Rivista di Diritto SocietarioISSN 1972-9243 / EISSN 2421-7166
G. Giappichelli Editore

indietro

stampa articolo indice fascicolo leggi articolo leggi fascicolo


Sui diritti di controllo del socio nella s.r.l. aperta (di Rolandino Guidotti e Luca Orciani)


Il saggio si propone di ricostruire l’istituto del controllo individuale del socio anche nella s.r.l. aperta. L’analisi inizia con la s.r.l. ordinaria e viene condotta in chiave funzionalistica e contenutistica, così ponendo le fondamenta per i rilievi successivi. Il problema della sorte delle posizioni giuridiche soggettive in esame nella s.r.l. “para-azionaria” è impostato adottando due piani d’indagine tra loro connessi da una preliminarietà logica: la ricostruzione del modello di default ed il ruolo dell’autonomia statutaria.

 

The member’s (individual) control rights in the open private limited company

The paper aims to reconstruct the individual member’s rights of control in open private limited company. The analysis begins with reference to ordinary limited liability company and is conducted in a functionalistic and content key. The problem of the fate of these subjective legal positions in private limited company with characters of joint stock company is set by adopting two investigation approaches, connected to each other by a logical preliminary: the reconstruction of the default model and the role of statute autonomy.

Keywords: Members’rights of control in open private limited company – Right of information – Right of inspection – Control over management – Control over governance – Monitoring – Members’activism – Protection of members minorities.

SOMMARIO:

1. Delimitazione dell’oggetto d’indagine e sue ragioni - 2. Il contenuto del diritto di informazione - 3. (Segue): e del diritto di consultazione - 4. Il diritto di ottenere copia dei documenti consultati - 5. Le funzioni del controllo individuale e la relativa natura giuridica - 6. La derogabilità della disposizione di cui all’art. 2476, 2° comma, c.c. - 7. Limiti all’esercizio dei diritti: usi ed abusi - 8. Considerazioni preliminari alla declinazione dell’istituto in riferimento alla s.r.l. aperta - 8.1. Tassonomia “interna” della s.r.l. para-azionaria e verifica della necessità di differenziare le soluzioni - 8.2. Una compagine societaria tra modello, sottotipo e variante o tipo autonomo? - 8.3. La portata concettuale dell’apertura al mercato nella fattispecie in oggetto - 9. Impostazione del problema in ordine alla sorte dei diritti di controllo nella variante aperta di s.r.l. - 10. Tentativo di ricostruzione dell’ipotesi generale degli statuti reticenti - 11. Il fondamentale ruolo dell’autonomia statutaria: spazi e limiti - 11.1. Inquadramento dogmatico generale - 11.2. Casistica e possibili soluzioni - 12. Alcune riflessioni conclusive anche nella prospettiva de lege ferenda - NOTE


1. Delimitazione dell’oggetto d’indagine e sue ragioni

L’istituto del controllo individuale del socio (non gestore) risulta essere un elemento proprio delle compagini essenzialmente basate sulla centralità della figura del socio. È noto che questo caratterizza tanto le società di persone quanto quelle a responsabilità limitata. Esso si rinviene nella disciplina dedicata alla società semplice, e quindi alle società di persone [[1]], ove viene declinato sub specie di diritto all’informazione in senso stretto e diritto di ispezione/consultazione. La disposizione di cui all’art. 2261 c.c. è stata altresì riproposta nella s.r.l. da parte del legislatore della riforma organica di cui al d.lgs. 17 gennaio 2003, n. 6 [[2]], così aumentando in que­st’ultimo tipo la centralità del quotista rispetto all’impianto previgente [[3]] e garantendo completamente il soddisfacimento delle sue necessità di conoscenza sull’at­tività sociale. Quanto invece alla disciplina della s.r.l. è sufficiente ricordare che l’art. 2476, 2° comma, c.c., accorda ai «soci che non partecipano all’amministrazione» il «diritto di avere dagli amministratori notizie sullo svolgimento degli affari sociali», unitamente a quello «di consultare, anche tramite professionisti di loro fiducia, i libri sociali ed i documenti relativi all’amministrazione» [[4]]. I diritti di controllo del socio di s.r.l. possono essere ricondotti al più vasto insieme dei diritti di voice [[5]], i quali riguardano la partecipazione attiva del socio e gli consentono di influenzare direttamente, in modo positivo ovvero negativo, le scelte gestorie, giustapponendosi ai diritti di exit, ossia funzionali al disinvestimento della partecipazione. Tali diritti sono entrambi preordinati alla realizzazione di un contemperamento del potere che normalmente appartiene alla maggioranza [[6]]. Il contesto muta radicalmente spostandosi verso la s.p.a., in cui il controllo dell’azionista, almeno stando a quanto il legislatore ha disposto expressis verbis, si rintraccia in termini estremamente scarni ed in particolare anzitutto come diritto di ispezione di cui all’art. 2422 c.c., peraltro limitato al contenuto del libro dei soci e di quello delle adunanze e delle deliberazioni dell’assemblea. Non risulta poi rintracciabile un generale diritto di [continua ..]


