Per meglio far fronte alla crisi indotta dalla diffusione del covid, oltre a interventi in materia di insolvenza e società in (pre)crisi nonché all’introduzione di regole, ove necessarie, per consentire alle società di tenere assemblee virtuali, le ragioni del primum vivere e le condizioni di estrema incertezza dell’attuale fase congiunturale giustificano misure emergenziali in materia di diritto societario. Dopo alcune riflessioni generali sul tipo di regole necessarie in questi tempi eccezionali, vengono forniti esempi di interventi temporanei di diritto societario per gestire l’emergenza. In particolare, sono suggerite regole per facilitare le iniezioni di capitale azionario e i prestiti dei soci, congiuntamente ad attenuazioni del regime della responsabilità degli amministratori e a misure volte a proteggere le società dalle acquisizioni ostili. Tutti questi interventi dovrebbero avere natura meramente dispositiva e un termine predefinito di permanenza in vigore. Il saggio contiene infine alcune riflessioni su come rendere il diritto societario “ordinario” pronto per affrontare emergenze simili in futuro. L’obiettivo è quello sia di ridurre il rischio che le eccezionali misure temporanee emanate per questa crisi siano rese permanenti con la scusa che un’altra crisi potrebbe materializzarsi in futuro sia di avere già a disposizione meccanismi di adattamento rapido per rispondere a una prossima crisi.
This essay argues that, to address the covid crisis, in addition to creating a special temporary insolvency regime, relaxing provisions for companies in the vicinity of insolvency, and enabling companies to hold virtual meetings, policymakers should tweak company law to facilitate equity and debt injections and address the consequences of the extreme uncertainty faced by European firms. After some general reflections upon the type of rules that are needed in these exceptional times, examples of temporary corporate law interventions for the emergency are provided. Specifically, rules to facilitate injections of equity capital and shareholder loans are suggested, together with relaxations of directors’ liability rules and measures to protect firms against hostile takeovers. All these measures should apply merely by default and only for so long as the emergency lasts. The essay concludes with some thoughts about how to make normal-times corporate law ready for similar emergencies in the future. The goal is both to reduce the risk that the temporary extreme measures enacted for this crisis are made permanent under the pretence that another crisis may hit again and to have quick adaptation mechanisms already in place to respond to such a crisis.
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1. Introduzione - 2. Come affrontare la crisi covid: un quadro di riferimento per adattare il diritto societario - 3. L’adattamento del diritto societario: quali interventi? - 3.1. Primum vivere: la semplificazione delle regole in materia di iniezioni di capitale di rischio e di debito - 3.2. Come affrontare l’estrema incertezza - 3.2.1. La responsabilità degli amministratori - 3.2.2. Le acquisizioni ostili - 3.3. Prepararsi a crisi future - 4. Conclusioni - NOTE
Per fare fronte alla pandemia, i governi di tutto il mondo hanno preso e stanno adottando misure eccezionali, specialmente in materia di salute e finanza pubbliche e politiche monetarie. Esse toccano i più vari aspetti della vita sociale ed economica di ciascun paese e lasciano inalterati ben poche partizioni del diritto. Inevitabilmente esse incidono anche sulle società per azioni e la loro governance. Tra le misure di diritto amministrativo, di grande rilevanza per la governance delle società per azioni vi sono le regole che ampliano i poteri pubblici di autorizzazione degli acquisti di pacchetti azionari significativi (ad esempio in Francia [1], Germania [2] e Italia [3]). Proposte ancora più forti sono state avanzate, e in alcuni casi adottate, nella direzione di iniettare fondi pubblici nelle società in cambio di azioni (Germania [4] e Italia [5]) o addirittura di nazionalizzare le imprese (Francia [6]). E non sono mancate, ovviamente, le incursioni nel diritto privato, in particolare nel diritto della crisi d’impresa e dell’insolvenza [7]. In particolare, vi sono stati interventi in tema di responsabilità degli amministratori in prossimità dell’insolvenza, un tema al confine tra diritto dell’insolvenza e diritto societario. Ciò è avvenuto ad esempio nel Regno Unito [8], in Australia [9], in Germania [10], in Svizzera [11] e in Nuova Zelanda [12]) [13]. Inoltre, taluni degli ordinamenti che prevedono ancora la regola “ricapitalizza o liquida” (art. 2447 c.c. ed equivalenti), come, oltre al nostro, quelli spagnolo [14] ed ecuadoregno [15], hanno scelto di sospendere la sua applicazione durante la crisi [16]. In Italia sono state sospese anche le norme sulla subordinazione dei prestiti dei soci [17]. Questo saggio suggerisce l’opportunità di modificare anche le norme di diritto societario che non riguardano specificamente le società in crisi al fine di meglio contrastare l’emergenza. Interventi del genere sono già stati presi, ad esempio nel Regno Unito [18] e in Italia [19], con riguardo alle regole sulle modalità e i tempi delle assemblee, nella misura in cui, laddove non consentissero adunanze virtuali o forme di rappresentanza collettiva degli azionisti, fossero in contrasto con le norme o le linee guida sul distanziamento sociale [20]. Tuttavia, le sfide per le [continua ..]
