Rivista di Diritto SocietarioISSN 1972-9243 / EISSN 2421-7166
G. Giappichelli Editore

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Strumenti finanziari partecipativi e fallimento della società emittente (di Eugenio Sabino)


Il contributo, muovendo da un provvedimento del Tribunale di Bologna in materia di ammissione al passivo del credito derivante dalla sottoscrizione di strumenti finanziari partecipativi emessi da una società per azioni ai sensi dell’articolo 2346, 6° comma, c.c., si propone di esaminare la questione inerente la controversa natura giuridica di tali strumenti finanziari nella duplice prospettiva della rappresentazione contabile dell’apporto a fronte del quale lo strumento è stato emesso, nonché della esposizione di quest’ultimo alle perdite della società emittente.

Participating financial instruments and bankruptcy of the Issuer

This essay, taking steps from a ruling of the Court of Bologna regarding the inclusion of certain receivables arising from the issuance by a joint stock company of participating financial instruments (strumenti finanziari partecipativi) pursuant to Article 2346, paragraph 6, of the Italian Civil Code in the context of an insolvency proceeding of such issuing company, aims at examining the controversial nature of such financial instruments both from the perspective of their presentation into the balance sheet, as well as their exposure towards any loss which may be experienced by the issuing company.

Key words: corporations – joint stock company – participating financial instruments issued pursuant to article 2346, paragraph 6 of the Italian civil code – reserve created in relation to the issuance of participating financial instruments – presentation of the contribution within the issuing company’s balance sheet – insolvency proceeding involving the issuing company.

Gli strumenti finanziari partecipativi di cui all’articolo 2346, comma 6, c.c. sono neutri sotto il profilo della causa: compete alle parti determinare volta per volta tanto il contenuto dello strumento quanto la causa dell’operazione di emissione.(1) La disciplina di tali strumenti trova fonte esclusiva nello statuto e/o nel regolamento di emissione, sicché il diritto del sottoscrittore alla restituzione dell’apporto versato a fronte dell’emissione dovrà essere oggetto di un’espressa pattuizione tra le parti.(2) La rappresentazione contabile dell’apporto nel bilancio della società emittente dipende dalla previsione statutaria del diritto alla restituzione dell’apporto: rientra nel capitale di rischio l’apporto correlato ad uno strumento finanziario partecipativo che subordina la restituzione dell’apporto medesimo al recesso del sottoscrittore, non esercitabile nei primi cinque anni dalla data di sottoscrizione (e nella fattispecie ritenuto non esercitabile a causa dell’intervenuto fallimento della società emittente).(3) Massima non ufficiale Svolgimento del processo Con ricorso depositato il 3.1.2020, la Solution Group S.p.A. proponeva opposizione avverso il decreto di esecutività dello stato passivo reso dal Giudice Delegato il 15 novembre 2019 e comunicato ai creditori il successivo 18 novembre, con cui quest’ultimo aveva escluso dallo stato passivo del FALLIMENTO HPS S.p.A. HOLDING DI PARTECIPAZIONE E SVILUPPO in liquidazione (d’ora in poi HPS) i crediti insinuati dall’odierna ricorrente. La Solution Group S.p.A. (d’ora in poi, Solution Group) aveva insinuato il proprio credito, chiedendo in data 23.8.2019 al Tribunale di Bologna di essere ammessa al passivo del Fallimento HPS per l’importo di complessivi euro 10.402.580,49, di cui: a) euro 3.205.000,00 – oltre relativi interessi convenzionali per euro 207.746,58 – quale cessionaria di alcuni crediti, vantati nei confronti della società poi fallita, da soggetti che avevano sottoscritto strumenti finanziari partecipativi emessi dalla HPS; b) euro 47.800,87, a titolo di interessi maturati nel 2018, relativi allo strumento finanziario, corrisposti dalla ricorrente al creditore cedente e mai rimborsati dal debitore ceduto; c) euro 4.630.000,00, oltre a euro 390.033,04 di interessi convenzionali, per la sottoscrizione dello “strumento finanziario partecipativo denominato Kapitalmax”, emesso dalla società poi fallita; d) euro 1.420.000,00, quale cessionaria di un ulteriore credito vantato dalla OIB Open Innovation e Business S.p.A. verso la HPS; e) euro 341.700,00, a titolo di anticipo per una futura sottoscrizione di strumenti finanziari partecipativi, mai perfezionatasi; f) euro 160.000,00, per l’accollo (e successivo pagamento) del debito della HPS verso la Si s.a.s. di L. S. e C. in concordato preventivo. Il [continua..]
SOMMARIO:

1. Il caso - 2. Individuazione delle questioni sottese alla decisione del Tribunale - 3. Gli elementi posti alla base della decisione del Tribunale - 4. Natura degli strumenti finanziari partecipativi: lineamenti del dibattito - 5. La rappresentazione contabile nel bilancio della società emittente dell’ap­porto a fronte del quale lo strumento finanziario è stato emesso - 6. L’incidenza delle perdite sulla riserva da strumenti finanziari partecipativi - 7. Alcune riflessioni a margine degli strumenti finanziari partecipativi: critica all’uso trascendentale di categorie - 8. Conclusioni - NOTE


1. Il caso

L’ordinanza in commento ha affrontato la questione relativa all’am­missione al passivo di un credito derivante dalla sottoscrizione di uno strumento finanziario partecipativo emesso ai sensi dell’art. 2346, 6° comma, c.c. da una società per azioni in seguito dichiarata fallita. Al riguardo, occorre rilevare sin da subito come nel regolamento che disciplinava l’emissione dello strumento si precisava che la restituzione dell’apporto era limitata a due ipotesi specifiche: a seguito dell’esercizio del diritto di recesso del sottoscrittore (peraltro non consentito prima del decorso di cinque anni dalla data di sottoscrizione dello strumento) ovvero di una richiesta di rimborso anticipato della società emittente. Il Tribunale – all’esito di un articolato ragionamento, del quale si dirà più diffusamente nel prosieguo – aveva escluso dallo stato passivo il credito avente ad oggetto lo strumento finanziario partecipativo denominato “Kapitalmax”, alla luce del fatto che (in linea con quanto già rilevato dal giudice delegato) non si era verificata alcuna delle condizioni che, stando a quanto previsto nel regolamento di emissione, avrebbero potuto fondare una pretesa del sottoscrittore alla restituzione dell’ap­porto versato. In particolare, il Tribunale aveva cura di precisare come, in relazione a detto credito, non potesse ritenersi provato (ma neppure allegato) il diritto dell’opponente alla restituzione dell’apporto, stante la mancata produzione in giudizio tanto dello statuto quanto del regolamento di emissione dello strumento.


2. Individuazione delle questioni sottese alla decisione del Tribunale

Il caso sottoposto all’attenzione del Tribunale di Bologna offre l’occasione per soffermarsi su quattro distinte questioni, ciascuna riconducibile nell’ambito della fattispecie di strumento finanziario partecipativo di cui all’art. 2346, 6° comma, c.c. La prima interessa la sorte degli strumenti finanziari partecipativi a seguito del fallimento della società emittente. Più precisamente, si tratta di chiarire se spetti o meno al sottoscrittore dello strumento un credito e, in caso di risposta affermativa, se detto credito sia o meno ammissibile al fallimento. La seconda riguarda l’appartenenza degli strumenti finanziari partecipativi alla categoria degli strumenti di debito (debt) ovvero di capitale (equity). Come si chiarirà nel prosieguo, si tratta di questione ampiamente dibattuta in dottrina, sulla quale non si ravvisa uniformità di vedute. La terza, che si pone in logica continuità rispetto alla precedente, concerne la rappresentazione contabile dell’apporto effettuato a fronte dell’emissione di strumenti finanziari partecipativi nel bilancio della società emittente. La quarta, ancorché non sia stata oggetto di verifica da parte del Tribunale, attiene al grado di preferenza nella partecipazione alle perdite della società emittente che si possa (ovvero si debba) accordare agli strumenti finanziari partecipativi emessi a fronte di un apporto irredimibile e che sia stato iscritto in un’apposita riserva del patrimonio netto rispetto alle azioni.


