Rivista di Diritto SocietarioISSN 1972-9243 / EISSN 2421-7166
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Sulla determinazione del compenso spettante agli amministratori delegati della s.r.l. (nota a Trib. Bari, 6 maggio 2015) (di Emma Chicco)


TRIBUNALE DI BARI, Sez. II civ., 6 maggio 2015 – Valentina D’Aprile (Giudice)

SocietaÌ – SocietaÌ a responsabilità limitata – Compenso degli amministratori delegati – Clausola statutaria – Competenza del consiglio di amministrazione – Necessità della decisione dei soci

Nella s.r.l. la clausola statutaria che attribuisce al consiglio di amministrazione la facoltà di delegare parte dei propri poteri ad uno o più dei suoi componenti, determinandone anche il compenso, è inidonea ad integrare i fatti costitutivi del diritto al compenso degli amministratori, né vale ad attribuire al consiglio la competenza a determinare la remunerazione spettante ai delegati poiché, al riguardo, non si può prescindere dalla previa determinazione e delimitazione dell’am­mon­tare complessivamente dovuto agli amministratori, così come fissato dall’as­sem­blea nel rispetto dell’ordinario regime delle competenze tra organi sociali. (1)

Il Tribunale di Bari, seconda sezione civile, in composizione monocratica, nella persona del giudice Valentina D’Aprile, all’udienza del 6/5/2015, a seguito della discussione orale, disposta ai sensi dell’art. 281 sexies c.p.c., ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nella causa civile iscritta al n. 15 52/2013 r.g. proposta da

STUDIO 9/ITALIA s.r.l., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’Avv. Angelo Calculli, domiciliatario, in virtù di mandato a margine dell’atto di citazione

– opponente –

contro

LOJACONO CARMELA, rappresentata e difesa dall’Avv. Leonardo Patroni Griffi, domiciliatario, in virtù di mandato a margine del ricorso per ingiunzione di pagamento

– opposta –

Oggetto: Opposizione a decreto ingiuntivo n. 2842/2013, emesso dal Tribunale di Bari in data 5/11/2013.

MOTIVI

  1. – Nei limiti di quanto strettamente rileva in funzione della motivazione della decisione giusta il combinato disposto degli artt. 132 co. 2 n. 4 c.p.c. e 118 disp. att. c.p.c., le posizioni de le parti possono sinteticamente riepilogarsi come segue.

I.1. – La Studio 9/Italia s.r.1. ha opposto l’in­giunzione di pagamento emessa in favore di Lojacono Carmela per il complessivo importo di € 16.436,44, oltre accessori, a titolo di residuo sul compenso complessivo lordo maturato in relazione all’incarico di amministratore per l’anno 2012 ricoperto fino al 12/11/2012, eccependo in compensazione un controcredito, ancora sub iudice, da risarcimento del danno per il compimento di atti di concorrenza sleale perpetrati dal­l’opposta in epoca prossima alle dimissioni dalla stessa rassegnate in data 12/11/2012 (ossia, sviamento clientela e perdita di importanti dati del patrimonio aziendale), nonché l’infondatezza della pretesa creditoria azionata in sede monitoria, per difetto di specifica deliberazione assembleare di determinazione dei compensi. Ha, pertanto, concluso, previo accoglimento dell’op­posizione, per la revoca del decreto opposto, la condanna, in riconvenzionale dell’opposta, al risarcimento di tutti i danni derivanti dalle condotte illecite di cui all’art. 2598 c.c. poste in essere dalla Lojacono, nonché a titolo di responsabilità aggravata ex art. 96, co. I, c.p.c.; vinte le spese del presente giudizio (atto di opposizione notificato in data 29/1/2013).

I.2. – La creditrice intimante si è costituita, contestando i motivi di opposizione e invocando l’esistenza di una clausola statutaria di attribuzione del potere di determinazione dei compensi, nei confronti degli amministratori delegati, allo stesso consiglio di amministrazione; insistendo, dunque, nel rigetto dell’avversa domanda, la conferma del titolo monitorio e la vittoria delle spese di lite (comparsa di risposta depositata in data 18/3/2014).

