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Contributo per una corretta qualificazione degli apporti del socio
Diego del Corral
Il contributo esamina la pronuncia della Sezione Prima della Corte di cassazione civile, in tema di corretta qualificazione delle somme a vario titolo erogate dai soci alla società, propendendo a favore della soluzione adottata dalla Suprema Corte, la quale risolve il problema attribuendo centralità all’esame della volontà delle parti, più che al dato formale dell’iscrizione in bilancio degli apporti.
The paper examines a ruling of the First Section of the Italian Civil Court of Cassation, on the correct qualification of the sums for various reasons paid by the shareholders to their own company, leaning in favor of the solution adopted by the Supreme Court, which solves the problem by attributing importance to the examination of the will of the parties, rather than the formal evidence resulting from the balance sheet.
Keywords: companies – shareholders’ various forms of financial contribution – capital contribution – payments non charged to capital – loans – criteria for qualification – equitable subordination.
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Sommario:
1. Il caso - 2. Alcune questioni preliminari in tema di apporti dei soci - 3. I criteri di qualificazione proposti dal ricorrente. Critica - 4. I criteri di qualificazione adottati dalla Suprema Corte - 5. (Segue) Cenni alla qualificazione degli apporti ai fini dell’applicazione dell’art. 2467 c.c. - NOTE
1. Il caso
La sentenza in commento interviene all’esito di cinque pronunce rese da tre giudici diversi, la prima delle quali un decreto ingiuntivo richiesto e ottenuto dal socio accomandante di un’accomandita semplice, per la restituzione di un finanziamento erogato in favore della s.a.s. Instaurato il giudizio di opposizione, il socio accomandatario chiedeva al Tribunale di Firenze di accertare che l’apporto del socio accomandante fosse riconducibile non già allo schema negoziale del mutuo, bensì a quello del conferimento atipico in conto capitale, come tale non rimborsabile se non all’esito della liquidazione della società. A valle del rigetto della domanda in primo grado, il socio accomandatario interponeva appello che si concludeva con la pronuncia della nullità della sentenza resa dal giudice di prime cure, per omessa sottoscrizione della stessa da parte del presidente del collegio, e così con la rimessione della causa nuovamente dinanzi al tribunale. Il giudice fiorentino rendeva un giudizio conforme al precedente, rigettando l’opposizione al decreto ingiuntivo. Il socio accomandatario appellava la sentenza di primo grado e la Corte d’appello di Firenze ne accoglieva le doglianze, riformando la sentenza e revocando il decreto ingiuntivo opposto, sulla scorta delle seguenti argomentazioni: (i) il capitale sociale della società era del tutto incongruo allo scopo per il quale la s.a.s. era stata [continua ..]
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2. Alcune questioni preliminari in tema di apporti dei soci
La pronuncia in commento solleva importanti questioni sulla corretta qualificazione degli apporti dei soci, specialmente di quelli effettuati in assenza di adeguata dotazione finanziaria della società. Il tema non è nuovo, anzi si può dire che la letteratura [[1]] e la giurisprudenza [[2]] in materia di qualificazione degli apporti dei soci siano amplissime. Per maggiore chiarezza espositiva, sia consentita una breve introduzione sulle diverse tipologie di contribuzione dei soci. Per ragioni anzitutto normative, il primo apporto effettuato dal socio, in sede di costituzione o di aumento di capitale della società, è il conferimento. Un’autorevole opinione, condivisibilmente, intravede nel conferimento il corrispettivo per l’acquisto – o il rafforzamento – della qualità di socio [[3]]. Trattasi, peraltro, della forma di apporto che imprime ai fondi il vincolo, più intenso, dell’irreversibilità, da intendersi nel senso che gli stessi possono essere restituiti ai soci soltanto nei modi e nelle forme previsti dalla legge o dallo statuto (scioglimento e liquidazione della società, riduzione del capitale, acquisto di azioni proprie, recesso, riscatto). Vi è poi un’ulteriore categoria di apporti, che si distingue dal conferimento propriamente inteso e che sta poco prima del finanziamento concesso secondo lo schema del mutuo, da lungo tempo [continua ..]
