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Peculium tueri: lo stato dell'arte della giurisprudenza sulla responsabilità degli intermediari finanziari (nota a Trib. Roma, 7 novembre 2007)

Riccardo Bencini

TRIBUNALE DI ROMA, 7 novembre 2007 – Campolongo Presidente – Vitalone Relatore – A.S. e R.T. (Avv. Di Sarno) c. Banca (Avv. Crivellari)

Intermediazione finanziaria – Obblighi di comportamento dell’intermediario – Violazione – Nullità – Insussistenza

(Art. 23, d.lgs. n. 58/1998)

La violazione da parte dell’intermediario degli obblighi comportamentali posti a suo carico non produce la nullità del contratto di intermediazione (1).

Intermediazione finanziaria – Inadeguatezza dell’operazione finanziaria – Onere della prova a carico del cliente

(Art. 23, d.lgs. n. 58/1998; art. 29, Regolamento Consob 11522/1998)

Nonostante l’onere probatorio che grava sull’intermediario ai sensi dell’art. 23, 6 comma Tuif, spetta all’investitore dimostrare l’inadeguatezza dell’operazione finanziaria contestata in giudizio (2).

(Omissis)

Trattando il merito, si osserva che gli attori in data 27.10.1998 hanno stipulato con la banca il contratto generale di deposito titoli (contratto quadro) che rispetta i profili imposti dall’art. 23 d.lgs. 1998/1998. In esso si è dato atto che la banca aveva assunto informazioni sulla esperienza all’investimento dei sot­toscrittori, sui loro obbiettivi, sulla loro propensione al rischio nonché sulla situazione finanziaria. Gli stessi hanno conferito per iscritto entrambi gli ordini relativi all’acquisto di obbligazioni Argentina, precisando che le obbligazioni relative al secondo acquisto, avvenuto in data 9.6.2000 per un controvalore di € 35.652,60 sono state dagli stessi rivendute realizzando un corrispettivo di € 34.538,70, con un decremento dell’in­vestimento di circa € 1.000,00.

Nella loro prospettazione gli attori hanno peraltro riunito in un unico motivo un profilo di nullità dei singoli acquisti ed un profilo di responsabilità della medesima basato sulla inottemperanza da parte di questa del dovere di diligenza, correttezza e trasparenza nello svolgimento delle attività di intermediazione imposto dall’art. 21 del richiamato TUIF integrato dall’art. 28 del regolamento CONSOB 11522/1998.

L’inadempimento di un obbligo all’interno di un rapporto contrattuale cristallizzatosi, nella fattispecie, con la stipula del contratto quadro, può, al più, costituire profilo di responsabilità contrattuale della banca, sino a giungere alla risoluzione dell’accordo; non integra però alcun profilo di nullità che, come è noto investe il momento genetico del negozio sia con riferimento alla manifestazione della volontà che con riferimento all’oggetto e non riguarda certo i comportamenti delle parti seppur dedotti come illegittimi. (Cass. 31.3.2005 n. 19024; Cass. – ord. – 16.2.2007 n. 3683).

Non si scorge in relazione al primo degli acquisti alcun profilo che imponeva alla banca un comportamento particolarmente attento e prudente in un momento in cui non emergeva alcun profilo di incertezza nell’acquisto dei titoli di cui si discute se non il rischio tipico della categoria di investimento, conforme alle risultanze del contratto quadro ed altri analoghi investimenti effettuati dagli attori come risultanti dalla documentazione dagli stessi prodotta (v. acquisto di quote in fondi di investimento).

Né è stato conferito un utile e compiuto elemento di prova atto a far valutare, al tempo dell’investimento, che esso doveva qualificarsi come operazione non adeguata tanto da imporre all’intermediario quegli specifici obblighi indicati dall’art. 29 del regolamento Consob secondo il quale “gli intermediari finanziari si astengono dall’effettuare con o per conto degli investitori operazioni non adeguate per tipologia, oggetto, frequenza o dimensione”.

Nonostante l’intensità dell’onere probatorio che grava l’intermediario secondo l’applicazione dell’art. 23 6° comma TUIF deve ritenersi che, allorquando il cliente deduca la non adeguatezza dell’investimento riferita alla propria situazione finanziaria o comunque al proprio profilo di investitore, spetta a lui provare la circostanza, onde poi imporre alla controparte la prova di avere assunto tutte le cautele nel consentire l’investimento, sino a precluderlo ove platealmente inadeguato (Trib. Roma II sez. 17.11.2005).