I.3. – Sospesa la provvisoria esecuzione in corso in causa (ordinanza del 9/6/2014), la causa, istruita prevalentemente attraverso la documentazione versata in atti dalle parti, è pervenuta al­l’odierna udienza, in cui è stata discussa oralmente e decisa ai sensi dell’art. 281 sexies c.p.c. mediante lettura del dispositivo e dei motivi, sulle conclusioni precisate come in epigrafe.

  1. Deve procedersi alla trattazione del thema decidendum secondo l’ordine logico-giuridico delle questioni controverse.

II.1. – Sul piano dello specifico rapporto processuale instaurato per effetto dell’azione monitoria, l’opposizione è fondata e va, accolta, per quanto di ragione.

La fonte negoziale del credito posta dalla Lojacono a fondamento della pretesa avanzata in sede monitoria è costituita dalla delibera del consiglio di amministrazione del 7/5/2012 (doc. 3 fasc. monitorio), mediante la quale veniva fissato, per ciascuno degli amministratori delegati, un compenso lordo per l’anno 2012 di € 40.000,00, oltre al riconoscimento delle spese sostenute per l’espletamento del mandato: ammontare che, in sede di ingiunzione, è stato ridotto proporzionalmente in ragione dei giorni mancanti alla naturale scadenza dell’incarico (a decorrere dalla data delle dimissioni rassegnate dalla Lojacono) e degli importi già percepiti.

Tale deliberazione, tuttavia, anche in considerazione dell’espressa statuizione della clausola n. 11 contenuta nell’atto costitutivo della società Studio 9/Italia s.r.l., approvato con delibera del­l’assemblea del 29/9/2004, in forza della quale si prevede che “i soci possono inoltre stabilire sul compenso spettante agli amministratori che può essere assegnato in misura fissa, ovvero proporzionale agli utili netti di esercizio, nonché sull’ac­cantonamento dell’eventuale indennità di fine mandato”, non può ritenersi idonea ad integrare i fatti costitutivi del diritto al compenso degli amministratori, peraltro, in linea di continuità con la normativa di carattere generale prevista agli artt. 2364, comma I, n. 3) e 2364 bis, co. I, n. 2) c.p.c., non derogata dalla disciplina statutaria di riferimento.

Non pertinente risulta in proposito il rilevo della opposta allorquando richiama la clausola statutaria n. 15, a mente della quale “il consiglio di amministrazione può delegare tutti o parte dei suoi poteri ad uno o più dei suoi componenti determinandone anche il compenso e la misura dell’accantonamento dell’eventuale indennità di fine mandato”, atteso che, in ogni caso, tale diversa modulazione dei corrispettivi – a fronte del­­l’attribuzione dello speciale incarico amministrativo – non può prescindere dalla previa determinazione e delimitazione dell’ammontare com­plessivamente dovuto agli amministratori, così come fissato dall’assemblea, nel rispetto del­l’ordinario regime di distribuzione delle competenze tra organi sociali.

Né in alcun modo può sopperirsi alla carenza della deliberazione assembleare mediante l’alle­gazione del bilancio al 31/12/2012, prodotto dalla opposta con la memoria istruttoria ex art. 183, co. VI, n. 2, c.p.c., da cui emerge la corresponsione del compenso in favore degli altri amministratori. È, infatti, escluso che, in materia, possa operare una forma di ratifica assembleare di decisioni assunte dall’organo amministrativo in contrasto con le previsioni di legge, non derogate nella fattispecie dall’atto costitutivo.

