Rivista di Diritto SocietarioISSN 1972-9243 / EISSN 2421-7166
G. Giappichelli Editore

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Osservatorio sulla giurisprudenza del Tribunale di Roma (di A cura di Ignazio Cerasa, Marco Mercuri, Emanuele Stabile, Antonio Trillò)


Il gestore non può invocare la sua posizione di amministratore di comodo o “testa di legno”, allo scopo di andare esente dalla responsabilità derivante dal compimento o dall’omesso impedimento atti di mala gestio. Ciò in quanto, l’ammi­nistratore di diritto e l’amministratore di fatto sono solidalmente responsabili qualora, essendo a conoscenza di atti pregiudizievoli, non abbiano fatto il possibile, per impedirne il compimento o eliminarne o attenuarne gli effetti dannosi. Il risarcimento del danno costituisce un debito di valore, essendo finalizzato a reintegrare il patrimonio della società danneggiata nella situazione economica preesistente al verificarsi dell’evento dannoso, sicché nella relativa quantificazione dovrà tenersi conto della svalutazione monetaria occorsa tra il momento in cui si è prodotto il danno e la data della liquidazione definitiva. Dal passaggio in giudicato della sentenza, con la conversione dell’obbligazione di valore in debito di valuta, sono dovuti, ex art. 1282 c.c., sulla somma complessivamente liquidata, gli ulteriori interessi al saggio legale. La figura dell’amministratore di fatto ricorre nelle fattispecie nelle quali un soggetto non formalmente investito della carica si ingerisce egualmente nell’am­ministrazione, esercitando (di fatto) poteri propri inerenti alla gestione della società. Rilevano, in particolare, 1) l’assenza di una efficace investitura assembleare; 2) una attività gestoria esercitata non occasionalmente ma continuativamente; 3) l’esercizio di funzioni riservate alla competenza degli amministratori di diritto; 4) una autonomia decisionale – non necessariamente surrogatoria, ma almeno cooperativa e non subordinata – rispetto agli amministratori di diritto (es). (Art. 2476 c.c.) (Artt. 1282, 2476 c.c.) (Art. 2475 c.c.) Tribunale di Roma, 15 giugno 2023 – Di Salvo, Presidente – Manzi, Giudice, Mazzaro, Relatore R.G. 24463/2018 * * * La clausola di prelazione statutaria, oltre a regolare le posizioni soggettive di soci o terzi, assume una rilevanza organizzativa. Nell’incidere sul rapporto tra elemento capitalistico e personale della società, accresce il peso del secondo rispetto al primo nella misura che i soci ritengano di volta in volta più adatta alle esigenze dell’ente. Giacché preordinata a garantire un particolare assetto proprietario, la clausola ha efficacia reale. In caso di violazione, è opponibile anche al terzo acquirente. La violazione della clausola rende inopponibile nei confronti della società e dei soci la cessione della partecipazione societaria – valida tra le parti stipulanti –, ed obbliga a risarcire l’eventuale danno prodotto, secondo le norme generali sull’ina­dempimento delle obbligazioni. Non comporta il diritto potestativo di [continua..]