L’intensità speculativa dell’investimento, stante l’ordine scritto e la nota informativa ad esso allegata era ben nota agli attori, né vi erano al momento sintomi della crisi finanziaria dello Stato Argentino, conclamata con il default del dicembre 2001 ed anticipata dalle valutazioni delle agenzie di rating che avrebbero provveduto al declassamento del titolo nel marzo 2001 (v. audizione CONSOB dinanzi alla Commissione finanze della Camera in data 27.4.2004 prodotta in atti), in data pertanto ben successiva sia al primo che al secondo degli investimenti.

Su tali presupposti la domanda deve essere respinta sia con riferimento alla data degli investimenti (il secondo peraltro quasi integralmente rientrato almeno in linea capitale) sia sulla scorta alla documentazione relativa al contratto quadro ed ai singoli ordini, e, stante il rigetto delle eccezioni preliminari della convenuta, le spese possono essere compensate per 2/3 rimanendo la restante quota a carico di soccombenti, come liquidata nel dispositivo.

(Omissis)

 

(1-2) Peculium tueri: lo stato dell’arte della giurisprudenza sulla responsabilità degli intermediari finanziari

  

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COMMENTO

Sommario:

1. Il caso - 2. Normativa di riferimento. Precedenti giurisprudenziali. Dottrina. Commento - NOTE


1. Il caso

Come a tutti noto, a seguito dei gravi scandali finanziari che hanno interessato alcuni importanti gruppi industriali italiani (Parmalat, Cirio, Giacomelli) e dei default degli strumenti finanziari di emittenti stranieri (Kpqnwest, Repubblica Argentina, Enron) sono state avviate dai risparmiatori – ormai da circa un lustro – numerose azioni giudiziarie (civili e penali) avverso gli intermediari, sul presupposto di aver ricevuto al momento della negoziazione dei titoli di debito prescelti informazioni inesatte o quantomeno incomplete. Nella fattispecie in esame viene sottoposta alla decisione del tribunale romano una controversia avviata da alcuni investitori nei confronti di un istituto di credito avente ad oggetto due investimenti compiuti negli anni 1999-2000 concernenti titoli emessi dalla Repubblica Argentina. In particolare, i risparmiatori invocano in primo luogo la nullità degli ordini di acquisto dedotti in lite richiedendo conseguentemente la restituzione delle somme corrisposte al momento delle negoziazioni. In via subordinata viene richiesto che sia riconosciuta la responsabilità (di natura contrattuale ed extracontrattuale) della banca, con conseguente condanna al risarcimento del danno. Il giudice capitolino, con sintetica e puntale motivazione, rigetta le domande degli investitori.

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2. Normativa di riferimento. Precedenti giurisprudenziali. Dottrina. Commento

La pronuncia si iscrive nel solco del recente orientamento giurisprudenziale che, nell’ampio scenario giudiziario caratterizzato dalla perpetua contrapposizione fra banca e risparmiatore, vede favorita la prima. La decisione appunta segnatamente l’attenzione sulla struttura rimediale applicabile al contratto di intermediazione finanziaria, offrendo così l’occa­sio­ne per delineare concisamente l’itinerario percorso sino ad oggi dalla giurisprudenza ed i risultati a cui essa è pervenuta. Come si evince agevolmente scorrendo le ormai numerosissime sentenze sul tema (per il momento, si registra, in misura dominante a favore delle pretese vantate dagli investitori [1]), la principale doglianza che i risparmiatori sono soliti rivolgere agli intermediari, consiste nel non aver prospettato loro, prima del compimento dell’operazione d’investimento, la natura ed i rischi dei titoli dell’emittente prescelto e dichiarato successivamente insolvente. In estrema sintesi, gli investitori lamentano oggi di aver acquistato titoli obbligazionari – poi rimasti paralizzati dalla dichiarazione di default – non essendo stati edotti, all’epoca dell’ordine di acquisto impartito, circa la reale pericolosità della specifica operazione. In questa prospettiva, le banche negoziatrici avrebbero quindi assunto un comportamento reticente, omettendo soprattutto di fornire, in violazione delle [continua ..]

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NOTE

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