Peraltro, la soluzione trae conforto anche alla luce dell’indirizzo ormai consolidato della giurisprudenza di legittimità, la quale ha affermato che “con riferimento alla determina zione della misura del compenso degli amministratori di società di capitali, ai sensi dell’art. 2389, primo comma cod. civ. (...), qualora non sia stabilita nello statuto, è necessaria una esplicita del ibera assembleare, che non può considerarsi implicita in quella di approvazione del bilancio, attesa: la natura imperativa e inderogabile della previsione normativa, discendente dall‘essere la disciplina del funzionamento delle società dettata, anche, nell’interesse pubblico al regolare svolgimento dell’attività economica, oltre che dalla previsione come delitto della percezione di compensi non previamente deliberati dall’assemblea (art. 2630, secondo comma cod. civ., abrogato dall’art. 1 del d.lgs. n. 61 del 2002); la distinta previsione delle delibera di approvazione del bilancio e di quella di determinazione dei compensi (art. 2364 n. 1 e 3 cod. civ); la mancata liberazione degli amministratori dalla responsabilità di gestione, nel caso di approvazione del bilancio (art. 2434 cod. civ.); il diretto contrasto delle delibere tacite ed implicite con le regole di formazione della volontà della società (art. 2393, secondo comma, cod. civ.). Conseguentemente, l’approvazione del bilancio contenente la posta relativa ai compensi degli amministratori non è idonea a configurare la specifica delibera richiesta dall’art. 2389 cit., salvo che un’assemblea convocata solo per l’appro­vazione del bilancio, essendo totalitaria, non abbia espressamente discusso e approvato la proposta di determinazione dei compensi degli amministratori” (cfr. Cass. Sez. U., n. 21933/2008; indirizzo interpretativo confermato, altresì, da Cass. n. 20265/2013, nonché n. 17673/2013).

Orbene, sulla scorta dell’esame dello stato patrimoniale, del conto economico e della nota integrativa del bilancio del 31/12/2012, emerge un mero prospetto indicativo dei debiti accumulati e delle variazioni rispetto all’esercizio finanziario del 2011, il quale evidenzia un incremento del compenso spettante agli amministratori pari circa ad € 11.786,00; ma non vi è alcuna specifica menzione ad un’espressa discussione ed approvazione della proposta di determinazione dei compensi degli amministratori, come richiesto dal citato orientamento nomofilattico (cfr. all. sub memoria istruttoria ex art. 183, co. VI, n. 21, c.p.c. depositata dall’opposta in data 23/9/2014).

Pertanto, la contestazione della pretesa creditoria oggetto dell’ingiunzione opposta è meritevole di accoglimento e, pertanto, il decreto ingiuntivo va revocato.

II.2. – L’infondatezza del la domanda riconvenzionale spiegata dall’opponente deriva, invero, dall’inadeguatezza del compendio istruttorio ad essa relativo.

A fronte, infatti, di un’analitica tipizzazione delle fattispecie di responsabilità ex art. 2598 c.c., ciascuna dotata di autonomia e peculiare con:1otazione strutturale delle relative condotte lesive della leale concorrenza imprenditoriale, l’opponente ha articolato prove orali basate su circostanze di portata generica, indeterminate nei riferimenti spazio-temporali, oltremodo valutative e per tali ragioni ritenute inammissibile; circostanza che, da un lato, impedisce di apprezzare l’esatta natura e consistenza degli atti concretamente posti in essere ed addebitati alla Lojacono, dall’altro, non è in alcun modo contraddetta dalle emergenze documentali, atteso che la relazione tecnica a firma del ‘esperto informatico Luciano Regano evidenzia, attraverso l’analisi delle copie di backup e del ripristino effettuato il 13/11/2012, l’assenza di un ingente volume di dati dalla postazione ordinariamente utilizzata dalla Lojacono. Si tratta, tuttavia, di mero ed isolato elemento presuntivo, il quale, peraltro, incerto in ogni dettagliata informazione sulla qualità dei dati sottratti, non può affatto attribuire a detta condotta valore di per sé solo sintomatico della ricorrenza dei presupposti della fatti­ specie di illecito di cui all’art. 2958 c.c.

