Rivista di Diritto SocietarioISSN 1972-9243 / EISSN 2421-7166
G. Giappichelli Editore

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Applicabilità della business judgment rule alle scelte in materia di assetti societari adeguati (di Alice Briguglio)


Il contributo affronta la tematica dei limiti al sindacato giudiziale riguardo alle scelte degli amministratori di società in punto di predisposizione di assetti organizzativi, amministrativi e contabili adeguati. Il tema è assai delicato in ragione della particolarità dell’obbligo in questione, imposto perentoriamente e specificamente ma mediante l’utilizzo di una clausola generale, quella dell’“adeguatezza”, ben difficile da decifrare; e soprattutto in ragione della molteplicità e complessità di scelte, anche molto diverse tra loro, potenzialmente riconducibili all’ambito delle determinazioni in materia di assetti. L’Ordinanza in commento affronta la questione della sindacabilità di dette scelte da parte dell’organo giudicante e conclude per l’applicabilità anche ad esse della c.d. business judgment rule. Il contributo propone invece una differente impostazione, che muove dalla diversità tra metodo e merito nelle scelte gestorie, ascrivendo le determinazioni in materia di assetti al piano del metodo. Si esclude perciò tendenzialmente l’applicazione della business judgment rule alle determinazioni in questione, e tuttavia si propongono alcuni temperamenti al sindacato giudiziale dovuti alla frequente intrinseca commistione tra assetti e merito gestorio.

Applicability of the business judgment rule to choices regarding adequate corporate structures

The paper addresses the issue of the limits to judicial review over choices made by companies’ directors in the preparation of adequate organizational, administrative and accounting structures. The question is quite controversial not only because of the peculiarity of the duty at issue, imposed peremptorily and specifically but using a general clause, that of “adequacy”, which is very difficult to define, but also because of the variety and complexity of choices, also very different one from another, that are potentially referable to the scope of the determinations in the field of organizational structures. The Decision in question addresses the question of the judicial review over these choices and concludes for the applicability also to the latter of the so-called business judgment rule. On the other hand, the paper suggests a different approach, based on the difference between method and merit in the management choices, and places the decisions on structure at the level of the method. Therefore, it excludes the application of the business judgment rule to the choices at issue but it yet offers some adjustments to the width of judicial review due to the frequent intrinsic interaction between structure and business decisions.

Keywords: business judgment rule – company structures – adequate company structures

L’estinzione della società per avvenuta cancellazione volontaria dal registro delle imprese non priva i soci dell’interesse alla decisione in un giudizio di accertamento di un credito sociale coltivato dal liquidatore prima di detta cancellazione. (1) La c.d. business judgment rule trova applicazione anche con riferimento alle determinazioni degli amministratori in materia di assetti organizzativi, amministrativi e contabili adeguati, quali quelle relative alla assunzione ed organizzazione del personale. Nonostante il limite derivante dalla applicazione della business judgment rule, costituisce violazione del dovere di diligenza gravante sugli amministratori di società di capitali l’assunzione – manifestamente irrazionale – di un numero elevato di personale dipendente in stato di sostanziale inattività della società. (2) Massime non ufficiali   Svolgimento del processo – con atto di citazione ritualmente notificato, la E. S. s.r.l. in liquidazione conveniva in giudizio i sig.ri G. M. e G. S., per ottenere l’accerta­mento della responsabilità di questi ultimi per gli atti di mala gestio compiuti nell’adempimen­to del loro incarico, rispettivamente di ex Presidente del consiglio di amministrazione (nonché di consigliere delegato) e di ex direttore generale della società attrice, con conseguente condanna in solido, dei medesimi, al risarcimento di tutti i dan­ni subiti dalla società, quantificabili in circa € 4.150.000,00; (Omissis) – nel corso di tale giudizio, peraltro, si costituiva volontariamente, ai sensi del combinato disposto degli artt. 110,300 e 302 c.p.c., l’Ente Nazionale di Previdenza ed assistenza dei medici e degli odontoiatri – Fondazione E., ex socio unico della società E. S. s.r.l. in liquidazione, me­dio tempore cancellata dal registro delle imprese a seguito di istanza presentata dal suo liquidatore; – successivamente, con ricorso depositato in cancelleria il 30 dicembre 2019, la Fondazione E. chiedeva al Tribunale, ai sensi degli artt. 671 e 669 quater c.p.c., di “autorizzare, anche inaudita altera parte, il sequestro conservativo su tutti i beni mobili, immobili, mobili registrati, crediti, assegni, titoli, conti corrente e/o eventuali altre indennità e somme dei convenuti, dott. G. M. e dott. G. S. , sino alla concorrenza del credito azionato e comunque nella misura non inferiore ad euro 2.455.709,97, oltre interessi e rivalutazione come per legge”; (Omissis) – con decreto emesso inaudita altera parte in data 31 dicembre 2019, questo Giudice autorizzava la Fondazione E. ad iscrivere il sequestro conservativo sui beni, mobili, immobili e i crediti dei sig.ri G. M.e G. S., fino a concorrenza del­l’importo di € 2.455.709,97; fissava inoltre [continua..]
SOMMARIO:

