell'atto di disposizione del complesso aziendale - 7. Segue. Il problema della prova dell’abuso - NOTE


1. Il fatto

Una s.r.l. operante nel settore delle energie rinnovabili, detenuta per l’80% dal socio di maggioranza e per il restante 20% da quello di minoranza, approva con delibera dei soci il sale and purchase agreement, con cui pattuisce la cessione di 12 impianti fotovoltaici, costituenti l’intero complesso aziendale, al socio di maggioranza. Il socio di minoranza impugna la delibera in questione, affermando che la stessa sia nulla per “assenza assoluta di informazione” ex art. 2479-ter, comma 3, c.c., ovvero, in subordine, annullabile per non conformità alla legge o all’atto costitutivo per difetto di informativa. La parte attrice lamenta la propria esclusione dalle trattative inerenti all’alie­nazione del complesso aziendale, per effetto dell’asserita condotta ostruzionistica della società. Quest’ultima, secondo la ricostruzione attorea, avrebbe precluso al socio di minoranza la conoscibilità dei documenti relativi alle trattative e degli argomenti all’ordine del giorno, in ragione dell’improvvisa convocazione dell’as­semblea ordinaria per l’approvazione del sales and purchase agreement. Il socio di minoranza chiede, inoltre, l’annullamento della delibera, sostenendo che la stessa sia affetta da abuso di maggioranza o da conflitto di interessi, in quanto, l’amministratore unico, sulla scorta di una delibera di autorizzazione dell’as­semblea, avrebbe effettuato la cessione del complesso di impianti fotovoltaici ad un prezzo ritenuto inferiore rispetto a quello di mercato, così trascurando l’interesse di cui il socio di minoranza è portatore.


2. L'atto di disposizione dell'intero complesso aziendale ed i rapporti con l'oggetto sociale

L’operazione di trasferimento d’azienda riveste una notevole importanza in ragione delle diverse implicazioni che la stessa può avere sull’assetto organizzativo e imprenditoriale della società [1]. In particolar modo, la rilevanza dell’operazione sul patrimonio della società risulta di chiara evidenza allorquando l’atto dispositivo dovesse aver ad oggetto l’intero complesso aziendale o un suo ramo rilevante. Infatti, potrebbe accadere che il trasferimento d’azienda alteri la composizione patrimoniale della società, la quale risulterebbe così formata o da danaro, ottenuto come corrispettivo dell’aliena­zione, ovvero da un diverso bene, ovvero ancora da partecipazioni in altre imprese ex art. 2361 c.c. L’atto di disposizione dell’intero complesso aziendale ricopre notevole interesse laddove si analizzino le conseguenze della cessione sull’attività economica esercitata dalla società. Invero, potrebbe accadere che, a seguito del compimento del­l’operazione gestoria, si verifichi una discrasia tra l’attività economica concretamente esercitata dalla società e quella indicata nell’atto costitutivo [2]. Nell’ipotesi delineata, potrebbe infatti verificarsi “un distacco durevole dal programma di attività” [3] descritto dall’oggetto sociale, da intendersi come una preclusione in capo alla società di proseguire l’attività economica inizialmente prefissata nell’atto costitutivo, sì da integrare gli estremi della fattispecie delle “modifiche di fatto” dell’oggetto sociale. Orbene, la verifica attinente alle conseguenze che l’operazione gestoria comporta sull’attività economica impone di porre in relazione l’atto dispositivo con l’oggetto sociale, così come esso è formulato. La valutazione in ordine alla capacità dell’atto di modificare fattualmente l’at­tività economica richiede necessariamente un esame sulla formulazione che i soci hanno inteso dare all’oggetto sociale. È proprio quest’ultimo che traccia i contorni entro cui è relegata l’attività gestoria degli amministratori (art. 2380-bis c.c.) [4], sicché un eventuale atto dispositivo d’azienda, il cui compimento risulti contemplato [continua ..]