2. Il contenuto del diritto di informazione

È noto che il legislatore della riforma organica del 2003, rispetto alla disciplina precedente, ha inteso estendere il diritto di chiedere informazioni nella s.r.l. c.d. “chiusa” [[10]]. Questo diritto consente a ciascun socio di ottenere dagli amministratori informazioni non soltanto sull’andamento generale della società, ma anche sui singoli affari. Il socio è legittimato a chiedere informazioni sullo svolgimento degli affari in qualsiasi fase e quindi non esclusivamente in occasione delle assemblee, in modo da poter sempre monitorare ogni momento dell’attività [[11]]. La forma attraverso la quale il socio può chiedere le informazioni è libera. È opportuno però che l’organo amministrativo provveda a fornire le informazioni nella medesima forma in cui sono state richieste. La richiesta deve essere rivolta al presidente del consiglio di amministrazione nel caso in cui l’amministrazione sia organizzata in forma collegiale, e ovviamente, all’amministratore unico ove sia scelta detta soluzione; nei casi di amministrazione disgiuntiva [[12]], o congiuntiva [[13]], la richiesta può essere rivolta a qualsiasi amministratore, il quale, ove non sia a conoscenza dei fatti sui quali si chiedono i chiarimenti, deve prontamente investire della questione l’amministratore in grado di fornire le informazioni richieste e preoccuparsi del fatto che le informazioni siano realmente fornite al socio. È importante sottolineare come, posto che il diritto di informazione non è solo finalizzato all’esercizio del diritto di voto come tendenzialmente accade nella s.p.a., lo stesso possa essere esercitato nel corso di tutto l’esercizio sociale indipendentemente dall’occasione assembleare [[14]]. In assenza di una specifica disposizione statutaria, il diritto di informazione non può essere delegato a terzi in considerazione del rapporto fiduciario che lega tra loro i soci. È però possibile delegare il diritto di informazione nel caso in cui questo sia esercitato in assemblea in funzione dell’esercizio del diritto di voto [[15]]. Il diritto all’informazione è un controllo di tipo mediato, indiretto, che può avere anche “carattere prospettico o concomitante” [[16]]; le notizie richieste possono altresì riguardare il futuro degli affari [continua ..]


3. (Segue): e del diritto di consultazione

La seconda parte dell’art. 2476, 2° comma, c.c. prevede il diritto del socio di consultare (o ispezionare), anche per il tramite di professionisti di fiducia, i libri sociali ed i documenti relativi alla gestione: si consente quindi un controllo esercitabile in via diretta. I soci hanno diritto di consultare pure i libri dei verbali delle riunioni alle quali non hanno diritto di intervenire: il riferimento ai libri sociali richiama, infatti, l’art. 2478 c.c. che elenca, tra i libri sociali obbligatori, oltre al libro delle decisioni dei soci, anche quello delle decisioni degli amministratori e, ove tali organi esistano, il libro delle verifiche compiute dal revisore unico ed il libro delle decisioni del sindaco unico o del collegio sindacale; a detti libri occorre aggiungere anche il libro delle adunanze e delle deliberazioni del comitato esecutivo ed ancora il libro dell’eventuale collegio dei liquidatori. Nella nozione di libri sociali rientrano anche quelli facoltativi [[17]]. Nel diritto di consultare i documenti relativi all’amministrazione, oltre ai documenti contabili e amministrativi in senso stretto (libro giornale, libro degli inventari, registri i.v.a. ecc.), devono comprendersi anche i contratti e gli accordi, ancorché riservati, la corrispondenza, i verbali di accertamento, di constatazione o di commina di sanzioni elevate a carico della società, gli atti giudiziari ed amministrativi che la riguardano, le memorie ed i pareri di professionisti, la documentazione relativa a procedimenti contenziosi ecc. [[18]]. Il diritto di consultazione può essere esercitato anche tramite professionisti di fiducia del socio. Dal confronto tra la disposizione di cui all’art. 2476, 2° comma, c.c., l’art. 2422 c.c. (dettato in tema di diritto di ispezione dei libri sociali nella s.p.a.) e l’art. 2545-bis c.c. (dettato in tema di diritti dei soci nella coop s.p.a.) si evince che nella s.r.l. il professionista può anche sostituire il socio; nella coop s.p.a. può invece solamente intervenire per assistere il rappresentato che deve necessariamente partecipare alle operazioni di ispezione. La nozione di professionista è quella di cui all’art. 2229 c.c.; non si fa riferimento nel provvedimento a particolari albi professionali (diversamente da quanto accade nell’art. 2397 c.c.). Il diritto di consultazione è un controllo di tipo immediato, [continua ..]