3. Gli elementi posti alla base della decisione del Tribunale

Il provvedimento che si commenta sembrerebbe aver aderito all’orientamento secondo cui gli strumenti finanziari partecipativi di cui all’art. 2346, 6° comma, c.c. [[1]] sarebbero “neutri” sotto il profilo della causa e, per tale ragione, competerebbe alle parti determinare volta per volta tanto il contenuto dello strumento quanto la causa del­l’operazione di emissione [[2]]. Da ciò consegue che, a seconda di come l’autonomia statutaria ne avrà concretamente delineato il contenuto (id est il complesso di posizioni attive e passive a questo associate), un dato strumento risulterà riconducibile nell’ambito del capitale di rischio ovvero in quello di debito, a seconda del caso. Ciò premesso, è opportuno soffermarsi più da vicino sugli elementi posti alla base del percorso logico-argomentativo che ha condotto il Tribunale a classificare lo strumento finanziario partecipativo denominato “KAPITALMAX” come strumento di equity. Quanto al primo elemento, ci si riferisce alla circostanza in base alla quale l’apporto in denaro effettuato dal sottoscrittore dello strumento era stato imputato in un’apposita riserva indisponibile (denominata “riserva da strumenti finanziari partecipativi KAPITALMAX”) costituita in via statutaria al momento dell’emis­sione [[3]]. Il secondo elemento riguarda poi la disciplina della restituzione dell’ap­porto versato dal sottoscrittore a fronte dell’emissione dello strumento finanziario partecipativo. Stando a quanto stabilito dalle parti nel regolamento di emissione dei titoli, la restituzione era condizionata ad una decisione di rimborso anticipato della società emittente ovvero al recesso del sottoscrittore; con la precisazione che, in quest’ultimo caso, era stato precluso al sottoscrittore di avvalersi del diritto di recesso prima che fossero decorsi cinque anni dalla data di sottoscrizione dello strumento. Al riguardo, il Tribunale ha ritenuto che tale circostanza fosse indice della volontà della società emittente di rendere il sottoscrittore partecipe del rischio di impresa nell’arco dei cinque anni in cui, di fatto, il recesso non poteva essere esercitato; e – sebbene questo punto non sia stato esplicitato nella motivazione della sentenza – di attribuire a quest’ultimo la qualità di mero finanziatore per il [continua ..]


4. Natura degli strumenti finanziari partecipativi: lineamenti del dibattito

Il dibattito sulla controversa natura degli ibridi si articola intorno ad alcuni interrogativi di fondo. Ai fini che qui interessano, sembra utile ripercorrere, seppur brevemente, quello inerente la compatibilità tra capitale di rischio e la previsione di un obbligo di rimborso dell’apporto a favore del sottoscrittore. Un primo orientamento che fa capo al Consiglio Notarile di Milano [[8]] ritiene che nella misura in cui lo strumento preveda un obbligo di rimborso in capo alla società emittente – ancorché condizionato nei tempi e nell’entità all’andamento economico di quest’ultima – delle somme versate a fronte dell’emissione allora la causa dell’ap­porto sarebbe riconducibile a quella del finanziamento (al riguardo, l’esempio paradigmatico è rappresentato dalla fattispecie di prestito obbligazionario disciplinata dagli artt. 2410 ss. c.c.). Se, invece, lo strumento non contempla la restituzione delle somme investite allora occorrerà indagare più da vicino la funzione economica che le parti hanno inteso attribuire all’operazione di emissione, la quale potrà essere riconducibile, a seconda del caso, all’associazione in partecipazione; [[9]] alla cointeressenza ovvero agli investimenti c.d. quasi-equity (id est finanziamenti erogati da terzi che accettino di sottoporre al rischio di impresa tanto il diritto al pagamento di interessi quanto quello alla restituzione delle somme investite a scadenza). Un secondo orientamento, di contro, ritiene ammissibile la combinazione di uno o più elementi caratteristici degli strumenti rappresentativi del capitale di rischio con il diritto dell’investitore alla restituzione del capitale versato [[10]]. Più precisamente, per quanto attiene alla previsione dell’obbligo di rimborso, quest’ultimo potrà essere, a seconda del caso, tanto assoluto e incondizionato quanto soggetto a condizioni, differito nel tempo, indicizzato a parametri interni o esterni alla società emittente od ancora postergato ad altri creditori [[11]]. Dalla questione poc’anzi richiamata dipende una ulteriore più complessa; quella inerente la distinzione tra gli strumenti finanziari partecipativi e quelli non partecipativi [[12]]. Più precisamente, il profilo problematico, sul quale non si ravvisa uniformità di vedute, attiene alla [continua ..]