In che modo si dovrebbe intervenire sul diritto societario per fronteggiare un’emergenza come la crisi da covid? In primo luogo, ove possibile, la preferenza dovrebbe essere per la semplicità degli interventi. A parità di altre condizioni, andrebbero favorite la sospensione dell’efficacia delle norme esistenti o l’estensione in via temporanea dell’applicazione di regole più lasche a fattispecie simili per le quali il diritto societario “dei tempi normali” preveda un regime più severo. Un’alternativa a queste forme basilari di intervento consiste nell’elaborazione di nuove regole da applicare in via temporanea in sostituzione di quelle normalmente vigenti. Mentre in alcuni casi ciò può essere necessario (come illustreranno alcuni degli esempi riportati nel paragrafo 3), una particolare cautela è doverosa quando si contempla l’introduzione di regole nuove in una situazione come quella attuale: la sperimentazione di nuove regole (di diritto societario e non) in tempi eccezionali comporta il rischio che esse non siano adeguatamente ponderate, ad esempio assoggettandole a un processo di consultazione o a un’analisi costi-benefici [21]. Inoltre, in circostanze simili, è più probabile che vengano adottate soluzioni estreme, rispondenti a una logica di iper-interventismo statale quando non anche di “protezionismo dissimulato” [22]. Infine, le nuove misure potrebbero essere motivate dall’esigenza di rispondere alla spinta a “fare qualcosa”, piuttosto che dall’effettiva esigenza di introdurre nuove misure [23]. Mentre i legislatori e i governi hanno molti modi per dimostrare all’opinione pubblica che si stanno dando da fare per affrontare la crisi, le autorità di regolamentazione dei mercati finanziari potrebbero trovarsi nella scomoda posizione di essere visti come attori marginali e inefficaci e di essere quindi fortemente tentati dall’idea di inventare di intervenire, in qualunque modo, pur di affermare la propria utilità [24]. Per questo motivo, la concessione di nuovi poteri di emergenza ai regolatori, se non in chiave di allentamento o sospensione delle norme esistenti, dovrebbe essere evitata, tanto più che già tali autorità dispongono di poteri speciali per affrontare le crisi. Tutte le misure di emergenza dovrebbero avere un termine finale di [continua ..]
Quali regole, dunque, dovrebbero essere sospese o rese meno stringenti? Ogni ordinamento è, ovviamente, diverso e può pertanto richiedere interventi diversi, ma qui si evidenziano alcune aree che il legislatore euro-unitario e quelli dei singoli Stati membri potrebbero utilmente prendere in considerazione. I suggerimenti che seguono sono formulati avendo in mente le società quotate, per quanto la maggior parte di esse parrebbe da ritenersi appropriata anche per le altre società per azioni. In vari casi, gli interventi suggeriti riguardano regole di diritto societario di dubbia giustificazione anche in tempi normali. Tuttavia, in linea con le considerazioni svolte in precedenza circa il rischio di prendere decisioni affrettate e insufficientemente motivate in tempi eccezionali, tutte le modifiche sono qui suggerite come deviazioni temporanee dalle regole dei tempi normali anche quando chi scrive si sia trovato in passato a condividere i dubbi sui relativi meriti. Qualsiasi valutazione dei costi e dei benefici di tali regole in tempi normali non può ovviamente essere fatta in questa sede; al riguardo ci si limiterà pertanto ad alcuni (incompleti) riferimenti bibliografici nelle note a piè di pagina.