4. Il diritto di ottenere copia dei documenti consultati

Differente problema è quello se il diritto di consultazione dei libri sociali e dei documenti relativi all’amministrazione includa anche la possibilità di estrarne copia. La giurisprudenza più recente sembra riconoscere questo diritto al socio [[20]]. Altro orientamento esclude, per contro, detta possibilità in considerazione del fatto che in un contesto nel quale vi sia uno “sbilanciamento” a favore del controllo del socio rispetto alle esigenze di riservatezza della società. Si impone una “interpretazione letterale della norma quale elemento di riequilibrio”, cosicché il diritto di consultazione concerne solo “la presa visione ed esame dei documenti”, ma non implica “di per sé il diritto ad estrarre copia o a riprodurli altrimenti” [[21]]. A siffatto argomento può aggiungersene un altro (che sembra essere risolutivo) ovvero che nella norma è prevista espressamente la possibilità che i soci consultino i libri sociali ed i documenti anche attraverso professionisti di loro fiducia. La previsione di detta possibilità toglie ogni giustificazione alla necessità di ottenere copie ovvero a quella di permetterne l’esame non solamente al socio, ma anche agli esperti ai quali il socio vuole fare esaminare i documenti sociali. Il negare il diritto all’estrazione di copia pare sistematicamente corretto se si considera l’ampiezza dei diritti di controllo del socio ed i rischi connessi al fatto che questi vengano esercitati in maniera patologica; non permettere la possibilità di estrarre copie dei documenti riduce infatti in radice la possibilità che il loro contenuto venga divulgato od utilizzato in modo improprio [[22]].


5. Le funzioni del controllo individuale e la relativa natura giuridica

Le funzioni distintive dei diritti di informazione e di ispezione sono state tradizionalmente individuate: (i) nel consentire al socio [[23]] un generico controllo sulla gestione della società [[24]]; (ii) nel consentire al socio lo specifico e cosciente esercizio di tutti i singoli diritti derivanti dal suo status, e quindi non soltanto il diritto di voto [[25]]. Con riferimento a quest’ultimo aspetto, l’interesse del socio di s.r.l. può nascere anche dalla necessità di valutare se ed in base a quali condizioni trasferire la propria partecipazione; se esercitare il diritto di recesso [[26]]; se esercitare il diritto di opzione in sede di aumento di capitale [[27]]; se impugnare una deliberazione assembleare, ovvero ancora se, e con quali rischi, decidere di finanziare la società. Alle suddette funzioni va aggiunta quella volta ad agevolare l’esercizio dell’azione di responsabilità contro gli amministratori, la quale può essere promossa da ciascun socio, giusta il disposto dell’art. 2476, 3° comma, c.c. [[28]]. I diritti di controllo sono autonomi e pertanto possono essere esercitati strumentalmente a qualsiasi prerogativa spettante al socio “senza bisogno che preventivamente venga dichiarato il fine per cui si controlla” [[29]]. Si può subito affermare, per quanto più specificamente attiene alla natura giuridica, che i diritti in esame debbono essere qualificati come diritti soggettivi, in ragione del fatto che al diritto del socio corrisponde un dovere di comportamento da parte della società che ovviamente agisce per il tramite dell’organo gestorio [[30]]. È evidente che l’esistenza dei diritti di controllo del socio non amministratore non si pone quale alternativa al controllo organico [[31]], potendo perciò i due sistemi convivere [[32]]. Sia incidentalmente qui consentito rilevare come l’art. 120-bis, comma 3°, c.c.i.i. prevede che gli amministratori siano tenuti a informare i soci dell’avvenuta decisione di accedere a uno strumento di regolamentazione della crisi e dell’insol­venza e a riferire periodicamente del suo andamento (ai soci stessi). La disposizione non precisa le modalità con le quali gli amministratori siano tenuti ad adempiere a quello che sembra essere un loro vero e proprio dovere, né quali possano essere [continua ..]


6. La derogabilità della disposizione di cui all’art. 2476, 2° comma, c.c.

Un problema dibattuto in merito ai diritti di controllo nella s.r.l. è quello di stabilire se la relativa disposizione normativa sia o meno derogabile. Il quesito è se essa vada considerata imperativa perché non fa espressamente salva una diversa previsione statutaria, oppure se la medesima debba essere considerata dispositiva per l’identico motivo [[33]]. La disposizione di cui all’art. 2476, 2° comma, c.c. non contiene nessuna espressione che faccia pensare all’inderogabilità come accade, ad esempio, nell’art. 2320, 3° comma, c.c. dove si prevede che i soci accomandanti hanno, in ogni caso, il diritto di avere comunicazione annuale del bilancio e del conto dei profitti e delle perdite e di controllarne l’esattezza. La soluzione che appare sistematicamente più convincente è quella di considerare la disposizione derogabile [[34]], ciò a maggior ragione nel nuovo contesto che vede la s.r.l. aprirsi al mercato [[35]]. In assenza di un’indicazione normativa specifica e, anzi, stante l’abrogazione di un’espressa previsione circa l’inderogabilità [[36]], nel contesto sistematico in cui sono dettate le regole organizzative della s.r.l. andrebbero individuati elementi inequivocabili che inducano a ritenere la norma inderogabile; indici che, per contro, non erano rinvenibili in passato [[37]] e non sono rinvenibili neppure oggi [[38]]. Una parte della dottrina è tuttavia orientata nel senso di ritenere che l’atto costitutivo non possa escludere (ovvero limitare) i diritti di informazione ed ispezione dei soci non gestori [[39]]; la giurisprudenza sembra avallare questa posizione [[40]]. Gli argomenti posti a fondamento di questo orientamento sono: (i) la “correlazione strumentale” di tali diritti all’azione di responsabilità la cui legittimazione è accordata a favore dei singoli soci (art. 2476, 3° comma, c.c.); (ii) la collocazione nel sistema dei diritti individuali di controllo [[41]]; (iii) il “senso complessivo” del 2° comma della norma in esame, che “sembra quello di accrescere i diritti già previsti dall’art. 2489 c.c.” [[42]]; (iv) la norma penale di cui all’art. 2625 c.c. [[43]], la quale sanziona gli amministratori che, occultando documenti oppure con altri idonei artifici, impediscono [continua ..]