5. La rappresentazione contabile nel bilancio della società emittente dell’ap­porto a fronte del quale lo strumento finanziario è stato emesso

Contrariamente a quanto può ritenersi, il problema inerente la controversa natura degli ibridi non ha valenza meramente teorica. A sostegno di quanto si va dicendo, può notarsi come la qualificazione della causa sottostante all’operazione di emissione in un modo piuttosto che in un’altra maniera comporta notevoli conseguenze giuridiche: tra le altre, si considerino ora quelle in punto di rappresentazione contabile dell’apporto a fronte del quale lo strumento è stato emesso. Nella prospettiva qui adottata, il punto di partenza dell’analisi è rappresentato (ancora una volta) dalla previsione di cui all’art. 2346, 6° comma, c.c. che, se da un lato dispone che lo strumento viene emesso a fronte di un apporto, dall’altro lascia le parti libere di stabilire come configurare quest’ultimo, limitandosi a precisare che lo stesso può consistere anche in opere o servizi. In proposito, sembra opportuno richiamare l’opinione di chi ritiene che la contabilizzazione dell’apporto e dei diritti spettanti al sottoscrittore sarebbe influenzata dalla combinazione di tre elementi: natura dell’apporto, causa dell’operazione sottostante all’emissione e tipologia dei diritti associati allo strumento finanziario partecipativo [[19]]. Quanto appena riscontrato lascia intuire come l’approccio al problema della rappresentazione contabile dell’apporto debba necessariamente muovere dalla combinazione in concreto dei tre elementi poc’anzi richiamati (a maggior ragione, nella misura in cui si reputi condivisibile la tesi che sostiene come gli strumenti finanziari partecipativi siano neutri sotto il profilo causale di cui si è detto infra). Venendo ora a considerare la contabilizzazione dell’apporto a fronte del quale avviene l’emissione dello strumento finanziario partecipativo, va innanzitutto rilevato come esso vada, di regola [[20]], registrato nell’attivo dello stato patrimoniale (dovendosi, a tal proposito, valutare l’individuazione della voce di appartenenza alla luce della causa, della natura e dell’utilità apportata dal sottoscrittore). Al riguardo, vi sarebbe peraltro da chiarire se, nell’ipotesi di apporti d’opera o servizio, si possa o meno iscrivere nell’attivo una posta corrispondente al valore dell’ap­porto eseguito [[21]], nonché se sia o meno [continua ..]


6. L’incidenza delle perdite sulla riserva da strumenti finanziari partecipativi

Resta a questo punto da considerare il tema dell’incidenza delle perdite sulla riserva iscritta a fronte dell’apporto non restituibile che ha dato luogo all’emissione degli strumenti finanziari partecipativi. In argomento, le questioni che vengono in rilievo possono essere sintetizzate nei seguenti interrogativi. In primo luogo, quale sia il grado di preferenza nella partecipazione alle perdite da accordarsi alla riserva da strumenti finanziari partecipativi nel rapporto con le altre poste del patrimonio netto. In secondo luogo, nell’eventualità in cui la riserva in discorso sia stata erosa da perdite, se ed in che misura tale circostanza impatti sulla portata dei diritti che lo strumento finanziario partecipativo attribuisce al relativo sottoscrittore (nel senso di comprometterne la portata ovvero annullarli, a seconda del caso). In via di premessa, va chiarito che la pronuncia in esame nulla dispone in merito alla partecipazione alle perdite di impresa della “riserva da strumenti finanziari partecipativi”. Al riguardo, ciò che lascia perplessi è come i giudici di Bologna abbiano condotto l’indagine sulla natura dello strumento finanziario partecipativo irredimibile senza tuttavia spingersi a verificare il grado di preferenza con cui la predetta riserva avrebbe partecipato alle perdite nell’arco dei cinque anni in cui, ad avviso del Tribunale, tale strumento avrebbe sopportato il rischio di impresa. Né tanto meno è dato sapere – stante l’assenza di espressa previsione sul punto tanto nello statuto quanto nel regolamento d’emissione – se ed in che misura l’erosione (ovvero l’azzeramento) della riserva a seguito di perdite maturate dalla società avrebbe impattato sui diritti associati allo strumento finanziario partecipativo. Con riferimento al primo interrogativo, si ravvisano opinioni divergenti di cui si cercherà di dare atto seppur brevemente. Secondo l’orientamento consolidatosi in giurisprudenza [[31]], l’esposizione alle perdite dovrebbe avvenire alla luce un criterio di intensità crescente che va dalle poste del netto meno vincolate a garanzia dei creditori e prosegue verso quelle man mano più vincolate. In parole più semplici, le perdite inciderebbero prima sulle riserve facoltative, poi su quelle statutarie, a seguire su quelle legali e, da ultimo, sul capitale sociale. Se da [continua ..]