Quando si tratta di seguire l’imperativo del primum vivere, ci si deve domandare se vi siano regole di ostacolo a decisioni rapide per questioni dalle quali può dipendere la vita dell’impresa in forma societaria. Mentre l’attenzione dei legislatori è attualmente focalizzata perlopiù sul fatto che le società possano continuare ad accedere al credito, è chiaro che anche la rapida raccolta di capitale di rischio potrebbe rappresentare una ciambella di salvataggio per molte imprese. I governi di molti paesi non sono di particolare aiuto a questo riguardo, laddove sono intenti ad inasprire le regole in materia di golder power [30]. Ma potrebbero anche fare (e alcuni di essi hanno fatto) qualcosa di utile rendendo più semplice e rapida la raccolta di capitali. Negli ordinamenti, come quelli euro-unitari, in cui la legge conceda agli azionisti il diritto di opzione sulle azioni di nuova emissione, il legislatore potrebbe allentare (se non addirittura sospendere) le relative disposizioni, così da ridurre il tempo necessario per eseguire una delibera di aumento di capitale (all’interno dell’UE, di almeno 14 giorni: art. 72, par. 3, direttiva (UE) 2017/1132) e rendere più facile il reperimento di un finanziatore disponibile a immettere capitale di rischio [31] [32]. Poiché la tempestività dell’operazione può essere essenziale quando si tratta di ottenere nuovi finanziamenti, un’altra disposizione che potrebbe essere sospesa o circoscritta è quella che richiede che gli azionisti approvino gli aumenti di capitale o conferiscano delega al riguardo agli amministratori, ovviamente nei limiti fissati, per i singoli stati membri, dall’art. 68, direttiva (UE) 2017/1132 [33]. L’adozione di simili misure aumenta il rischio che gli azionisti esistenti subiscano una diluizione ad opera degli acquirenti di azioni di nuova emissione, ove queste siano emesse a (forte) sconto. Ma, specialmente ove si tratti di operazioni con parti correlate ovvero laddove vi siano altre forme di abuso a danno delle minoranze, per farvi fronte dovrebbero poter essere attivati rimedi ex post, compresa l’azione di responsabilità per violazione del dovere di lealtà degli amministratori; nelle circostanze attuali un simile assetto, sbilanciato dal lato della celerità dell’azione, pare preferibile quale soluzione [continua ..]
Due discipline le cui regole potrebbero essere oggetto di revisione temporanea per fronteggiare l’estrema incertezza di questi tempi sono quelle della responsabilità degli amministratori e delle opa ostili [40].
Le aziende non devono essere prossime all’insolvenza perché i loro amministratori prendano decisioni terribilmente sbagliate, a maggior ragione nelle presenti circostanze. Gli ordinamenti nei quali il rischio di essere dichiarati responsabili dei danni arrecati alla società per violazione del dovere di diligenza è significativo possono rivelarsi eccessivamente severi all’interno di un contesto caratterizzato da estrema incertezza. Ad esempio, la versione tedesca della regola del giudizio imprenditoriale richiede che l’amministratore convenuto dimostri di aver adempiuto il proprio dovere di prendere decisioni informate [41]. Sebbene il rischio di responsabilità negli ordinamenti europei sia serio solo in caso di insolvenza, le violazioni del dovere di diligenza che si verificano prima che una società entri in crisi possono normalmente essere fatte valere anche dagli organi fallimentari [42]. Nel mezzo di una crisi, come mentre si scrive, si è tutti consapevoli dell’estrema incertezza nella quale gli amministratori e i manager prendono le proprie decisioni. Tuttavia, tale incertezza è destinata a tornare a livelli normali in un futuro (si spera) non troppo lontano e noi (come i giudici e i regolatori in almeno alcune giurisdizioni) potremmo rivelarci inclini a concludere che scelte fatte durante la crisi e poi rivelatesi dannose avrebbero potuto e dovuto essere evitate se gli amministratori avessero dato il giusto peso alle informazioni in grado di far anticipare la possibilità di sviluppi negativi. Naturalmente, i giudici sono tenuti a non usare il senno di poi nel giudicare il comportamento degli amministratori di società. E non si ha difficoltà ad ammettere che da nessuna parte gli amministratori rispondono per decisioni sbagliate, a condizione, di solito, che il processo decisionale sia corretto e che le decisioni non solo si basino su informazioni adeguate ma anche che potessero giudicarsi ragionevoli al momento in cui furono prese. In altre parole, i giudici devono mettersi nei panni degli amministratori nel momento in cui fu presa la decisione (o compiuta l’operazione) oggetto di contenzioso. Tutto ciò è ampiamente assodato. Nondimeno, il senno di poi può facilmente influire sul metro di giudizio con cui si valuta una decisione presa in un contesto economico estremamente incerto ormai superato senza che necessariamente se ne [continua ..]