3. Violazione del diritto di controllo e “assenza assoluta di informazione” come causa di nullità della decisione

Come ricordato in precedenza, nel caso di specie, l’atto dispositivo del complesso di impianti fotovoltaici è stato autorizzato da una decisione assembleare, in relazione alla quale il socio di minoranza ha chiesto la comminatoria della nullità per “assenza assoluta di informazione”, lamentando, in primis, la mancanza di qualsiasi informazione sull’oggetto della delibera e, in secundis, una carenza di informazione dovuta al mancato esercizio del diritto di accesso ex art. 2476, comma 2, c.c. Procedendo con ordine, l’art. 2479-ter, comma 3, c.c. sancisce che “le decisioni (…) prese in assenza assoluta di informazione possono essere impugnate da chiunque vi abbia interesse entro tre anni dalla trascrizione indicata nel primo periodo del primo comma”. La disposizione è posta a presidio del diritto del socio di partecipare in maniera informata alle decisioni sociali (assembleari e non) [12], di modo che il voto risulti espressione di una scelta consapevole del socio medesimo [13]. Nel caso di specie, il tribunale trentino non ha ravvisato violazioni tali da giustificare la nullità della decisione. Si legge nella sentenza che il socio di minoranza “ha ricevuto una corretta e tempestiva convocazione, con completa indicazione delle questioni poste all’ordine del giorno dell’assemblea (…) e che non sia rinvenibile una violazione dell’obbligo informativo di tale gravità da determinare una dichiarazione di nullità (o annullamento) della delibera”. Il quesito derivante da un’analisi della dizione normativa “assenza assoluta di informazione” attiene all’individuazione della reale portata della disposizione. Invero, un adeguato contemperamento tra le esigenze di efficienza dei processi decisionali e di tutela del socio rischia di risultare vanificato dalla genericità della formulazione adottata dal legislatore, che introduce un elemento di incertezza circa l’individuazione delle ipotesi di nullità che possono colpire le decisioni. Non a caso l’inciso normativo “assenza assoluta di informazione”, stante l’e­spressione terminologica adottata dal legislatore, ha indotto la dottrina [14] e la giurisprudenza [15] a interrogarsi sulla reale portata della disposizione. In particolar modo, i contorni della fattispecie del caso concreto impongono di [continua ..]


4. Segue. Criteri di imputazione giuridica di conoscenze alla società

Quest’ultimo ragionamento espresso dalla corte necessita, tuttavia, di un approfondimento. Invero, si pone il problema di comprendere quali siano i criteri di imputazione giuridica della conoscenza del rappresentante legale alla società (id est il socio di minoranza) e, altresì, se sia possibile, sulla scorta di tali criteri, imputare alla società medesima una conoscenza acquisita dal rappresentante non in ragione del proprio ufficio, posto che questi l’ha ottenuta mentre ricopriva la carica di amministratore di un’altra società. In altre parole, ci si deve chiedere sulla base di quale meccanismo giuridico le informazioni comunque acquisite dal­l’amministratore siano imputabili al socio di minoranza, di modo che quest’ul­timo possa essere ritenuto in possesso di sufficienti elementi. Per rispondere a quanto sopra, occorre premettere che il criterio di imputazione giuridica consiste nel riferire gli effetti di una data fattispecie ad un soggetto, sicché quest’ultimo venga giuridicamente riconosciuto come il titolare dei medesimi [29]. È ben vero che nel diritto societario si parla di “immedesimazione organica” per sottolineare l’assenza di alterità soggettiva tra il rappresentante ed il rappresentato, sì da indurre a ritenere che l’atto sia riferibile direttamente all’ente il cui organo avesse agito. Ma è anche vero che le persone giuridiche non possono, per loro natura, esprimere una propria volontà se non per il tramite delle persone fisiche che ricoprono l’ufficio dell’organo rappresentativo. Non sarebbe dunque corretto ritenere che nella rappresentanza organica sia direttamente la fattispecie, e non il solo effetto che dalla stessa discende, a riferirsi alla persona giuridica, poiché “non v’è norma che possa mutare la circostanza storica d’essere la fattispecie realizzata dal titolare dell’organo e non dall’ente” [30]. Pertanto, laddove per la conclusione di un negozio giuridico fosse necessaria la presenza di uno stato soggettivo, non potrà che farsi riferimento alla persona fisica del rappresentante [31], stante il fatto che l’ente non può di per sé solo conoscere o ignorare determinate circostanze rilevanti ai fini della produzione di un dato effetto giuridico. In ragione di ciò, si ritiene che le [continua ..]