1. Il caso - 2. Collocazione sistematica e peculiarità dell’obbligo di predisporre assetti adeguati; l’applicazione della BJR in materia secondo l’ordinanza in commento - 3. Le pregresse posizioni della dottrina3. Le pregresse posizioni della dottrina - 4. Un approccio intermedio fondato sulla distinzione tra metodo e merito nell’attività di gestione - 5. Segue. Tendenziale non applicabilità della BJR alle scelte in materia di assetti - 6. Segue. La interconnessione tra metodo e merito gestorio come limite al sindacato del giudice (con una postilla sul problematico inquadra­mento delle scelte sull’assunzione del personale) - 7. Conclusione - NOTE


1. Il caso

Se la prima massima riconducibile alla decisione in commento relativa all’estin­zione della società per avvenuta cancellazione volontaria dal registro delle imprese ed alla circostanza che essa non privi i soci dell’interesse alla decisione in un giudizio di accertamento di un credito sociale coltivato dal liquidatore prima di detta cancellazione, si iscrive nel solco di un orientamento giurisprudenziale ormai consolidato [1], as­sai più innovativa è la seconda parte della pronuncia che affronta, a quanto consta per la prima volta, il delicato tema del rapporto tra doveri di istituzione di adeguati assetti societari e discrezionalità imprenditoriale. La pronuncia in commento [2] è intervenuta sulla questione della applicabilità o meno alle scelte in materia di “assetti adeguati” della c.d. business judgment rule, la quale, al di là della accezione originaria e propria della giurisprudenza nordamericana, è regola comune, con varietà d’impostazioni, a sva­riate culture giuridiche. In virtù della business judgment rule – com’è noto e detto in breve – il giudice, chiamato ad accertare la responsabilità degli amministratori, non potrà sindacare nel merito l’opportunità delle decisioni, ma dovrà limitarsi a verificare l’osser­vanza diligente degli obblighi di condotta [3]. Nel caso di specie, si trattava di una azione di responsabilità sociale promossa avverso gli amministratori di una società a responsabilità limitata “colpevoli” di aver assunto imprudentemente e prematuramente “un numero esorbitante di personale dipendente a tempo indeterminato” causando un danno all’integrità patrimoniale della società. Ricondotta la situazione e la relativa opzione degli amministratori all’alveo delle scelte organizzative in materia di assetti adeguati alla natura ed alle dimensioni dell’im­presa [4], si è posta per l’appunto la questione della sindacabilità nel merito di quella opzione da parte dell’organo giudicante e, più in generale, dei limiti del sindacato giudiziale rispetto alle scelte organizzative corrispondenti alla predisposizione degli “assetti adeguati”.