7. Limiti all’esercizio dei diritti: usi ed abusi

Nella legislazione italiana il tema dell’abuso in materia societaria è stato normalmente affrontato in riferimento all’abuso della maggioranza [[52]] nelle deliberazioni dei soci; ed è normalmente accettata l’idea che la deliberazione assembleare sia l’attuazione di un rapporto contrattuale di natura privatistica, con il corollario per cui sia necessario rispettare il principio di buona fede ex art. 1375 c.c. È quindi punito il comportamento dell’azionista che esercita in modo strumentale il diritto di voto al mero fine di arrecare un pregiudizio agli altri soci, ancorché non necessariamente lesivo degli interessi della società. La sanzione che applica la giurisprudenza [[53]] è quella volta ad annullare la deliberazione assembleare e, ove necessario, a risarcire i danni a favore degli azionisti di minoranza [[54]]. D’altra parte, la questione dell’esercizio abusivo dei diritti delle minoranze in materia societaria è oggetto di un numero di studi inferiore [[55]] rispetto a quelli che interessano l’abuso della maggioranza; anche se teoricamente l’esercizio abusivo dei diritti di minoranza potrebbe determinare una responsabilità in capo ai soci. Tornando in modo specifico al tema che ci occupa in questo lavoro si può ricordare che la giurisprudenza afferma debbano essere riconosciute alcune limitazioni ai diritti di controllo del socio in considerazione dei principi generali di buona fede e correttezza, posto che i comportamenti volti a finalità non strettamente connesse all’acquisizione di informazioni sono da considerarsi illegittimi: si tratta dei c.d. “limiti soggettivi” all’esercizio dei diritti. Il socio deve infatti astenersi da qualsiasi “ingerenza nell’attività degli amministratori per finalità di turbativa dell’operato di questi ultimi con la richiesta di informazioni (di cui il socio non ha effettivamente necessità) al solo scopo di ostacolare l’attività sociale; in tal caso, infatti, l’esercizio del diritto non potrebbe più ricevere tutela in quanto motivato da interessi ostruzionistici tali da rendere più gravosa l’attività sociale, con conseguente legittimo rifiuto degli amministratori di fornire informazioni o consultare la documentazione” [[56]]. Parimenti contraria a buona [continua ..]


8. Considerazioni preliminari alla declinazione dell’istituto in riferimento alla s.r.l. aperta

Si è già ricordato che nel corso degli anni la disciplina della s.r.l. è stata incisa da una pluralità di interventi, taluni dei quali hanno finito per determinarne una mutazione dei connotati fondamentali, o meglio un ampliamento dei medesimi [[67]], nel senso che sotto lo stesso nomen juris è evidente come sia possibile riscontrare società che presentano profili profondamente divergenti. Si allude in particolare alla previsione nel nostro ordinamento delle start up innovative e delle P.M.I. [[68]], le quali nella gran parte dei casi utilizzano il tipo a responsabilità limitata come veste giuridica: a tali imprese il legislatore ha ritenuto di consentire la possibilità di creare categorie di quote aventi diritti differenti [[69]] ed addirittura di offrire le proprie quote al pubblico [[70]], anche mediante il crowdfunding [[71]]. Quest’ultimo carattere se da una certa prospettiva determina effetti indubbiamente positivi, primo tra tutti l’introduzione di ulteriori possibili fonti di finanziamento che si affiancano a quelle interne ed a quelle esterne di tipo tradizionale, dall’altra genera problematiche che non possono certo dirsi di breve momento. Si tratta segnatamente della difficile conciliazione dell’apertura al mercato di queste compagini, aventi vocazione prettamente riconducibile ad un modello intuitu rei e quindi proprio di una s.p.a., con la struttura della s.r.l. di matrice codicistica che si connota invece per i tratti personalistici e quindi consente – in assenza di contrappesi statutari sulla cui legittimità occorrerà nel prosieguo soffermarsi [[72]] – un’ingerenza dei soci sull’attività sociale, che non pare in prima battuta tollerabile con riferimento a compagini aventi un elevato numero di soci, quali quelle aperte. In questo senso, i diritti di controllo sulla gestione e sulla governance, per come ricostruiti nelle precedenti pagine, risulterebbero sovrabbondanti ove affidati ad un’ampia pletora di soci, di talché, anche rimanendo nella fisiologia dell’utilizzo ed eccettuando dunque i profili di abuso, ben potrebbero generarsi notevoli problematiche per lo svolgimento dell’attività sociale che verrebbe a subire rallentamenti e nei casi più gravi persino una impasse. È però parimenti necessario considerare che nel caso in cui si [continua ..]