5. Conflitto di interessi, Business Judgment Rule e vantaggi compensativi nell'atto di disposizione del complesso aziendale

L’art. 2373 c.c. statuisce che “la deliberazione approvata con il voto determinante di coloro che abbiano, per conto proprio o di terzi, un interesse in conflitto con quello della società è impugnabile a norma dell’articolo 2377 qualora possa arrecarle danno”. La disposizione normativa in esame è a presidio dell’interesse sociale: il legislatore, infatti, dispone l’annullabilità di quelle deliberazioni assembleari adottate col voto determinante del socio che risulti portatore (direttamente o meno) di un interesse [39] in contrasto con quello della società e il cui esercizio sia idoneo ad arrecare un danno, anche solo potenziale, di natura patrimoniale [40]. Il principio maggioritario che permea la logica di funzionamento degli organi sociali, per cui le delibere assembleari “vincolano tutti i soci, ancorché non intervenuti o dissenzienti” [41], e la libertà che connota l’esercizio del diritto di voto in capo al singolo socio, incontrano un limite nella tutela dell’interesse sociale. Occorre, pertanto, comprendere in via preliminare quale sia l’interesse della società, di modo da poter poi porlo in relazione a quello di cui il socio è portatore, affinché sia possibile rilevare o meno un contrasto tra i due, ai fini dell’applicazione della relativa disciplina. A tal riguardo, le varie declinazioni prospettate dalla dottrina possono riassumersi in due principali filoni interpretativi [42]. La prima è la c.d. teoria istituzionalistica, per cui l’interesse della società è diverso e superiore rispetto a quello di cui i singoli soci sono portatori, sicché il voto di questi ultimi deve essere esercitato per il soddisfacimento dell’interesse di cui la società sia portatrice. La giurisprudenza ha talvolta affermato che l’interesse sociale trascende quello dei soci e che si identifica in quello “dell’ente personificato a vedere destinato il suo patrimonio al conseguimento dell’oggetto sociale, attraverso un’organizzazione aziendale ed un’autonomia finanziaria idonea a realizzare il massimo profitto per l’ente e, conseguentemente, la possibilità per i soci di distribuzione di dividendi più frequenti e sostanziosi” [43]. Secondo una diversa tesi, invece, l’interesse sociale consta di [continua ..]