Peraltro, la richiesta di risarcimento del danno risulta, altresì, generica ed indeterminata in ordine alla tipologia del pregiudizio e all’entità del danno di cui la Studio 9/Italia s.r.l. intende conseguire ristoro.

Per tali ragioni, la stessa va rigettata.

III. Non merita accoglimento neppure la domanda di condanna a titolo di responsabilità aggravata ex art. 96 c.p.c., avanzata dal l’oppo­nente, non potendo essa derivare dalla mera soc­combenza processuale – con riguardo alla pretesa creditoria oggetto di ingiunzione – della parte creditrice, né potendo essere affermata in difetto di qualsivoglia circostanza – incombente su chi agisce per il riconoscimento anche di detta forma di tutela giudiziaria – comprovante la mala fede o colpa grave della controparte.

  1. – In ragione della soccombenza reciproca le spese processuali tra le parti possono essere integralmente compensate ai sensi dell’art. 92 c.p.c.
  2. – Questa sentenza, che costituisce parte integrante del verbale dell’udienza odierna, nella quale viene pronunciata, si ha per pubblicata con la sottoscrizione, seguita dall’immediato deposito in Cancelleria.

Il Cancelliere provvederà agli adempimenti di cui all’art. 35 disp. att. c.p.c.

il Tribunale di Bari, seconda sezione civile, in composizione monocratica, definitivamente pronunciando sulla domanda proposta, con citazione notificata in data 29/11/2013 da STUDIO 9/ITALIA s.r.l., nei confronti LOJACONO CARMELA così provvede:

a) ACCOGLIE l’opposizione e, per l’effetto, REVOCA il decreto ingiuntivo n. 2842/2013, emesso dal Tribunale di Bari in data 5/11/2013;

b) RIGETTA la domanda riconvenzionale del­l’opponente;

c) RIGETTA la domanda di condanna ex art. 96, co. I, c.p.c. dell’opponente;

d) Spese compensate. Bari, 6/5/2015

 

SOMMARIO:

1. Il caso - 2. Normativa di riferimento. Dottrina e giurisprudenza. Il “regime delle com­­petenze tra organi sociali”. Autonomia statutaria e libertà di forme organizzative - 3. (Segue). Mancanza di una disposizione statutaria ad hoc - 4. Alcune brevi considerazioni conclusive. Il commento - NOTE


1. Il caso

Con la sentenza in esame il Tribunale di Bari è intervenuto sul tema della determinazione del compenso degli amministratori delegati nella s.r.l. La controversia esaminata nasce dalla pretesa monitoria attivata dall’ammi­nistra­tore delegato di una società a responsabilità limitata che richiedeva il pagamento del suo compenso, maturato e non riscosso prima delle sue dimissioni, così come deliberato dal consiglio di amministrazione della società. Il decreto ingiuntivo veniva impugnato dalla società che lamentava l’infondatezza della pretesa, opponendo in compensazione un controcredito ancora sub iudice, e richiedendo, in via riconvenzionale, la condanna al risarcimento dei danni derivanti dagli atti di concorrenza sleale asseritamente commessi dall’amministratore poco prima delle proprie dimissioni. L’ex amministratore si difendeva invocando la clausola statutaria che così disciplinava le deleghe e i relativi compensi: “[I]l consiglio di amministrazione può delegare tutti o parte dei suoi poteri ad uno o più dei suoi componenti determinandone anche il compenso e la misura dell’accan­tonamento del­l’eventuale indennità di fine mandato”. Il Tribunale, ritenendo incompetente il consiglio di amministrazione a deliberare in merito al compenso spettante agli amministratori delegati e sostenendo che la determinazione del compenso di questi ultimi non potesse non considerare la previa determinazione dell’ammontare complessivo dovuto all’organo di gestione, da stabilirsi con decisione dei soci, disponeva l’annulla­mento del decreto ingiuntivo (rigettando, per altre ragioni, la domanda di risarcimento danni dell’opponente). Secondo il giudice di primo grado la determinazione del compenso degli amministratori delegati nella s.r.l. restava di competenza esclusiva dell’assemblea anche in presenza di una clausola statutaria del tenore di quella appena richiamata, poiché la predetta clausola non poteva ritenersi “idonea ad integrare i fatti costitutivi del diritto al compenso degli amministratori” e ciò – proseguiva il giudicante – in quanto “la normativa di carattere generale” non sarebbe derogata dalla disciplina statutaria “non potendosi in alcun modo sopperire alla carenza di deliberazione assembleare”. La decisione si fondava, [continua ..]