8.1. Tassonomia “interna” della s.r.l. para-azionaria e verifica della necessità di differenziare le soluzioni

È preliminarmente necessario distinguere le varie imprese che possono essere plasmate come s.r.l. aperta e che quindi di quest’ultima rappresentano delle varianti “interne”. Si deve invece rinviare ad un momento successivo della trattazione la più generale qualificazione giuridica della stessa s.r.l. con quote diffuse tra il pubblico. Considerando anche l’introduzione cronologica da parte del legislatore delle varie forme di s.r.l. aperta, non irrilevante in riferimento a quanto si dirà poi, si segnalano in primo luogo le start up innovative introdotte a partire dal 2012 [[78]], le quali debbono rispondere alle condizioni di innovatività, che possono in sostanza compendiarsi nell’essere costituite da non oltre un quinquennio, nel disporre di una sede produttiva o una filiale in Italia [[79]], nel realizzare a partire dal secondo anno di attività ricavi totali non eccedenti i cinque milioni di euro, oltreché nella non distribuzione di utili; a ciò aggiungasi naturalmente che l’oggetto sociale esclusivo o prevalente, dovrà consistere nello sviluppo, nella produzione e nella commercializzazione di prodotti o servizi innovativi ad alto valore tecnologico [[80]]. In secondo luogo, nel 2015 [[81]] sono state inserite nel novero delle s.r.l. per le quali si consente (ma non si impone) [[82]] l’apertura al mercato le P.M.I. [[83]] innovative. Infine, la tassonomia si completa con la novellazione avvenuta nel 2017 [[84]] ed avente ad oggetto le specifiche disposizioni già esistenti sulle start up innovative e sulle P.M.I. innovative, ove ora si parla in via generale di «P.M.I. costituita in forma di s.r.l.» senza operare più la distinzione di cui sopra, così consentendosi alla generalità delle P.M.I., per quanto di interesse, di offrire al pubblico le proprie quote ovvero emetterne categorie speciali dotate di diritti diversi [[85]]. L’operazione appena effettuata non costituisce un esercizio classificatorio, bensì è funzionale a verificare se debbano prospettarsi soluzioni differenti della questione che ci occupa a seconda delle varianti “interne” di s.r.l. aperta che vengono in rilievo. Risulta tuttavia importante evidenziare, sin da subito, che in linea di massima il quesito deve essere risolto negativamente, posto che tutte quelle che si sono [continua ..]


8.2. Una compagine societaria tra modello, sottotipo e variante o tipo autonomo?

Il successivo aspetto da affrontare è quello di qualificare il “contenitore”, ossia la stessa s.r.l. (P.M.I. o start up innovativa) aperta, poiché anche da ciò dipenderà in generale l’individuazione della disciplina applicabile e quindi, per quanto interessa, la ricostruzione del ruolo dei diritti di controllo in siffatto contesto. Dal dettato normativo che espressamente pone la s.r.l. come una delle possibili “cornici” giuridiche entro le quali inquadrare le start up innovative, le P.M.I. innovative e pure le P.M.I. non innovative pare già in prima battuta discendere la necessità di accantonare la via volta a configurare un autonomo e nuovo tipo societario, dovendosi propendere a favore della categoria del modello, sotto-tipo o, ancora e forse meglio, della variante di s.r.l. ordinaria [[90]]. Più in dettaglio, per giungere all’appena prospettata soluzione, si deve considerare da un lato l’art. 25 del d.l. n. 179/2012 sulle start up innovative, ma estensibile anche alle P.M.I., il quale fa espresso riferimento all’adozione di una forma delle società di capitali o delle cooperative, e dall’altro la circostanza per cui in relazione a tale modello manca qualsivoglia specifica disciplina, al netto di quelle limitatissime (per numero, ma ovviamente non per effetti) deroghe alla normativa del tipo che si rinviene nell’articolato codicistico. Ed è proprio il concetto stesso di deroga – peraltro utilizzato espressamente dalla lettera della legge [[91]] – a rafforzare la soluzione sopra prospettata [[92]] ed implicare appunto che il tipo s.r.l. (ordinaria) costituisca anche in questi casi la base normativa su cui si innestano le dette deviazioni [[93]]. Un ulteriore elemento che finisce per corroborare l’esclusione della riconducibilità di queste s.r.l. al concetto di tipo societario è la mancata previsione di alcuna clausola di rinvio “pieno” oppure di rinvio previo vaglio di compatibilità [[94]] alla disciplina della s.r.l. ordinaria [[95]] od a quella del tipo azionario [[96]]. Tutte le argomentazioni svolte hanno una portata essenzialmente “negativa”, valendo cioè ad escludere l’inquadramento della s.r.l. aperta come tipo autonomo, ma non sanno in realtà spiegare se sia maggiormente opportuno trattare di sotto-tipo o [continua ..]