7. Alcune riflessioni a margine degli strumenti finanziari partecipativi: critica all’uso trascendentale di categorie

Nel caso in esame, il Tribunale ha avuto modo di soffermarsi, tra le altre cose, sul problema inerente la classificazione della natura giuridica degli strumenti finanziari partecipativi emessi dalla società ai sensi dell’art. 2346, 6° comma, c.c. Facendo affidamento sulla volontà delle parti (come desumibile dal regolamento di emissione e dai verbali con i quali era stata deliberata l’emissione), i giudici di Bologna sono giunti a ricondurre lo strumento finanziario partecipativo irredimibile nell’ambito del capitale di rischio. Ciò tenuto conto, da un lato, del fatto che le parti avevano convenuto la preclusione del recesso del sottoscrittore prima che fossero decorsi cinque a partire dall’emissione dello strumento (che, ad avviso del Tribunale, rappresentava un chiaro indice della volontà della società emittente di rendere il sottoscrittore partecipe del rischio di impresa nel predetto arco temporale); e dall’altro lato, che l’apporto versato a fronte del­l’emissione era stato integralmente imputato ad una riserva indisponibile nel patrimonio netto della società. In punto di motivazione, il Tribunale di Bologna ha avuto cura di precisare come “la disciplina di tali strumenti, che hanno natura ibrida tra azioni e obbligazioni, è rimessa essenzialmente allo statuto e ad un eventuale regolamento, non valendo per essi le normali regole contrattuali”. Tale affermazione lascia insoddisfatti per un duplice ordine di ragioni. In primo luogo, occorre soffermarsi sull’inciso “che hanno natura ibrida tra azioni e obbligazioni” il quale, a ben vedere, cela un uso improprio dell’aggettivo “ibrido”. La nozione in parola – che, si precisi, non ha alcun riconoscimento normativo – non richiama tanto il posizionamento dello strumento in una terra di mezzo i cui antipodi sarebbero rappresentati, rispettivamente, da debito (debt) e capitale di rischio (equity) quanto piuttosto alla possibilità che un dato strumento finanziario si caratterizzi per il fatto di combinare, in punto di contenuto, caratteristiche che appartengono tanto agli strumenti di equity quanto agli strumenti di debt [[35]]. In secondo luogo, va esaminato l’inciso “non valendo per essi le normali regole contrattuali”. Premesso che non è dato sapere a quali regole contrattuali i giudici intendano concretamente [continua ..]


8. Conclusioni

Le considerazioni svolte in merito al rilievo della volontà delle parti nella materia che ci occupa lasciano intravedere come la diffusione e, parimenti, il successo dell’istituto di cui all’art. 2346, 6° comma, c.c. non possano prescindere da un oculato esercizio dell’autonomia statutaria. Quest’ultima, dunque, non potrà limitarsi ad un sommario richiamo al dato normativo esistente, ma dovrà spingersi piuttosto ad una puntuale declinazione dei profili di disciplina applicabile allo strumento: “vigilantibus non dormientibus iura succurrunt”! La pronuncia in esame, peraltro, dimostra come la materia degli strumenti finanziari partecipativi sembri richiedere uno sforzo chiarificatore talora significativo all’interprete (onde evitare che l’appello alla raccolta di capitali venga disincentivato o, addirittura, divenga pericoloso). In proposito, non sembra potersi dubitare del fatto che tra i destinatari di tale sforzo chiarificatore figurino tanto gli operatori giuridici chiamati a redigere la documentazione di riferimento quanto i giudici chiamati a decidere in merito alle controversie poste alla loro attenzione. A tale ultimo riguardo, va rilevato come la motivazione della decisione del Tribunale – a prescindere da che si ritenga condivisibile o meno in punto di diritto – pecchi di chiarezza e di esaustività sotto il profilo dell’analisi della fattispecie concreta. Ed infatti, sarebbe stato di gran lunga preferibile se l’eccessiva attenzione prestata dai giudici di Bologna per le “categorie” (nei termini di cui si è detto infra) fosse stata piuttosto dedicata alle modalità con cui le parti avevano strutturato l’operazione di emissione, nonché alle concrete finalità che queste ultime intendevano perseguire. Ciò osservato, non stupirebbe più di tanto se il tenore a tratti opaco del provvedimento che si commenta divenisse bersaglio anche della penna di altri Autori (sicuramente più autorevoli di chi scrive).


NOTE