6. La configurazione dell'abuso di maggioranza nell'atto di disposizione del complesso aziendale

Potrebbe accadere che la deliberazione adottata dalla maggioranza dei soci non produca un danno alla società, bensì alla minoranza azionaria che è tenuta a sottostare alla decisione [59]. Si pensi, ad esempio, ad una delibera di aumento di capitale a pagamento, adottata col fine di impedire al socio di minoranza di preservare la quota di partecipazione azionaria, quando questi fosse nell’impossibilità economica di sottoscrivere l’aumento [60]. In quest’ultima ipotesi, la delibera non cagiona alcun danno alla società che, anzi, beneficerebbe degli ulteriori apporti a titolo di conferimento versati dai soci sottoscrittori. In tale fattispecie, infatti, emerge una contrapposizione non tra l’in­teresse dei soci e quello della società, bensì tra gli stessi gruppi di soci. Per tale ragione, il tenore letterale dell’art. 2373 c.c., che annovera tra i suoi elementi costitutivi un danno patrimoniale, anche solo potenziale, arrecato alla società e una situazione di conflitto tra l’interesse del socio e quello della società, risulta inconferente. L’esigenza tanto di individuare degli strumenti giuridici idonei a reprimere e sanzionare tali condotte fraudolente, quanto di riempire la lacuna normativa, ha portato all’elaborazione della figura dell’abuso del diritto di voto [61]. Tra le varie ricostruzioni prospettate, quella maggiormente seguita dalla dottrina e dalla giurisprudenza ravvisa l’abuso del diritto di voto allorquando lo stesso sia esercitato in dispregio del principio di buona fede e correttezza (ex artt. 1175 e 1375 c.c.), invocabile nell’esecuzione del contratto sociale [62]. In particolar modo, le determinazioni effettuate dai soci durante la vita della società sono atti di esecuzione del rapporto associativo di cui all’art. 2247 c.c., soggetti alle regole di correttezza e buona fede [63]. I suddetti canoni, che permeano la disciplina contrattuale, non impongono ai soggetti degli obblighi predeterminati, ma fungono da limite entro cui deve esplicarsi la discrezionalità che connota l’eser­cizio del diritto di voto in capo al socio. Invero, gli artt. 1175 e 1375 c.c. sono disposizioni normative finalizzate a contemperare gli opposti interessi che, propri dell’ordinamento societario, trovano un adeguato bilanciamento all’interno del procedimento [continua ..]


7. Segue. Il problema della prova dell’abuso

Come è stato poc’anzi ricordato, la figura dell’abuso di maggioranza ricorre allorquando la decisione adottata dai soci risulti in contrasto con i principi di buona fede e correttezza che permeano l’intero rapporto sociale. A tal riguardo, la verifica circa la reale sussistenza di un comportamento fraudolento richiede un’indagine che tenga conto delle vicende del caso concreto. Proprio per tale ragione, risulterebbe fuorviante un’individuazione aprioristica degli elementi rilevanti in ambito probatorio, dovendo invece orientare l’indagine su una trattazione di tipo casistico. In special modo, l’esame che il giudice è tenuto a compiere non deve essere limitato al singolo atto impugnato, ma si estende, altresì, alle diverse circostanze che la parte interessata, su cui grava l’onere della prova, avesse prodotto in giudizio a supporto della propria doglianza. Una pronuncia della Corte di Appello di Milano, in tal senso, statuisce che “non è dubbio che, per ragioni oggettive, la prova dell’a­buso sia di solito alquanto difficoltosa, e che spesso necessariamente presupponga il ricorso a fonti extratestuali e di carattere presuntivo, da valutare nella loro globale concorrenza e sinergia processuale” [72]. In altre parole, l’esame del giudice, attinente alla reale sussistenza o meno di un abuso di maggioranza, non deve essere circoscritto alla sola decisione di approvazione del sales and purchase agreement, ma deve comprendere anche le diverse circostanze di fatto allegate dalle parti, sia antecedenti che succedanee alla decisione, da cui possa emergere un’intenzionalità della maggioranza nell’arrecare un pregiudizio ai soci di minoranza. Ciò consentirebbe al giudice di tenere in considerazione le modalità e le tempistiche dell’operazione, dalle quali potrebbe emergere la volontà, “tradottasi efficacemente in atto, di mettere in difficoltà la minoranza” [73]. Il socio di minoranza ha lamentato il comportamento assunto dal socio di maggioranza, asserendo che esso sarebbe constato nell’autorizzare la vendita a prezzo vile degli impianti fotovoltaici e nell’impedire, tramite l’organo amministrativo, il pieno esercizio del proprio diritto di prendere visione degli atti e dei documenti sociali, la revoca senza giusta causa dei precedenti amministratori della [continua ..]


NOTE