8.3. La portata concettuale dell’apertura al mercato nella fattispecie in oggetto

Risulta ora necessario innestare sul già richiamato profilo delle deroghe [[100]] una precisazione in ordine all’apertura al mercato, chiarendo l’ambito soggettivo ed oggettivo di questa caratteristica. In tale direzione si deve notare che la deroga dell’apertura al mercato non opera ex se e quindi ove lo statuto non vi aderisca la s.r.l. P.M.I. resterà chiusa, e così pure la start up innovativa [[101]]: il collocamento sul mercato delle quote viene così a configurarsi come una mera eventualità. Lo stesso dicasi quanto alla deroga che consente l’emissione di categorie speciali di quote. Il corollario che se ne trae è quello della necessità di distinguere una s.r.l. potenzialmente aperta da una s.r.l. propriamente aperta. Appurato dunque che se la s.r.l. P.M.I. (o la start up innovativa) non ha emesso categorie speciali di quote ovvero non ha collocato quote sul mercato non si pone alcun problema ermeneutico [[102]], il dubbio che l’interprete dovrebbe invece porsi è il seguente: ai fini della riconducibilità all’interno della seconda configurazione (ossia la s.r.l. propriamente aperta) è necessario privilegiare il profilo dell’apertura al mercato [[103]] oppure è invece sufficiente riferirsi all’utilizzo di un’altra delle deroghe previste ed in particolare a quella che ammette l’emissione di categorie speciali di quote? In termini concreti, se la s.r.l. ha soltanto emesso categorie speciali di quote e non le ha (o non le ha ancora) collocate sul mercato i problemi che si pongono e le soluzioni da prospettare sono i medesimi dell’ipotesi in cui tali quote di categoria siano state offerte sul mercato oppure non siano state per nulla emesse, ma siano state diffuse quote ordinarie [[104]]? La risposta è stata da alcuni commentatori fornita nel senso che l’adozione della deroga di cui all’art. 26, 5° comma, d.l. n. 179/2012 (i.e. apertura al mercato dei capitali) non rappresenti la condicio sine qua non affinché la compagine possa dirsi aperta [[105]]. La questione deve essere affrontata da due punti di vista. Il primo riguarda il profilo nominalistico, in riferimento al quale si dice sin da ora che ove nella locuzione s.r.l. aperta si voglia ricomprendere anche la s.r.l. (P.M.I. o start up innovativa) chiusa che però abbia emesso categorie speciali [continua ..]


9. Impostazione del problema in ordine alla sorte dei diritti di controllo nella variante aperta di s.r.l.

Il problema di fondo risiede nell’appurare quale sia la disciplina applicabile alla s.r.l. aperta con particolare riferimento ai diritti di cui all’art. 2476, 2° comma, c.c., dovendosi immediatamente avvertire che allo stato della legislazione non esiste alcuna specifica previsione circa tali diritti nell’ambito della s.r.l. P.M.I. e di quella start up innovativa, aperte o chiuse che siano. È naturale in questo contesto che il controllo individuale del socio non gestore alla stregua di tutti i suoi caratteri esaminati nella prima parte del presente studio parrebbe certamente ritenersi fuori dall’ambito di tale specifico modello di s.r.l., naturalmente connotato dalla prevalenza di soci finanziatori retail. In questo senso è stato da più voci dottrinali [[108]] rilevato come non sia concepibile, a livello concreto, riconoscere ad una simile massa di soci i diritti di controllo, considerata la portata “devastante” che si avrebbe sull’attività sociale. E su tale profilo nulla quaestio. Risulta però, d’altro canto, anche semplice obiettare che queste sono valutazioni di carattere sostanziale ed in quanto tali inidonee o comunque da sole insufficienti ad escludere dal framework normativo “derivato” della s.r.l. aperta i diritti di controllo. Ricercando degli indici strettamente giuridici mediante i quali avvalorare le evidenze empiriche di incompatibilità, emerge in senso contrario la natura della s.r.l. aperta quale variante del tipo ordinario, unitamente alla vista mancanza di specificazioni normative sul punto; il che finisce paradossalmente per deporre a favore della sussistenza dei diritti di informazione ed ispezione nella disciplina suppletiva. In ogni caso, quello che non sembra corretto trarre da queste ultime considerazioni è l’esistenza di una sorta di postulato “affievolito”, nel senso che non sarebbero necessarie ulteriori e più profonde argomentazioni per suffragare o viceversa confutare la conclusione raggiunta, per cui si potrebbe essere legittimati a bypassare qualsivoglia più profonda ricostruzione del modello di default e così finire per ricercare la soluzione della quaestio iuris di riferimento sic et simpliciter nella conformazione concreta dei singoli statuti, vale a dire nell’individuazione di spazi e limiti della stessa. Un simile procedere non potrebbe condividersi, [continua ..]