2. Normativa di riferimento. Dottrina e giurisprudenza. Il “regime delle com­­petenze tra organi sociali”. Autonomia statutaria e libertà di forme organizzative

Nella società a responsabilità limitata le “decisioni dei soci” possono distinguersi in cinque categorie: I) decisioni inderogabilmente riservate alla competenza dei soci dall’art. 2479, 2° comma, nn. da 1 a 5, c.c.; II) decisioni espressamente assegnate ai soci da altre disposizioni di legge (quali quelle di cui agli artt. 2465, 2° comma; 2477, 5° e 6° comma; 2476, 5° comma; 2475, 2° comma – nella parte in cui rinvia all’art. 2257 c.c. – e 2487 c.c.); III) decisioni implicitamente assegnate ai soci dalla legge; IV) decisioni riservate ai soci dall’atto costitutivo ed infine V) decisioni sugli “argomenti” sottoposti all’approvazione dei soci dagli amministratori o dai soci stessi (art. 2479, 1° comma, c.c.) [1]. All’interno di queste categorie il tema del compenso degli amministratori in generale e di quelli delegati in particolare non trova alcuna espressa collocazione. D’altra parte, dell’amministrazione della s.r.l. si occupano quattro disposizioni di legge e nessuna di queste contiene alcun cenno al profilo della remunerazione del­l’or­­gano amministrativo o degli amministratori delegati. L’art. 2475 c.c., che concerne l’amministrazione della società, non ne fa menzione e nemmeno i successivi artt. 2475-bis e ter e 2476 c.c., si occupano di questo aspetto. Come noto, prima della Riforma delle società del 2003 [2] la norma di riferimento in tema di amministrazione della s.r.l. rinviava espressamente all’art. 2389 c.c. in tema di s.p.a., recependo la disciplina dettata per la società azionaria a proposito dei compensi degli amministratori (cfr. art. 2487, 2° com­ma, c.c. nella formulazione vigente ante Riforma). In forza di tale rinvio la competenza a determinare la misura dei compensi dell’organo gestorio veniva attribuita ai soci, per i membri del consiglio, e al consiglio di amministrazione, per gli amministratori investiti di particolari cariche. Oggi tale rinvio non è più previsto e, al riguardo, i principali interrogativi da parte della giurisprudenza pratica e teorica sono sorti in merito alla possibilità che questa lacuna abbia, o meno, uno specifico significato. In estrema sintesi, secondo parte dei commentatori, se per effetto di scelte adottate nell’ambito dell’autonomia statutaria è possibile assegnare [continua ..]