2. Collocazione sistematica e peculiarità dell’obbligo di predisporre assetti adeguati; l’applicazione della BJR in materia secondo l’ordinanza in commento

Vale in termini generali premettere che l’ormai inequivocabile estensione transtipi­ca dell’obbligo di predisporre assetti organizzativi, amministrativi e contabili adegua­ti, realizzatasi ad opera del Codice della cri­si [5], ha rinvigorito la rilevanza della riflessione circa le conseguenze di questo dovere sulla responsabilità degli organi societari. A tal proposito la questione della applicabilità o meno della business judgment rule alle decisioni in materia di assetti si è posta tradizionalmente, già all’indomani della riforma del 2003 e riguardo agli obblighi in tal senso gravanti, per lo meno secondo l’e­splicito dettato normativo, sul solo organo gestorio della s.p.a., in applicazione dell’art. 2381 c.c. [6]. La tematica dei limiti del sindacato giudiziale in proposito è per la verità assai delicata. E ciò certamente in ragione della particolarità dell’obbligo in questione, imposto perentoriamente e specificamente ma mediante l’utilizzo di una clausola generale, quella dell’“adeguatezza”, ben difficile da decifrare [7]; e soprattutto in ragione della molteplicità e complessità di scelte, anche molto diverse tra loro, riconducibili all’ambito delle determinazioni in materia di assetti. Se è certamente vero che queste ultime sono decisioni ascrivibili in senso lato alla gestione dell’impresa, esse, però, riguardan­do l’aspetto organizzativo, si collocano, rispetto alle scelte gestionali ed operative in senso stretto, più propriamente sul piano del metodo piuttosto che del merito. È d’altra parte anche vero che tali opzioni di “metodo” in materia di assetti possono essere il frutto di complesse e penetranti valutazioni attinenti alla “natura, l’attività, la struttura proprietaria ed il relativo grado di apertura al mercato del capitale di rischio, le dimensioni e la complessità operativa e degli obiettivi strategici di medio e lungo periodo” [8]; e da ciò si deduce non solo che non è possibile definire l’adeguatezza organizzativa e che non esiste un assetto organizzativo ideale, ma anche che si tratta di variabili nella cui valutazione di merito dovrebbe potersi addentrare solo l’amministratore. La pronuncia in commento, muovendo dal [continua ..]


3. Le pregresse posizioni della dottrina3. Le pregresse posizioni della dottrina

Prima di esprimersi su tale conclusione, fondata su una motivazione accurata e approfondita sia quanto alla elaborazione e giu­stificazione del principio di diritto che quanto alla decisione concreta del caso di specie [10], occorre richiamare brevemente le ragioni poste a sostegno dei due opposti orientamenti che si sono andati sviluppando in dottrina e rispetto ai quali la pronuncia in commento ha preso posizione. A supporto della non applicabilità della business judgment rule [11] si è valorizzata la distinzione tra obblighi a contenuto specifico ed obblighi a contenuto generico per concludere che con riferimento ai primi, cui si ascriverebbe l’obbligo di predisporre assetti adeguati, non possa trovare applicazione la suddetta regola in quanto mancherebbe il margine di discrezionalità imprenditoriale che ne è presupposto necessario. Sempre a sostegno di un sindacato giudiziale più ampio, si è sottolineato come le decisioni sugli assetti siano scelte organizzative dell’impre­sa e non atti di gestione, quelli sì protetti dal safe harbour della business judgment rule. Per contro, la dottrina che ha inteso esten­dere l’applicabilità della business judgment rule [12] alle decisioni in materia di assetti adeguati ha intanto rilevato come, nel modello codicistico, l’obbligo di predisporre assetti adeguati è sì un obbligo specifico, ma ciò non esclude che sul piano della tecnica normativa si sia comunque di fronte ad una clausola generale, il cui contenuto non è precipuamente individuato ed è perciò in concreto lasciato alle valutazioni discrezionali dell’organo amministrativo [13]. Peraltro, anche con riferimento alla distinzione tra scelte organizzative e scelte gestorie, ammesso che abbia un senso risolvere la questione su questa base, si è rilevato poi che i confini delle due categorie non sono sempre di agevole identificazione, in quanto “i due livelli dell’impresa (a cui pertiene la gestione) e della società (che si compendia in attività estranee alla gestione economica di impresa che si è soliti ricondurre alla organizzazione) sono sì distinti, ma naturalmente compenetrati” [14]. Ancora su un diverso piano va considerato che in taluni casi norme diverse da quella generale [continua ..]