10. Tentativo di ricostruzione dell’ipotesi generale degli statuti reticenti

La domanda fondamentale che ci si deve porre, lo si è già accennato, è quale sia la sorte dei diritti di controllo nel modello legale di s.r.l. aperta. Risulta anzitutto necessario considerare che, una volta qualificata la natura giuridica della s.r.l. aperta alla stregua di un modello, sotto-tipo, o meglio variante [[113]], a ciò consegue un’insuperabile autoreferenzialità del tipo s.r.l. ordinaria e della sua disciplina, ossia l’unica dettata, volendo significare che tale assetto normativo tradizionale resterebbe comunque la base anche per le s.r.l. con quote diffuse tra il pubblico in assenza di diverse disposizioni statutarie [[114]]. Ecco che la risposta al quesito dianzi proposto dovrebbe essere nel senso della piena sussistenza dei diritti di controllo nel modello base di s.r.l. aperta. Questa conclusione non può tuttavia dirsi, in aderenza a quanto già ipotizzato, totalmente appagante, ma deve essere sottoposta ad ulteriori revisioni critiche. Occorre quindi verificare la condivisibilità giuridica del contrapposto assunto sostanziale che individua nell’apertura al mercato della compagine sociale un elemento impeditivo della configurabilità dei diritti in oggetto. Si tratta cioè di rivestire di giuridicità la detta incompatibilità, giungendo in via estrema a predicare la disapplicazione integrale ex lege dell’art. 2476, 2° comma, c.c. [[115]] e, di conseguenza, la sua sostituzione con la meno pervasiva disposizione in materia collocata nella disciplina azionaria. Ma anche quest’ultima impostazione presenta dei limiti e non permette in fondo di discostarsi dalla pur contraddittoria soluzione della generalizzata sussistenza dei diritti di controllo nella disciplina basica. Gli è infatti che per avallare una simile tesi e consentire la disapplicazione di tale istituto occorre a rigore recuperare un espresso od implicito, generale o specifico, suffragio nel diritto positivo [[116]], non essendo verosimilmente sufficiente far riferimento alla sua incompatibilità ontologica con l’apertura al mercato. Più in particolare non vi è traccia né di una norma generale di rinvio previo vaglio di compatibilità alla piattaforma normativa comune della s.r.l. oppure a quella della s.p.a., né di una norma specifica che consenta di applicare l’art. 2422 c.c. in luogo [continua ..]


11. Il fondamentale ruolo dell’autonomia statutaria: spazi e limiti

Dall’appena delineato quadro ricostruttivo risulta che la chiave di volta del sistema debba individuarsi nell’esplicazione dell’autonomia statutaria, la quale sarà chiamata a svolgere un insostituibile ruolo in materia, così da poter conservare quelle disposizioni del tipo non incompatibili con l’apertura al mercato ovvero con il carattere para-azionario ed invece derogare, seppure nei limiti di quanto consentito, a quelle pensate strutturalmente per una società a base ristretta [[124]]. La complessità della trattazione richiede di suddividerla, dapprima procedendo ad un inquadramento dogmatico generale del problema, che risulterà poi strettamente funzionale a consentire di prospettare alcune soluzioni con riferimento alle principali fattispecie che potrebbero ricorrere nella prassi.


11.1. Inquadramento dogmatico generale

Una considerazione di ordine generale, prodromica a qualsiasi altro ragionamento in materia, si rende necessaria in ordine al profilo soggettivo delle compagini di riferimento, essendosi vieppiù fatta strada la concezione della tendenziale apatia dei soci crowdfunders (retail), i quali appunto non sarebbero interessati alla gestione sociale, considerato che singolarmente sottoscrivono quote minimali e non dispongono di conoscenze tecniche, il che consentirebbe di spiegare la diffusione delle offerte di quote prive dei diritti di voto relativamente a sottoscrizioni che non superino una certa percentuale di capitale. A ben vedere, tale modo di argomentare, lo si è già accennato nelle considerazioni introduttive [[125]], non è in assoluto condivisibile, in quanto potrebbero tuttavia darsi dei casi in cui anche i soci crowdfunders risultino interessati al business plan dell’impresa finanziata, nonché ad una partecipazione attiva, richiedendo informazioni e svolgendo una sorta di monitoring sullo sviluppo del progetto e quindi in ordine alle scelte gestorie e di governance che vengono poste in essere [[126]]. È necessario che questa considerazione non sia ignorata, ma non può e non deve indurre ad escludere l’intervento statutario in pejus relativamente a tali diritti [[127]], così come quella sullo scarso attivismo dei soci non può comportarne la piena ed incondizionata derogabilità. Oltre a ciò, da una prospettiva questa volta oggettiva di inquadramento della s.r.l. aperta, occorre considerare che nel corso di questo scritto più volte si è fatto cenno alla profonda incompatibilità sostanziale dell’istituto rispetto al carattere dell’apertura al mercato, o meglio si dovrebbe dire para-azionario, delle s.r.l. P.M.I. (o start up innovative) che abbiano fruito delle relative deroghe. È stato però altresì precisato che l’incompatibilità non è l’unica possibile ricostruzione o comunque non esaurisce tutti i rapporti di relazione tra il controllo individuale ed il modello aperto, in quanto esistono anche profili opposti, per il fatto che questi diritti potrebbero porsi come presidio dei soci investitori, ancorché neppure da tale ultimo dato risulti categoricamente possibile argomentare nel senso dell’impera­tività della loro disciplina [[128]], non [continua ..]