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3. I criteri di qualificazione proposti dal ricorrente. Critica
Tornando alla sentenza in commento, nel giudizio si assiste alla contrapposizione dei due argomenti classici in materia di qualificazione degli apporti dei soci: il primo, sostenuto dal ricorrente, si basa sul dato formale dell’apposizione a bilancio; il secondo, fatto proprio dalla Cassazione, valorizza la volontà negoziale delle parti. Il primo argomento, che si anticipa non essere condivisibile, è sostenuto da una corrente minoritaria della dottrina, nonché, anche di recente, da alcune pronunce di legittimità. In letteratura, si segnala in particolare l’approccio marcatamente formalista seguito da un Autore, per il quale l’indagine sulla natura dell’apporto non può non passare dalla “verifica della modalità con la quale la somma è stata apposta in bilancio: se l’importo è iscritto sotto una voce che può comportare tecnicamente una possibile restituzione (ad esempio quella relativa ai debiti), allora la disciplina di riferimento è quella della postergazione legale, in presenza dei presupposti richiesti dall’art. 2467 c.c. Qualora invece la voce di bilancio precluda tecnicamente la possibilità di restituire la somma esborsata dal socio (come nel caso delle riserve che sono distribuibili solo a certe condizioni), la disciplina di riferimento sarà necessariamente quella riferibile all’integrità ed alla adeguatezza del capitale sociale, [continua ..]
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4. I criteri di qualificazione adottati dalla Suprema Corte
Il secondo argomento, accolto dal giudice di legittimità, intravede nel movente che ha spinto l’accomandante ad effettuare gli apporti, nonché nella situazione di fatto in cui versava la società al momento della sua costituzione, sufficienti elementi per superare il dato formale dell’iscrizione a bilancio – invero, elemento affatto tralasciato ai fini della decisione – e per affermare la natura di conferimento dei versamenti compiuti dal ricorrente. La sentenza pone in rilievo alcuni indici che consentono al giudice di qualificare un versamento come conferimento o finanziamento. Si tratta di elementi già considerati sintomatici dalla dottrina specialistica: (i) lo stato di sottocapitalizzazione della società; (ii) l’impossibilità di ottenere finanziamenti da terzi senza il previo rilascio di idonee garanzie; (iii) la rapida successione nel tempo dei versamenti; (iv) la strumentalità di tali versamenti rispetto alla realizzazione dell’oggetto sociale; (v) il diretto coinvolgimento dell’altro socio nell’operazione in cui si compendiava l’oggetto sociale. Benché la sentenza non ne faccia menzione, si deve ritenere rilevante ai fini della qualificazione come conferimento anche la mancata previsione di un termine per la restituzione e del saggio di interessi. L’impostazione in esame riscuote il favore della dottrina prevalente, anche di quella che si occupa, [continua ..]
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5. (Segue) Cenni alla qualificazione degli apporti ai fini dell’applicazione dell’art. 2467 c.c.
Il problema della qualificazione degli apporti dei soci si è posto, in termini analoghi, anche in relazione all’ambito oggettivo di operatività dell’art. 2467 c.c. Così, secondo una prima ricostruzione, il finanziamento del socio dovrebbe essere riqualificato in conferimento, in ragione della causa societaria che connota tale apporto e che lo differenzia dai prestiti dei terzi estranei alla società, sorretti dalla causa di credito [[36]]. Con alcune, rilevanti conseguenze sul rapporto obbligatorio: (i) il finanziamento “anomalo”, non rappresentando un debito, bensì una voce di patrimonio netto, sarebbe improduttivo di interessi; (ii) il socio finanziatore sarebbe considerato ipso facto un socio conferente, titolare dell’unica pretesa residuale. La tesi segue un ragionamento sistematico così riassumibile: la postergazione è una regola che ha l’effetto di impedire alla società – rectius, agli amministratori – di pagare i soci prima che tutti gli altri creditori sociali siano stati soddisfatti; pertanto, la postergazione obbedisce alla stessa logica sottesa alla sopportazione del rischio di impresa, secondo la quale, con la sottoscrizione di una quota del capitale sociale, eventuali perdite sono, in primis, caricate sui soci e soltanto successivamente, eroso completamente il valore delle loro partecipazioni sociali, impediscono – in tutto o in parte – [continua ..]
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NOTE