L’estrema incertezza, unita all’efficacia dei meccanismi di accountability che caratterizzano i mercati dei capitali di oggi (o forse che li hanno caratterizzati fino a ieri), potrebbe portare a scelte manageriali facili da comprendere e giustificare da parte dei mercati, ma subottimali [51]. O, più prosaicamente, l’estrema incertezza può portare a ribassi dei corsi azionari [52], che a loro volta possono attirare offerte ostili e iniziative di fondi attivisti. Coerentemente con questo quadro, le pillole avvelenate hanno registrato una sorta di revival negli Stati Uniti nella primavera del 2020 [53]. Negli ordinamenti in cui difese equivalenti non sono disponibili, come quelli europei (con l’eccezione dei Paesi Bassi), le società possono trovarsi a dover fare affidamento pesantemente sui governi e i loro golden power per respingere le offerte ostili e le iniziative dei fondi attivisti. La protezione governativa, tuttavia, può essere invocata solo in un sottoinsieme di casi e, d’altra parte, è tutt’altro che gratis. Ne sono escluse le società target che non detengono “asset strategici” tali da giustificare l’uso dei poteri in questione. Inoltre, lo scalatore potrebbe avere relazioni migliori con il governo che la società target: fattori geopolitici potrebbero persino indurre il governo ad autorizzare un’acquisizione ostile per mantenere buoni rapporti con il governo della società offerente. Ancora, potrebbe essere necessario spendere capitale politico per ottenere un veto del governo e il veto potrebbe essere esercitato a condizione che la società target tenga determinati comportamenti o sia pronta a rispondere alla “chiamata” del governo in un futuro anche prossimo. Infine, i governi non possono intervenire contro gli attivisti, se questi ultimi rimangono al di sotto delle soglie che attivano i golden power. Nelle circostanze attuali, sono gli stessi azionisti che potrebbero preferire che i manager possano concentrarsi sulla gestione sociale piuttosto che dedicare i propri sforzi alle difese da opporre a un’offerta a prezzo basso o alla campagna di un attivista [54]. Quindi, lasciando da parte la questione se le regole imperative che impediscono le difese contro le acquisizioni o le campagne degli attivisti siano giustificate in tempi normali [55], fino a quando la crisi non sarà [continua ..]
La crisi attuale ci insegnerà molte lezioni. Una di queste, piccola tra le tante e, si spera, destinata a restare irrilevante, potrebbe essere che, se un’altra crisi come questa dovesse colpirci, sarà meglio disporre già di un quadro normativo che ci permetta di adattare rapidamente il diritto societario alla nuova emergenza. Un modo per raggiungere questo obiettivo consiste nel mettere in piedi meccanismi di governance regolamentare per facilitare l’adattamento del diritto societario dei tempi normali ai tempi di emergenza. Ciò avrebbe due vantaggi principali: in primo luogo, se una crisi grave come quella attuale dovesse intervenire di nuovo, l’adattamento sarebbe più rapido e, si spera, meglio ponderato; e, in secondo luogo, tali meccanismi di governance regolamentare potrebbero ridurre il rischio che soluzioni di emergenza sproporzionate per i tempi normali siano rese permanenti con la giustificazione (o meglio la scusa [57]) che un’altra crisi potrebbe colpire in futuro e faremmo meglio ad essere adeguatamente preparati. Si tratterebbe di includere nella legislazione in materia di diritto societario una delega al governo a dichiarare sussistenti le condizioni di emergenza affinché un insieme predeterminato di regole possa essere sospeso (o sostituito da un insieme più snello), individuando altresì il termine di efficacia della deviazione dalle norme ordinarie. Per identificare quali regole dovrebbero essere modificate, l’esperienza di questa crisi potrà aiutare. Ovviamente, i parlamenti potrebbero sempre riappropriarsi di tali poteri o limitarli e la legislazione societaria potrebbe anche prevedere che la sospensione delle norme in questione segua ipso jure una dichiarazione di emergenza, senza dare al governo alcuna discrezionalità in merito a quali deviazioni dalla legge dei tempi normali dovrebbero intervenire. Peraltro, ogni crisi è diversa e pone problemi diversi: dunque, è tutt’altro che ovvio che le stesse misure estreme funzionerebbero bene in diverse circostanze estreme.
In questi tempi eccezionali possono essere d’aiuto a superare la crisi regole di diritto societario che si discostano dal diritto societario dei tempi normali in considerazione dell’eccezionale rischio di insolvenza che le imprese corrono e, anche per quelle ragionevolmente meno esposte a tale rischio, dell’estrema incertezza in cui esse operano. Queste modifiche dovrebbero assumere la forma di regole dispositive e temporanee. Le aree in cui avrebbe più senso attuare tali interventi comprendono gli aumenti di capitale, i prestiti dei soci, i trasferimenti di controllo, la responsabilità degli amministratori e le acquisizioni ostili. Sebbene alcune delle regole dispositive temporanee qui suggerite possano essere giustificate anche in tempi normali, si è qui raccomandata la loro adozione all’esclusivo scopo di consentire alle imprese di affrontare meglio la crisi corrente. Quando la crisi sarà finita, la discussione sui loro meriti potrà riprendere (o proseguire), forse in un contesto economico definitivamente mutato, che richiederà eventualmente di ripensare alle vecchie regole del diritto societario da nuove prospettive. Ma, nel frattempo, possiamo accontentarci della conclusione che ciò che potremmo rendere permanente delle risposte alle crisi nel settore del diritto societario (e forse in altri) dovrebbero essere meccanismi di governance regolamentare che consentano un rapido passaggio al diritto societario dell’emergenza.