11.2. Casistica e possibili soluzioni

È necessario a questo punto adottare un approccio di tipo casistico, prendendo in esame una pluralità di ipotesi in ragione sia della tipologia di quote ordinarie o speciali coinvolte, sia della misura di compressione dei diritti di controllo. Per quanto riguarda il primo aspetto, è sufficiente ricordare le differenti tecniche di conformazione e modulazione degli assetti partecipativi che impattano anche sui diritti qui rilevanti consentendone una calibrazione che si muove tra la rimodulazione in pejus e l’esclusione. Si fa riferimento alla categorizzazione delle quote offerte alla massa degli investitori, nonché al riconoscimento di diritti particolari a certi soci secondo lo schema dell’art. 2468, 3° comma, c.c. [[134]]. Da precisare però che sarà talvolta in certa misura necessario combinare tra loro tali strumenti [[135]]. Per quanto riguarda invece il secondo aspetto, è importante, oltre a studiare il caso in cui l’autonomia statutaria intenda sterilizzare i diritti di controllo, anche verificare se accanto a tale soluzione radicale possano darsi delle vie intermedie, con cui valorizzare il ruolo di certi quotisti rispetto ad altri. In questo senso, si esporranno i casi in ordine “decrescente” per quanto attiene alla compressione dei diritti di interesse. In aderenza all’impostazione dogmatica assunta, tutta la trattazione che segue assumerà quale presupposto la derogabilità (integrale) dei diritti di controllo nel tipo ordinario [[136]]. Muovendo dall’analisi dell’ipotesi più radicale, ossia quella della totale soppressione del controllo individuale, si rileva che nella s.r.l. aperta i diritti di informazione in senso lato non costituiscano un profilo caratterizzante; anzi, essi si pongono sostanzialmente in contraddizione con i caratteri del modello di cui trattasi [[137]]. Ecco che, seppure soltanto in prima approssimazione, dovrebbe ammettersi la derogabilità integrale dell’istituto in esame [[138]]. Da considerare che tutto il ragionamento circa la derogabilità deve essere condotto avendo riferimento esclusivo al sotto-tipo ed alle sue caratteristiche, prescindendo dal tipo [[139]]. Questo però non significa, almeno per quanto qui interessa, incompatibilità totale del controllo individuale con l’essenza della variante aperta, posto che proprio questo [continua ..]


12. Alcune riflessioni conclusive anche nella prospettiva de lege ferenda

Volendo in conclusione trarre le fila, seppur non definitivamente, dell’analisi condotta, tre sembrano essere le linee direttrici che innervano l’argomento. La prima è di carattere metodologico e riguarda la necessità di tenere distinti due fondamentali piani di analisi, ossia quello della ricostruzione del controllo individuale nell’ambito del modello standard di s.r.l. aperta rispetto a quello differente degli spazi e dei limiti dell’autonomia statutaria, altresì considerando che tali profili risultano avvinti da un inscindibile rapporto di preliminarietà logica, per cui una ricostruzione non adeguatamente motivata in relazione al primo finisce inevitabilmente per inficiare il secondo. Inoltre, allo stato della vigente legislazione non sembra corretto, quanto alla fondamentale ipotesi degli statuti reticenti, dare per presupposto né la sussistenza dei diritti di controllo nel sotto-tipo in esame, né la loro disapplicazione ex lege e così passare direttamente a trattare delle conformazioni statutarie. La seconda si potrebbe latamente definire di carattere assiologico, nel senso che non pare possibile esclusivamente affidarsi al conflitto di “valori” sottesi al modello para-azionario rispetto a quelli portati dalla disciplina del tipo ordinario oggetto di un “innesto” mal riuscito del legislatore. È evidente che una simile antinomia è basata su semplici valutazioni empiriche e sostanziali ed omette di considerare quelle più strettamente giuridico-formali e quindi interpretative; vi dovrebbe piuttosto essere una compenetrazione tra i due aspetti, quello sostanziale e quello giuridico, ed il secondo dovrebbe essere ricostruibile valorizzando il primo. Si vuole cioè dire che dall’in­compatibilità dell’istituto del controllo individuale rispetto all’assetto generale del modello con quote diffuse, non è possibile di per sé solo trarre il corollario per cui questo debba dirsi sempre fuori dal perimetro della variante aperta. Ciò è tanto più vero ove si cerchi per quanto possibile di offrire non semplicemente una soluzione al tema, ma un percorso per giungere alla medesima che sia giuridicamente spiegabile in ogni suo passaggio e che ambisca ad avere solide basi sistematiche, al di là di tutti i problemi che inevitabilmente ingenera la non brillante tecnica [continua ..]


NOTE