4. Un approccio intermedio fondato sulla distinzione tra metodo e merito nell’attività di gestione

Un approccio intermedio potrebbe muovere proprio dalla considerazione cui si accennava in apertura, e cioè dalla differenza, nel terreno ampio della gestione dell’im­presa, tra metodo e merito. Il che, oltretutto, impone qualche accenno complementare re­lativamente ai tre elementi della fattispecie della responsabilità (condotta, danno e nesso causale). Quello della predisposizione di assetti adeguati è certo un dovere specificamente imposto, pur se individuato, sul piano della tecnica normativa, attraverso una clausola generale che il legislatore non ha inteso ri­empire di ulteriore contenuto [16]. Tuttavia, si tratta di un obbligo “strumentale” rispetto alla vera e propria corretta gestione dell’at­tività d’impresa collettiva e perciò alla integrità patrimoniale dell’impresa; un obbligo cioè che non si riferisce alle singole operazioni imprenditoriali o a segmenti della attività di impresa. Perciò può ben darsi che gli amministratori abbiano violato l’obbligo strumentale e che però una singola operazione o un segmento di attività imprenditoriale (pur connessi nel metodo ad uno o più determinati assetti) risultino in concreto – quanto a decisioni gestorie, attuazione e risultati a queste ultimi collegati – pienamente convenienti ed efficaci per la società ed il patrimonio sociale, nel qual caso si potrà allora anche dire che la condotta è in astratto illecita, ma non si potrà evidentemente discorrere di responsabilità risarcitoria, in assenza di evento dannoso e nesso causale. Beninteso, può ovviamente ben darsi il contrario: il fatto che si tratti di scelte organizzativa e di metodo non esclude che esse possano essere direttamente causative di lesione al patrimonio sociale, come dimostra – a quanto si percepisce – proprio il caso oggetto della pronuncia in commento: la smodata ed inadeguata assunzione di personale aveva comportato un danno patrimoniale alla società. Né il carattere strumentale dell’obbligo di predisporre assetti adeguati è smentito, ma solo reso più immediato e meno generico ed indeterminato, dalla aggiunta ora apportata dal Codice della crisi all’art. 2086, che vuole gli assetti nello specifico adeguati “anche al fine della tempestiva rilevazione della [continua ..]


5. Segue. Tendenziale non applicabilità della BJR alle scelte in materia di assetti

In questa prospettiva la business judgment rule non parrebbe applicabile alle scelte in tema di predisposizione di assetti adeguati perché finirebbe, impropriamente sul piano concettuale, per applicarsi al “quadrato”. In altri termini, se l’obbligo in questione è strumentale e attinente al metodo, ciò vuol dire che esso si colloca accanto ad altri obblighi anche essi strumentali (ad esempio quello di corretta e adeguata informazione prima delle decisioni in senso stretto imprenditoriali degli amministratori). E l’os­servanza di tali obblighi strumentali è imposta agli amministratori, proprio in correlazione alla business judgment rule, nel sen­so che la verifica della osservanza degli obblighi in questione è di regola sufficiente a precludere al giudice la verifica nel merito delle scelte nell’esercizio dell’impresa [21]. Tendenzialmente, le decisioni in tema di as­setti possono ben rappresentare proprio una delle estrinsecazioni di quel “procedimento razionale” che il giudice è tenuto a valutare al fine di esonerare l’amministratore da responsabilità anche ove dalla gestione risultasse un danno al patrimonio dell’impresa. Se dunque una regola – la business judgment rule – funziona come impeditiva della verifica nel merito della correttezza delle scelte di gestione finali e confina dunque al metodo – e cioè all’osservanza degli obblighi strumentali rispetto a quelle scelte finali – il sindacato del giudice, non ha poi senso che anche a tale sindacato si applichi la business judgment rule, perché ciò comporterebbe il paradosso di restringere il sindacato al “metodo del metodo” [22]. Così, ad esempio, nessuno vorrebbe applicare la business judgment rule alla verifica del rispetto del­l’obbligo strumentale di corretta e adeguata informazione [23]. E per la stessa ragione essa tendenzialmente non dovrebbe applicarsi di­rettamente alla verifica dell’obbligo di pre­disposizione di assetti adeguati [24].