3. (Segue). Mancanza di una disposizione statutaria ad hoc

Il tema che ci occupa deve essere affrontato almeno in parte diversamente laddove l’atto costitutivo (o lo statuto [17] della s.r.l. non contenga alcuna clausola in merito alla remunerazione dell’organo amministrativo e dei consiglieri delegati. Al riguardo, si potrebbe astrattamente sostenere la tesi secondo cui nella s.r.l. spetti agli stessi amministratori determinare il proprio compenso, anche a prescindere dai casi di particolari deleghe. Una soluzione di questo tipo, tuttavia, appare difficilmente percorribile per un duplice ordine di ragioni che fanno propendere, invece, per la tesi contraria. Innanzitutto, vi è almeno un dato testuale a disposizione dell’interprete che sembra non ammettere tale possibilità, ovvero l’art. 2463, 2° comma, c.c. che impone ai soci, in sede di atto costitutivo, di dettare le norme in tema di amministrazione. In secondo luogo manca, anche nell’ambito della disciplina dettata per le altre tipologie societarie, qualunque referente normativo che faccia argomentare a favore di tale tesi. L’attribuzione agli amministratori del potere di decidere i propri compensi, verosimilmente, “porrebbe questi ultimi in una posizione di antitesi nei confronti della società” [18]. La s.r.l., tipo sociale d’elezione di compagini societarie numericamente limitate o di stampo familiare, si caratterizza di frequente per la presenza di soci-am­ministratori, ed in tale circostanza i soci che intendono ricoprire ruoli di gestione potrebbero tendere ad abusare del proprio potere esprimendo il diritto di voto nella nomina ad amministratori ed auto-asse­gnan­dosi compensi eccessivamente elevati [19]. A meno che non si voglia sostenere la gratuità dell’incarico [20], che pure da taluni è stata proposta ma che rappresenta una tesi che cede in toto dinanzi ad una presunzione di onerosità largamente condivisa [21], appaiono ipotizzabili due soluzioni, peraltro tra l’altro sovrapponibili, per risolvere la que­stione “competenza sui compensi”: è possibile, infatti, sia ritornare a parlare di applicazione analogica della più dettagliata disciplina dettata sul punto per la s.p.a., sia ritenere che ogni amministratore possa chiedere l’intervento del giudice, affinché “la società sia dichiarata tenuta e condannata a pagare una congrua [continua ..]


4. Alcune brevi considerazioni conclusive. Il commento

Alla luce delle considerazioni che precedono la sentenza in commento non può essere condivisa, neì sul piano della ricostruzione sistematica, neì per il profilo dell’in­terpretazione concreta delle disposizioni statutarie che la stessa fornisce. Al contrario, appare chiara la legittimità della scelta di affidare, nella s.r.l., con espressa previsione statutaria, la determinazione del compenso dei membri del consiglio di amministrazione ad una decisione dei soci e la determinazione del compenso dei consiglieri delegati all’organo di gestione. Previsioni statutarie di questo tipo non solo rappresentano la definitiva manifestazione di volontà della società, e quindi dei soci, ma non dovrebbero far sorgere alcun dubbio sulla legittimità di una delibera consigliare che fissi, in esecuzione della specifica disposizione dello statuto sociale, la mi­sura del compenso spettante all’ammi­nistratore delegato. È quasi scontato precisare che l’atto costitutivo avrebbe anche potuto prevedere diversamente in ordine alla competenze sui compensi e, da quanto sopra detto, avrebbe anche potuto non prevedere nulla. In tale ultima eventualità, non solo non sarebbe stato corretto ritenere che la competenza a determinare i compensi degli amministratori delegati dovesse essere riservata ai soci, ma anzi, aderendo alla tesi secondo la quale l’analitica disciplina dettata per le società azionarie debba trovare applicazione anche nella s.r.l. a vocazione capitalistica, seppure in via analogica, la competenza sarebbe spettata al consiglio di amministrazione. L’as­semblea potrebbe avocare a sé una tale competenza solo (il che vale anche per la fissazione di un complessivo compenso per tutti gli amministratori) ove ciò sia espressamente previsto da una apposita previsione statutaria. Previsione, quest’ultima, che – stando a quanto si legge nella sentenza in commento – nello statuto della società oggetto del caso di specie non c’è, o quantomeno, che il Tribunale di Bari ha lasciato intendere che non vi fosse. Non può condividersi, pertanto, il ragionamento secondo cui il consiglio di amministrazione non potrebbe prescindere “dalla previa determinazione e delimitazione del­l’am­montare complessivamente dovuto agli amministratori così come fissato dal­l’as­semblea, nel rispetto [continua ..]


NOTE