6. Segue. La interconnessione tra metodo e merito gestorio come limite al sindacato del giudice (con una postilla sul problematico inquadra­mento delle scelte sull’assunzione del personale)

La tendenziale non applicabilità, per le ragioni logico-giuridiche appena cennate, della business judgment rule comporta invariabilmente, almeno in linea astratta, che il giudice chiamato a decidere sull’azione di responsabilità, o in altri possibili contesti in cui rilevi l’osservanza dell’obbligo di predisposizione di assetti adeguati, non potrebbe e non dovrebbe arrestarsi, al fine di escludere la violazione dell’obbligo, alla soglia della non manifesta irragionevolezza ed irrazionalità degli assetti predisposti o della mancata predisposizione degli assetti [25]. Tuttavia, la non applicabilità della business judgment rule non dovrebbe significare che il giudice possa spingersi fino a sostituirsi a posteriori all’amministratore in valutazioni e scelte. E ciò in ragione, comunque, di un indirizzo applicativo – se si vuole di applicazione costituzionalmente orientata – gui­dato pur sempre dal principio della libertà d’impresa ex art. 41 della Costituzione. Un tale indirizzo, se vale in generale, dovrebbe valere a fortiori con riferimento alla predisposizione di assetti adeguati vista la intrinseca correlazione tra libertà di impresa ed or­ganizzazione dell’impresa. Sul piano concreto, peraltro, è difficile desumere da questo postulato, al di là del caso per caso, indicazioni di ordine generale cui il giudice dovrebbe attenersi sul piano della motivazione. Una indicazione di massima particolarmente opportuna potrebbe forse es­sere quella secondo cui il giudice, pur superando nell’indagine la soglia della non manifesta irrazionalità, dovrebbe preferire una motivazione in termini di oggettiva non adeguatezza dell’assetto ad una in termini di riscontro di un assetto più adeguato [26]. Sulla stessa linea dovrebbe peraltro considerarsi che, stante il carattere intrinsecamente indeterminato del concetto di adeguatezza ed il conseguente elevato tasso di opinabilità delle scelte in materia, il sindacato giudiziale dovrebbe essere assai cauto e l’inadeguatezza dell’assetto essere rilevata “soltanto qualora siano violati gli elementari paradigmi che le scienze aziendali, le prassi consolidate, i prin­cipi essenziali comunemente adottati hanno nel tempo elaborato” [27]. Ancor [continua ..]


7. Conclusione

Ci si rende conto che, inoltrandosi in questa impostazione intermedia, il passo è breve verso la riconduzione a priori di ogni determinazione degli amministratori in materia di assetti ad una scelta imprenditoriale vera e propria, con inevitabile ritorno al­l’applicazione generalizzata della business judgment rule (quella cioè sostenuta dalla motivazione che si annota). Le determinazioni in materia di assetti sarebbero insomma “metodo” in un senso particolare, assai diverso cioè dal senso in cui è metodo, ad esempio, l’acquisizione di adeguate informazioni ai fini della adozione delle scelte propriamente gestorie. Tale rilievo non sembra tuttavia contraddire l’impostazione mediana qui prospettata, la cui duttilità parrebbe meglio adattarsi al confronto maieutico con le più varie situazioni di fatto e all’esigenza di una soluzione equilibrata nella dinamica concreta e processuale del contenzioso di responsabilità. In tal modo si trascende la dimensione dell’aut-aut: la contrapposizione per alcuni versi “ideologica” tra divieto generalizzato ed assoluto della applicazione della business judgment rule e sua applicazione generalizzata e d’ufficio riguardo alla predisposizione degli assetti in quanto tale lascia così il campo all’onere (peraltro non proibitivo) per l’amministra­tore di allegare e provare, caso per caso, la intrinseca connessione di una determinazione (o non determinazione) in materia di assetti con una scelta imprenditoriale a sua volta insindacabile nel merito [32].


NOTE